Il caso italiano Tito Schipa jr., Orfeo
4.2 La situazione italiana
È il caso, prima di addentrarmi nell’analisi vera e propria del soggetto, di aprire una breve parentesi di carattere storico e sociale per poter chiarire, seppur in maniera sintetica, il contesto nel quale quest’opera particolare, per molti versi rivoluzionaria, va a collocarsi.
La situazione musicale italiana è stata dominata per lunghissimo tempo da modelli classici come l’opera ed il melodramma, e durante il decennio precedente alla stesura di questo progetto, nella scena musicale la facevano da padrone sentimenti e valori nazional-popolari come la famiglia e l’attaccamento alla chiesa o alla patria, cantati dagli esponenti principali della tradizione melodica, come Claudio Villa o Nilla Pizzi, figure rassicuranti e “virtuose”. La musica leggera italiana è però destinata di lì a poco a mescolarsi, seguendo un principio di totale rinnovamento, con sonorità straniere quali le
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Come ho già specificato nell’introduzione del mio lavoro, questa definizione appartiene al giornalista Renato Marengo, che la utilizza nel suo articolo dedicato al progetto in analisi. RENATO MARENGO,
Pop in Tv: il mito di Orfeo, «Ciao 2001», 25 novembre 1973, reperibile nel sito ufficiale dell’opera Orfeo 9, all’indirizzo http://www.orfeo9.it/?p=750.
atmosfere jazz, o il rock.260 La rottura definitiva con la tradizione avviene con l’avvento di una nuova generazione di giovani “arrabbiati”, identificati negli “urlatori” a livello iniziale, e poi seguiti dai complessi beat. Le regole del “bel canto” sino ad ora adottate vanno letteralmente in frantumi, lasciando spazio ad un tipo di musica più anticonformista e frenetica, sia a livello di testi che di arrangiamenti; inoltre, seguendo questo stesso atteggiamento, vengono rinnovati anche degli aspetti fondamentali riguardanti la fruizione musicale, dato che il disco a 45 giri soppianta quasi definitivamente l’LP a 78 giri, ed iniziano a diffondersi i juke box nei luoghi di aggregazione per i giovani. Il cinema inoltre si rivela un buon alleato, diventando viatico preferenziale per l’accettazione della nuova corrente musicale. Come spiega Domenico De Gaetano, nel testo Cinema e Rock. Cinquant’anni di contaminazioni tra musica e immagini (1999), scritto a quattro mani con Simone Arcagni,
[…] nel cinema popolare i nuovi paladini del rock italiano trovano modo di esibire il proprio istrionico talento, tanto che alcuni film all’inizio degli anni Sessanta diventano il simbolo della rivoluzione culturale più affascinante del dopoguerra.261
All’inizio, i primi esempi di pellicole sono soprattutto commedie leggere a lieto fine, realizzate con budget ridotti e scritte su misura per i protagonisti, ovvero le star musicali sulla cresta dell’onda – come Bobby Solo o Rita Pavone – e nel giro di qualche anno (già dai primi anni ’60), il panorama musicale ritorna a privilegiare personaggi più tranquillizzanti, mentre la carica “trasgressiva” del primo rock all’italiana sembra già esaurita; alla fine del decennio il musicarello262 appare un genere ormai logoro. La contestazione sessantottina, inoltre, rimane sempre ai margini del genere del “film canzonetta”, senza essere approfondita né valorizzata, come invece succede in particolare in America ed Inghilterra.
Agli inizi degli anni ‘70, una ramificazione tra rock e cinema si affaccia nel panorama nazionale, con l’introduzione delle nuove sonorità nelle colonne sonore: il concetto di
260 I primi echi del genere giovanile per eccellenza arrivano nel nostro paese sul finire degli anni ’50,
mentre in America cantanti/divi come Elvis Presley imperversavano sia in ambito musicale che cinematografico.
261 DOMENICO DE GAETANO, Breve storia del cinema rock italiano, in SIMONE ARCAGNI,
DOMENICO DE GAETANO (a cura di), Cinema e Rock. Cinquant’anni di contaminazioni tra musica e
immagini, Santhià (VC), GS Editrice, 1999, p. 174. 262
Il filone si basa su modello americano – rimanendo in ogni caso legato seppur marginalmente al genere della sceneggiata sentimentale napoletana ed alle commedie degli anni ’30 – e punta, come protagonisti, sui volti italiani della musica giovanile, facendoli diventare veri e propri divi dell’epoca, come ad esempio Adriano Celentano o Gianni Morandi. Ibid.
“popular music” viene considerato dai maggiori compositori italiani, ma nella maggior parte dei casi le canzoni vengono utilizzate in modo circoscritto, per sottolineare dei momenti significativi del racconto o per aprire e/o chiudere le pellicole, nei titoli di testa e di coda. Durante il decennio, il rock diventa a livello mondiale l’espressione diretta della contestazione e delle proteste sociali e politiche del periodo, ma in Italia questa sua funzione trova spazio all’interno del mezzo cinematografico solamente in alcuni documentari e reportage d’autore, come ad esempio Perché pagare per essere felici? (1970), di Marco Ferreri.263 Nei due decenni successivi, il rapporto tra cinema e musica rock si restringe ulteriormente, come ricorda sempre De Gaetano:
[…] i musicisti […] non frequentano il cinema e prediligono la televisione, [ed] i registi non sembrano molto interessati alla musica. Forse è per questo che non esistono vere e proprie storie “rock” nel cinema italiano degli anni Ottanta e Novanta. La scena musicale si è ormai definitivamente assestata e, che si tratti di cantautori, gruppi rock o cantanti di musica leggera, appare chiusa in un provincialismo, a volte di alto livello, che tuttavia vive solo di riflesso quello che accade sul piano internazionale.264
L’importanza di Orfeo 9 (1973) come progetto coraggioso ed innovativo, deriva proprio dal fatto di essere stato pensato, realizzato e presentato in un contesto – come si è potuto vedere – molto “ovattato”, dove qualsiasi tentativo di approccio più deciso e diretto con le tematiche care alla nuova generazione giovane veniva inevitabilmente smorzato. Il lavoro di Schipa jr. è dunque identificabile come la prima di poche opere sperimentali e marginali che non hanno avuto effettiva circuitazione pubblica, salvo occasioni specifiche, che hanno fornito dei presupposti differenti di lettura della situazione socio- politica del paese.
4.3 Sinossi
«Orfeo è un ragazzo come tanti che vive in una comunità di ragazzi simili a lui rifugiati nelle rovine di una antica cattedrale, ma mentre il resto del gruppo pare felice e appagato, a lui riesce molto difficile sentirsi parte di ciò che lo circonda.
C’è solo un ragazzo, incaricato dei rifornimenti dalla grande metropoli, che fantastica di una città sognata, ben diversa da quella che i ragazzi conoscono e disprezzano. Con lui
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Lo spunto principale per questa sezione di approfondimento è ancora il saggio di Domenico De Gaetano, Breve storia del cinema rock italiano, contenuto nel testo SIMONE ARCAGNI, DOMENICO DE GAETANO, op. cit., pp. 173-191.
Orfeo pare avere un minimo di condivisione, qualche confidenza. Un giorno incontra una ragazza, Euridice, e l’incontro gli procura comprensione, appagamento, gioia, e nella gioia la sensazione di esser parte armoniosa del proprio mondo. Alla festa di matrimonio tra Orfeo e Euridice arriva un ciarlatano molto abile ed efficace. Con un trucco raffinato riesce a rifilargli un pacco devastante. Semplicemente gli sistema meglio in mano il bene che aveva già, con un particolare in più però, piccolo ma fatale: la convinzione che a procurarglielo sia stato lui. E con lui, quando se ne va, Euridice sparisce. Da quel momento il ragazzo non sarà più in grado di assorbire la propria linfa vitale dal presente che lo circonda. Dovrà necessariamente rapportare tutto a quel copyright che il Venditore ha imposto sul suo momento felice, preferirà quell’istantanea fissata per sempre ai molti momenti di felicità reale che gli si presenteranno in seguito. Accecato, legato per i polsi a quell’imprinting perverso, partirà alla ricerca di una ragazza, di un’immagine, di un modello che nel proprio presente non trova più, falsamente convinto di aver perduto tutto. E cercherà disperatamente chi – o cosa – gliel’ha procurato, trascurando ogni possibile nuova realtà. Sul cammino ognuno dei suoi incontri gli offrirà invano la propria felicità del momento, compreso il ragazzo del pane, ora nella sua “città sognata” più vera del vero. Orfeo rifiuta, per inseguire il suo pezzo di passato. Alla fine verrà esplicitamente avvertito da chi ben s’intende di sofferenza: “Se vuoi mantenere il tuo equilibrio e la tua armonia adagiati sul tuo momento attuale, riempiti di ciò che hai, di ciò che sei e di ciò che è, non chiedere un’intercessione a nessuna sostanza e a nessuna persona, non paragonare il tuo presente, per quanto difficile, a nessun ricordo, per quanto paradisiaco, né a nessun futuro, che ne è solo l’immagine riflessa. Non voltarti indietro. L’unica verità – e con essa l’unica possibile gioia – è molto vicina, è da qualche parte qui e ora. Il resto è solo il fantasmagorico spettacolo della nostra nevrosi, la tormentosa differenza che ci fa uomini, quella che ci fa grandi e che ci perde”. Orfeo non capirà. E poi capire soltanto non basta. Ma non è a lui che raccontiamo la storia. A chi ci ascolta, sì, perché la sua Euridice non è perduta».265
265 Trama contenuta in TITO SCHIPA JR., Orfeo 9. Il Making. Storia, personaggi, fortune della prima rock opera italiana, Arezzo, Zona Editrice, 2005, e reperibile anche nella scheda del volume, presente sul
sito ufficiale della casa editrice all’url http://www.editricezona.it/orfeo9.htm; cfr. con FABIO SANNA,
Orfeo 9. Sinossi, reperibile nel sito ufficiale dell’opera Orfeo 9, all’indirizzo http://www.orfeo9.it/?page_id=2.
4.4 Orfeo 9. La storia in breve