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Il collegio dei revisori nelle amministrazioni regionali.

L’art. 14, co. 1, lett. e) 13 agosto 2011, n. 138, dispone che, “per il conseguimento degli obiettivi stabiliti nell'ambito del coordinamento della finanza pubblica, le Regioni adeguano, nell'ambito della propria autonomia statutaria e legislativa, i rispettivi ordinamenti ai seguenti ulteriori parametri: … e) istituzione … di un Collegio dei revisori dei conti, quale organo di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione dell'ente; il Collegio, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, opera in raccordo con le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti”, soggiungendo, altresì, che “i componenti di tale Collegio sono scelti mediante estrazione da un elenco, i cui iscritti devono possedere i requisiti previsti dai principi contabili internazionali, avere la qualifica di revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, ed essere in possesso di specifica qualificazione professionale in materia di contabilità pubblica e gestione economica e finanziaria anche degli enti territoriali, secondo i criteri individuati dalla Corte dei conti”.

Dott. Leonardo Tilocca

I controlli di regolarità amministrativa e contabile Tesi di dottorato in Scienze Giuridiche

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116 La disposizione è stata censurata dalle Autonomie regionali sull’assunto che, da un lato, violerebbe l’art. 117, co. 3 Cost., trattandosi di una norma di dettaglio nella materia concorrente “coordinamento della finanza pubblica”, in cui lo Stato, come noto, può dettare solo disposizioni di principio, dall’altro, interferirebbe con la potestà legislativa regionale in materia di “ordinamento degli uffici della Regione”, rimessa alle Regioni in virtù di norme statutarie, per le regioni a statuto speciale, e in virtù del principio di residualità, per le regioni a statuto ordinario. In definitiva, le regioni lamentano l’invasione della propria sfera di autonomia, lesa dall’intervento statale.

È stato anche stigmatizzato il fatto che l’attribuzione alla Corte dei conti di un potere regolamentare in ordine alla individuazione dei criteri inerenti la qualificazione professionale dei componenti il collegio dei revisori si porrebbe in contrasto con l’art. 117 Cost., che rimette alla potestà legislativa concorrente la materia “coordinamento della finanza pubblica” (co. 3) e riconosce allo Stato la potestà regolamentare solo nelle materie di legislazione esclusiva (co. 6).

Le argomentazioni svolte dalla Corte costituzionale e i principi che possono trarsi assumono un rilievo di ampio respiro che va al di là della singola pronuncia. Per quanto concerne i primi due punti, la Consulta muove dalla premessa che le disposizioni in tema di controllo finanziario “introducono un nuovo tipo di controllo affidato alla Corte dei conti, dichiaratamente finalizzato ad assicurare, in vista della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, la sana gestione finanziaria degli enti locali, nonché il rispetto, da parte di questi ultimi, del patto di stabilità interno e del vincolo in materia di indebitamento posto dall’ultimo comma dell’art. 119 Cost … tale controllo … ascrivibile alla categoria del riesame di legalità e regolarità … concorre … alla formazione di una visione unitaria della finanza pubblica, ai fini della tutela dell’equilibrio finanziario e di osservanza del patto di stabilità interno”236.

È stato più volte sottolineato dalla Consulta che il legislatore statale può assegnare alla Corte dei conti, espressione dello Stato-comunità, non dello Stato-Governo, “qualsiasi … forma di controllo, purché questo abbia un suo fondamento costituzionale” (come in questo caso)237.

Nel nostro caso, il fondamento costituzionale può rinvenirsi nella finalità di coordinamento

236 Corte cost., 7 giugno 2007, n. 179, in www.cortecostituzionale.it. 237 Corte cost., 7 giugno 2007, n. 179, in www.cortecostituzionale.it.

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117 finanziario propria dello Stato, la quale giustifica forme di coordinamento tra controlli interni ed esterni238.

Premessa la legittimità costituzionale dell’attività di controllo, la stessa per potersi dire effettiva presuppone un’attività di vigilanza, la quale, se mantenuta nei confini indispensabili a garantire le finalità del controllo (pertanto, la sua effettività) non può considerarsi lesiva della sfera di autonomia delle regioni e degli enti locali.

In definitiva, la previsione di un organo di controllo interno, collegato alla Corte dei conti – costruzione giuridica di principio, priva dei caratteri di specificità lamentati dalle regioni – se è condizione necessaria per assicurare l’effettività del controllo sull’attività amministrativa, non costituisce, al contempo, una lesione della potestà di organizzazione interna delle autonomie regionali, solo si consideri che il legislatore statale non interviene sulle scelte organizzative degli enti in narrativa, limitandosi a imporre la presenza di un organo in grado di monitorare dall’interno la regolarità delle gestioni e di garantire il rapido instaurarsi di meccanismi di autocorrezione qualora vengano rilevate delle irregolarità.

Particolarmente rilevante è la censura risolta al legislatore statale di aver delegato alla Corte dei conti un potere regolamentare (sulla qualificazione professionale dei revisori dei conti) di cui non è titolare (in quanto lo stesso gli è attribuito solo nelle materie di legislazione esclusiva). La Corte costituzionale ha evidenziato che non si è in presenza di una delega, ma di una attribuzione di competenza che “si giustifica con la specializzazione della stessa Corte nella materia della contabilità pubblica”239.

In definitiva, viene a riproporsi la questione – già emersa con le autorità indipendenti – della possibilità di attribuire poteri normativi “al di fuori della tradizionale ripartizione dei poteri”,

238 In ordine all’obbligo di comunicazione alla Corte dei conti del referto sul controllo della gestione da parte

degli enti locali (art. 198 bis D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267), Corte cost., 14 novembre 2005, n. 417, in www.cortecostituzionale.it., sottolinea che “non sussiste neppure la denunciata irragionevole interferenza tra controllo interno di gestione e accertamenti della Corte dei conti … perché proprio la finalità del coordinamento finanziario giustifica il raccordo tra i due tipi di controllo, operato dalla norma censurata attraverso la fissazione dell’obbligo di comunicazione alla Corte dei conti dell’esito del controllo interno, realizzando così quella finalità collaborativa cui fa espresso riferimento l’art. 7, comma 7, della legge n. 131 del 2003”.

239 Corte cost., 7 giugno 2012, n. 198, in www.cortecostituzionale.it, per la quale “la disposizione impugnata

non implica alcuna delegazione di potere regolamentare, né nella parte in cui prevede l’istituzione del collegio dei revisori, né nella parte in cui assegna alla Corte dei conti il potere di definire i criteri di qualificazione professionale dei membri di tale organo. La scelta di rimettere alla Corte dei conti la definizione di tali criteri si giustifica con la specializzazione della stessa Corte nella materia della contabilità pubblica. ne discende che la disposizione non viola l’art. 117, comma sesto, Cost.”.

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118 cui è ora connessa l’ulteriore problematica della compatibilità di tale potere con l’autonomia delle regioni e degli enti locali. In via preliminare, deve rilevarsi che l’ambito riconosciuto alla Corte dei conti appare estremamente limitato, in quanto il suo compito si esaurisce nella individuazione dei criteri di qualificazione professionale dei revisori. Non si tratta, infatti, di un vero e proprio potere di regolazione quale quello riconosciuto alle Autorità indipendenti, in cui le stesse sono chiamate a dettare – in ragione delle proprie competenze tecniche e della loro naturale equidistanza rispetto agli interessi in gioco – le regole di interi settori dell’ordinamento240, risolvendosi, invece, nella specificazione di una regola posta dal legislatore

(a ciò, come visto, legittimato). Quale naturale corollario – pur a non voler considerare che la previsione di un potere normativo non assumerebbe di per sé connotazioni lesive, solo si consideri che la neutralità delle Corte dei conti esclude che la stessa possa configurasi come la longa manus dello Stato – deve anche escludersi (per il ruolo limitato ricoperto dalla Corte dei conti) una lesione della sfera di autonomia regolamentare riconosciuta alle regioni e agli enti locali.

Le modalità di scelta dell’organo di revisione (estrazione a sorte da un elenco) garantiscono (potenzialmente) l’indipendenza dell’organo di revisione, la quale appare compromessa in origine nell’ipotesi in cui i componenti sono, invece, espressione dello stesso organo controllato (seppur con la presenza di componenti nominati dalla minoranza): in quest’ultimo caso, infatti, l’oggettività delle valutazioni sottese al controllo può risultare compromessa dall’influenza che può essere esercitata da coloro (controllati) nei confronti dei quali si ha un “debito di riconoscenza”241.