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La responsabilizzazione collettiva della Commissione dinanzi al

CAPITOLO II – IL “DEFICIT DEMOCRATICO” DELL’UNIONE

3. I nodi irrisolti di Lisbona nel ruolo del Parlamento Europeo

3.1. La responsabilizzazione collettiva della Commissione dinanzi al

Commissione da parte dei Partiti Politici Europei

Nuove soluzioni furono ricercate nei dibattiti che caratterizzarono la Costituzione Europea e il Trattato di Lisbona, comprese quelle aventi l’obiettivo di garantire l’accountability o addirittura la responsabilizzazione effettiva della Commissione dinanzi al Parlamento Europeo134, in modo da

affermare la legittimazione politica della sua funzione in termini di governo, così come analogamente accade negli Stati membri di matrice parlamentarista.

In this perspective, the [2001] White Paper’s insistence on governance, and on non-representative forms of democracy, might appear a way of finding alternative basis of the Commission’s legitimacy that would at the same time re-affirm its historical role of guardian of the European interest. The choice of replacing “government” with “governance” was, not only, then, a question of culture. It involved the Commission’s

destiny135.

Su questa linea, il TUE riformato dopo Lisbona prevede nel titolo II – che stabilisce le disposizioni relative ai principi democratici –, in particolare nell’articolo 10, che:

1. Il funzionamento dell'Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa.

134 Pinelli C., The Provisions on democratic principles in the EU Treaties. The decision-making

process in Cartabia M., Lupo N., Simoncini A., Democracy and Subsidiarity in the EU: national parliaments, regions and civil society in the decision-making process, Il Mulino, Bologna, 2013,

e-Book Kindle Posizione 433/8703.

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2. I cittadini sono direttamente rappresentati, a livello dell'Unione, nel Parlamento europeo.

Gli Stati membri sono rappresentati nel Consiglio europeo dai rispettivi capi di Stato o di governo e nel Consiglio dai rispettivi governi, a loro volta democraticamente responsabili dinanzi ai loro parlamenti nazionali o dinanzi ai loro cittadini.

3. Ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell'Unione. Le decisioni sono prese nella maniera il più possibile aperta e vicina ai cittadini.

4. I partiti politici a livello europeo contribuiscono a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volontà dei cittadini dell'Unione.

Secondo Cesare Pinelli, tale congiunto di disposizioni cerca di far fronte all’obiezione del deficit democratico con “the assertion that citizens are not only directly represented in the EP but also indirectly through their

governments, that compose the European Council and the Council”136. In

tal senso, si deve porre attenzione:

a) on the mechanisms provided under art. 12, aimed at strengthening in various ways the links between European institutions and national parliaments, b) on the powers conferred to the EP, and, first and foremost, c) on the relationship between supranational and the intergovernmental side of the institutional machinery.

Ma la verità è che questi cambiamenti non arrivano a grattare la superficie del problema, essendo più palliativi che effettivamente risolutivi dei problemi che affliggono l’Europa.

Non sono sufficienti né le maggiori connessioni tra le istituzioni europee e i Parlamenti nazionali, né le continue e significative trasformazioni nei poteri e nelle prerogative del Parlamento Europeo nella sequenza dei Trattati137 affinché si consideri che il funzionamento dell’Unione, come

sancito dall’articolo 10 TUE, sia fondato sulla democrazia rappresentativa.

136 Ibid., Posizioni 447-454/8703.

137 Che, come precedentemente menzionato, nacque come istituzione consultiva formata

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Infatti, anche nei termini di Pinelli, “it should be noticed that control of

government appears to date more significant than legislation among the parliamentary functions even at the national level”138, come conseguenza del

cambiamento del centro di massa politico dalla legislazione all’amministrazione139 – come accennato nella spiegazione sull’evoluzione

dallo Stato Amministratore allo Stato Regolatore. È per questo che, al giorno d’oggi, conclude Pinelli, “it is accountability before parliament that lies at the

core of representative democracy”140.

Con i mutamenti apportati dal Trattato di Lisbona, come suddetto, il candidato alla Presidenza della Commissione Europea passò ad essere proposto dal Consiglio, “tenendo in considerazione” il risultato delle elezioni del Parlamento Europeo141, e ad essere votato (ed eletto) da

quest’ultimo142.

molte funzioni precedentemente monopolizzate dai Parlamenti nazionali e composta da parlamentari eletti direttamente.

138 Bradley A. W., Pinelli C., Parliamentarism, The Oxford Handbook of Comparative

Constitutional Law, Oxford, UK, 2012, p. 666.

139 Di Pietro Maria S., Regulação e Legalidade., in Di Pietro M. S. (coord.), Direito Regulatório:

Temas Polêmicos. 2 ed. Editora Fórum, Belo Horizonte (MG), Brasil, 2004. p. 35.

140 Pinelli C., The Provisions on democratic principles in the EU Treaties. The decision-making

process in Cartabia M., Lupo N., Simoncini A., Democracy and Subsidiarity in the EU: national parliaments, regions and civil society in the decision-making process, Il Mulino, Bologna, 2013,

e-Book Kindle Posizioni 457-463/8703.

141 Articolo 17.7, TUE: tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo e dopo aver

effettuato le consultazioni appropriate, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone al Parlamento europeo un candidato alla carica di presidente della Commissione. Tale candidato è eletto dal Parlamento europeo a maggioranza dei membri che lo compongono. Se il candidato non ottiene la maggioranza, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, propone entro un mese un nuovo candidato, che è eletto dal Parlamento europeo secondo la stessa procedura.

142 Articolo 14.1, TUE: 1. il Parlamento europeo esercita, congiuntamente al Consiglio, la

funzione legislativa e la funzione di bilancio. Esercita funzioni di controllo politico e consultive alle condizioni stabilite dai trattati. Elegge il presidente della Commissione.

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Inoltre, il TUE dispone sull’innovativa responsabilità collettiva della Commissione dinanzi al Parlamento Europeo143, il che, come sostiene

Pinelli, alterò ragionevolmente l’essenza del rapporto tra Commissione e Parlamento:

The relationship between the EP and the Commission appears thus close to the confidence that characterizes the parliamentary system, with the difference that the appointing power of the Commission rests with the European Council, whose structural and functional features are radically different from those affecting the head of State of parliamentary regime. The latter’s powers of appointing the prime minister and of dissolving parliament are exercised only as a formal matter, unless a government crisis occurs whose solution appears uncertain. But in this case, the role of the head of State is essentially arbitral rather than political, being driven by the aim of restoring a parliamentary majority. The European Council’s role in appointing the Commission’s President, to the contrary, is highly political, and exerted from a huge board gathering together the highest ranks of the executive

of the Member States144.

Vi fu, pertanto, un miglioramento nella relazione tra la Commissione e il Parlamento Europeo, avvicinandolo a ciò che accade in ambito nazionale negli Stati parlamentaristi, dove l’organo esecutivo deve la sua fiducia al Parlamento. Tuttavia, le differenze risultano ancora maggiori rispetto alle similitudini e ostacolano un’effettiva trasformazione parlamentare dell’Europa, il che aumenterebbe il grado di politicizzazione del sistema in

toto.

143 Articolo 17.8, TUE: la Commissione è responsabile collettivamente dinanzi al

Parlamento europeo. Il Parlamento europeo può votare una mozione di censura della Commissione secondo le modalità di cui all'articolo 234 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Se tale mozione è adottata, i membri della Commissione si dimettono collettivamente dalle loro funzioni e l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza si dimette dalle funzioni che esercita in seno alla Commissione.

144 Pinelli C., The Provisions on democratic principles in the EU Treaties. The decision-making

process in Cartabia M., Lupo N., Simoncini A., Democracy and Subsidiarity in the EU: national parliaments, regions and civil society in the decision-making process, Il Mulino, Bologna, 2013,

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Naturalmente, non si vuol qui sostenere una semplice trasposizione integrale dei sistemi istituzionali nazionali a un livello europeo, principalmente perché, attualmente, permane l’impressione che la Costituzione e i Parlamenti non stiano riuscendo a far fronte alle richieste della società e del mondo globalizzato e interdipendente.

La Costituzione sta perdendo gradualmente molta della “valenza prescrittiva”145 – e della sua capacità di modellare la realtà politico-

economica di una nazione – e i Parlamenti, da parte loro, si configurano sempre meno come “case legislative” e stanno diventando custodi del potere politico e delle agenzie (tecniche) regolatrici. È necessario trovare una soluzione funzionale alle complesse domande del costituzionalismo sopranazionale (tema eccessivamente ampio da trattare per i fini della presente Tesi) e tale risposta passa attraverso una maggiore politicizzazione del complesso del sistema europeo – qualora si mantenga la premessa stabilita precedentemente (capitolo II.1) secondo la quale all’Unione Europea converrebbe fare un passo avanti anziché indietreggiare.

Nonostante ciò, è pur vero che ci sono alcune divergenze considerevoli tra i due modelli, ben evidenziate dalle osservazioni di Pinelli: a) la differente natura di ciò che accade in ambito europeo – dove il Consiglio Europeo esercita una vera e propria scelta discrezionale del candidato alla Presidenza della Commissione – rispetto a quanto si verifica in ambito nazionale – dove il Capo di Stato opera generalmente una scelta protocollare, che si limita a finalizzare il risultato preterito delle elezioni; b)

145 Per usare le parole del prof. Gaetano Azzariti in Azzariti G., Dellavalle S., Crisi del

Costituzionalismo e Ordine Giuridico Sovranazionale. Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli-

Roma, 2014, p. 33. Nella stessa opera, l’autore fa una “caustica” osservazione per esemplificare il disperato momento attuale: “non può pensarsi che sia la costituzione a ‘mettere le brache al mondo’, semmai vi è il rischio che avvenga l’inverso”.

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il processo di responsabilizzazione della Commissione dinanzi al Parlamento Europeo.

In relazione a questo secondo punto, tale responsabilità si concretizza “solo nella possibilità che il Parlamento faccia decadere la Commissione con un voto di censura, senza che ciò implichi un maggior ruolo dello stesso Parlamento per la nomina della nuova Commissione, dato che anche per tale nomina si applica la procedura che si è descritta precedentemente”146.

Il grande problema di questa prerogativa è che si tratta di uno strumento che “sembra comportare conseguenze eccessive rispetto alle vicende che possono motivare la mozione”147, oltre, come suddetto, a non risultare in

una maggiore partecipazione parlamentare nella formazione della nuova Commissione. Inoltre, è impossibile che il Parlamento Europeo promuova la censura all’operato di singoli commissari148, e non a caso nessuna

mozione di censura è stata finora approvata, benché alcune siano già state presentate.

La possibilità di una mozione di censura individuale non è prevista in tutti gli ordinamenti giuridici europei, ma è presente, almeno in teoria, nell’ordinamento italiano149 ; pertanto, non si può affermare che sia una

premessa essenziale al salutare rapporto governo-parlamento.

Nonostante ciò, una volta che si stabilisce una seria differenza tra la “struttura costituzionale” dell’Europa e quella degli Stati membri, con forte prevalenza della volontà discrezionale del Consiglio Europeo nella scelta

146 Gaja G., Adinolfi A., op. cit., p. 35. 147 Ibid., p. 41.

148 Ibid., p. 41.

149 Nel 1995 la maggioranza avanzò una (inedita) mozione di sfiducia ad personam nei

confronti del allora Ministro della Giustizia Filippo Mancuso. La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 7 de 1996, dichiarò la costituzionalità della votazione del Senato, giacché “spetta a ciascuna Camera approvare una mozione di sfiducia anche nei confronti di un singolo ministro”.

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dei candidati alla Presidenza della Commissione (osservazione numero 1), tale possibilità si configura come una soluzione possibile.

La questione è che è molto difficile per qualsiasi Parlamento optare per la rimozione collettiva del governo (o, nel caso dell’Unione Europea, della Commissione). Tale scelta esige un livello particolarmente grande d’insoddisfazione e sfiducia nell’operato del governo, oltre a richiedere, molte volte, un’alterazione nelle divisioni politico-partitarie all’interno del Parlamento al fine di raggiungere la maggioranza che l’ordinamento esige.

Tale difficoltà è presente già quando il governo viene eletto direttamente dal Parlamento e vi è la certezza di una maggior partecipazione parlamentare nella formazione del nuovo governo, vale a dire, quando esistono più ragioni politico-partitarie per farlo – dal momento che si avrebbe la successiva partecipazione nella formazione del nuovo governo.

Insomma, se l’architettura del sistema limita, a priori, la partecipazione del Parlamento nella formazione del governo – visto il modo in cui viene operata la scelta del candidato alla Presidenza della Commissione da parte del Consiglio Europeo – e, addirittura, nella formazione di un nuovo governo – nel caso in cui una mozione di sfiducia venga approvata –, la possibilità che l’organo riesca a riunire il consenso sufficiente a farlo è ancora più bassa. Non è un caso se – vale la pena ricordarlo – diverse mozioni di sfiducia sono state proposte fino ad ora e nessuna è mai stata approvata.

È evidente che l’ideale non sarebbe specificamente aumentare il numero di mozioni di sfiducia approvate, anche perché si tratta di un atto di ultima

ratio. Quello che si vuole sottolineare è che, nel modello attuale, si ha a

disposizione uno strumento illusorio, che chiaramente non lascia né la Commissione né lo stesso Consiglio in una specie “check virtuale”.

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Questo perché la logica della mozione di sfiducia negli Stati parlamentari consiste nel creare un rischio potenziale per il governo (in questo caso, per la Commissione); esso, infatti, se non viene formato da ministri nominati in base a criteri tecnici e/o non agisce con efficienza, celerità e trasparenza nell’esercizio del potere esecutivo, corre il rischio di essere rovesciato – un evidente plus al sistema di checks and balances, che aumenta il limite all’abuso di potere. Non è necessario, naturalmente, che il governo cada: è necessario che tale possibilità sia fattibile nell’ambito dell’ordinamento giuridico.

Nel caso dell’Unione Europea, vista la preponderanza del Consiglio nella nomina del candidato alla Presidenza, il sistema risulterebbe ancor più fondamentale: porterebbe con sé un rischio per lo stesso Consiglio, che dovrebbe prestare maggior attenzione ed essere più aperto alle opinioni del Parlamento riguardo alla scelta del candidato alla Presidenza.

In altre parole, un sistema come quello dell’Unione Europea, che impone difficoltà ancora maggiori rispetto ai sistemi nazionali per l’effettivo controllo dell’operato del governo, avrebbe molto da guadagnare con la possibilità della mozione di sfiducia ad personam, dal momento che, nel caso in cui non vi fosse un consenso sufficientemente ampio da rovesciare il governo, potrebbe esservene uno bastevole ad estromettere un determinato ministro. In tal modo esisterebbe per il Presidente della Commissione il rischio virtuale della nomina individuale di ministri incapaci.

Esiste ancora, ovviamente, la possibilità di ridurre la scelta del Presidente della Commissione da parte del Consiglio Europeo a una scelta meramente formale, cosa che risolverebbe il problema alla radice, pur essendo, sicuramente, la possibilità meno probabile tra le due, vista la forte concentrazione di attribuzioni e competenze di cui gode ancora il Consiglio Europeo.

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