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QUADERNI del Consiglio Superiore della Magistratura

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I primi 50 anni delle donne in magistratura: quali prospettive per il futuro

La violenza di genere nella società attuale

Consiglio Superiore della Magistratura Sala delle Conferenze

Roma, 4 luglio 2013

QUADERNI

Consiglio Superiore della Magistratura del

Anno 2014 - Numero 162 C.S.M.

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I primi 50 anni delle donne in magistratura: quali prospettive per il futuro

La violenza di genere nella società attuale

Consiglio Superiore della Magistratura Sala delle Conferenze

Roma, 4 luglio 2013

QUADERNI

Consiglio Superiore della Magistratura del

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QUADERNI DEL

CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA Anno 2014, Numero 162

Pubblicazione per l’Ordine giudiziario a cura del Consiglio Superiore della Magistratura

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P RESENTAZIONE

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Il presente volume dei Quaderni del Consiglio Superiore della Ma- gistratura raccoglie gli atti del Convegno tenutosi a Roma, presso la sede consiliare, il 4 luglio 2013: una giornata di studio, arricchita dai contributi di insigni personalità ed articolata in una sessione mattuti- na, dal titolo “I primi 50 anni delle donne in magistratura: quali pro- spettive per il futuro”, ed in una sessione pomeridiana dedicata al tema

“La violenza di genere nella società attuale”.

Il Consiglio ha fortemente voluto promuovere questa occasione di confronto culturale, innanzitutto quale momento di celebrazione del cinquantenario delle donne in magistratura. Nel maggio 1963 fu, in- fatti, bandito il primo concorso aperto alla partecipazione femminile ed otto partecipanti risultarono vincitrici.

La rievocazione di questo significativo momento storico ha offer- to l’occasione per approfondire il tema della discriminazione di gene- re, in una prospettiva di rinnovata consapevolezza sul ruolo delle donne e sui persistenti limiti che caratterizzano la dimensione femmi- nile nell’attuale contesto culturale, istituzionale e professionale.

Gli illuminanti percorsi professionali individuali, illustrati in que- ste pagine, hanno consentito di acquisire nuove idealità e stimoli in or- dine alla strada ancora da seguire in tema di differenze di genere, anche alla luce delle evidenti criticità del presente, quali le persistenti disparità di fatto, la presenza di modelli di riferimento declinati es- senzialmente al maschile, la difficile individuazione di strumenti re- golativi realmente calibrati in funzione della parità di genere.

All’interno di un’analisi responsabile sulla questione di genere il Consiglio non ha inteso poi ignorare la terribile piaga della violenza sulle donne, quel drammatico fil rouge che sempre più accomuna gli episodi delittuosi di cronaca, tanto numerosi quanto efferati.

Il dibattito svoltosi nella cornice consiliare ha costituito un pre- zioso stimolo per prendere atto che lo sfondo sub-culturale, che fa da humus per tali crimini, è l’atavica convinzione, ancora radicata nel subconscio della società italiana, della sostanziale disparità fra i sessi e la conseguente affievolita percezione del disvalore insito in qualsia- si violazione dell’integrità fisica e morale delle donne. Per altro verso, la progressiva emancipazione dell’universo femminile e la sua giusta

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rivendicazione di pari opportunità di affermazione e gratificazione personale, oggi disciplinata anche dal dato costituzionale, possono ta- lora comportare, come inconcepibile effetto collaterale, una reazione, purtroppo molto spesso anche violenta, da parte di chi sente messo in discussione il proprio ingiustificato desiderio di potenza.

La questione si palesa ancor più complessa nella odierna società multiculturale, con la quale occorre confrontarsi in conseguenza del progressivo mutamento del dato demografico, per la massiccia immi- grazione da paesi in via di sviluppo.

A tutto ciò non può rimanere indifferente il Consiglio Superiore, che da sempre interpreta il proprio ruolo ed assolve ai propri compiti istituzionali con sensibilità rivolta ai mutamenti socio-culturali e con attenzione costante alle tensioni, ai valori ed ai bisogni emergenti nel vissuto reale.

In questo contesto, la scelta di pubblicare i risultati di questo im- portante evento, realizzato anche grazie all’indispensabile contributo del Comitato Pari Opportunità in Magistratura e della Rete dei Comi- tati per le Pari Opportunità delle professioni legali, vuole offrire un ap- porto fattivo a sostegno del tema di genere, nella convinzione che l’e- quilibrio delle identità costituisca un passaggio ineludibile, sia all’in- terno che all’esterno della Magistratura, verso il progresso e la cresci- ta sociale del Paese.

Giuseppina CASELLA Paolo AURIEMMA

Presidente della Rete dei Comitati Presidente p.t. del Comitato per le Pari Opportunità per le Pari Opportunità

delle professioni legali in magistratura

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INDICE GENERALE

PARTE I

I primi 50 anni delle donne in Magistratura: quali prospettive per il futuro

INTRODUZIONE Giuseppina CASELLA

Componente del Consiglio Superiore della Magistratura . . . . Pag. 5

INDIRIZZI DI SALUTO Annamaria CANCELLIERI

Ministro della Giustizia . . . Pag. 9 Michele VIETTI

Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura . . Pag. 15 Giorgio SANTACROCE

Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione . . . Pag. 19 Gianfranco CIANI

Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte Supre-

ma di Cassazione . . . Pag. 23

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RELAZIONI

Il contributo delle donne al governo autonomo della Magi- stratura

Giuseppina CASELLA . . . Pag. 29 Componente del Consiglio Superiore della Magistratura

Il contributo delle donne al governo autonomo della Magi- stratura

Giovanna DI ROSA . . . Pag. 39 Componente del Consiglio Superiore della Magistratura

L’esperienza della prima donna Ministro della Giustizia

Paola SEVERINO . . . Pag. 45 Prorettore Vicario della LUISS Guido Carli

Il principio di pari opportunità nella giurisprudenza costi- tuzionale

Marta CARTABIA . . . Pag. 53 Giudice della Corte Costituzionale

La giurisprudenza di legittimità in tema di discriminazione di genere e pari opportunità

Giovanni AMOROSO . . . Pag. 63 Consigliere della Corte Suprema di Cassazione

Il vissuto di una donna magistrato nella cultura islamica

Maria BASHIR . . . Pag. 85 Procuratrice Generale di Herat – Afghanistan

PARTE II

La violenza di genere nella società attuale

INDIRIZZI DI SALUTO Laura BOLDRINI

Presidente della Camera dei Deputati . . . Pag. 93

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Emma BONINO

Ministro degli Affari Esteri . . . Pag. 95 Paolo AURIEMMA

Presidente pro tempore del Comitato per le pari opportunità

in Magistratura . . . Pag. 99

TAVOLA ROTONDA Introduzione

Giuseppina CASELLA

Componente del Consiglio Superiore della Magistratura . . . . Pag. 103 Giovanna DI ROSA

Componente del Consiglio Superiore della Magistratura . . . . Pag. 107

Contributi

Mara CARFAGNA

Componente della Camera dei Deputati . . . Pag. 111 Giulia BONGIORNO

Avvocato . . . Pag. 115 Maria MONTELEONE

Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale

di Roma . . . Pag. 121 Carole Beebe TARANTELLI

Psicoanalista . . . Pag. 131

INTERVENTI TEMATICI

La lunga strada della parità fra fatti, norme e principi giu- risprudenziali

Marilisa D’AMICO . . . Pag. 137 Professore ordinario di Diritto Costituzionale dell’Università

di Milano

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Il contrasto penalistico alla violenza sulle donne

Bartolomeo ROMANO . . . Pag. 159 Componente del Consiglio Superiore della Magistratura

Allegati:

1) Legge 9 febbraio 1963, n. 66 . . . Pag. 169 2) Sentenza della Corte Costituzionale n. 33 del 1960 . . . . Pag. 171 3) Elaborazioni statistiche a cura di Giuseppina Casella,

Maria Casola, Giovanna Di Rosa . . . Pag. 179 Tabella A Situazione ruolo organico magistratura

(aggiornata al 1° luglio 2013) . . . Pag. 181 Tabella B Situazione analitica ruolo organico

magistratura (aggiornata al 1° luglio 2013) . Pag. 182 Tabella C Variazione percentuale presenza

uomini/donne in magistratura . . . Pag. 184 Tabella D Rapporto percentuale vincitori concorso

in magistratura . . . Pag. 185 Tabella E Variazione percentuale rapporto

uomini/donne: funzioni direttive . . . Pag. 186 Tabella F Variazione percentuale rapporto

uomini/donne: funzioni semidirettive . . . Pag. 187 Tabella G Rapporto percentuale nei Consigli Giudiziari Pag. 188 Tabella H Rapporto uomini/donne nella composizione

delle Consiliature . . . Pag. 189 Tabella I Relatori agli incontri di studio: rapporto

percentuale dal 1993 al 2012 . . . Pag. 190 Tabella L Incarichi internazionali: rapporto

uomini/donne dal 1993 al 2013 . . . Pag. 191 Tabella M Procedimenti disciplinari: rapporto

uomini/donne dal 1993 al 2013 . . . Pag. 192

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APPENDICE

Materiale di studio e documentazione in formato elettronico a cura della dott.ssa Maria Casola

Materiale di fonte consiliare

Introduzione delle quote di risultato negli organismi rappresentativi (Risoluzione del 2 aprile 2014)

Verifica sull’attuazione delle direttive consiliari in materia di violenza intra-familiare negli uffici di procura e di tribunale (Risoluzione del 12 marzo 2014)

Modifica al paragrafo III “Sedi a copertura urgente” della circolare n.

12046 dell’8 giugno 2009 (Delibera del 20 febbraio 2014)

Pubblicazione straordinaria dei posti vacanti di magistrati distrettua- li (Delibera del 20 febbraio 2014)

Quesito in ordine all’applicazione della circolare sulla maternità (Ri- sposta a quesito del 19 febbraio 2014)

Protocollo d’intesa a tutela della maternità e della paternità nell’orga- nizzazione delle attività giudiziarie e dei servizi amministrativi in re- lazione all’esercizio della professione forense (Delibera del 23 ottobre 2013)

Parere reso ai sensi dell’art. 10 della legge n. 195 del 1958, sulle dispo- sizioni del decreto-legge n. 93 del 2013, pubblicato sulla Gazzetta Uf- ficiale n. 191 del 16 agosto 2013, avente ad oggetto “Disposizioni ur- genti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di gene- re, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province” (Delibera del 10 ottobre 2013)

Il part-time in magistratura (Risposta a quesito del 3 luglio 2013) Funzionalità dell’attuale normativa primaria e secondaria relativa ai magistrati distrettuali (Delibera del 12 giugno 2013)

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Modalità di fruizione del congedo parentale (Delibera del 17 aprile 2013)

Istituzione di parcheggi asserviti alla sosta di autovetture condotte da gestanti e da neomamme (Delibera del 6 febbraio 2013)

Esclusione dalla designazione d’ufficio all’incarico di componenti delle commissioni per l’esame di avvocato dei magistrati con prole di età inferiore ai tre anni di età (Risposta a quesito del 19 dicembre 2012) Costituzione di un tavolo tecnico per la soluzione delle questioni am- ministrative ed organizzative connesse alla realizzazione degli asili nido ovvero dei servizi integrativi all’interno degli uffici giudiziari (De- libera del 12 dicembre 2012)

Applicabilità della normativa in materia di aspettativa obbligatoria in caso di maternità dei giudici di pace (Delibera del 6 luglio 2011) Monitoraggio sullo stato di applicazione delle circolari sulla flessibi- lità della prestazione lavorativa nei primi tre anni di vita della prole (Delibera del 23 febbraio 2011)

Criteri di utilizzo dei magistrati distrettuali. Coordinamento con l’isti- tuto delle tabelle infradistrettuali (Delibera del 30 luglio 2010)

Costituzione di un Osservatorio permanente sui provvedimenti più si- gnificativi dei Comitati per le pari opportunità decentrati (Delibera del 27 luglio 2010)

Riflessione sulle modalità organizzative del governo autonomo in or- dine alla presenza delle donne negli organi di autogoverno e sulla con- ciliazione dei tempi di lavoro con le esigenze di cure (Risoluzione del 26 luglio 2010)

Progetto di istituzione di asili nido aziendali presso gli Uffici giudizia- ri (Risoluzione del 26 luglio 2010)

Facoltà per le donne magistrato con prole di età inferiore a tre anni di essere nominate componenti della Commissione per gli esami di av- vocato (Risposta a quesito del 1° luglio 2010)

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Deposito della motivazione delle sentenze da parte del giudice onora- rio durante il periodo di congedo per maternità (Risposta a quesito del 3 giugno 2010)

Criteri prioritari da seguire nell’assegnazione del magistrato distret- tuale in sostituzione di magistrati assenti per maternità (Risposta a quesito del 13 maggio 2010)

Non designabilità di donne magistrato con prole inferiore ai tre anni quali componenti della Commissione per gli esami di Avvocato (Ri- sposta a quesito del 4 febbraio 2010)

Realizzazione di un protocollo da inviare ai vari Uffici giudiziari per adibire strutture immobiliari ad asili nido ovvero concludere conven- zioni con enti che prestino un eguale servizio (Delibera del 28 luglio 2009)

Delibera concernente la disciplina del magistrato distrettuale (Delibe- ra del 23 luglio 2009)

Iniziative per migliorare la risposta di giustizia nell’ambito della vio- lenza familiare (Delibera dell’8 luglio 2009)

Istituzione del Comitato Pari Opportunità presso il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione (Delibera dell’11 febbraio 2009)

Ammissibilità della rinunzia al posto all’esito dell’espletamento di con- corso interno e possibilità di destinare un magistrato con prole infe- riore a tre anni ad una sezione distaccata distante circa 100 Km. dal suo domicilio (Risposta a quesito dell’8 ottobre 2008)

Riconoscimento dei punteggi aggiuntivi previsti dal par. X della circo- lare n. 15098/93 e succ.mod. “Salvaguardia dell’unità del nucleo fami- liare” (Risposta a quesiti del 29 luglio 2008)

Istituzione dei Comitati Pari Opportunità decentrati presso i Consigli giudiziari (Delibera del 9 aprile 2008)

Osservazioni in merito ai criteri adottati per l’assegnazione del lavoro (Delibera di Consiglio del 9 aprile 2008)

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Osservazioni in merito ai criteri adottati per l’assegnazione del lavoro (Risposta a quesito - Approvato dal C.p.o.m. nella seduta del 12 marzo 2008)

Quesito in data 2 febbraio 2008 inerente all’applicazione della Circo- lare sulla tutela della maternità negli Uffici di Procura (Delibera di Consiglio del 9 aprile 2008)

Quesito inerente all’applicazione della Circolare sulla tutela della ma- ternità negli Uffici di Procura (Approvato dal Cpom, nella seduta del 12 marzo 2008)

Partecipazione attiva e propositiva del Comitato per le Pari Opportu- nità in magistratura agli eventi relativi al 2007 - anno europeo delle pari opportunità per tutti - Convegno a Roma il 22 maggio 2007 (De- libera del 18 luglio 2007)

Valutazioni sulla disciplina del ricongiungimento ed avvicinamento familiare alla luce della Circolare sui trasferimenti (n. 15098 del 30.11.1993) (Approvato dal C.P.O.M in data 19 luglio 2006)

Quesito in ordine alle modalità di applicazione della circolare n.

160/1996 del 10.04.1996 e successive modifiche ai magistrati distret- tuali (Delibera approvata nella seduta del 13 luglio 2006)

Delimitazione delle competenze del Comitato per le Pari Opportunità in magistratura e del suo ufficio di presidenza, nonché definizione dei suoi poteri di proposta nei confronti della Sesta Commissione refe- rente, anche mediante l’introduzione di apposite norme nel Regola- mento interno del Consiglio superiore della magistratura (Delibera del 15 dicembre 2005)

Programma dell’Unione europea in materia di parità tra donne e uo- mini: progetto presentato dal Comitato per le Pari Opportunità in ma- gistratura sul tema “Partecipazione equilibrata delle donne e degli uo- mini al processo decisionale” (Circolare n. P-11334 /2004 dell’11 giugno 2004 – Deliberazione del 9 giugno 2004)

Precisazioni in ordine alle modalità di fruizione frazionata dei conge- di parentali (Delibera del 17 luglio 2003)

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Fruizione dei congedi parentali in caso di parto gemellare (Risposta a quesiti del 17 luglio 2003)

Ricostituzione del Comitato per le Pari Opportunità in seno alla Sesta Commissione (Delibera del Consiglio superiore della magistratura del 6 novembre 2002)

Questioni interpretative della normativa in materia di congedo paren- tale e congedo ordinario (Risposta a quesito del 17 luglio 2002)

Assenze per maternità: modifiche conseguenti alla legge n. 53/2000 (Circolare n. P-24568/2000 del 4 dicembre 2000 - Delibera 22 novembre 2000)

Modalità di applicazione della normativa sui congedi parentali ex L. 8 marzo 2000, n. 53 e incidenza sul lavoro d’ufficio (Risposta a quesito dell’8 novembre 2000)

Assenza per maternità ed applicabilità dell’art. 203 O.G. – Esclusione della possibilità di porre fuori ruolo il magistrato interessato (Rispo- sta a quesito del 22 aprile 1999)

Magistrati in gravidanza o maternità - Problema dei magistrati in si- tuazione di difficoltà per motivi familiari e di salute: ricadute sull’or- ganizzazione interna degli uffici giudiziari (Circolare n. 160/96 del 10 aprile 1996 modificata con circolare n P-98-05257 – del 6 marzo 1998) Azioni positive per la realizzazione del principio di uguaglianza tra i sessi. Istituzione di un Comitato di studio (Delibera del Consiglio supe- riore della magistratura del 22 ottobre 1992)

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P ARTE I

I primi 50 anni delle donne in magistratura:

quali prospettive per il futuro

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I NTRODUZIONE

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Giuseppina CASELLA

Componente del Consiglio Superiore della Magistratura

Rivolgo innanzitutto un caloroso benvenuto ed un cordiale saluto alle Autorità presenti, che sono veramente tante, e a tutti i parteci- panti.

Come componente del CSM e, soprattutto, come donna sono par- ticolarmente contenta di aprire i lavori di questo convegno che il CPOM ha organizzato per celebrare i primi 50 anni delle donne in ma- gistratura e per esaminare il delicato tema della violenza di genere nella società attuale.

L’Ordinamento Giudiziario del 1941 richiedeva, per essere magi- strato, l’appartenenza al sesso maschile; fu la legge n. 66 del 1963, ap- provata a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 33 del 1960, a stabilire l’accesso delle donne a tutte le cariche ed impieghi pubblici, ivi compresa la magistratura.

Cinquant’anni fa iniziava, così, una “storia” paradigmatica, anco- ra in pieno svolgimento, e della quale tutti dobbiamo sentirci prota- gonisti.

La storia della donna in Magistratura è, in verità, la storia della donna comune dell’ultimo cinquantennio, che si caratterizza, inizial- mente, per il superamento del retrogrado pregiudizio dell’inferiorità morale, culturale e giuridica del genere femminile (pregiudizio che, ad esempio, giustificava all’epoca il delitto “d’onore” e rendeva puni- bile con la reclusione il solo adulterio della donna) e, successiva- mente, per l’affermazione dell’eguaglianza formale tra l’uomo e la donna.

Oggi, però, si tratta di dare effettività al principio di parità me- diante la realizzazione di una vera e propria eguaglianza sostanziale, sempre più ineludibile anche alla luce del nuovo testo dell’art. 51 Cost.

Gli illuminanti percorsi professionali individuali che saranno illu- strati, tra gli altri, da Paola Severino e da Maria Bashir offriranno l’op- portunità per acquisire nuove idealità e stimoli in ordine alla strada ancora da seguire in tema di differenze di genere, anche alla luce delle evidenti criticità del presente, quali le persistenti disparità di fatto, la presenza di modelli di riferimento declinati essenzialmente al maschi- le, la difficile individuazione di strumenti regolativi realmente cali- brati in funzione della parità di genere.

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Ma un qualsiasi ragionamento responsabile sulla differenza di ge- nere non può prescindere, oggi, dal drammatico tema della violenza sulle donne: questione che è restituita a cruciale attualità, se non ad- dirittura all’emergenza, dai frequentissimi episodi di cronaca.

La cornice consiliare sarà, dunque, oggi una sede privilegiata per riflettere criticamente su come le donne, protagoniste nell’attuale vita istituzionale del Paese, stiano interpretando il loro impegno pubblico e per aprire uno spazio di ragionamento sulle cause più profonde della disfunzione del sistema e sulle necessarie risposte al dramma della violenza di genere.

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I NDIRIZZI DI SALUTO

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Annamaria CANCELLIERI Ministro della Giustizia

Signor Vice Presidente, Signori Consiglieri, Autorità, Signore e Si- gnori Magistrati,

ringrazio il Consiglio Superiore, in particolare la Sesta Commis- sione, e il Comitato delle Pari Opportunità, per aver organizzato que- sta giornata di approfondimento del ruolo delle donne magistrato oggi in Italia.

Una storia cominciata più di mezzo secolo fa da una donna che voleva fare il prefetto. E, permettetemi questo piccolo accenno perso- nale, trovo singolare e piacevole la coincidenza che io, donna e prefet- to, sia chiamata a celebrare questa ricorrenza così importante. Fu, in- fatti, una giovane aspirante prefetto, Rosa Oliva, esclusa dal concorso proprio perché donna, a sollecitare la nota sentenza della Corte Costi- tuzionale (la n. 33 del 1960) che aprì la strada alle donne nelle carrie- re pubbliche. Oggi, 50 anni dopo la modifica legislativa che fu fatta a seguito di quella sentenza, sono orgogliosa di poter celebrare il primo mezzo secolo di magistratura al femminile.

Proprio la mia presenza in veste di Ministro della Giustizia, forse, dà la misura di quanta strada sia stata fatta in questo mezzo secolo.

La donna «è fatua, è leggera, è superficiale, emotiva, passionale, impulsiva, testardetta anzichenò, approssimativa sempre, negata quasi sempre alla logica e quindi inadatta a valutare obiettivamente, serenamente, saggiamente, nella loro giusta portata i delitti e i de- linquenti», diceva Eutimio Ranelletti, esimio presidente onorario della Corte di Cassazione, in un suo pamphlet del 1957, dal titolo esplicativo: La “donna giudice” ovverosia la “Grazia” contro la “Giu- stizia”.

E del resto in quegli anni un tale modo di pensare doveva essere piuttosto comune. Basta guardare le opinioni espresse dai nostri padri costituenti sulla questione per averne piena contezza. Per alcuni era la

«prevalenza che nelle donne ha il sentimento sul raziocinio, mentre nella risoluzione delle controversie deve prevalere il raziocinio sul sen- timento». Per altri era una questione di resistenza fisica, mentre per altri ancora era un problema riguardante il «complesso anatomo-fi- siologico della donna» che la rendeva inadatta a giudicare.

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Neppure menti di spicco, giuristi raffinati furono esentati dal pregiudizio. Il grande penalista Giuseppe Bettiol, pur così avanzato nel suo pensiero ad esempio in materia di colpevolezza, argomentò contro le donne magistrato sulla base di una sottile quanto effimera distinzione tra emotività profonda degli uomini e commozione su- perficiale delle donne. Ed infine, per chiudere, così si esprimeva uno degli uomini politici più importanti della storia repubblicana, gran- de avvocato ed insigne giurista, Giovanni Leone: «negli alti gradi della magistratura, dove bisogna arrivare alla rarefazione del tecnici- smo, è da ritenere che solo gli uomini possano mantenere quell’equi- librio di preparazione che più corrisponde per tradizione a queste funzioni».

Tanto che la nostra Costituzione, pur essendo tra le più avanzate al mondo, non si pronunciò espressamente sul tema dell’ingresso delle donne in magistratura, delegando la questione al legislatore ordinario.

Del resto, essa fu emanata in un momento storico difficile, in cui un nuovo ordine si affacciava, dovendosi però ancora scontrare con antichi pregiudizi, difficili da sradicare. Non si riuscì a pervenire ad un pieno superamento di quei pregiudizi, ma fu gettato il seme per quel percorso di emancipazione femminile che oggi ci ha portato fin qui. Come non ricordare, infatti, che proprio l’Assemblea Costituente fu il primo organo democratico al quale le donne poterono partecipa- re attivamente.

Ma già leggendo tutte le discussioni che furono fatte in seno a quell’Assemblea, ad esempio nelle posizioni di Calamandrei o di Sa- lerno, di Gullo o di Mancini, ci si può rendere conto che il mutamen- to di vedute e dunque l’ingresso delle donne anche nelle carriere dalle quali la legge del 1919 le escludeva, sarebbe avvenuto di lì a poco.

In fin dei conti, segnale di ciò fu proprio il non liquet che infine fu espresso nella formula ambigua dell’articolo 51 («Tutti i cittadini del- l’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cari- che elettive in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge»), che non pronunciandosi né esplicitamente a favore, ma neppure espressamente contro, consentì alla Corte Costituzionale nel 1960 di applicare pienamente il principio di uguaglianza sancito nel- l’articolo 3, ancora una volta a riprova della apertura al futuro del no- stro testo costituzionale.

Certo, è vero che ci vollero ben 15 anni, la pronuncia della Corte Costituzionale e l’appassionata difesa di un grande costituzionalista come Costantino Mortati, che dinanzi alla Corte rappresentò Rosa Oliva, affinché questo potesse accadere e questo la dice lunga su quan-

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to fosse radicato il pregiudizio di genere nella cultura sociale e giuri- dica dell’epoca.

Oggi la percentuale di ragazze che si laurea brillantemente in giu- risprudenza e che supera brillantemente il concorso per divenire ma- gistrato, che oramai da alcuni anni ha oltrepassato la soglia del 50%, dimostra quanto si sbagliasse Giovanni Leone nel ritenere che le donne fossero inadatte al “tecnicismo giuridico”. Proprio la formula del concorso pubblico, anonimo ed imparziale, dimostra che quando a contare è il merito, l’intelligenza, l’impegno, la dedizione, il valore delle donne emerge in tutta la sua portata.

Ed ancora i molti giudici donna, che ogni giorno affrontano i casi più spinosi e delicati, dimostrano quanto fossero in errore anche tutti coloro che ritenevano, per le ragioni più assurde, che esse non potes- sero svolgere la funzione giudicante.

Ma non è solo una questione di numeri, non è solo il fatto che le donne ci sono e diventeranno maggioranza nel giro di pochi anni. È soprattutto il fatto che dobbiamo oramai riconoscere che il loro in- gresso nella magistratura ha contribuito alla sua evoluzione.

Per avere di nuovo un’idea di quanto le cose siano cambiate, basta rileggere le parole di Villabruna, altro padre costituente: «non credo che vi sia alcuna Carta costituzionale che possa compiere un tale mi- racolo, se pure si trattasse di un miracolo: che riesca a portare sullo stesso piano la mentalità degli uomini e quella delle donne. Le donne – e non credo con questo di recare offesa al sesso gentile – [...] hanno un modo di sentire, un modo di vedere, un modo di ragionare, un modo di giudicare che molto spesso non si concilia con quello degli uo- mini. E allora, il giorno in cui avrete affidato l’amministrazione della giustizia ad un corpo giudiziario misto, che cosa avrete ottenuto?

Avrete portato nel sacro tempio della giustizia un elemento di più di confusione, di dissonanza, di contrasto».

Ebbene, Fernanda Contri, la prima donna a ricoprire il ruolo di giudice costituzionale, nel 2001 fu relatrice di una pronuncia della Consulta in materia di composizione dei collegi del Tribunale dei mi- norenni, nella quale si riconobbe esplicitamente che la presenza di giudici di sessi diversi all’interno dei collegi è in grado di apportare un

«peculiare contributo di esperienza e di sensibilità proprie del sesso di appartenenza» e quindi di «assicurare che le decisioni […] siano adot- tate con apporti di carattere scientifico e, al tempo stesso, con una completa proposizione di prospettive e di analisi». Dunque, quel che sembrava confusione, dissonanza, contrasto, è divenuto peculiarità, pluralismo di vedute ed esaltazione della diversità.

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Come a dire che in qualche modo come è caduto il dogma illumi- nistico del giudice mera “bocca della legge”, allo stesso modo sta ca- dendo il dogma contemporaneo del giudice “neutro”, figura asettica, confinata nelle tecnicaglie dei meccanismi normativi. Il giudice è in- vece una persona chiamata ad interpretare la realtà secondo l’ottica del diritto ed in questo senso è terzo ed imparziale.

In quest’ottica, l’essere donna, come già da prima l’essere uomo, diventa parte integrante dell’essere giudice, elemento avente piena cit- tadinanza nel sistema.

Questo, però, non vuol dire che quegli antichi pregiudizi siano stati sradicati del tutto. Esistono ancora dei “soffitti di cristallo”, come afferma la Commissione Europea per l’Efficienza della Giustizia (CEPEJ) nell’ultimo rapporto sullo stato dei sistemi giudiziari nei Paesi europei del 2012. Barriere che in Italia ancora dividono uomini e donne che affrontano la carriera giudiziaria.

I dati pubblicati nel rapporto del resto lo confermano. L’Italia, con il 48%, è nella media europea per la percentuale di magistrati donna sul totale.

Ma la posizione del nostro sistema giudiziario precipita al trenta- quattresimo posto, quando si rileva il numero di donne chiamate a ri- coprire incarichi direttivi: a fronte di una media europea del 32%, il nostro Paese non supera il 13%.

Questo forse deve portarci a riflettere sul fatto che esista ancora un comune sentire che in qualche misura impedisce alle donne di rag- giungere incarichi di vertice. Come spesso accade quando si tratta di questioni di genere, sono indotta a pensare che sia un problema innan- zitutto culturale. E forse a riflettersi anche nella magistratura è quello stesso ritardo culturale che ancora si ostina a non vedere le donne par- tecipi attive della società civile, per lo meno non quanto gli uomini.

Senz’altro un qualche ruolo è giocato dal fatto che a volte la donna, più dell’uomo, vive l’amministrazione della giustizia come ser- vizio reso [piuttosto che come esercizio di potere] e questo rende meno essenziale il raggiungimento di posti più in alto nella carriera.

Ma probabilmente è anche l’idea, radicata, che espresse Romano in seno all’Assemblea Costituente: «la donna deve rimanere regina della casa, più la si allontana dalla famiglia, più questa si sgretola». Si tratta di un modo di vedere la figura femminile, una visione di sé che spesso appartiene alle stesse donne, che le porta a rinunciare esse stes- se a più alte ambizioni.

Le donne, allora, devono ancor più dimostrare che l’una cosa non esclude l’altra. È evidente che questo comporta uno sforzo organizza-

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tivo, di sacrificio maggiore rispetto a quello di un uomo. Ma ne vale la pena, ne è arricchita la società tutta.

È un bene che questo sia oramai divenuto un problema avvertito, posto all’attenzione delle istituzioni nazionali ed internazionali. Ma forse è ancora più un bene che per le nuove generazioni di donne che affrontano la carriera di magistrato, di prefetto, di avvocato, quello dell’essere donna non sia affatto un problema, ma una caratteristica, naturale, da vivere con serenità.

Forse, mantenendo intatta questa loro fiducia nelle proprie capa- cità, finalmente verranno rotte quelle barriere trasparenti che impedi- scono di arrivare fino in cima.

Con il loro ed il nostro impegno sono convinta che si tratti di un obiettivo raggiungibile non in un tempo lontano ma nel futuro prossimo.

I lavori di questo convegno, ne sono certa, potranno aiutarci a compiere un altro passo importante nella giusta direzione.

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Michele VIETTI

Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura

Sono molto contento di portare il saluto del Consiglio superiore a questo bel convegno, organizzato dal Comitato per le pari opportunità e dalle nostre due consigliere Giuseppina Casella e Giovanna Di Rosa, che hanno profuso un grande impegno e una grande passione otte- nendo un ottimo risultato. Questa sala offre un bellissimo colpo d’oc- chio – credo che sia la prima volta in cui è a larghissima presenza fem- minile – ed è una grande soddisfazione potervi salutare, in particolare le illustri relatrici sia della sessione del mattino che del pomeriggio, la cui presenza già di per sé rappresenta una sorta di tableau vivant rap- presentativo: la vita di queste donne che interverranno, il loro impegno nelle istituzioni, il servizio reso con grande capacità testimoniano l’in- dispensabilità della componente “rosa” nelle realtà professionali, so- ciali ed istituzionali, e ne offrono una prova storica diretta, qui ed ora.

Il tema di genere rappresenta a tutt’oggi, in magistratura così come nel resto dell’ordinamento, evidenti criticità.

Questo momento di bilancio che il convegno offre, sollecitato dalla celebrazione del cinquantenario dell’ingresso delle donne in ma- gistratura, sarà certamente uno stimolo per una rinnovata consapevo- lezza sul tema e per riflettere sugli strumenti migliorativi da adottare.

Il filo rosso della questione femminile è sempre stato il controver- so ed instabile equilibrio tra eguaglianza e diseguaglianza, tra regole uniformi e diritto diseguale, il tutto come conseguenza della mutevo- lezza e della complessità dell’identità di genere.

Tra le tappe fondamentali di questa risalente dinamica dualistica va annoverata la già ricordata e ormai “cinquantenne” legge n. 66 del 9 febbraio 1963, scaturita dalla spinta giurisprudenziale, che ha con- sentito – come il Ministro ha appena ricordato – accesso delle donne a tutte le cariche pubbliche.

Questo oggi sembra un approdo scontato, doveroso.

Ma ancora tra i nostri Padri costituenti vi era chi opinava in senso contrario. Non voglio aggiungere altre citazioni alle molte che ha fatto il Ministro perché non vorrei contribuire ad un rinfocolarsi del pregiu- dizio. Mi limito ad attribuire la paternità di una delle frasi che il Mini- stro ha richiamato, quello che riguardava “il complesso anatomo-fisio- logico, per cui la donna non può giudicare”: la frase è dell’on. Codacci.

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Poi, per oltre un ventennio, la questione di genere in qualche modo rimane silente, questo sia perché la componente numerica delle toghe rosa era modesta, sia perché, culturalmente, le donne si sono forse impegnate più ad omologarsi all’unico modello professionale so- stenibile invece che ad affermare un’autonoma soggettività di genere.

Solo nel momento in cui si è venuta esprimendo, culturalmente e socialmente, un’identità sessuale di genere, è nata l’autonoma catego- ria del “lavoro femminile”.

Il primo approccio della legislazione al femminile ha tuttavia con- siderato la componente rosa come una sorta di “posta negativa” del si- stema.

La prima attività normativa infatti si è tradotta in un diritto dise- guale di tipo compensativo, ritenuto lo strumento indispensabile per rimuovere le disparità tra lavoratori e lavoratrici.

Diversa, rispetto a questa impostazione, è la legge n. 125 del 1991, che per la prima volta detta le azioni positive per la realizzazione della parità sul lavoro attraverso la realizzazione di un modello bidirezio- nale, allo stesso tempo paritario e uni-protettivo.

Il Consiglio Superiore, in epoca non sospetta, ha recepito questa novità attivando una politica giudiziaria improntata alla cultura di ge- nere.

Dagli anni ‘90 è iniziata una nuova stagione regolativa, quella delle azioni positive, contrassegnata dall’apporto fornito dal Comitato Pari Opportunità in Magistratura, promotore di tante meritorie forme di intervento.

Oggi la tutela della donna magistrato appartiene strutturalmente al regime tabellare e risulta ormai metabolizzata nell’organizzazione degli uffici e nell’applicazione degli strumenti di tutela del personale della magistratura.

Nell’ultima consiliatura si è lavorato per migliorare il sistema di flessibilizzazione del lavoro del magistrato madre; è stata affinata l’at- tività sostitutiva garantita dai magistrati distrettuali; si sono velociz- zati percorsi regolativi su temi di quotidiano rilievo, come gli asili nido aziendali.

La criticità che rimane da affrontare oggi è certamente quella della scarsa presenza della componente femminile nei centri decisio- nali e nelle posizioni di vertice.

Per un verso ci si rende conto che le donne, quanto più si sentono preparate, motivate ed impegnate nella vita professionale, tanto più avvertono un’istintiva repulsione per sistemi normativi di garanzia del risultato, quella sorta di prêt à porter che sono le quote che, troppo

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spesso, sviliscono le professionalità perché hanno, per chi dovrebbe giovarsene, il sapore del privilegio.

Per altro verso, l’ordinamento non può permettersi di perdere ri- sorse preziose e, ben al di là di battaglie ideologiche o di settore, que- sto va visto nella focale prospettiva del buon andamento dell’Ammini- strazione e dell’imparzialità, cioè di quei valori che sono costituzio- nalmente garantiti.

Su questa falsariga, tutte le istituzioni debbono aggiornare i pro- pri meccanismi di selezione, adattandoli ai peculiari soggetti in con- correnza.

Mi auguro che siano presto maturi i tempi per soluzioni di nor- male competitività, dove il parametro valutativo sia tarato su un mo- dello più ricco e completo di magistrato, che assommi in sé il meglio dei contributi dei due generi che lo compongono.

La reale praticabilità di un disegno così moderno impone, però, un metodo condiviso.

Non di rado, invece, il dibattito sulle pari opportunità vede quasi esclusivamente partecipi le donne – l’occasione odierna, per la verità, rappresenta una felice ed apprezzata smentita di questo approccio – quasi che si tratti di un problema che le donne devono risolversi da sole, perché solo le riguarda.

Il che, chiaramente, non è.

Consentitemi un accenno soltanto all’altro tema del dibattito odierno: la violenza sulle donne.

I dati di cronaca sono evidenti e drammatici; rimane da tentare un’interpretazione del fenomeno.

La già rilevata storica diseguaglianza tra i sessi credo che non sia sufficiente a spiegare una cifra criminale così cospicua. Tanto meno si possono evocare preconcetti o arretratezze culturali tenendo conto che il prototipo del femminicida è, di solito, un uomo collocato su un gradino medio della scala sociale.

In realtà, questa ondata di orrore di genere credo scaturisca pro- prio dalla crisi culturale e morale dei giorni nostri, in una società ca- ratterizzata da ruoli sempre più instabili e da dinamiche fortemente destabilizzanti.

Quella stessa crescita di identità del genere femminile, proiettan- do nell’immaginario collettivo l’idea di una donna autonoma e forte, rischia in qualche caso di mettere in crisi la soggettività maschile. È la inconsistente, ma pur serpeggiante paura di cui fu antesignano Cato- ne il censore, quando ammoniva “appena le donne avranno comincia- to ad essere vostre eguali, esse saranno vostre superiori”.

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Nuove forme di insicurezza e fragilità finiscono spesso per infetta- re sentimenti e relazioni, inducendo impulsi di ritorsione e di rabbia.

Tutto questo si inserisce, ovviamente, in una cornice più ampia di crisi dei valori e di frantumazione del modello di famiglia tradiziona- le, senza contare l’insufficienza dei servizi di supporto alla persona ed alla famiglia e l’evanescenza della rete protettiva, che dovrebbe essere propria di un sistema efficiente di solidarietà sociale.

La magistratura, dal canto suo, si è mostrata da tempo sensibile a questa allarmante realtà, tanto da intraprendere varie iniziative per migliorare la risposta di giustizia nell’ambito della violenza familiare e favorire anche un confronto sempre più approfondito al suo interno su questo tema.

Diversi uffici di Procura hanno predisposto modelli d’intesa con soggetti istituzionali e privati. Alcuni uffici hanno pubblicato linee- guida di consultazione semplice per accedere alle possibilità offerte dal sistema giudiziario per chi soffra atti di violenza abituale.

Occorre però che tutte le Istituzioni, non solo la magistratura, si facciano interpreti di un diverso modello sociale, fondato su politiche di conciliazione ben integrate, mirate alla creazione di famiglie più stabili ed aggreganti e di contesti lavorativi più equilibrati.

La magistratura farà, come sempre, la sua parte rendendosi inter- prete di un sistema culturale veramente rinnovato dall’interno.

Oggi gli approfondimenti di questo incontro saranno certamente un utile viatico per una riflessione che affondi le proprie radici nella nostra cultura e nel nostro comune sentire, prima ancora che nel di- ritto.

È con questa fiducia, con questa certezza che auguro a tutti voi una proficua e costruttiva giornata di lavoro.

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Giorgio SANTACROCE

Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione

Lo scorso mese di ottobre ho presentato nell’Aula Occorsio del Tri- bunale di Roma, con Gabriella Luccioli e Ernesto Lupo, il libro-con- fessione di una donna magistrato, Paola Di Nicola, intitolato “La giu- dice. Una donna in magistratura”. Il libro scandisce l’autobiografia di una collega, lungo un arco di tempo che prende avvio dal momento in cui “entrando in un mondo maschile” ha scelto di fare il magistrato cercando di “diventare un uomo con il corpo di una donna”, sentendo- si piccola piccola, quasi fuori posto, irritata e in parte intimidita dal clima di diffidenza e di malcelata ostilità che la circondava, sopratut- to da parte del Capo dell’ufficio dove prestava servizio, che non si fa- ceva scrupolo di interrogarla espressamente sui suoi progetti di ma- ternità, imprecando contro le assegnazioni disposte dal CSM; da quando era stata costretta a cambiare (come racconta) persino la voce

“per renderla maschile e dura” per poi ritrovare “la propria voce, diver- sa e femminile” – da quando cioè, per dirla tutta, la collega cercava di nascondersi “per poi mostrarsi e infine imporsi” – al momento in cui la toga – che “non conosce e non riconosce la differenza tra uomo e donna”

e “nasconde o almeno prova a nascondere” questa differenza – la spin- se ad esibire l’appartenenza di genere e a rivendicare con orgoglio un’i- dentità di cui era stata costretta a mutilarsi. Paola Di Nicola narra, in- somma, con accenti accorati e sinceri ma decisi, il passaggio dal mo- mento in cui è stata costretta ad ingaggiare una prova di forza con una mentalità maschile distorta a quello in cui il graduale e massiccio in- gresso delle donne in magistratura ha reso possibile il delinearsi di nuovi e più idonei modelli organizzativi, o, se si vuole, l’affermarsi di un’identità diversa e specifica, quella di un magistrato al femminile proiettato verso la sperimentazione di un modello paritario.

Anche se connotato da una leggera enfasi, il racconto di Paola Di Nicola è una sorta di diario di bordo che non si limita a descrivere il cammino di maturazione di una donna-magistrato, cercando di co- gliere il flusso di sofferenze e disagi, contraddizioni e inadeguatezze, pregiudizi e silenzi, illusioni e disillusioni, soddisfazioni e amarezze che contraddistinguono i pezzi della vita quotidiana di una donna che deve dividersi tra i diversi ruoli di moglie madre e magistrato, ma scava più in profondità, sforzandosi di calare l’analisi nei meandri più

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nascosti della storia delle donne-magistrato in genere. Per giungere ad affermare che la specificità femminile propone quotidianamente e in- consciamente un modello di magistrato diverso da quello tradiziona- le, non assimilabile né assolutamente omologabile al modello maschi- le. Né migliore né peggiore: solo diverso.

Leggendo il libro di Paola Di Nicola ho finito per scoprire (o me- glio: per ripercorrere con la memoria) le tappe del lungo iter che per lungo tempo ha portato a configurare la magistratura come una casta chiusa senza sesso, sbarrando alle donne la via dell’esercizio della giu- risdizione, per arrivare, finalmente, attraverso una sorta di rivoluzio- ne silenziosa, al traguardo del primo concorso in magistratura aperto alle donne 50 anni fa, e all’attuale, corposa presenza delle donne nelle aule di giustizia. Dal 1963 ad oggi la crescita è stata costante e ormai sembra quasi inarrestabile: esattamente un anno fa hanno preso ser- vizio 325 magistrati, di cui 210 donne, pari al 65%, ed eguale percen- tuale caratterizza il recentissimo concorso a 370 posti. Se continua questo trend nel giro di pochi anni la giustizia sarà completamente femminilizzata, come la scuola, la sanità e la Polizia di Stato, e l’am- ministrazione della giustizia che oggi ruota attorno all’uomo, finirà per voltare pagina e ruoterà inevitabilmente attorno alla donna.

Ammetto di aver sempre intrattenuto un rapporto privilegiato con le colleghe con cui ho avuto la ventura di lavorare, perché lo stare in- sieme, spesso fianco a fianco in un collegio o in un Consiglio giudizia- rio, mi ha portato a capire e apprezzare la differenza di genere e la ri- sorsa di una differente sensibilità che le donne portano nella cultura della giurisdizione. L’attitudine naturale della donna – alla mitezza, alla tolleranza, alla solidarietà, alla libertà di pensiero, alla capacità di dialogo, alla flessibilità – mi ha convinto che le donne sono a volte de- stinate a riuscire là dove la presunzione, l’arroganza, l’istinto di preva- ricazione, tipici dell’uomo, non riescono ad arrivare. Raccogliendo a tratti le confidenze di esperienza giudiziaria di tante colleghe, mi sono accorto che esse rinunciano a volte a carriere brillanti perché intui- scono che per avanzare ulteriormente devono affrontare una competi- zione troppo impegnativa e logorante. Per un centimetro di strada in più, devono investire troppo di sé o rinunciare a troppo del loro mondo privato, soprattutto a figli e nipoti (ed è risaputo che quando arrivano i nipotini, la donna scopre una seconda maternità), per cui se giudica- no che il rapporto costi/benefici non sia vincente, abbandonano con sano realismo quel centimetro in più e fanno un passo indietro.

In questo contesto un’equilibrata cultura delle pari opportunità può fare ancora dei passi per valorizzare lo specifico modo di fare giu-

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stizia delle donne, la loro presenza di qualità nella giurisdizione, la loro straordinaria capacità di conciliare le funzioni strettamente giu- diziarie con la cura della famiglia.

Umberto Veronesi scrive di aver imparato dalla frequentazione delle donne che ha curato come medico e di quelle di cui si è circon- dato nel lavoro in ospedale, in laboratorio e nelle attività sociali e cul- turali che il futuro è donna e che i tempi sono maturi per un deciso cambiamento.

La presenza delle donne in magistratura ha aperto sicuramente una nuova stagione sul modo di fare il giudice e su come vanno intesi l’esercizio della giurisdizione e il funzionamento di un’istituzione come la magistratura. Se l’obiettivo è “più donne” oggi si può dire che il risultato è stato ampiamente raggiunto, e che in 50 anni si sono sca- valcati fossati che operavano sul piano dell’esclusione o dell’autoe- sclusione.

Ma c’è di più. Negli ultimi tempi è arrivata a pieno sviluppo un’on- da lunga di riconoscimenti alla sapienza femminile, con l’ingresso di molte donne ai livelli più alti della gestione del potere. Alcune di que- ste donne sono oggi qui tra noi, e sono o sono state affidatarie di por- tafogli importanti, come quello della Giustizia e dell’Interno.

Francamente non so se il futuro è donna, come pensa Veronesi. So però che c’è bisogno delle donne, del loro lavoro e del loro talento. E che non c’è vero cambiamento senza le donne.

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Gianfranco CIANI

Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte Suprema di Cassazione

Mi compiaccio per l’iniziativa delle colleghe Giuseppina Casella e Giovanna Di Rosa di celebrare in questa sede del CSM il cinquantesi- mo anniversario della Legge 9 febbraio 1963, n. 66, originata dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 33 del 1960, che ammise la possibilità per i cittadini italiani di sesso femminile di accedere a tutti gli uffici pubblici e, quindi, anche di partecipare al concorso per udi- tore giudiziario e divenire magistrati.

Erano trascorsi poco più di quindici anni dall’acceso dibattito svoltosi nell’Assemblea costituente sulla proposta di inserire in Costi- tuzione l’espressa previsione della possibilità anche per le donne di ac- cedere alla professione di magistrato. Proposta respinta sulla base di una sorta di diversità antropologica della donna che la renderebbe ini- donea a svolgere funzioni giurisdizionali. Mi piace, però, ricordare quanto ebbe a dire in proposito, nel corso dei lavori in commissione, Piero Calamandrei: le donne “hanno dato ottima prova in tanti altri uf- fici in cui occorrono doti di raziocinio, di equilibrio e di spirito logico pari a quelle che occorrono nella giurisdizione”.

Il mio concorso – D.M. 5 aprile 1965 – è stato il primo al quale fu- rono ammesse le donne.

Sono stato testimone diretto delle aspettative e delle ansie legate alla discussione in Parlamento della legge n. 66; ero già allora amico di Gabriella Luccioli, una delle otto donne vincitrici di quel concorso, l’unica tuttora in servizio, attuale Presidente titolare della I sezione ci- vile della Corte di cassazione, prima donna cui sono state conferite le funzioni di Presidente di sezione della Corte.

È ancora vivo in me il disagio che provavo nel corso delle chiac- chierate sul nostro futuro di fronte alla sua incertezza di poter parte- cipare a quel concorso; incertezza legata esclusivamente ad una diffe- renza di genere!

Finalmente quella ingiusta preclusione venne meno ed il bilancio di questi cinquant’anni è assolutamente positivo; non solo “per le qua- lità che” alla donna “… derivano dalla sua sensibilità e dalla sua femmi- nilità”, come disse in Assemblea costituente l’on.le Leone, che si di- chiarò favorevole all’ingresso delle donne in magistratura, seppure con

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molte limitazioni, ma per la elevata professionalità, l’equilibrio, il senso del dovere e l’impegno – pur di fronte a tante difficoltà e diffi- denze, soprattutto iniziali – che le colleghe hanno sempre evidenziato.

Ho parlato di diffidenze iniziali; molte e assai consistenti si anni- davano nella stessa magistratura, soprattutto negli alti gradi.

Fui testimone diretto di tale diffidenza: gli uditori che avevano scelto Roma come sede del tirocinio – fra loro vi erano la collega Luc- cioli e chi vi parla – qualche giorno dopo il giuramento furono ricevu- ti nel suo studio dall’allora Procuratore generale presso la Corte di ap- pello. Questi dopo i saluti e gli auguri di prammatica si avvicinò alla scrivania, prese un libro che ci disse essere stato scritto dal famoso giurista e filosofo del diritto Francesco Filomusi Guelfi e ne lesse un passo in cui,in sostanza, si diceva che le donne dovevano restare a casa a fare la maglia. È facile immaginare le colorazioni che assunse il volto di Gabriella Luccioli nello sconcerto di tutti noi.

In questi quasi cinquant’anni le donne hanno dimostrato di esse- re, per la magistratura italiana, una “ricchezza”, una risorsa, un valo- re aggiunto che devono essere sempre più ampiamente apprezzati.

Eppure, ancora oggi non manca chi mostra diffidenza verso colle- gi giudicanti tutti al femminile!

Mi piace in questa occasione ricordare, in relazione ad una specifi- ca competenza dell’ufficio che ho l’onore di dirigere, che le magistrate sotto il profilo disciplinare si dimostrano più “virtuose” degli uomini.

Nel 2012 il numero dei magistrati sottoposti a procedimento di- sciplinare è stato di 154 unità, composto per il 31% da donne e per il 69% da uomini (rapporto sostanzialmente analogo a quello riscontra- to l’anno precedente). Tale rapporto è ben lontano da quello che ca- ratterizza la popolazione dei magistrati in servizio, che si compone per il 48% di donne e per il 52% di uomini.

È ricorrente la polemica sulla scarsa presenza di donne in posti di- rettivi.

Certo, sono ormai lontani i tempi in cui, come pose in rilievo la col- lega Casella in un convegno svoltosi a Torino nel 2003, vi era un’assen- za totale di presenza femminile nei posti direttivi della Cassazione e della Procura generale, nonché tra i dirigenti delle Corti di appello, sia nel settore giudicante che in quello requirente; ma pur tenendo conto del fattore temporale e della limitata presenza di donne tra i vincitori dei primi concorsi, mentre nei tempi più recenti supera abbondantemente il 50%, negli uffici direttivi il genere femminile è sottorappresentato. Ne è plastica rappresentazione la stessa composizione del CSM nel quale siedono due donne su ventiquattro componenti eletti (18,33%).

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Attualmente la presenza femminile ai vertici degli uffici giudizia- ri si attesta al 20% per gli uffici giudicanti e al 12% di quelli requiren- ti; solo quattro magistrate, su un organico di cinquantaquattro unità, sono Presidenti di sezione della suprema Corte; solo due sono le donne Presidenti di Corte di appello; nessuna è Avvocato generale della Pro- cura generale della Corte di cassazione o Procuratore generale di Corte di appello.

Il rapporto CEPEJ dell’ottobre 2012 pone l’Italia al ventunesimo posto nella classifica degli Stati membri del Consiglio d’Europa con ri- ferimento alle presenze femminili a capo degli uffici giudicanti di primo e di secondo grado e presso le Corti supreme.

Su questa situazione il Consiglio deve avviare una riflessione non già per introdurre criteri che favoriscano il genere femminile; sareb- bero illegittimi e, soprattutto, le colleghe li rifiuterebbero; quanto, piuttosto, per analizzare le cause di tale fenomeno e quindi individua- re misure di riequilibrio della rappresentanza, procedendo alla elabo- razione di progetti complessivi diretti a consentire la concreta immis- sione delle donne nei ruoli di vertice.

La riflessione dovrebbe, in particolare, avere ad oggetto i criteri di valutazione dei candidati agli incarichi direttivi, tenuto conto che i pa- rametri del merito e delle attitudini lasciano spazio a margini di di- screzionalità nei quali può annidarsi, anche in modo inconsapevole, il pregiudizio di genere. Occorre domandarsi se elementi di valutazione apparentemente neutri, come quello relativo alla forte valorizzazione di titoli extragiudiziari (tra i quali gli incarichi), peraltro spesso non pertinenti rispetto agli uffici da ricoprire, si risolvano in fattori di di- scriminazione nei confronti delle donne, che generalmente attribui- scono valore centrale all’impegno giurisdizionale e su di esso concen- trano le proprie energie. Anche in considerazione degli impegni fami- liari che gravano su di loro.

Vorrei chiudere questo saluto facendo mio l’invito rivoltoci dal Presidente Lupo nel corso della seduta in cui si congedò dal Consiglio prima del suo collocamento a riposo; egli mise in guardia tutti noi, componenti laici e togati di questo organo, da condizionamenti di ogni tipo, “anche da quelli che travalicano l’ambito degli schieramenti, come talora avvenuto in relazione al pregiudizio di genere ”.

Opportunamente nella sessione pomeridiana sarà affrontata la problematica della violenza di genere di fronte alla tragica attualità del femminicidio.

Anche sul punto sarebbe opportuno che il CSM avvii una rifles- sione al fine di verificare se vi è spazio per una sua iniziativa.

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R ELAZIONI

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Il contributo delle donne al governo autonomo della Magistratura Giuseppina CASELLA

Componente del Consiglio Superiore della Magistratura

Col convegno odierno, il Consiglio Superiore della Magistratura celebra l’ingresso delle donne in magistratura1, fondamentale traguar- do di civiltà all’epoca raggiunto dal nostro Paese: non un punto di ar- rivo, bensì l’inizio di una vicenda ancora in pieno svolgimento e della quale tutti dobbiamo sentirci protagonisti.

Il cammino è stato impegnativo e talora complesso, ma anche molto fertile ed in qualche maniera paradigmatico, nel senso che la storia della donna in magistratura è, in verità, la storia della donna co- mune dell’ultimo cinquantennio.

Il limitato tempo a disposizione consente solo dei rapidi flash su alcune pietre miliari del faticoso itinerario percorso.

Già si è ampiamente detto dell’eliminazione del divieto di accesso delle donne al concorso in magistratura, il che ha costituito l’inaugu- razione di un sistema fondato sull’eguaglianza formale tra l’uomo e la donna dinanzi alla legge, importante momento di superamento del re- trogrado pregiudizio dell’inferiorità morale, culturale e quindi anche giuridica del genere femminile2. Quel che va detto ora è che per rag- giungere l’obiettivo dell’uguaglianza fra i generi non è certo sufficien- te rimuovere gli ostacoli frapposti da norme incostituzionalmente di- scriminatorie.

E per dimostrare tale affermazione basta prendere le mosse da un dato statistico che, nella sua cruda realtà, non può essere trascurato e cioè che, da otto (Graziana Calcagno, Emilia Capelli, Raffaella D’An- tonio, Giulia De Marco, Letizia De Martino, Annunziata Izzo, Ada Le-

1L’ingresso delle donne in magistratura fu previsto dalla legge n. 66 del 1963, ap- provata a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 33 del 1960 (v. Allegati al Quaderno nn. 1 e 2).

2Pregiudizio questo che, senza andare troppo lontano, giustificava, all’epoca, il più lieve delitto “d’onore” ovvero rendeva punibile con la reclusione il solo adulterio della donna, senza contare che, proprio in forza di questo assurdo preconcetto, la vio- lenza sessuale è stata a lungo considerata un delitto contro la morale e non contro la persona.

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pore, Maria Gabriella Luccioli), le donne in magistratura sono diven- tate progressivamente le attuali 44113.

Senonchè, l’incremento delle toghe rosa da 8 a 4411 ha disvelato, nella concretezza operativa dell’organizzazione e della gestione, che la grave difformità delle posizioni di partenza tra i due sessi rendeva quella uguaglianza formale, in realtà, la fonte primaria della discrimi- nazione e della disparità sostanziale.

Alla luce di tale evidenza, il Consiglio Superiore della Magistratu- ra ha prontamente recepito la spinta propulsiva imposta dalla legge n.

125 del ‘91, dando avvio ad una stagione regolativa molto costruttiva, improntata al proficuo canone delle azioni positive.

La costituzione nel 1992 di un apposito Comitato di Studio, poi di- ventato il Comitato per le Pari Opportunità presso il CSM, è la più em- blematica delle azioni positive, che ha segnato l’istituzionalizzazione della politica di genere; e su questa stessa scia si è collocata la crea- zione nel 2008 dei Comitati per le Pari Opportunità decentrati presso i Consigli giudiziari dei vari distretti di Corte di Appello e presso la Corte di Cassazione.

Infine, la Rete dei Comitati per le Pari Opportunità delle profes- sioni legali, nata nel 2007, costituisce il proficuo nucleo di raccordo trasversale tra i vari ambiti della macroarea legale.

L’attività svolta dal CPOM è stata ed è ampia e complessa e la sola analisi della sua opera meriterebbe tempi illustrativi di cui oggi non dispongo. Ma, certamente, di questo Comitato deve essere ricordata in primis, per il profilo metodologico, l’attenzione scrupolosa prestata in- cessantemente alla base femminile, secondo una maniera dialogica e di ascolto istituzionale, attraverso il rilevamento continuo dei fabbiso- gni e delle multiformi difficoltà che le donne magistrato incontrano e con la meditata ricerca, condivisa e partecipata, delle migliori solu- zioni ordinamentali ed organizzative.

Vitale è stato, poi, il ruolo propulsivo del Comitato all’interno della cornice consiliare: proprio in quanto sollecitato o addirittura incalza- to da tale organismo, il CSM, esprimendo una lungimirante anticipa- zione della riforma di cui alla legge n. 53/2000, ha provveduto pronta-

3Attualmente le donne presenti in magistratura sono 4411, per una percentua- le pari al 48% del totale e ben presto costituiranno maggioranza se continuerà il trend che vede le donne vincitrici di concorso in numero di gran lunga superiore a quello degli uomini: cfr. i grafici di cui alle Tabelle C e D dell’Allegato al Quaderno n. 3.

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mente ad introdurre una serie di misure di salvaguardia della posizio- ne della lavoratrice madre.

Solo a titolo esemplificativo, tengo a richiamare, in modo specifi- co, la Circolare n. 160/96, con cui si è provveduto a raccomandare ai dirigenti degli uffici giudiziari di prevedere una organizzazione del la- voro interna tale da configurare un impegno lavorativo del magistrato in gravidanza o con prole fino ai tre anni di età “non inferiore quanti- tativamente, ma diverso e compatibile con i doveri di assistenza che gravano sulla lavoratrice”.

Gli oltre quindici anni di applicazione costante e ragionata di que- sta circolare confermano, per i considerevoli risultati raggiunti, che l’organo di autogoverno è culturalmente progredito, metabolizzando nelle scelte di politica giudiziaria l’ineludibile prospettiva di genere, come del resto confermato dalla successiva attrazione delle disposi- zioni previste dalla citata circolare, dapprima fondata su raccoman- dazioni impartite ai dirigenti, nell’area della precettività vincolante, propria della materia tabellare4.

4Circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti per il triennio 2012/2014

Art.45. - Organizzazione dell’ufficio in caso di magistrati in stato di gravidanza, ma- ternità, malattia

45.1 – Nella organizzazione degli uffici si deve tenere conto della presenza e delle esigenze dei magistrati donna in gravidanza nonché dei magistrati che provvedano alla cura di figli minori, in via esclusiva o prevalente, ad esempio quali genitori affi- datari, e fino a tre anni di età degli stessi. Al fine di assicurare l’adeguata valutazione di tali esigenze, il dirigente dell’ufficio deve preventivamente sentire i magistrati inte- ressati.

I dirigenti degli uffici devono adottare misure organizzative tali da rendere com- patibile il lavoro dei magistrati dell’ufficio in stato di gravidanza o in maternità e, co- munque, con prole di età inferiore ai tre anni di età, con le esigenze familiari e i dove- ri di assistenza che gravano sul magistrato.

45.2 – In ogni caso, le diverse modalità organizzative del lavoro non potranno comportare una riduzione dello stesso in quanto eventuali esoneri saranno compensa- ti da attività maggiormente compatibili con la condizione del magistrato.

Le specifiche modalità con le quali viene data attuazione all’obbligatoria disposi- zione di cui al punto 45.1 devono essere individuate in relazione al caso concreto. Nel settore civile può essere prevista una riduzione del numero delle udienze o del loro ora- rio ovvero delle assegnazioni privilegiando un maggior impegno nella stesura delle sen- tenze e, ove la materia lo comporti, nella trattazione della volontaria giurisdizione; nel settore penale il magistrato può essere inserito in processi prevedibilmente non di lunga durata, eventualmente riducendo il numero di udienze ma con una maggiore as- segnazione di sentenze al medesimo; negli uffici GIP/GUP. il magistrato può essere esentato dai turni per gli affari urgenti e dalle udienze di convalida (ovvero dette udien- ze possono essere calibrate con orari compatibili con la condizione del magistrato) con

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Dunque, la politica giudiziaria di parità si è trasformata da rispo- sta episodica ed accidentale a contingenti esigenze empiriche a perno strutturale del governo consiliare. E, del resto, tale impostazione è resa obbligatoria dalla recente costituzionalizzazione del diritto alle pari opportunità attuata con la riforma dell’art. 51 Cost..

Ma, lo si sa, il tema di genere è volubile, perché s’innesta su una realtà multiforme e mutevole, in continua trasformazione, ed è anche esigente, almeno per chi vuole prendersene cura lealmente, nel senso che reclama un’attenzione assidua ed una proiezione costante sull’at- tualità, visto che, appena un traguardo è raggiunto, lo stesso rischia di rivelarsi ben presto insoddisfacente in raffronto con le percezioni del dover essere futuro.

Al riguardo vi invito a ponderare l’evidenza statistica, che ci ri- chiama all’amara constatazione per cui le donne in posizione dirigen- ziale e semidirigenziale sono ancora una esigua minoranza5 (17% di- rettivi; 28% semidirettivi).

Le componenti femminili del CSM siamo, purtroppo, solo la sot- toscritta e la collega Di Rosa.

Sempre rimanendo nel perimetro consiliare, oggi 4 donne-magi- strato lavorano al CSM presso la Segreteria del Consiglio e l’Ufficio- Studi a fronte di 12 uomini, senza dimenticare che, per svariati anni, la presenza femminile è stata limitata alla sottoscritta, peraltro prima

una maggiore assegnazione di affari; negli uffici di sorveglianza l’esenzione potrà ri- guardare i colloqui con i detenuti in ambiente carcerario e gli affari di particolare ur- genza.

45.3 – Qualora il settore di servizio in cui opera il magistrato non consenta una organizzazione compatibile con le esigenze di famiglia o di salute del magistrato que- sti, a sua domanda, può essere assegnato, in via temporanea ed eventualmente anche in soprannumero rispetto alla pianta organica della sezione, ad altro settore nell’ambi- to del medesimo ufficio, mantenendo il diritto a rientrare nel settore di provenienza.

45.4 – Il provvedimento è adottato dal dirigente dell’ufficio, almeno 15 giorni prima del rientro in servizio del magistrato interessato, sentito quest’ultimo e previo coinvolgimento dei magistrati dell’ufficio in modo da individuare le modalità più adat- te a contemperare le diverse esigenze.

45.5 – Il provvedimento è immediatamente esecutivo e va seguita la procedura prevista dal paragrafo 14.

45.6 – Le disposizioni che precedono si applicano anche a favore dei magistrati che abbiano documentati motivi di salute che possano impedire loro lo svolgimento di alcune attività di ufficio, nonché a favore dei magistrati che siano genitori di prole con situazione di handicap grave accertata ai sensi della legge 104/1992.

5V. Tabelle E ed F dell’Allegato al Quaderno n. 3.

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