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Il mondo del lavoro

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 61-64)

UNA FORMAZIONE ACCESSIBILE

4.3 Il mondo del lavoro

Bisogna fare una piccola premessa. Il mondo del lavoro oggigiorno è cambiato rispetto a quello degli anni ‘70-’80.

Si pensi che «agli inizi degli anni settanta vengono ripensati i modelli educativi a favore dei disabili fino ad allora praticati: l’esperienza scolastica dev’essere vissuta con coetanei normodotati perché siano agevolati i processi di apprendimento e lo sviluppo di comportamenti prosociali.

Con la legge 517 del 1977 le porte della scuola vengono aperte ai disabili per garantire il diritto all’integrazione. Ma all’alunno disabile sono stati garantiti i suoi diritti

“nel pieno rispetto della dignità umana?”33 Questa legge ha determinato di fatto la chiusura delle scuole per sordi e la loro integrazione in scuole normali».34

A., pensionato di 80 anni, usa la lingua dei segni ed ha lavorato come tipografo e, nel suo lavoro, era molto bravo. Nonostante questo, per i colleghi udenti era quasi

33

art. 1 - L104/92.

34 Perale M., Integrazione scolastica dei sordi: utopia o realtà, Tesi di laurea triennale in Scienze per la Formazione dell’Infanzia e della Preadolescenza, Università degli Studi di Padova, aa. 2013-2014, tesi non pubblicata, cit. p. 3.

“invisibile”: quando si trattava di socializzare non veniva mai invitato perché per gli altri c’era l’ostacolo della comunicazione. Anche quando lui cercava di parlare il più chiaro possibile, i colleghi non si sforzavano di rispettare delle semplici regole nella comunicazione con le persone sorde come quelle che spiegherò in un apposito paragrafo.

Fortunatamente A. non si sentiva totalmente isolato perché nella sua azienda c’erano altri colleghi sordi e nelle pause si ritrovava con loro comunicando in lingua dei segni e scambiando notizie o pettegolezzi al pari dei colleghi udenti.

M., invece, è una ragazza sorda di quasi 30 anni che porta le protesi e lavora presso un ente pubblico. È stata assunta come impiegata ma in realtà le mansioni che le affidano sono quelle di fare fotocopie, consegnare pratiche in altri uffici ed altri compiti molto semplici. Quando parla coi colleghi è costretta a chiedere di ripetere più volte perché questi parlano troppo velocemente. Quando esce con loro per la pausa caffè spesso non riesce a seguire la conversazione perché la velocità nello scambio di battute non le consente di seguire i turni di chi prende la parola e quando riesce a capire chi sta parlando ormai il discorso è già iniziato. Più persone sono presenti e maggiore è il panico e la fatica di M. nel seguire i dialoghi. Spesso i colleghi usano modi di dire o termini con doppi sensi che non sono propri delle persone sorde ed M., per non mostrarsi diversa, quando vede i colleghi ridere, ride a sua volta anche se non ne capisce il motivo.

Spesso M. quando parla con un collega non capisce se questi dica sul serio o se stia scherzando: questo le procura una serie di dubbi che la fanno stare in ansia per l’intera mattinata per paura che si generino incomprensioni o malintesi. Questa cosa la rende sempre più sospettosa, al limite della paranoia, soprattutto quando vede i colleghi parlare per conto proprio osservandola. Staranno parlando male di lei? La staranno prendendo in giro?

Per molte persone sorde le protesi acustiche servono solo per accorgersi dei suoni e la difficoltà più grande non sta nel sentirli ma nel riconoscerli ed interpretarli: per capire hanno bisogno di leggere le labbra dei loro interlocutori o vedere la fonte del suono o del rumore. Molte persone udenti invece pensano che i sordi con le protesi riescano a sentire al loro pari e questo provoca una grande frustrazione specialmente quando gli udenti mettono in dubbio la loro sordità. Ad esempio M. racconta che quando sta lavorando ci sono colleghi che alle spalle la salutano, lei si gira verso la fonte del suono senza capire

di cosa si tratta e i colleghi le dicono “ma allora non sei sorda”. Questa situazione infastidisce parecchio M. perché, come molti sordi, pensa che gli udenti non credano alla sua sordità oppure sminuiscano le sue difficoltà e le sue fatiche quotidiane.

Dalle storie di A. e M. è evidente un’importante differenza: il primo ha frequentato gli istituti speciali per sordi e come molti suoi coetanei ha terminato il percorso scolastico pronto e preparato per lavorare come tipografo. M. invece ha seguito un percorso scolastico insieme agli udenti: ha accumulato lacune tali da essere stata assunta dall’ente pubblico per ottemperare agli obblighi della 68/99 e non per le sue effettive competenze.

Le sue lacune sono tante e tali da non poter terminare con profitto e in autonomia percorsi di formazione specifici e si è trovata collocata come un pacco in un ufficio.

Purtroppo c’è poca flessibilità negli ambienti di lavoro: riorganizzare o ripensare meglio l’ambiente lavorativo per renderlo accessibile al lavoratore sordo, in certi contesti, è utile per renderlo maggiormente accogliente ed accessibile anche ai colleghi. Un esempio, forse unico in Italia, è presente in Lombardia. «La Provincia di Milano ha messo in campo una serie di azioni specifiche rivolte ai disabili sordi. Importante e di successo si è rivelata l’esperienza della Eurotranciatura S.P.A di Baranzate di Bollate che, attraverso candidature individuate con il supporto del progetto MATCH e la collaborazione dell’Ente Nazionale Sordi, ha permesso un eccellente inserimento di 8 soggetti in azienda. Il progetto si qualifica positivamente soprattutto come modello di maturità sociale per l’inserimento in azienda, a seguito di un percorso di formazione dei colleghi udenti all’uso della lingua dei segni».35 L’uso della LIS non è previsto solo per comunicare con i sordi ma proprio per la comunicazione tra tutti gli operai perché gli ambienti sono molto rumorosi. Anche gli udenti, infatti, in un contesto molto rumoroso come quello in cui si trovano a lavorare presso l’Eurotranciatura S.p.A., specializzata nella produzione per tranciatura di lamierini, si trovano in enorme difficoltà e negli stessi panni dei sordi. Per questioni di sicurezza, gli operai sordi indossano magliette arancioni perché in situazioni di pericolo si possa distinguerli dai colleghi udenti ed attivarsi di conseguenza.

35 http://archive.forumpa.it/forumpa2007/paaperta/cdrom/documenti/87/BuonePrassi_mission.rtf, (ultima consultazione 20/07/2014).

La realtà dei lavoratori sordi è che molto spesso non si tiene conto delle loro potenzialità e dei loro punti di forza e non si lavora per svilupparli. Non si investe sulla persona, creando opportunità adatte a loro che costituiscano un valore aggiunto per l’azienda in cui lavorano. Spesso si devono adattare ad una qualifica professionale senza garanzia di successo. Anche i corsi di formazione interni, siano essi obbligatori (ad esempio quelli che trattano sulla sicurezza del lavoro) oppure riguardanti prassi procedurali in innovazione od esistenti, in presenza oppure a distanza (on-line), non sono accessibili: i video presenti non sono sempre sottotitolati, i relatori non sono affiancati da interpreti di LIS oppure da assistenti alla comunicazione, capita che le aule non siano a misura di sordo per l’illuminazione insufficiente o la distanza di chi parla che non consente una buona labiolettura. Spesso i moduli formativi sono creati a misura di persona udente: il contenuto principale è nel parlato, l’eventuale trascrizione è un riassunto e il supporto visivo delle immagini presenti non completa il messaggio. Il sordo che si basa sulla trascrizione e sulle immagini può perdere le nozioni importanti ed addirittura il senso. La normativa aziendale spesso è scritta in modo troppo farraginoso e prolisso ed anche un sordo con buona competenza in italiano rischia di perdersi o di memorizzare con fatica le procedure importanti e basilari.

Se, come a scuola, nel mondo del lavoro, la formazione utilizzasse maggiormente il supporto visivo, faciliterebbe l’apprendimento anche per i colleghi udenti perché è noto come il cervello memorizzi molte più informazioni a lungo termine se associate ad immagini.

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 61-64)

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