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Su tutto c'è il già citato impatto del maoismo a tutti i livelli, la storia della sua diffusione e delle sue anche antitetiche interpretazioni è analizzata nell'ottimo lavoro di Roberto Niccolai Quando la Cina era vicina, che utilizza anche numerose interviste con i protagonisti dei vari partiti e gruppi del tempo. Il libro si chiude con un utile esperimento di “sistematizzazione” dei diversi approcci al pensiero del “Grande Timoniere”, ben conscio delle rigidità che questa operazione comporta Niccolai divide i gruppi politici e i giornali analizzati in quattro grandi nuclei interpretativi, che si intersecano in quelle organizzazioni che possedevano le caratteristiche di almeno due nuclei. 1) “Il Grande Timoniere cioè Baffone”147 sono gli m-l storici (“Edizioni

Oriente”, PCdI(m-l), ecc.), nati da ex-PCI, maoisti perché stalinisti. 2) “Contro il sapere libresco”148 sono i movimenti studenteschi delle varie sedi, che si innamorano del lato

“ribellistico” del maoismo, identificano nelle guardie rosse e nella Rivoluzione Culturale la loro stessa lotta, affiancano il leader cinese ad altre icone (anche in maniera semplicistica) che vanno a costituire un bagaglio ideologico, un punto di partenza più che una articolata proposta teorica. Niccolai ritiene Lotta Continua l'erede di questo approccio e la inserisce in questo nucleo. 3) “San Mao”149 vede protagonista una sola

organizzazione: l'UCI(m-l), che secondo l'autore ha grande ruolo per aver inciso negativamente con il suo maoismo fideistico e coreografico, privo di analisi critica e vissuto come una religione, sulla caratterizzazione di tutta un'area politica e un periodo. 4) “Mao sì, Maoismo no”150 vuole racchiudere organizzazioni e riviste della nuova

sinistra (da Quaderni Piacentini a Manifesto/PdUP, da Nuovo Impegno a Il Potere Operaio Pisano), di provenienza eterogenea, ma con un approccio più attento e critico al pensiero di Mao Tse-Tung che diventava una ricchissima miniera per la sintesi teorico- organizzativa che questi gruppi tentavano, un'interpretazione apertamente antistalinista che tendeva ad evidenziare in maniera più o meno forte la discontinuità del maoismo nel

147 R. Niccolai, Quando la Cina era vicina : la rivoluzione culturale e la sinistra extraparlamentare

italiana negli anni 60 e 70, Pisa, BFS, 1998, pp.51-254

148 Ivi, pp.254-256 149 Ivi, pp.256-259 150 Ivi,pp.259-262

pensiero marxista. Vi sono quindi gli “ibridi”151: fra gli m-l storici e il quarto nucleo vi è

ad esempio Vento dell'Est, che si distinse per l'apertura e l'attenzione filologica. Il MS della Statale di Milano è collocato a metà strada fra i movimenti studenteschi e “San Mao”, per aver mutuato dal maoismo il filostalinismo, un alto grado di settarismo e una certa passione per la “coreografia”. Fra “Mao sì, Maoismo no” e il secondo nucleo, Niccolai pone il MS di Roma, caratterizzatosi da subito come marxista e leninista, che mette Mao un gradino più su delle altre figure e ne approfondirà il pensiero con sistematicità.

L'analisi di Niccolai è ampiamente condivisibile, ma andando più nello specifico dei gruppi extraparlamentari analizzati in questa Tesi, l'autore di Quando la Cina era

vicina esclude dall'analisi Potere Operaio, sostenendo che si trattava di un

organizzazione che aveva nel suo DNA l'operaismo, i fatti di Piazza Statuto, quasi niente altro152. In realtà si riscontra una sua certa attenzione per la Cina, innanzitutto

come attore di primo piano sulla scena internazionale, ma anche come modello di società rivoluzionaria o di “guerra popolare”. Né mancano poi nel linguaggio dei suoi periodici le citazioni di Mao; che avevano e sembrano avere ancora oggi, in contesto non politico o non direttamente politico, magari parafrasate, un grande successo: dai titoli dei giornali al cinema, alla musica al fumetto. La maggior parte delle volte si tratta di citazioni non filologicamente corrette e con scarso o assente legame con il pensiero del comunista cinese153. Altro giudizio controverso è quello dato da Niccolai su LC, che

ritiene erede e continuatrice di una interpretazione del maoismo in chiave “anarchico- ribellistica”, anche supportato da testimonianze di sue militanti come Rina Gagliardi e Lisa Foa154. Anche qui si potrebbero citare gli interessi a più largo spettro sopracitati per

Pot.Op., e anzi rilevare una copertura anche maggiore (nonostante Niccolai dica che su

Lotta Continua si siano stampati più articoli su Mao dalla sua morte nel 1976 che dalla

fondazione della testata).

Per tutta la sinistra extraparlamentare e non solo sono comunque chiari i caratteri della Cina della Rivoluzione Culturale di maggior fascino. Li troviamo già citati in un articolo di Edoarda Masi apparso su Quaderni Piacentini del 1966, che riprende a sua volta un saggio di Bettelheim sulla “Nuova scala di valori cinesi”: l'abolizione della divisione lavoro manuale-lavoro intellettuale e degli incentivi materiali, la contestazione della neutralità della scienza, l'altruismo, il rifiuto della società dei consumi, il porre al centro gli interessi delle persone e non quelli dell'economia155. C'è da mettere insieme a

questi quello della lotta di classe ininterrotta (fondamentale per gruppi come LC e Pot.Op.) e anche da considerare una certa interpretazione di questo insieme come “pauperismo”, “ascetismo”, che ha portato molti cristiani all'amore (a volte mistico) per la Cina maoista, ma che si ritrova anche in opere come La rivoluzione culturale in Cina di Alberto Moravia. Questo giustificato anche da posizioni dello stesso Mao, si veda ad esempio il discorso degli anni '50 sul popolo “povero e bianco”, di una certa importanza nel lancio del disastroso “Grande Balzo in Avanti”. Da segnalare infine una polemica scatenata nella nuova sinistra, da un articolo di Sebastiano Timpanaro (fra i fonatori del PdUP) apparso su Nuovo Impegno, che criticava la “democrazia” della Rivoluzione Culturale, lo impensierivano la mancanza di vere discussioni aperte nel PCC e il fatto che «Mao non fu mai criticato, non dico “bombardato” (si riferisce alla parola d'ordine -Bombardare il quartier generale!-), ma mai criticato da nessuno.»156.

151 Ivi,pp.263-265 152 Ivi, p.221 153 Ivi, pp.67-71 154 Ivi, p.235 e nota 137 p. 237 155 Ivi, p.56 156 Ivi, p.213 e nota 99