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CAPITOLO III – LA SUSSIDIARIETÀ, L’EARLY WARNING

3. Il processo di europeizzazione dei Parlamenti nazionali

3.1. Il dialogo e la cooperazione interparlamentari

309 Addirittura da Trattati stipulati al di fuori del framework dell’Unione, come, ad esempio,

il Fiscal Compact.

310 Lupo N., Parlamento Europeo e Parlamenti Nazionali nella Costituzione “Composita” nell’UE:

le diverse letture possibili, Rivista AIC n. 3/2014, pubblicata il 12 settembre 2014., p. 4.

311 Ibid., p. 4.

312 Per lo stesso Lupo, l’Unione Europea non tenta mai di bypassare le istituzioni degli Stati

membri, ma si ricerca le proprie basi e fondamenta in esse, e, in ragione di ciò, propone (o esige) da parte loro nuove prestazioni.

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Vi sono stati, tuttavia, salti di qualità nell’azione dei Parlamenti nazionali, soprattutto dopo il Trattato di Lisbona, come l’attribuzione, agli stessi, di poteri che potrebbero essere esercitati con autonomia313.

Queste nuove forme di cooperazione e partecipazione dei Parlamenti nazionali possiedono, nella maggior parte dei casi, il Parlamento Europeo, se non come organo centrale, quantomeno come organo di riferimento per i diversi Parlamenti d’Europa (art. 9 e art. 12, “f” del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali). Nei termini di Gianniti, “tutte le sedi nuove di cooperazione interparlamentare che si stanno sviluppando dopo Lisbona vedono nella fase genetica compartecipazione a pieno titolo del Pe”314.

L’iniziativa Barroso, ad esempio, nacque in questo contesto. Cercando – a ragione – di evitare una partecipazione meramente ostruttiva dei Parlamenti nazionali, la Commissione “al fine di spingere i Parlamento nazionali a muoversi in una logica positiva di cooperazione [...] ha inventato una nuova procedura, chiamata in un primo momento ‘procedura Barroso’ e poi, con maggiore precisione, ‘dialogo politico’”315. Ivi la Commissione

dimostrò che contava su “l’apporto fattivo e attivo [dei Parlamenti nazionali] per arricchire l’istruttoria e rafforzare il consenso e la legittimazione delle proprie iniziative”316. Fu la prima volta che la

possibilità di una discussione autentica di contenuto, non soltanto delle best

313 Gianniti L., I Rapporti fra Parlamento Italiano e Istituzioni dell’Unione Europea, in Bonvicini

G. (a cura di), Il Parlamento europeo per la nuova Unione, Edizioni Nuova Cultura, Roma, visto su <http://www.iai.it/sites/default/files/iaiq_09.pdf>. Accesso del 22 aprile 2019., p. 104.

314 Ibid., p. 104.

315 Olivetti M., in Lupo N., Manzella A. (a cura di), I Poteri Europei dei Parlamenti Nazionali:

questioni terminologiche, classificazioni e primi effetti in Il Sistema Parlamentare Euro-Nazionale,

G. Giappichelli Editore, Torino, 2015., p. 104.

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practices procedurali, in dialogo diretto con la Commissione, si aprì ai

Parlamenti nazionali e alla COSAC317, 318.

Tale dialogo diretto con la Commissione concesse ai Parlamenti nazionali un’ampia possibilità d’influenzare la presa di decisioni politiche, sempre attraverso suggerimenti e discussioni trasparenti. Su questa riga, superando la fase in cui erano solamente “recettori” di decisioni prese dalla Troika, i Parlamenti nazionali divennero partecipanti attivi e rilevanti a livello sopranazionale.

Non si può affermare che tale procedimento iniziò a esistere in maniera meramente formale. In diverse situazioni la Commissione ascoltò davvero i suggerimenti, le rimostranze e finanche le richieste di azione normativa da Parlamenti naturali, modificando o addirittura avanzando nuove proposte. A titolo esemplificativo, è possibile citare solo negli ultimi 5 anni i seguenti casi in cui la Commissione, dopo la manifestazione di un Parlamento nazionale, abbia alterato una proposta presentata: 1) la proposta che istituiva la European Border and Coast Guard (2016); la proposta di direttiva che stabiliva regole generali riguardo a pratiche tributare che compromettono l’adeguato funzionamento del mercato interno (2016); 3) la proposta di regolazione per evitare lo spreco alimentare (2015); e 4) la

317 Olivetti M., in Lupo N., Manzella A. (a cura di), op. cit., p. 105.

318 Per quanto riguarda l’Iniziativa Barroso, Jančić D., The Barroso Initiative: Windows

Dressing or Democracy Boost?, Utrecht Law Review, 8 (1). p. 78-91, che discute circa la

distinzione tra la procedura Barroso e l’EWS, che pur essendo molto chiara dal punto di vista giuridico-formale, è tenue nella pratica. Infatti, spesso i pareri motivati che vengono inviati servono simultaneamente a entrambi i canali di discussione: “National parliaments

do not send two types of reasoned opinions to the Commission. Rather, the reasoned opinions serve for the purposes of both the Barroso initiative and the early warning mechanism. There is no crystal- clear demarcation line between the two procedures”.

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proposta di regolazione della produzione e del labelling di prodotti organici (2014)319.

Altro dispositivo rilevante è rappresentato dall’art. 10, par. 2, TUE, che riconosce la complementarietà tra rappresentazione diretta e indiretta – oltre all’integrazione di entrambe per l’anelata legittimazione democratica dell’UE – e stabilisce come funzione primaria dei Parlamenti nazionali nel sistema costituzionale composito dell’Unione la responsabilizzazione dei rispettivi governi nazionali per l’azione condotta a livello europeo.

Vi è anche il Protocollo n. 1, che nel suo art. 9 stabilisce come il Parlamento Europeo e i Parlamenti nazionali debbano definire congiuntamente “l'organizzazione e la promozione di una cooperazione interparlamentare efficace e regolare in seno all'Unione”.

Nell’art. 10, il Protocollo determina la creazione di una conferenza degli organi parlamentari specializzati per gli affari dell’Unione che sia capace di promuovere “lo scambio di informazioni e buone prassi tra i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo, e tra le loro commissioni specializzate”, oltre a conferirle la prerogativa di sottomettere all’attenzione del Parlamento Europeo, del Consiglio e della Commissione “i contributi che ritiene utili”.

Per dare una diretta spiegazione alla normativa del Protocollo n. 1, nel 2008, furono adottate dalla Conferenza dei Presidenti le Linee Guida sulla cooperazione interparlamentare320, in cui furono stabiliti, tra le altre cose, i

tre obiettivi principali della cooperazione, che sono:

319 Annual reports on relations with national parliaments, visto su

<https://ec.europa.eu/info/law/law-making-process/adopting-eu-law/relations-national- parliaments/annual-reports-relations-national-parliaments_en>. Accesso del 20 settembre 2019.

320 Esposito A., La Cooperazione Interparlamentare: principi, strumenti e prospettive in Il Sistema

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1) Favorire lo scambio di informazioni e buone prassi tra i parlamenti nazionali e con il Parlamento Europeo, al fine di rafforzare il controllo, l’influenza e l’esame dei parlamenti a tutti i livelli. Nel capo III, si precisa che lo scambio riguarda “tutti i settori di attività ricompresi” nei Trattai dell’UE ed assume particolare rilievo con riferimento alle procedure di intervento parlamentare in materia europea;

2) Garantire l’esercizio effettivo delle competenze parlamentari nelle materie dell’UE, in particolare con riguardo al controllo dell’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità. A questo scopo, i (soli) parlamenti nazionali sono esortati a scambiarsi le informazioni rilevanti in relazione ai progetti di atti normativi dell’UE. Vene così espressamente riconosciuto un modulo di cooperazione puramente “orizzontale” in ragione dell’obiettiva rilevanza della collaborazione tra parlamenti nazionali nel sistema di allerta precoce. Al tempo stesso si limita la collaborazione in materia allo scambio di informazione, escludendo un esercizio coordinato o addirittura collettivo del controllo di sussidiarietà; 3 3) Promuovere la cooperazione con i parlamenti di paesi terzi. Tale

obiettivo concerne, in particolare, le attività di assistenza tecnica che sono condotte da singole assemblee nazionali ma si iscrivono

nella cornice stabilita dalla Conferenza dei Presidenti321.

In tale contesto, l’idea secondo la quale la cooperazione interparlamentare si riassumerebbe a uno strumento per l’attivazione dell’EWS oppure a un metodo per stabilire un dialogo collettivo con la Commissione, avendo come obiettivo la sua accountability – essendo dotata di bassissima legittimità democratica –, è molto superficiale. Il dialogo politico con la Commissione e con il Parlamento europeo, come asserito da Antonio Esposito, incrementarono “in modo esponenziale l’ambito e le finalità del rapporto diretto tra parlamenti nazionali e le istituzioni dell’UE”322.

Andando oltre, egli assevera che, per quanto concerne il controllo di sussidiarietà, i pareri motivati espressi dai parlamenti nazionali, seppur in

Parlamenti Nazionali: questioni terminologiche, classificazioni e primi effetti in Il Sistema Parlamentare Euro-Nazionale, G. Giappichelli Editore, Torino, 2015, p. 145.

321 Ibid., p. 140. 322 Ibid., p. 140.

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costante aumento323, rispondevano a solamente il 10% dei pronunciamenti

inviati alla Commissione nell’ambito del dialogo politico negli ultimi anni324. Ciò dimostra l’importanza che la partecipazione nelle scelte

politiche e legislative dell’Unione possiede per i Parlamenti nazionali, anche quando comparata con la crescente rilevanza della funzione di “guardiani delle competenze nazionali”.

Quel che si osserva nel dialogo politico e nella cooperazione interparlamentare è che questo sistema che si sta evolvendo da anni, al contrario di quanto si possa pensare, genera effetti concreti sull’attività parlamentare.

La prima rilevante funzione della cooperazione è un “arricchimento degli elementi di conoscenza e valutazione a disposizione di ciascuna assemblea ai fini dell’intervento in materia europea (o, in alcuni casi, in ambito meramente interno)”325. In quest’area particolare, sono degne di

nota le riunioni delle commissioni del Parlamento europeo con le omologhe commissioni dei parlamenti nazionali su particolari provvedimenti.

La seconda riguarda il contributo all’aumento della “consapevolezza da parte dei parlamenti nazionali della dimensione europea in cui si inseriscono le decisioni di ciascuno Stato membro”326. Da questo punto di

vista, la cooperazione interparlamentare diventa un ottimo mezzo per garantire il buon funzionamento di un sistema in cui i parlamenti risultano già legati attraverso parametri ragionevolmente comuni e co-promotori delle scelte politiche e legislative dell’UE327.

323 Vedasi capitolo precedente. 324 Esposito A., op. cit., p. 141. 325 Ibid., p. 179.

326 Ibid., p. 179.

327 Manzella A., Sui principi democratici dell’Unione Europea, Editoriale Scientifica, Napoli,

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La terza è caratterizzata dall’”ibridazione” dei procedimenti e dell’organizzazione dei Parlamenti nazionali, quantomeno in materia europea. Vi è una progressiva emulazione (in linee generali) delle migliori esperienze avutesi negli altri Stati membri, oltre a “una cross fertilization che non può che giovare al rafforzamento del ruolo delle assemblee in materia europea”328.

In ultimo, la quarta funzione riguarda la cooperazione amministrativa, che garantisce un perenne contatto tra i parlamenti, il quale a sua volta permette il transito di intensi e immensi flussi d’informazione tra le assemblee, facilitando e ottimizzando la cooperazione politica tra le stesse. In tal modo, le informazioni fornite dall’ IPEX – EU Interparliamentary

Exchange, ad esempio, hanno già da qualche tempo iniziato a integrare gli

elementi istruttori su cui si basano le decisioni degli organi parlamentari nella fase di formazione della normativa europea329.

Tutte queste funzioni hanno prodotto negli ultimi anni un intenso scambio tra i Parlamenti nazionali (e tra essi e il Parlamento europeo), il che ha consentito un incremento della già progressiva europeizzazione degli stessi, oltre a una loro maggiore preparazione nell’agire in maniera efficace ed espressiva nella formazione delle policies nell’UE. Di conseguenza, tutto ciò sta delineando l’inizio della costruzione di quello che potremmo forse chiamare sistema multi-parlamentare europeo330.