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Lo show “multimediale”

Nel documento Opera Rock. Genere di confine (pagine 52-55)

The Wall

2.2 Pink Floyd/Concept/Light-Show

2.2.2 Lo show “multimediale”

Verso la metà degli anni Sessanta, lo spettacolo rock inteso come performance ed esibizione non aveva ancora una sua identità chiara, ma si basava sul carisma individuale di alcuni esponenti di spicco del genere musicale. Come suggeriscono Simone Arcagni e Manuele Cecconello,

[…] il rock non è solo musica ma è spettacolo nel senso più totale del termine: dagli ancheggiamenti di Elvis Presley ai modi eleganti e pieni di fascino di Eddie Cochran, dalle acrobazie dirompenti di Little Richard e Jerry Lee Lewis, passando per le sconcertanti “azioni” degli Who o dei Sex Pistols, fino ai veri e propri show di James Brown per arrivare agli “spettacoli teatrali” dei Genesis o ai concerti multimediali dei Pink Floyd o degli U2, il rock si connota in via privilegiata per l’importanza assunta dall’aspetto visivo, dalla messa in scena del carattere del personaggio o del gruppo, del mood del suo stile e delle sue canzoni o, come nel caso U2, in tempi recenti, di una fase sociale. […] L’aspetto “estetico” del rock assume dunque un ruolo primario nella creazione della “leggenda” rock.116

La consapevolezza di questo potenziale spettacolare del genere rock non era stata preventivata negli anni ’50, agli inizi del nuovo fenomeno musicale, e nulla all’epoca faceva presagire la possibilità di sviluppare in futuro una vera e propria teatralità all’interno dei vari concerti. Ma già nel 1967 i Pink Floyd iniziano a distinguersi nel vasto panorama del rock’n’roll grazie alla loro inventiva, ed incominciano ad elaborare una tipologia peculiare di “teatro musical/sonoro” – esclusivamente a proprio appannaggio e destinato ad evolversi e trasformarsi profondamente nel corso degli anni – avvantaggiati anche dal loro background culturale. Syd Barrett, Nick Mason e Roger Waters avevano alle spalle studi artistici e d’architettura, e la provenienza londinese di tutti i componenti del gruppo li teneva in stretto contatto con il fiorente ambiente della controcultura britannica; la loro indubbia creatività compositiva ed esecutiva si palesa nel corso di una lunga gavetta presso i club ed i luoghi-cardine di ritrovo dei giovani inglesi, nei quali si sperimentavano le prime contaminazioni tra diversi ambiti

116 SIMONE ARCAGNI, MANUELE CECCONELLO, Documentare il rock, in SIMONE ARCAGNI,

espressivi, attraverso gli happenings e con i light-show, ovvero spettacoli basati su trucchi e giochi di luci, intesi come progetti d’arte visuale.117 Popular art, moda, design ed arte optical sono quindi le basi di un nuovo movimento: la Swinging London – ovvero la Londra della rivoluzione culturale, che promuove la diffusione di un modo di vivere “moderno” – associato ben presto al fenomeno della psichedelia,118 presente già nella controcultura hippie, per il raggiungimento di una completa emancipazione dalle tendenze culturali del passato. Il light-show, in particolare, «evidenziava stretti legami tra la ricerca artistica “alta” e lo spontaneismo underground, nonché tra sedi e laboratori istituzionali da una parte, spazi contro culturali dall’altra».119

In quest’ottica socio-culturale, i Pink Floyd iniziano dunque a creare uno stile performativo personale, che si caratterizza nell’essere una sintesi complessa di elementi ripresi da più ambiti artistici come pittura, poesia ed avanguardie musicali (ad esempio elettronica e musica concreta), associati ad un’elevata capacità comunicativa nei confronti del pubblico – accentuata anche dall’abitudine del gruppo alla “rottura” della quarta parete durante loro esibizioni – e ad un gusto spiccato per la provocazione, che si esplicita nella tendenza a sconvolgere gli equilibri percettivi di chi guarda e/o ascolta (sia a livello ottico che acustico quindi), spesso coinvolgendo gli spettatori in “viaggi onirici”, «tra funzionalismo ed allucinazione, tecnologia e psichedelia».120

Il “teatro musical/sonoro” del gruppo è, in sostanza,

117 GIANFRANCO SALVATORE, Let There Be More Light. Il Teatro Musicale dei Pink Floyd, in

GIANFRANCO SALVATORE (a cura di), Pink Floyd The Wall. Rock e multimedialità, p. 9.

118

Termine composto, derivato dal greco ψυχή (psiche, ovvero anima) e δῆλος (dêlos, ovvero chiaro, evidente), che prende il significato di “allargamento della coscienza”. Il termine, un neologismo, tende a riassumere, come ho già sottolineato nel capitolo precedente, una “tendenza” artistica e comportamentale dell’epoca, che promuove la liberazione totale del pensiero da qualsiasi tipo di “costrizione” o convenzione sociale, ed è legata in particolare all’uso di sostanze stupefacenti.

119 GIANFRANCO SALVATORE, op. cit., p. 11. Da ricordare senza dubbio una delle prime

apparizioni/esibizioni del gruppo – nella formazione originaria con Syd Barrett alla voce – ad un

happening organizzato presso l’UFO Club di Tottenham Court Road, dove presentano alcuni brani

sperimentali come Astronomy Domine, Interstellar Overdrive e Nick’s Boogie (i primi facenti parte dell’album di debutto The Piper at the Gates of Dawn); una performance immortalata dalla macchina da presa di Peter Whitehead, nel suo straordinario documentario Tonite Let’s All Make Love in London (id., 1967). Cfr. con GIANDOMENICO CURI, I Pink Floyd: la musica, il palco, la vita, il cinema, il muro, in DIEGO DAL POZZO, VINCENZO ESPOSITO, op. cit., p. 168.

120 GIANFRANCO SALVATORE, op. cit., p. 12. Bisogna ricordare alcune delle più importanti

innovazioni dell’epoca (soprattutto per quanto riguarda l’illuminotecnica), che hanno permesso appunto al genere rock di ottenere esiti particolarmente efficaci e duraturi a livello spettacolare: nell’arco di un solo anno, il 1960, viene perfezionato il laser, nasce l’olografia, che permette di creare l’illusione della tridimensionalità – proprio grazie all’impiego di una luce al laser opportunamente proiettata, la quale produce la memorizzazione di un’informazione visiva sotto forma di un finissimo intreccio di frange di interferenza – ed entra in commercio la lampada alogena al quarzo.

[…] un innovativo progetto di integrazione di tecniche e forme espressive eterogenee: alcune appartenenti alla tradizione, altre scaturite dalle sperimentazioni più radicali. L’originalità del progetto pinkfloydiano sta nell’aver organicamente associato ad una musica ancora giovane […] una struttura spettacolare e multimediale di dimensioni ed articolazioni senza precedenti nella musica del Novecento […].121

Precursori in molti aspetti, i Pink Floyd assumeranno in pianta stabile un lighting designer per i loro concerti/spettacoli dal vivo,122 e nel biennio 1972-’73 daranno finalmente forma concreta a tutte le idee pensate e solo accennate negli anni precedenti per arricchire le loro performance – prima fra tutte l’introduzione di fuochi d’artificio sul palco – continuando poi a perfezionarle, svilupparle ed ampliarle nei decenni successivi. Arthur Max – che lavorerà in seguito come scenografo per registi del calibro di Ridley Scott o David Fincher, e conosciuto dai musicisti nel 1970, alla concert-hall The Fillmore East, nell’East Village di New York – sarà il tecnico più ingegnoso ed eclettico della band e proporrà soluzioni artistiche mai viste prima, come scintille di fuoco generate con attrezzature da saldatura, o l’introduzione di un’enorme luna piena appesa sopra la batteria (una sorta di simulacro geometrico-metaforico), sostituita successivamente con uno schermo circolare gigante – destinato a diventare l’elemento principale in tutti gli spettacoli futuri, ed arricchito negli anni da luci stroboscopiche attorno a tutta la circonferenza – dove vengono proiettati video ed immagini sofisticate e sempre più d’avanguardia. L’attrezzatura del gruppo negli anni assume proporzioni mastodontiche, e necessita di essere trasportata con mezzi sempre più pesanti: tonnellate di macchine sceniche, impianti audio quadrifonici, un sistema di missaggio (mixer, altoparlanti ed amplificatori) composto da ventotto canali e quasi altrettanti microfoni, rendono gli spostamenti per le tournée pari ad incubi, raggiungendo addirittura le 30 tonnellate di peso complessivo (trasportate via aerea) per il tour In The Flesh, del 1977. Luci colorate, specchi, trucchi pirotecnici e proiezioni filmate non erano però ancora sufficienti per rendere l’idea di teatralità, grandezza e creatività che aveva in mente la band così, nel 1973, vengono introdotte nei concerti quattro gigantesche torri luminose (le Genie towers, progettate da Max), alle quali saranno applicati numerosissimi

121 Ivi, pp. 12-13.

122 I Pink Floyd lavoreranno, agli esordi, con l’artista ed ex compagno di studi Mike Leonard (che sarà per

loro un progettista fondamentale), ed inizieranno una lunga collaborazione, per i più importanti tour e concerti, con l’architetto Mark Fischer. Successivamente lavoreranno con Arthur Max, e per l’allestimento del tour di The Wall e dei live dopo l’abbandono di Waters si rivolgeranno allo scenografo e light designer Marc Brickman.

riflettori (inclusi alcuni lampeggianti e fari girevoli), e viene adottato, inoltre, un palco innalzato da ascensori a sistema idraulico, avvolto in nuvole di vapore violaceo generate con del ghiaccio secco, per permettere ai musicisti un’entrata in scena ad effetto. L’elenco potrebbe continuare ancora per pagine e pagine, tante sono state le invenzioni stupefacenti ai quali i Floyd hanno fatto ricorso, tra le quali non si possono certamente dimenticare i magnifici palloni aerostatici riempiti ad elio – raffiguranti diversi simboli e personaggi ricorrenti nell’immaginario pinkfloydiano – come la piramide per il tour di The Dark Side of the Moon, oppure Algie, il maiale lungo tredici metri divenuto il simbolo dell’album Animals. Nel 1974, inizierà inoltre la collaborazione del gruppo con il cartoonist ed illustratore satirico-politico Gerald Scarfe, che preparerà per la promozione del tour di The Dark Side of the Moon dei programmi illustrati a fumetti (assieme al team di Hipgnosis),123 e successivamente vari video animati (collaborando col regista Peter Medak) per pezzi come Welcome To The Machine. Per ogni successo, si sa, esiste comunque un rovescio della medaglia; gli incidenti occorsi nei vari tour sono stati infatti numerosi: esplosioni incontrollate, incendi involontari provocati dalle scintille dei trucchi pirotecnici, crolli improvvisi delle scenografie sul pubblico, per non parlare dell’episodio emblematico avvenuto durante la seduta fotografica per la copertina di Animals, quando il maiale aerostatico Algie si staccò dai supporti di ritegno ed iniziò a vagare nei cieli inglesi e tedeschi, rischiando seriamente di provocare un disastro aereo e costringendo la band a ricorrere ad un piano d’emergenza legale.124

2.3 Progettare “il Muro”

Nel documento Opera Rock. Genere di confine (pagine 52-55)