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Gli strumenti fondati sulle nozioni di “Paese sicuro” : origine e significato

L'ACCESSO ALLA PROCEDURA PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

2. LE BARRIERE NORMATIVE ALL'ACCESSO ALLA PROCEDURA PER IL RICONOSCIMENTO DELLA

2.1 Gli strumenti fondati sulle nozioni di “Paese sicuro” : origine e significato

Le nozioni di “Paese terzo sicuro”, “Paese di primo asilo”, e Paese di

origine sicuro”, sono state oggetto di diffusa applicazione, in un primo

momento negli ordinamenti degli Stati europei, e successivamente all'interno del quadro normativo dell'Unione europea. L'importanza che riveste l'implementazione di tali strumenti giuridici rispetto all'oggetto della presente ricerca risiede in un duplice ordine di motivi: in primo luogo, dal punto di vista dei richiedenti asilo, l'applicazione di questi concetti normativi viene molto spesso a concretizzarsi in una barriera all'accesso alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale. In secondo luogo, dal punto di vista degli Stati cui viene presentata la domanda di asilo, è opportuno porsi la questione della compatibilità o meno di tali pratiche con gli obblighi che tali Paesi hanno assunto in materia di protezione internazionale. Tali strumenti vengono infatti generalmente utilizzati a scopo deflattivo, al fine di sottrarre alla responsabilità dello Stato l'esame delle domande di asilo presentate da determinate categorie di soggetti.

2.1.1 Le nozioni di “Paese terzo sicuro” e “Paese di primo asilo”.

Le due nozioni di “Paese terzo sicuro” e di “Paese di primo asilo”, pur fondate su analoghi presupposti, differiscono fra di loro nella misura in cui per Paese terzo sicuro, “safe third country”, si intende uno Stato ove il richiedente, prima di giungere nel Paese in cui ha presentato la domanda d'asilo, avrebbe ragionevolmente potuto ottenere protezione, mentre con il concetto di Paese di primo asilo, “first country of asylum”, ci si

riferisce a quegli Stati nei quali sia stata effettivamente riconosciuta una protezione all'interessato, prima che questi presentasse una nuova domanda in un altro Paese. La definizione di quest'ultimo concetto fornita dall'ACNUR ne riconosce peraltro l'applicazione sia nei casi in cui all'individuo sia stata già riconosciuta una forma di protezione, sia qualora allo stesso sia garantito uno status che gli permetta di permanere sul territorio dello Stato terzo in qualità di richiedente asilo.186

In base a tali nozioni lo Stato può addivenire a precludere ad un richiedente asilo l'esame sostanziale della sua posizione, sulla base del fatto che questi avrebbe già trovato protezione in un altro Paese (first

country of asylum), oppure avrebbe ragionevolmente potuto trovarvi

protezione (safe third country).

In base al concetto di Paese terzo sicuro, dunque, un individuo in fuga da situazioni di pericolo o di persecuzione, sarebbe tenuto a presentare la propria richiesta di asilo nel primo Paese da questi raggiunto, purché questo sia in grado di assicurargli una protezione adeguata. In difetto, qualora l'interessato proseguisse il proprio viaggio ed avanzasse la domanda di protezione in un altro Stato, quest'ultimo potrebbe opporsi all'esame nel merito di tale richiesta, demandando tale responsabilità al Paese terzo ritenuto sicuro.

È stata ipotizzata la riconducibilità di questa impostazione all'art. 31 della Convenzione di Ginevra sullo statuto dei rifugiati. Tale disposizione prevede, in effetti, che “gli Stati Contraenti non prenderanno

sanzioni penali, a motivo della loro entrata o del loro soggiorno illegali, contro i

186 Cfr Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR), “Global Consultations on International Protection, Background paper no. 2: The application of the “safe third country” notion and its impact on the management of flows and on the protection of refugees”, maggio 2001, reperibile in: http://www.en.refugeelawreader.org/index.php?option=com_content&view=article&id=157&Itemid=128: “A "first country of asylum" is a country where a person has already been granted some legal status allowing him/her to remain in the territory either as an asylum seeker or as a refugee, with all the guarantees which international standards attach to such status. A country where the person could have found protection is not a first country of asylum in this sense”.

rifugiati che giungono direttamente da un territorio in cui la loro vita o la loro libertà erano minacciate nel senso dell’articolo 1, per quanto si presentino senza indugio alle autorità e giustifichino con motivi validi la loro entrata o il loro soggiorno irregolari”. È

stato a tale proposito osservato come l'inciso “giungono direttamente” potrebbe rappresentare un'indicazione a sostegno della nozione di Paese terzo sicuro, implicando l'obbligo per il soggetto in cerca di protezione di presentare la domanda d'asilo alla prima opportunità. Questa interpretazione è stata tuttavia oggetto di profonde critiche, che hanno inteso metterne in luce l'ambiguità, nonché la contrarietà, in un'ottica funzionale, alle finalità di tutela sottese all'art. 31 e alla Convenzione di

Ginevra nel suo complesso.187

Il primo Stato europeo ad introdurre il principio del Paese terzo sicuro fu la Danimarca, nel 1986. Tale misura mirava a contrastare l'afflusso di richiedenti protezione che giungevano nel Paese dopo aver attraverso il territorio della Repubblica Federale Tedesca. La norma, dal contenuto alquanto rigido, nota come “danish clause”, prevedeva che i richiedenti asilo potessero essere respinti nei Paesi considerati sicuri, e l'eventuale impugnazione avverso tale misura non era dotata di

efficacia sospensiva.188

La pratica legata alla nozione di Paese terzo sicuro assunse presto un ruolo preminente, diffondendosi rapidamente: sul finire degli anni '90 del secolo scorso quasi tutti gli Stati dell'Europa occidentale prevedevano nel proprio ordinamento una norma di questo tipo, in base alla quale si poteva trasferire ad un Paese sicuro la responsabilità della ricezione e dell'esame di una domanda di protezione internazionale. Volendo soffermarsi, a titolo di esempio, su un caso

187 Sul punto cfr. C. Costello, “The Asylum Procedures Directive and the Proliferation of Safe Country Practices: Deterrence, Deflection and the Dismantling of International Protection?”, in European Journal of Migration and Law, 2005, n. 7, p. 40; E. Benedetti, “Il diritto di asilo e la protezione dei rifugiati nell'ordinamento comunitario dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona”, Cedam, 2010, p. 134

188 Sulla “danish cluase” cfr. R. Byrne, G. Noll, J. Vedsted-Hansen, “Understanding Refugee Law in an Enlarged European Union”, in European Journal of International Law, 2004, n. 2, p. 360.

specifico, può essere interessante notare come nel 1993 la Repubblica Federale tedesca dovette procedere ad una modifica della Legge Fondamentale per consentire l'inserimento nel proprio sistema giuridico delle norme in materia di Paese terzo sicuro. A tale proposito va osservato come la Corte Costituzionale tedesca, pur avallando la riforma, abbia affermato il principio in base al quale l'adozione di misure fondate sulla nozione di Paese terzo sicuro deve essere sorretta dalla prova che ai soggetti coinvolti sia assicurato l'effettivo accesso ad una procedura per il riconoscimento della protezione internazionale. Allo stesso modo la Corte ha stabilito che, non potendo la Germania sottrarsi agli obblighi derivanti dalla Convenzione di Ginevra, è necessaria la predisposizione di un'idonea procedura, atta a garantire che l'applicazione della nozione di Paese terzo sicuro non si risolva in

pratiche di refoulement.189

Passando dal livello statale a quello comunitario, va osservato come i primi atti comunitari relativi alla disciplina in materia di Paesi sicuri debbano essere ravvisati nelle cosiddette risoluzioni di Londra, adottate dal Consiglio dell'Unione, riunitosi il 30 novembre ed il 1 dicembre 1992 nella composizione dei ministri responsabili per la materia dell'immigrazione. Tali strumenti, infatti, pur avendo carattere non vincolante, hanno rappresentato un passo molto importante per l'ulteriore affermazione delle pratiche legate al concetto di Paese sicuro. Per quanto riguarda le nozioni di “Paese terzo sicuro” e “Paese di primo

asilo”, va segnalata la “Resolution on a Harmonized Approach to Questions Concerning Host Third Countries”.190 Tale strumento delinea i contorni

delle fattispecie in esame, precisando che si tratta di Stati in riferimento ai quali sia da escludere il pericolo di minacce alla vita e alla libertà

189 Sul punto cfr. C. Costello, “The Asylum Procedures Directive and the Proliferation of Safe Country Practices: Deterrence, Deflection and the Dismantling of International Protection?”, in European Journal of Migration and Law, 2005, n. 7, p. 40.

dell'individuo, ai sensi dell'art. 33 della Convenzione di Ginevra, nonché il rischio di torture o trattamenti inumani o degradanti. Occorre inoltre che alternativamente l'interessato abbia già ottenuto protezione nello Stato in questione (nozione di Paese di primo asilo), ovvero “abbia avuto un'opportunità, ai confini o all'interno del territorio dello

Stato terzo, di prendere contatto con le autorità di quel paese al fine di richiedere la protezione” (nozione di Paese terzo sicuro).191 È infine necessario che nel

Paese in questione sia garantita effettiva protezione contro il refoulement, ai sensi della Convenzione sullo statuto dei rifugiati.

Le conseguenze giuridiche della qualificazione di uno Stato terzo come Paese sicuro ai sensi della risoluzione in esame, consistono nella possibilità per lo Stato membro di non procedere all'esame della domanda di asilo, ed espellere il richiedente nel Paese terzo in

questione.192

È da notare inoltre come la risoluzione in commento non contenga alcun riferimento alla necessità di acquisire il consenso del Paese terzo a riammettere il richiedente protezione, né alla necessità di un legame

fra l'interessato e lo Stato terzo.193

Alle risoluzioni di Londra del 1992, è seguita l'adozione della

“Risoluzione del Consiglio del 20 giugno 1995 sulle garanzie minime per le procedure di asilo”194. Quest'ultima stabilisce delle deroghe dalle garanzie

procedurali allorquando il concetto di Paese terzo sicuro o Paese di primo

asilo sia applicabile: in particolare si prevede un'eccezione al principio

dell'efficacia sospensiva delle impugnazioni; inoltre si rende possibile la

191 Traduzione a cura dell'autore. Cfr. il punto 2 lett. C della risoluzione: “It must either be the case that the asylum applicant has already been granted protection in the third country or has had an opportunity, at the border or within the territory of the third country, to make contact with that country's authorities in order to seek their protection, before approaching the Member State in which he is applying for asylum, or that there is clear evidence of his admissibility to a third country”.

192 Al punto 2 della risoluzione si afferma infatti che “if two or more countries fulfil the above conditions, the Member States may expel the asylum applicant to one of those third countries”.

193 Sul punto cfr. C. Costello, cit., p. 41.

194 Risoluzione del Consiglio del 20 giugno 1995 sulle garanzie minime per le procedure di asilo , in

comunicazione orale, invece che per iscritto, della decisione di rigetto

della domanda e della relativa motivazione.195

2.1.2 La nozione di “Paese di origine sicuro”.

Anche la nozione di Paese di origine sicuro ha visto una prima applicazione nell'ambito degli ordinamenti nazionali, per conquistare successivamente un ruolo nell'ambito del diritto dell'Unione.

Nelle legislazioni nazionali questo strumento è comparso a partire dall'inizio degli anni novanta del secolo scorso, ed ha assunto la funzione di velocizzare l'esame delle richieste di protezione presentate da cittadini di Stati considerati estranei a fenomeni di persecuzione, mediante la previsione di procedure accelerate, oppure attraverso la pronuncia di inammissibilità di tali domande.

Il primo Paese del continente europeo ad introdurre tale concetto nel proprio ordinamento è stata la Svizzera, con la Legge sull'asilo del 22 giugno 1990. Anche in questo caso la pratica dei Paesi di origine sicuri si è estesa rapidamente nei sistemi di protezione degli altri Stati europei, venendo introdotta nel giro di pochi anni in Austria, Finlandia, Lussemburgo (1991), Germania (1992), Portogallo (1993),

Danimarca (1994), Paesi Bassi (1995), Regno Unito e Francia (1996).196

A livello comunitario, la nozione in esame ha trovato una definizione in un'altra delle cosiddette risoluzioni di Londra del Consiglio, contenente le “Conclusions on Countries in Which There is

Generally No Serious Risk of Persecution”.197 Qui il Paese di origine sicuro

viene definito come “a country which can be clearly shown, in an objective and

verifiable way, normally not to generate refugees or where it can be clearly shown, in

195 Cfr. par. 22.

196 Sul punto cfr. C. Costello, cit., p. 50.

an objective and verifiable way, that circumstances which might in the past have justified recourse to the 1951 Geneva Convention have ceased to exist”.198

A fronte di tale definizione, la risoluzione in commento delinea dunque i criteri da adottare al fine di poter qualificare uno Stato come Paese di origine sicuro. Il primo fattore da tenere in considerazione è legato al tasso di accoglimento delle domande di asilo presentate dai cittadini dello Stato in questione. Secondo l'impostazione adottata dal Consiglio, dunque, un indice di riconoscimento delle domande di protezione internazionale particolarmente basso può essere un primo elemento indicativo dell'assenza di pericolo in un determinato Paese. Tuttavia il Consiglio riconosce che questo tipo di parametro non può essere assolutizzato, in primo luogo perché la situazione all'interno dello Stato terzo può subire mutamenti, in taluni casi anche repentini. Ciò nonostante si ritiene che “in the absence of any significant change in the

country it is reasonable to assume that low recognition rates will continue and that the country tends not to produce refugees”.199

Il secondo elemento che deve essere preso in considerazione è il rispetto dei diritti umani nel Paese in questione. Tale aspetto deve essere valutato in primo luogo sulla base dell'adesione o meno dello Stato ai vari strumenti di diritto internazionale a tutela dei diritti fondamentali dell'individuo. Ciò nonostante il Consiglio riconosce che tale criterio puramente formale non è idoneo da solo a sorreggere una

valutazione obiettiva sulla sicurezza di un Paese terzo,200 essendo al

contrario fondamentale verificare in che misura le autorità rispettino concretamente i principi sanciti negli strumenti di diritto internazionale. Sotto questo punto di vista, il Consiglio ha sottolineato

198 Par. 1. 199 Par 4, lett. a.

200 Cfr il par. 4 lett. b della risoluzione, ove si afferma che “adherence or non-adherence to a particular instrument cannot in itself result in a country being considered as one in which there is generally no serious risk of persecution”.

che un elemento rilevante è rappresentato dalla disponibilità o meno da parte degli attori statali a consentire il monitoraggio del rispetto delle obbligazioni in materia di diritti umani da parte delle organizzazioni

non governative.201

Il terzo elemento indicato nella risoluzione di Londra, indicativo ai fini della qualificazione di un Paese come sicuro, è rappresentato dalla presenza di un contesto caratterizzato da istituzioni di tipo democratico, da dinamiche decisionali fondate su processi elettorali, pluralismo politico, e libertà di espressione e di pensiero. Un'attenzione particolare dovrebbe inoltre essere prestata alla disponibilità ed

effettività di rimedi giurisdizionali a tutela dei cittadini.202

Il quarto ed ultimo criterio di identificazione dei Paesi sicuri è infine rappresentato dall'elemento della stabilità: infatti, a parere del Consiglio, “tenendo in considerazione i sopra menzionati elementi, occorre fare

una valutazione delle prospettive di cambiamenti drammatici nell'immediato futuro”. Ne consegue che “ogni valutazione cui si è addivenuto deve essere rinnovata nel corso del tempo alla luce degli eventi”.203

Lo scopo dichiarato della risoluzione in commento é quello di adottare un approccio comune nei confronti delle richieste di protezione internazionale provenienti da cittadini di Paesi sicuri, al fine di deflazionare il sistema di asilo dalle domande manifestamente infondate, il cui esame può andare a detrimento delle domande

presentate da soggetti meritevoli di tutela.204

201 “The readiness of the country concerned to allow monitoring by NGOs of their human rights observance is also relevant in judging how seriously a country takes its human rights obligations”.

202 Cfr il punto 4 lett. c della risoluzione, ove si afferma che “the existence of one or more specific institutions cannot be a sine qua non but consideration should be given to democratic processes, elections, political pluralism and freedom of expression and thought. Particular attention should be paid to the availability and effectiveness of legal avenues of protection and redress”.

203 Traduzione a cura dell'autore. Cfr il punto 4 lett. d della risoluzione, ove si afferma che “Taking into account the above-mentioned elements, an assessment must be made of the prospect for dramatic change in the immediate future. Any view formed must be reviewed over time in the light of events”.

204 Cfr. il punto 2 della risoluzione, dove si prevede che lo scopo di sviluppare il concetto di

Paese sicuro “ is to assist in establishing a harmonized approach to applications from countries which give rise to a high proportion of clearly unfounded applications and to reduce pressure on asylum determination systems

Le conclusioni del Consiglio prevedono che la qualifica di Stato sicuro in capo al Paese d'origine del richiedente non debba dare luogo automaticamente all'esclusione dell'interessato dalla procedura di asilo, bensì possa determinare l'esame della sua domanda secondo una procedura accelerata, preservando tuttavia il diritto dell'individuo a far valere le proprie ragioni, consentendogli in tal modo di superare la

presunzione di sicurezza del suo Paese di origine.205

that are at present excessively burdened with such applications. This will help to ensure that refugees in genuine need of protection are not kept waiting unnecessarily long for their status to be recognized and to discourage misuse of asylum procedures”.

205 Il punto n. 3 della risoluzione prevede infatti che “an assessment by an individual Member State of a country as one in which there is generally no serious risk of persecution should not automatically result in the refusal of all asylum applications from its nationals or their exclusion from individualized determination procedures. A Member State may choose to use such an assessment in channeling cases into accelerated procedures (...). The Member State will nevertheless consider the individual claims of all applicants from such countries and any specific indications presented by the applicant which might outweigh a general presumption”.

2.2 Barriere normative all'accesso alla procedura nell'ambito