I NDIRIZZI DI SALUTO
9. Il lavoro notturno
Secondo l’art. 5 della Direttiva comunitaria 9 febbraio 1976 76/207/C.E.E. del Consiglio – che ha formato oggetto di interpretazio-ne pregiudiziale della Corte di giustizia, con la sentenza 25 luglio 1991 in causa n. 345/1989, e che è sufficientemente precisa e incondiziona-ta per poter essere invocaincondiziona-ta davanti alle giurisdizioni nazionali, una volta scaduto il termine concesso agli Stati membri per adeguarsi alle sue prescrizioni – il principio di uguaglianza applicato alle condizioni di lavoro implica che vengano assicurate agli uomini e alle donne le stesse condizioni, senza alcuna discriminazione fondata sul sesso, ma parimenti sia attuata la protezione della donna, specialmente con ri-guardo alla gravidanza e alla maternità. Conseguentemente è in con-trasto con tale Direttiva, e come tale va disapplicata, la norma posta dall’art. 5, della legge n. 903 del 1977, che (sia pure con riferimento alle sole aziende manifatturiere anche artigianali e con talune esclu-sioni) enuncia un principio generale di esclusione delle donne dal
la-voro notturno. Pertanto Cass. 3 febbraio 1995, n. 1271, ha affermato che non può dubitarsi della legittimità costituzionale del sistema nor-mativo che consegue alla disapplicazione – in forza del principio di pa-rità di condizioni dettato dall’art. 5 della direttiva comunitaria 9 feb-braio 1976 n. 76/207/Cee del Consiglio – dell’art. 5 l. n. 903 del 1977 sul divieto notturno del lavoro femminile nelle aziende manifatturiere, in riferimento all’art. 37 Cost., da cui si desume che deve avere valore prioritario, nella regolamentazione del lavoro femminile, la conside-razione delle esigenze connesse allo svolgimento della essenziale fun-zione familiare della donna e alla protefun-zione della madre e del bambi-no, poiché viene così esteso il regime giuridico generale già in atto per tutti gli altri settori lavorativi, nel quale operano (oltre alle prescrizio-ni che possono essere dettate dalla contrattazione collettiva), le norme e i principi della Costituzione e della legge ordinaria – e in particolare l’art. 1, secondo comma, lett. e), l. 10 aprile 1991 n. 125, che ai fini del-l’attuazione degli specifici principi costituzionali consente diversifica-zioni nell’organizzazione, nelle condidiversifica-zioni e nel tempo del lavoro – nel quadro dei limiti che ai sensi dell’art. 41 Cost. possono essere posti ai poteri organizzativi del datore di lavoro.
In tal senso è anche la giurisprudenza penale, Cass. 1 luglio 1999 -6 agosto 1999, n. 9983, ha affermato che la legge 9 dicembre 1977 n.
903, nello stabilire il divieto di lavoro notturno per le donne nelle aziende manifatturiere anche artigianali, contrasta con la direttiva 76/207/CEE come interpretata dalla Corte di giustizia della Comunità Europea. Essa, pertanto, deve essere disapplicata dal giudice italiano, mentre deve essere applicata nella parte in cui è conforme al dettato della direttiva suddetta e, cioè, con riferimento al divieto assoluto di lavoro notturno per le donne dal momento dell’accertamento della gravidanza fino al compimento dell’anno di vita del bambino.
Il vissuto di una donna magistrato nella cultura islamica Maria BASHIR
Procuratrice generale di Herat – Afghanistan
Porto un cordiale saluto dalla Provincia di Herat dove sono pre-senti i vostri soldati e i vostri figli, per garantire la sicurezza e lo Stato di diritto.
In qualità di donna afghana impegnata nella Magistratura afgha-na, sono onorata di essere qui tra voi riunite per celebrare il vostro lungo cammino compiuto in questi cinquant’anni, nel sistema giudi-ziario italiano, e mi auguro che migliori negli anni la vostra attività.
Per ragioni di tempo, sarò breve ma cercherò di dirvi ciò che ho in mente ed esprimere il dolore e le difficoltà di cui soffrono le donne af-ghane; dei lavori svolti fino ad ora per le donne, rivolgendomi a Voi il-lustri colleghi giuristi ed esperti di Legge.
È vero che l’attuale Costituzione approvata nel 2004 prevede nel suo Art. 22 la parità tra i sessi.
È altrettanto vero che esiste un Organo chiamato Commissione In-dipendente dei Diritti umani, il cui compito è sorvegliare e garantire il rispetto e l’uguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne, cittadini afghani. L’esistenza di questo organismo è previsto dalla Costituzione.
È vero altrettanto che l’Afghanistan ha aderito alla convenzione universale dei diritti dell’uomo, la quale vieta la discriminazione tra uomini e donne; ma purtroppo io vengo da un Paese in cui la donna è ancora considerata la cittadina di serie B.
Questa mattina ho sentito, da vari relatori, che uno dei problemi per cui le donne in Italia spesso non possono accedere alla carriera della Magistratura e di far parte del CSM, sono i loro impegni dome-stici, pensare alla casa, al marito, ai figli; ma nel mio Paese le ragioni per cui le donne non possono accedere alla carriera, sono così assur-de che se ve le racconto farete fatica a creassur-derci.
Nonostante abbiamo centinaia di donne con i giusti requisiti per accedere alle alte cariche della magistratura, quando ci rivolgiamo al Presidente della Repubblica, per chiedere se può nominare almeno una donna nell’Alta Corte Suprema, ci risponde che sono cose a cui non dobbiamo neanche pensare lontanamente, che ancora non è il momento.
Purtroppo nonostante l’arrivo della presenza di una democrazia fittizia in Afghanistan, l’uguaglianza e il diritto delle donne, anche per quegli uomini che si definiscono democratici e liberali, sono solo temi usati come tattica demagogica; e comunque accettano solo se si tratta delle donne degli altri; in pratica non accetterebbero mai che le donne della loro famiglia abbiano un ruolo nella società.
Quindi una donna che decide di andare a lavorare fuori casa, prima deve ottenere il consenso dei familiari maschi, lottando e attirandosi l’o-dio della famiglia; quindi va a lavorare ma senza la giusta serenità.
Ora vi racconto tre casi di omicidio accaduti nell’ultima settima-na. Nella Provincia in cui sono responsabile della Procura, i moventi dell’omicidio, vista l’epoca in cui ci troviamo, li considererete davvero incredibili.
Uno di questi riguarda una donna uccisa perché le è stato spezza-to l’osso del collo. Questa donna faceva la maestra in una scuola, e quando le autorità hanno arrestato il marito e gli hanno chiesto il mo-tivo dell’omicidio, ha confessato il reato rispondendo che lo ha fatto perché non voleva che la propria moglie andasse a lavorare.
L’altro episodio riguarda una ragazza di un villaggio di Herat, che aveva un rapporto, solo telefonico, con un ragazzo. Quando lo hanno scoperto i familiari l’hanno fucilata.
Spesso le donne si danno fuoco, si suicidano perché i loro diritti non vengono rispettati. Le donne non possono chiedere il divorzio per-ché altrimenti vengono private della possibilità di vedere i loro figli.
Per questo motivo sono costrette a subire ogni tipo di umiliazione e violenza in famiglia, per poter restare con i propri figli.
Ultimamente mi sono occupata di un caso di una famiglia con 5 figli, il cui padre aveva recluso in bagno una delle figlie, di 11 anni, perché aveva tentato di vedere la madre, dalla quale il padre aveva di-vorziato.
Tutto ciò che ho raccontato, le storie tragiche che vi ho citato, sono accadute non perché non ci sono donne abbastanza istruite, ca-paci di competere con gli uomini. Oggi l’Afghanistan non è più quello di 10 anni fa, le donne oggi hanno tutte le capacità e chiedono e pre-tendono i loro diritti e la loro dignità.
Alcuni Paesi stranieri presenti in Afghanistan, che volevano dav-vero fare qualcosa per la gente, per le donne, ci sono riusciti e molte donne hanno usufruito del loro aiuto e delle possibilità che gli sono state offerte.
Abbiamo centinaia di migliaia di ragazze che vanno a scuola, molte altre che studiano all’università, sono presenti nei due rami del
Parlamento, sono presenti nella Magistratura, addirittura nella Pub-blica Sicurezza tra le forze armate e polizia.
Il problema è che gli uomini, e soprattutto quelli che mostrano di essere più maschilisti, non vogliono che le donne conoscano i loro di-ritti previsti dalla Legge dello Stato e della religione Islamica; ad esem-pio l’unica cosa positiva che è stata fatta dalle donne in questi anni, con la presenza della NATO e delle forze straniere, è una Legge ap-provata dal Parlamento, che vieta la violenza contro le donne. Questa è l’unica cosa buona che è stata fatta per le donne in questi anni.
Questa legge è stata approvata tre anni fa dal Parlamento e ologata dal Presidente della Repubblica; oggi il Parlamento la vuole mo-dificare o abrogare, perché alcuni parlamentari estremisti che pren-dono ordini dai Paesi vicini che vogliono destabilizzare il Paese, defi-niscono questa Legge contraria ai principi islamici.
Infatti stanno cercando di infangare coloro che sono a favore di questa legge, facendo pressione sull’opinione pubblica affinché i so-stenitori di questa legge vengano dichiarati dei blasfemi, cosa che non è affatto vera e tutto ciò che loro sostengono non ha niente a che fare con i principi islamici.
Sono qua anche come portavoce delle donne del mio Paese. Di fronte a Voi Illustrissimi colleghi, colleghi giuristi, per chiedervi di non lasciarci soli, di continuare a sostenerci nella lotta per i nostri di-ritti. Fate sì che il Governo Afghano mantenga gli impegni presi con la Comunità Internazionale, nel rispettare il diritto delle donne e dei più deboli. Lo chiediamo sia a questo Governo attuale e a quelli che ver-ranno in futuro. Siamo molto preoccupati per il futuro.
Naturalmente per mantenere lo Stato di Diritto in Afghanistan c’è bisogno della Sicurezza e della stabilità; quando non ci sarà più il ter-rorismo e la paura, allora anche i diritti verranno rispettati. In quel caso anche voi europei e in generale i Paesi occidentali saranno più si-curi. Quindi vi chiedo con forza di aiutare l’Afghanistan, di aiutare il suo popolo.
In Afghanistan c’è molta gente di buona volontà, gente onesta e donne e uomini in gamba. In tutti i miei incontri nelle scuole e nell’U-niversità dico alle ragazze di non rassegnarsi, di non cedere e le inco-raggio a non mollare, dicendo loro che come ho potuto farcela io, pos-sono farcela anche loro, l’importante è volerlo. Ma il mio solo inco-raggiamento non basta, abbiamo bisogno anche del vostro appoggio.
All’inizio, al tempo del mio ingresso in Procura eravamo solo due donne, oggi siamo tredici! Sono ragazze laureate di recente presso l’U-niversità di Herat.
Come si diceva prima, le donne in casa hanno una buona gestio-ne domestica familiare, e gestio-nel mio paese hanno dimostrato che posso-no primeggiare anche nei ruoli della società. Dove ci soposso-no le donne si lavora meglio, c’è meno corruzione, c’è più giustizia.
Io per esempio sono mamma di tre figli, per tre anni i miei figli non hanno potuto frequentare la scuola, io non potevo e non posso gi-rare da sola senza la scorta, ma nonostante tutto noi donne non vo-gliamo rassegnarci, e lottiamo per i nostri diritti. Mi minacciano spes-so, mi hanno messo una bomba sotto casa.
Infine da donna e madre afghana, ringrazio gli amici italiani pre-senti nella zona ovest dell’Afghanistan, che sono lì davvero per aiuta-re il popolo, senza nessun altro secondo fine. Hanno fatto molto per noi, nell’ambito sanitario, costruendo ospedali e cliniche, nell’ambito educativo e universitario, e nel campo della Giustizia e sicurezza, tra-mite l’organizzazione IDLO. Vi ringrazio davvero per la vostra cortese attenzione, rinnovando il mio invito a non lasciare solo l’Afghanistan.