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Il diritto all'asilo nell'ordinamento dell'Unione europea.

3. L'ACCESSO ALLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE NELL'ORDINAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA.

3.1 Il diritto all'asilo nell'ordinamento dell'Unione europea.

Anche con riferimento al sistema giuridico dell'Unione, appare opportuno affrontare la questione della sussistenza o meno di un diritto soggettivo all'asilo in capo all'individuo, già oggetto di riflessione in

relazione alle norme di diritto internazionale.56

A questo proposito, va osservato come la dottrina abbia giustamente evidenziato che la direttiva sulle qualifiche rappresenta “il primo strumento

giuridico vincolante di carattere sovranazionale in Europa che impone agli Stati un obbligo di garantire asilo ai rifugiati e agli altri soggetti bisognosi di protezione”.57

Tale strumento, infatti, sia nella versione originale del 2004,58 sia nella

rifusione del 2011,59 stabilisce che gli Stati membri riconoscono lo status di

rifugiato60 ovvero di protezione sussidiaria61 ai cittadini dei Paesi terzi e agli

apolidi che ne abbiano titolo in base alle rispettive condizioni previste dalla direttiva medesima. La portata di tali disposizioni, che ad una prima lettura potrebbero apparire poco significative ai fini della nostra indagine, va invece valutata alla luce del significato attribuito dal legislatore europeo alle espressioni “status di rifugiato” e “status di protezione sussidiaria”, come sottolineato anche dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. L'ACNUR ha infatti evidenziato come “il termine “status di

56 Supra, par. 2.1.

57 Traduzione a cura dell'autore: M. T. Gil-Bazo, “Refugee Status and Subsidiary Protection under EC Law: The Qualification Directive and the Right to Be Granted Asylum”, in A. Baldaccini, E. Guild, H. Toner (a cura di), “Whose freedom, security and justice? EU Immigration and Asylum Law and Policy”, Hart Publishing, 2007, p. 237.

58 Direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta, in G.U. Unione europea L 304 del 30.09.2004.

59 Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta, in G.U. Unione europea L 337 del 20.12.2011. 60 Cfr. art. 13 della direttiva.

rifugiato” possa, a seconda del contesto, assumere due diversi significati”. In taluni

contesti può indicare “la condizione dell'essere un rifugiato. Al contrario, la

direttiva qualifiche pare utilizzare il termine “status di rifugiato” per indicare il complesso di diritti, benefici e obbligazioni che derivano dal riconoscimento di un individuo come rifugiato. Questo secondo significato (…) appare meglio descritto dall'uso della parola “asilo”, ed in tal senso deve essere interpretata la direttiva”.62

Alla luce di quanto sopra, appare evidente la rilevanza delle disposizioni della direttiva qualifiche, in quanto fondamento di un obbligo positivo in capo agli Stati membri di garantire una determinata protezione agli individui meritevoli di tutela, obbligo cui fa dunque da contraltare un diritto soggettivo all'asilo di cui risultano titolari i medesimi individui.

Nello studio della disciplina dell'Unione europea in materia di accesso alla protezione internazionale, vanno poi richiamate le considerazioni che abbiamo svolto con riferimento al principio di non respingimento, trattando delle fonti del diritto internazionale. Infatti, l'art. 78 TFUE, norma che rappresenta il fondamento della politica di asilo dell'Unione, pone tale principio al centro del sistema di protezione europeo. La norma afferma che “l'Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di protezione

sussidiaria e di protezione temporanea, volta a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento”, e prosegue successivamente con un

richiamo esplicito alla disciplina internazionale in materia di tutela dei rifugiati, stabilendo che la politica di asilo “deve essere conforme alla convenzione

di Ginevra del 28 luglio 1951 e al protocollo del 31 gennaio 1967 relativi allo status dei rifugiati, e agli altri trattati pertinenti”.

62 Traduzione a cura dell'autore: Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, “UNHCR Annotated Comments on the EC Council Directive 2004/83/EC of 29 April 2004 on Minimum Standards for the Qualification and Status of Third Country Nationals or Stateless Persons as Refugees or as Persons Who Otherwise Need International Protection and the Content of the Protection Granted”, pp. 10-11, reperibile in: http://www.unhcr.org/refworld/pdfid/4200d8354.pdf

Il fatto che il principio di non refoulement sia posto al centro del sistema di asilo europeo appare alquanto significativo nell'ambito della presente indagine, volta allo studio delle problematiche relative all'accesso alla protezione internazionale, nella misura in cui, come è stato correttamente osservato, “il principio di non respingimento (…) si presenta come la norma che

garantisce ad un richiedente asilo di presentare la propria domanda e, per questo, viene a configurare un potenziale diritto di ingresso”.63

Il richiamo alle norme internazionali a tutela dei rifugiati è ribadito anche nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, strumento che, grazie al trattato di Lisbona, ha assunto il medesimo valore giuridico

dei trattati.64 L'art. 18 della Carta afferma infatti che “il diritto di asilo è

garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati”.

La disposizione successiva della Carta di Nizza si ispira invece ai principi enunciati dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ed alla giurisprudenza elaborata dalla Corte di Strasburgo. Il primo paragrafo dell'art. 19 afferma infatti che “le espulsioni collettive sono vietate”, in assonanza a quanto sancito dall'art. 4 del protocollo n. 4 della Cedu: in tal modo viene inserito nell'ordinamento dell'Unione il principio in base al quale i provvedimenti di allontanamento devono essere sempre sorretti da una valutazione della situazione personale dei destinatari delle misure, la quale deve essere effettuata caso per caso, prendendo in esame eventuali condizioni che ostino all'esecuzione dell'espulsione. Il secondo paragrafo della disposizione in commento si ispira invece chiaramente all'art. 3 Cedu, ed alla relativa giurisprudenza elaborata dalla Corte in tema di allontanamento dello straniero, a partire dalla sentenza Soering in poi.

63 S. Trevisanut, “Diritto di asilo e contrasto dell'immigrazione irregolare via mare”, in C. Favilli (a cura

di), “Procedure e garanzie del diritto di asilo”, Cedam, 2011, p. 247.

64 Cfr. art. 6 TUE: “L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati”.

Afferma infatti la norma che “nessuno può essere allontanato, espulso o estradato

verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti”.65

È importante osservare, a questo proposito, come il richiamo alle norme della Cedu, operato dalle disposizioni appena commentate, chiami in causa l'applicazione dell'art. 52 della Carta dei diritti fondamentali. Tale

disposizione, al terzo paragrafo, prevede infatti che “laddove la presente Carta

contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell'Unione conceda una protezione più estesa”. In tal modo, essendo il contenuto

dei diritti previsti dalla Carta equivalente a quello sancito dalla Convenzione, è evidente come acquisisca un rilievo fondamentale, nel determinare la portata delle norme in esame, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, alla quale occorrerà fare costante riferimento.

65 Art. 19 par. 2. Come affermato nelle spiegazioni del Presidium, che rappresentano uno

strumento d’interpretazione destinato a chiarire le disposizioni della Carta, la norma citata “incorpora la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo relativa all'articolo 3 della CEDU”.

3.2 La direttiva 2005/85/CE sulle procedure e la proposta di