The Wall
2.3 Progettare “il Muro” 1 Concept album
2.3.2 Il live concert: Pink Floyd “The Wall Tour” (1980-1981)
Per promuovere il concept, ambizioso ed impegnativo, Waters ed il resto della band133 decidono di programmare, a partire dal febbraio del 1980, una serie di concerti in Inghilterra e Stati Uniti, scegliendo con cura le location adatte ad ospitare lo smisurato set/palcoscenico. Mark Fischer ed il suo socio Jonathan Park,134 assieme a Gerald
132 All’inizio dell’album, nella traccia In The Flesh?, è presente il verso recitato da Waters “…We came in?”, che funge da collegamento con la fine del concept, perché garantisce una sorta di continuazione del
brano finale Outside The Wall, chiudendo la frase “Isn’t This Where...” collocata proprio dopo la conclusione della canzone, donando inoltre, in questo modo, un aspetto ciclico alla narrazione. DANIELE FOLLERO, op. cit., pp. 166-171; cfr. con PINK FLOYD, Testi, Milano, Gammalibri, 1983, trad. a cura di Lucina Santambrogio.
133 L’organico musicale per il tour è composto dai membri della band – Waters (basso, voce, chitarra
acustica e clarinetto in Outside The Wall), Wright (pianoforte, organo, synthesizer ed accordion in
Outside The Wall), Gilmour (chitarra elettrica ed acustica, voce, mandolino in Outside The Wall e
direzione musicale delle varie esibizioni) e Mason (batteria, percussioni, e seconda chitarra acustica in
Outside The Wall) – e da diversi musicisti di supporto: Andy Brown (basso e chitarra acustica in Outside The Wall); Snowy White (nelle esibizioni datate 1980); Andy Roberts (chitarre nelle esibizioni datate
1981); Willie Wilson (batteria e percussioni), Peter Wood (tastiere e chitarra acustica in Outside The
Wall); John Joyce; Joe Chemay; Stan Farber; Jim Haas (backing vocalist). Quasi tutti i musicisti
addizionali (esclusi White e Roberts) avevano già partecipato all’album e successivamente avrebbero collaborato nuovamente alla rielaborazione di alcune tracce per la pellicola.
134 Mark Fischer stabilisce nel 1984 una collaborazione esclusiva con il collega Jonathan Park, fondando
la Fisher-Park Partnership, che curerà gli allestimenti scenografici ed il set design di numerosi concerti,
tour e spettacoli di musicisti e gruppi rock, come ad esempio Rolling Stones (nel 1994 per il Vodoo Lounge Tour), Tina Turner ed U2 (1992, ZooTv Tour). La collaborazione tra i due artisti si è conclusa nel
Scarfe – già coinvolto dal gruppo per la realizzazione dell’artwork del concept album e per quella del videoclip di Another Brick In The Wall – vengono chiamati a ricoprire il ruolo di responsabili tecnici, progettisti e realizzatori delle scenografie e degli effetti speciali per gli spettacoli, mentre Mark Brickman si occuperà delle luci. Il “gigantismo” pinkfloydiano giunge al suo climax.
Gerald Scarfe ricorda così l’incontro avvenuto con Waters, per intavolare l’intero progetto:
[…] Dopo aver lavorato a Wish You Were Here e viaggiato un po’ con lo show, Roger venne da me con queste cassette [demo] nelle quali c’erano le prime registrazioni di The
Wall; ci mettemmo in casa mia ad ascoltarle e lui a quel punto mi disse “voglio trarre un
album, uno show ed anche un film da tutto questo” e quell’abbozzo era The Wall. Mi descrisse la sua idea di come un muro dovesse essere costruito attraverso il palco, per rappresentare l’alienazione tra lui, il performer, ed il pubblico lì davanti ed anche il fatto che l’alienazione sia presente tra tutti noi; è un progetto incentrato sul concetto di “barriera”, The Wall.135
I costi del tour, partito il 7 febbraio 1980 e conclusosi il 17 giugno 1981, sono estremamente elevati, poiché raggiungono il milione e mezzo di dollari ancora prima di mettere in scena la prima performance, rappresentando nonostante tutto un danno ingente per il gruppo; si tratta inoltre di uno spettacolo relativamente scarno rispetto ai concerti precedenti, poiché prevede solamente 31 date totali, divise in quattro città: Los Angeles (7 performance), New York (5), Dortmund (8 performance) e Londra (11).136
ha creato alcune delle più spettacolari scenografie degli ultimi anni, per eventi come il PopMart Tour degli U2 (1997), o, per gli Stones, il Bridges To Babylon Tour (1997) ed il A Bigger Bang Tour (2005), ma anche per il Millennuim Dome Show del 2000 – favoloso show multimediale creato assieme a Peter Gabriel (che lo ha interamente musicato, raccogliendo tutte le tracce nell’album OVO, uscito lo stesso anno) e messo in scena a Londra – o ancora per le cerimonie di apertura e chiusura dei Giochi Olimpici di Beijing 2008. Fischer ha curato di recente l’allestimento per lo spettacolo del Cirque du Soleil Viva Elvis all’Aria Resort & Casino di Los Angeles (2010) e per il Diamond Jubilee Concert a Buckingham Palace (maggio 2012), facente parte delle celebrazioni legate al “Giubileo di Diamante” della Regina Elisabetta II.
135 Retrospective. Looking Back at The Wall, cit.
136 Il tour originale consisteva in 18 spettacoli totali che avrebbero dovuto svolgersi nel 1980 tra New
York (al Nassau Coliseum), Los Angeles (alla Los Angeles Memorial Sports Arena) e Londra (Earl’s Court Arena) ma, alla fine delle tappe, la band decise di esibirsi in otto ulteriori show l’anno seguente, a Dortmund, in Germania (presso la Westfalenhallen, dal 13 al 20 febbraio 1981) ed in altri cinque spettacoli all’Earl’s Court (13-17 giugno), registrando inoltre le esibizioni, con l’intento di integrare tali riprese nell’imminente pellicola. Gli show di Londra sono inclusi come extras nell’album Is There
Anybody Out There? The wall Live 1980-81, una raccolta pubblicata nel marzo del 2003, prodotta e ri-
arrangiata completamente da James Guthrie. GIANFRANCO SALVATORE, op. cit., p. 98. Una versione video in qualità medio-bassa di una delle performance all’Earl’s Court – divisa in tre macro sezioni – è presente anche sul canale YouTube, ai seguenti indirizzi:
La scaletta delle esibizioni prevede l’esecuzione di tutti i brani dell’album, comprese due tracce che non era stato possibile includere nel disco – e che saranno riprese successivamente nella pellicola – ovvero What Shall We Do Now? e The Last Few Bricks, che all’epoca del tour non aveva ancora un titolo ben definito.
Lo show, diviso strutturalmente in due parti o atti, sfrutta come i precedenti l’uso intensivo di espedienti marcatamente teatrali – ad esempio esplosioni di fumogeni, per simulare bombe ed azioni di guerra – e viene ricordato per l’allestimento scenico particolarmente imponente e le mastodontiche scenografie, come ad esempio le due metà di muro costruite ai lati del palco, che potevano essere riunite all’occorrenza in un unico muro centrale, in modo tale che la band potesse suonare sia al centro di esso, sia dietro ad esso, come accade durante la performance di Hey You, mentre “in scena” è presente un fantoccio umanoide illuminato da un unico faro (“occhio di bue”). Il muro viene unito durante l’intervallo dello spettacolo/concerto, diventando una linea di demarcazione concreta che – rispettando l’idea del suo autore – attraversando il palco trasmette la sensazione di alienazione del protagonista, ma rappresenta anche la negazione stessa dello show, la divisione tra dimensione reale e finzione, e la distanza tra pubblico ed interprete, che porta ad un’inevitabile incomunicabilità tra entrambi i poli. Come spiega Roger Waters, sempre nel documentario Retrospective,
[…] La seconda metà dello show doveva letteralmente diventare, essere, solamente un muro. Quindi, abbiamo dovuto trovare dei modi per rendere questa seconda parte drammatica, ma allo stesso tempo spettacolare e d’intrattenimento. La mia idea originale era quella di poter costruire a poco a poco un muro al centro del palco, che una volta finito avrebbe dovuto decretare anche la fine dello show, ma poi pensandoci bene capii che una tale idea avrebbe probabilmente causato un impatto troppo duro sul pubblico, e che sarebbe stato più interessante, invece, vedere il muro distrutto alla fine. Per poter fare ciò, quindi, ci sarebbero serviti anche degli elementi “esterni” al muro, e mi sembrava che le animazioni fossero la cosa più giusta.137
Un enorme schermo come fondale (in questo caso rettangolare), nel quale vengono proiettati i video con le immagini animate di Gerald Scarfe – come lo stemma pseudo- nazista con i due martelli incrociati, emblema araldico del protagonista nella sua personificazione come “dittatore”, o la sequenza dei fiori, che prima fanno l’amore e poi
http://www.youtube.com/watch?v=Z_u0SVO--dc&feature=relmfu; http://www.youtube.com/watch?v=Nhshmf6lnog&feature=relmfu;
http://www.youtube.com/watch?v=EgSP3H_krYo&feature=relmfu (contenuto bloccato in alcuni paesi).
finiscono per divorarsi a vicenda – assieme a pupazzi e fantocci aerostatici giganteschi, come ad esempio la personificazione del maestro sadico, completano dunque il racconto visionario “on stage”. A ridosso della conclusione, dopo il brano The Trial, il muro viene abbattuto provocando volutamente un rumore fragoroso – espanso grazie all’amplificazione surround138 – permettendo al gruppo di cantare Outside The Wall sopra le sue rovine.
Il concert tour è stato l’ultimo, in ordine di tempo, per la band nella sua formazione completa (full line-up), dato che i numerosi dissidi sfociati in lite tra Roger Waters e David Gilmour avevano aggiunto ulteriore acredine alla già precaria situazione, creatasi dopo l’allontanamento di Richard Wright, portando alla rottura definitiva.
John Rockwell, colonnista del «New York Times», in un articolo del 2 marzo 1980 afferma che
[…] “The Wall” show remains a milestone in rock history though and there’s no point in denying it. Never again will one be able to accept the technical clumsiness, distorted sound and meagre visuals of most arena rock concerts as inevitable. […] The show will be the touchstone against which all future rock spectacles must be measured.139
2.4 Pink Floyd The Wall: l’alienazione della rockstar secondo Roger Waters, Alan