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Riflessi della riforma costituzionale sul sistema dei controlli di legittimità.

L’abrogazione dell’art. 130 Cost. ha, anche in questo caso, fatto venir meno la immediata base costituzionale del sistema dei controlli.

Come già osservato per le autonomie regionali, l’abrogazione del suddetto articolo non comporta l’automatico venir meno dell’insieme delle forme di controllo previste dall’ordinamento, seppur alla condizione che possa rinvenirsi per le stesse un “addentellato” costituzionale, o, per meglio dire, della possibilità di introdurne di ulteriori, in quanto le stesse costituiscano il baluardo di molteplici interessi che trovano nella Carta costituzionale un sicuro ancoraggio.

Lo stesso vale, forse a maggior ragione, nei confronti degli enti locali delle Regioni a statuto speciale, le quali ritrovano la propria disciplina negli statuti regionali. Ciò sulla considerazione che la formulazione letterale dell’art. 10, co. 1 L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, per la quale “sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui o prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a

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D’Auria G., I Controlli, in Trattato di Diritto Amministrativo, a cura di Sabino Cassese, Tomo secondo, Giuffrè, 2003, pag. 1503.

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59 quelle già attribuite”, pare limitare la operatività della stessa “alle” Regioni, non agli enti ricompresi “nelle” Regioni125.

Può, invece, sicuramente sostenersi che sia venuto meno il particolare modello di controllo incentrato sulla valutazione preventiva di legittimità degli atti amministrativi, quale condizione per il loro ingresso nell’ordinamento generale, non più in linea – qualora lo sia mai stato – con il nuovo assetto costituzionale che vede (non solo le Regioni, ma anche) gli enti locali minori concorrere in posizione di (quasi) equiordinazione alla costruzione del suddetto ordinamento.

La giurisprudenza ha sottolineato che “caduta la fonte normativa, programmatica e di principio, di rango costituzionale, costituente il necessario supporto logico-giuridico della disciplina dei controlli sugli atti degli enti locali e, in particolare, venuta meno la previsione di un controllo regionale sugli atti stessi, devono ritenersi, per ciò stesso, caducate ed espunte dall'ordinamento tutte le norme che su tale supporto poggiavano (primo fra tutti, l'art. 126 del T.U. n. 267/2000, che si richiama direttamente ed espressamente proprio all'art. 130 Cost.)”126.

I controlli esterni delineati dal legislatore per gli enti locali minori evidenziano una maggiore cogenza nella “misura” susseguente all’esito del controllo, in quanto allo stesso, anche – questo il punto centrale – in sede di “controllo sulla gestione” in senso proprio, vengono collegate sanzioni di tipo pecuniario, la qual cosa mal si concilia con una forma di controllo che possa definirsi solo “collaborativa”.

L’art. 148, co. 1 D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, rubricato “controlli esterni”, trattando del “controllo sulla gestione”, dispone, infatti, che “le sezioni regionali della Corte dei conti verificano, con cadenza semestrale, la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto delle regole contabili e dell'equilibrio di bilancio di ciascun ente locale. A tale fine, il sindaco, relativamente ai comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, o il presidente della provincia … trasmette semestralmente alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti un referto sulla regolarità della gestione e sull'efficacia e sull'adeguatezza del sistema dei controlli interni adottato … il referto è, altresì, inviato al presidente del consiglio comunale o provinciale”.

125 D’Auria G., I Controlli, in Trattato di Diritto Amministrativo, a cura di Sabino Cassese, Tomo secondo,

Giuffrè, 2003, pag. 1496.

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60 La disposizione così prosegue: “In caso di rilevata assenza o inadeguatezza degli strumenti e delle metodologie di cui al secondo periodo del comma 1 del presente articolo (il riferimento è al sistema dei controlli interni: corsivo mio) … le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti irrogano agli amministratori responsabili la condanna ad una sanzione pecuniaria da un minimo di cinque fino ad un massimo di venti volte la retribuzione mensile lorda dovuta al momento di commissione della violazione (co. 4).

Orbene, è pur vero che la misura sanzionatoria è irrogata dalle “sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti”, non dalla sezione regionale di controllo che esegue il controllo e, in particolare, valuta le relazioni inviate dagli organi di vertice degli enti locali in narrativa, ma è, altresì, vero che la sanzione costituisce una conseguenza diretta dell’attività di controllo, seppur non pare potersi dubitare del fatto che il procedimento sanzionatorio comporti una autonoma valutazione dell’organo inquirente e, successivamente, del giudice (potendosi, al limite, riconoscere alla pronuncia della sezione di controllo un valore di “vincolo anomalo” all’azione giurisdizionale, provenendo da un organo ad alta professionalità).

Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti possono attivare verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile da parte della ragioneria generale dello Stato, ai sensi dell'art. 14, co. 1, lett. d) L. 31 dicembre 2009, n.196 (co. 3).

In linea con quanto previsto per le Amministrazioni regionali, l’art. 148-bis, nel disciplinare il controllo sulla gestione finanziaria, prevede che “le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti esaminano i bilanci preventivi e i rendiconti consuntivi degli enti locali ai sensi dell'articolo 1, commi 166 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per la verifica del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell'osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, della sostenibilità dell'indebitamento, dell'assenza di irregolarità, suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli equilibri economico-finanziari degli enti (co. 1). I rendiconti devono tener conto delle partecipazioni in società controllate e alle quali e' affidata la gestione di servizi pubblici per la collettività locale e di servizi strumentali all'ente (co. 2).

L’accertamento da parte della Corte dei conti “di squilibri economico-finanziari, della mancata copertura di spese, della violazione di norme finalizzate a garantire la regolarità della gestione finanziaria, o del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno comporta per gli enti interessati l'obbligo di adottare, entro sessanta giorni dalla comunicazione

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61 del deposito della pronuncia di accertamento, i provvedimenti idonei a rimuovere le irregolarità e a ripristinare gli equilibri di bilancio. Tali provvedimenti sono trasmessi alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti che li verificano nel termine di trenta giorni dal ricevimento. Qualora l'ente non provveda alla trasmissione dei suddetti provvedimenti o la verifica delle sezioni regionali di controllo dia esito negativo, è preclusa l'attuazione dei programmi di spesa per i quali e' stata accertata la mancata copertura o l'insussistenza della relativa sostenibilità finanziaria” (co. 3).

Il legislatore ha, pertanto, colto le preoccupazioni manifestate dalla stessa Corte dei conti in ordine alla inadeguatezza di forme di controllo basate sul mero referto agli organi rappresentativi, in vista dell’adozione di spontanei meccanismi di autocorrezione, avendo la stessa ammesso che “ove l’ente non intervenga a porre rimedio all’irregolarità rilevata dalla Corte, l’attuale disciplina legislativa non prevede l’adozione di adeguate misure, neppure in caso di reiterato accertamento di anomalie nell’ambito della gestione finanziaria e di mancata adozione di interventi correttivi”127.

Deve, altresì, rilevarsi che – art. 148, co. 3 D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 – “il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato può attivare verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile, ai sensi dell'articolo 14, co. 1, lett. d) L. 31 dicembre 2009, n.196, oltre che negli altri casi previsti dalla legge, qualora un ente evidenzi … situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori: a) ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria; b) disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio; c) anomale modalità di gestione dei servizi per conto di terzi; d) aumento non giustificato di spesa degli organi politici istituzionali.

Ne deriva un capillare sistema di controlli, affidato principalmente alla Corte dei conti, quale espressione dello Stato-comunità, volto non a comprimere l’autonomia – la qual cosa sarebbe in aperto contrasto con il dettato costituzionale – ma a garantire che la stessa si esplichi entro i confini della legalità, rispettando in particolare regole e vincoli di natura finanziaria e contabile che costituiscono un presidio per la regolare tenuta dei conti pubblici, costituente – anche in virtù dell’inserimento nell’Unione europea – un valore costituzionale tra i più elevati.

127 Corte dei conti, SS.RR. controllo, 20 gennaio 2010, Audizione davanti alla V Commissione della Camera

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