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Il monopolio della Commissione nell'iniziativa di atti legislativi

CAPITOLO II – IL “DEFICIT DEMOCRATICO” DELL’UNIONE

3. I nodi irrisolti di Lisbona nel ruolo del Parlamento Europeo

3.2. Il monopolio della Commissione nell'iniziativa di atti legislativi

Un altro nodo irrisolto del Trattato di Lisbona è rappresentato dal diritto di iniziativa degli atti legislativi. La Commissione è ancora “l'unica istituzione dell'UE che ha il potere di intraprendere la procedura legislativa in ambito UE”150, potendo presentare proposte di atti giuridici dell'UE di

propria iniziativa, su richiesta di altre istituzioni dell'UE o in seguito ad un'iniziativa dei cittadini (art. 11.4, TUE; artt. 76 e 289, TFUE).

Il Parlamento Europeo, pur essendo l’organo di rappresentanza popolare per eccellenza in Europa, non detiene la prerogativa di iniziare la Procedura Legislativa Ordinaria – può, al massimo, attraverso la maggioranza dei membri che lo compongono, chiedere alla Commissione di presentare proposte legislative (art. 225, TFUE, e descritto con maggiori dettagli in un accordo inter-istituzionale tra la Commissione e il Parlamento).

Sicuramente sarebbe esagerato affermare che la principale funzione di un Parlamento sia la promulgazione – e soprattutto la proposta – di leggi, considerando che nella storia del parlamentarismo la prerogativa di scrutinare ed esaminare l’operato del governo è sempre stata una delle funzioni primordiale dell’Assemblea. Inoltre, grazie al fenomeno attuale di occupazione di grandi aree della legislazione da parte delle agenzie tecniche regolatrici, la funzione legislativa dei Parlamenti nazionali risulta sempre più indebolita. Ma questa resta comunque una delle prerogative più rilevanti dei Parlamenti nei sistemi costituzionali moderni.

150 Per ulteriori informazioni sulla Fase I (Proposta Legislativa), veda:

<http://www.consilium.europa.eu/it/council-eu/decision-making/ordinary-legislative- procedure/legislative-proposal/>

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Ciononostante, sarebbe controproducente criticare il monopolio della proposta di legge da parte della Commissione. Numerosi sono i giudizi negativi riguardo a questa problematica che ancora una volta è permasta nella distribuzione delle competenze delle istituzioni europee. Pur potendosi affermare che la proposta di legge non rappresenta la funziona primitiva del Parlamento, non è per questo che non è dotata di notevole rilievo per l’autonomia e l’indipendenza dell’organo, nonché per dotarlo di capacità di definire l’agenda politica nella Comunità.

Un Parlamento che deve chiedere alla Commissione il permesso affinché venga intrapreso un processo legislativo è un Parlamento in ginocchio ai piedi della Commissione. Perciò, il Parlamento continua ad essere un’istituzione che non riesce a sostenere una agenda autonoma, che vede la propria vitalità politica drenata e che non è capace di trattare, analogamente alla Commissione, i temi che considera meritevoli di una legislazione adeguata.

È evidente che non è questo il principale problema del deficit democratico in Europa (né dell’assenza di vitalità politica da parte del Parlamento) e che non si risolverebbero magicamente tutte le problematiche esistenti con un cambiamento così semplice nei Trattati dell’Unione Europea. Nonostante ciò, continua ad essere un nodo irrisolto che concorre alla situazione di a-politicizzazione del Parlamento Europeo, con conseguenze dannose per l’istituzione parlamentare e per l’architettura istituzionale dell’Unione Europea nel suo insieme – che finiscono per riverberarsi all’interno degli stessi Stati membri. È un nodo di facile risoluzione che, sicuramente, trarrebbe un gran vantaggio politico al Parlamento Europeo e, a lungo termine, donerebbe una maggior input

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4. I partiti politici e il sistema elettorale europeo

Le elezioni europee del 2014 rappresentarono un’importante novità nel processo di democratizzazione dello spazio istituzionale europeo. Per la prima volta, si poté osservare, a livello sovranazionale, un processo di selezione politica dei candidati alla presidenza della Commissione da parte dei partiti politici europei (PPLE)151. L’obiettivo del processo era che tale

selezione fosse dotata di un minimo grado di democraticità e rappresentazione politica152, dal momento che si trattava di scegliere chi

insignire della principale carica monocratica dell’Unione.

Ciononostante, indipendentemente dall’incidenza del processo

sull’architettura istituzionale dell’Unione, è possibile prevede che avrà un certo impatto sul sistema dei partiti europei. Da un punto di vista strettamente formale, il Trattato di Lisbona era stato ben chiaro – come precedentemente affermato nel presente lavoro – nel sostenere che, nella nuova procedura per l’elezione del Presidente della Commissione, il Consiglio Europeo, tenuto conto delle elezioni europee, avrebbe dovuto proporre un candidato al Parlamento Europeo. Al Parlamento spetterebbe l’elezione, in base al voto della maggioranza dei propri membri.

La questione è che l’art. 17, paragrafo 7 del TUE non stabilisce le modalità e i criteri oggettivi di scelta del candidato da proporre da parte del Consiglio Europeo. Non vi è, di fatto, alcun fattore obiettivo che vincoli giuridicamente la decisione del Consiglio, che, proprio per questo, è dotata di un relativo grado di discrezionalità. In ragione di ciò, l’unico modo

151 Ridola P., Il voto europeo del 6 e 7 Giugno: la 'sfera pubblica europea', l'integrazione

multilivello e le sfide della complessità, in federalismi.it, n. 12/2009

152 Neunreither K., Political representation in the European Union: a common whole, various

wholes, or just a hole?, Fifth Biennial ECSA International Conference, June, 1997, visto su

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attraverso cui il procedimento per l’elezione del presidente della Commissione potrebbe avere esito positivo, in accordo con lo spirito di Lisbona, consisterebbe nell’ottenere un compromesso tra Parlamento e Consiglio. Questo perché, nel caso di un eventuale rifiuto da parte del Parlamento del candidato proposto dal Consiglio, si potrebbe verificare una cristi istituzionale la cui risoluzione risulterebbe decisamente complessa153

– forse solamente giuridico-costituzionale, secondo gli auspici della CGUE. La decisione da parte di 05 (cinque) partiti europei di presentare ciascuno il proprio candidato alla Presidenza della Commissione apportò un’importante novità sul piano politico, poiché, per la prima volta dalla loro fondazione, i partiti europei assunsero “un ruolo primario all’interno del circuito istituzionale-rappresentativo dell’Unione, mettendo in rilievo, durante la campagna elettorale, tematiche di carattere autenticamente europeo e marginalizzando così istanze di carattere nazionali”154.

Infatti, fino al 2009 circa, i PPLE non furono null’altro che “poli di convergenza ideologica”, meri strumenti dei gruppi parlamentari e dei rispettivi partiti nazionali – essendo questi, di fatto, i veri responsabili dell’esercizio delle funzioni nei processi istituzionali dell’Unione, tanto all’interno, quanto al di fuori del Parlamento Europeo. È possibile affermare che l’esistenza stessa dei partiti politici europei sia dovuta “all’evoluzione e al modo di organizzazione dei gruppi parlamentari all'interno dell'assemblea europea”155, benché solo a partire da Maastricht si possa

parlare, giuridicamente, di partiti politici europei.

153 Conti G., L'elezione del Parlamento Europeo del 2014 e il processo di consolidamento dei partiti

politici europei, Osservatorio Costituzionale, Luglio, 2014, visto su

<https://www.osservatorioaic.it/images/rivista/pdf/Conti%20luglio%202014%20bis.pdf>. Accesso del 10 febbraio 2019.

154 Ibid., p. 8. 155 Ibid., p. 9.

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