UNA FORMAZIONE ACCESSIBILE
4.1 La formazione universitaria
Già grazie alla legge n. 104 del 1992 (legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), per gli studenti universitari sordi sono previsti interpreti durante le lezioni e gli esami. Successivamente, nel 1999 è stata
31 Art. 8 Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia (1989).
promulgata la legge n° 17, interamente dedicata all'integrazione delle persone disabili nelle università che contiene novità più importanti: ad esempio l’introduzione di "appositi servizi di tutorato specializzato" in favore degli studenti disabili. Con questo termine si intende fornire un insieme di competenze sui temi e sulle problematiche della disabilità, che possa servire per attivare sussidi e supporti finalizzati all'inserimento dello studente disabile e alla conseguente e graduale eliminazione degli ostacoli incontrabili lungo il percorso di studio.
T. è uno studente sordo che frequenta il 1º anno di Università. Conosce poco la lingua dei segni ma non la usa perché la famiglia non vuole. Entrambi i genitori sono laureati ed è per questo che il figlio non deve essere da meno nonostante abbia una competenza linguistica pari a quella di un bambino di 6 anni. Situazioni come queste sono abbastanza frequenti: la scelta del curricolo universitario viene spesso effettuata dalla famiglia che si illude o deve dimostrare che il figlio è alla pari degli altri, anche di fronte all’evidenza delle lacune accumulate nel percorso scolastico.
In questo caso, infatti, durante il suo iter scolastico, T. non è mai stato bocciato e per sua stessa ammissione, l’assistente che l’ha sempre seguito a scuola gli faceva i compiti, sostituendosi a lui.
I servizi dati dall’Università erano quelli di Interpretariato in LIS o quello di stenotipia ma inutili per lui perché non ha sufficienti competenze né in lingua dei segni né in italiano.
Questa situazione è abbastanza frequente: molti genitori vogliono che i loro figli sordi parlino bene, concentrandosi sulla produzione vocale, per non farli apparire diversi dagli altri. Quando si rendono conto che il figlio parla bene ma non conosce il significato di quello che dice ed ha un vocabolario limitato, tentano un approccio con la lingua dei segni, vista come ultima spiaggia. Se in tal caso le persone che lo seguono non hanno competenze adatte e non fanno bene il loro lavoro, ci si ritrova con il risultato di aver creato un sordo con un’identità confusa: un falso udente che rinnega di essere sordo ma che usa la lingua dei segni per poter comunicare. Questa confusione finisce per minare la sicurezza e l’autonomia della persona che è costretta a vivere allo sbando.
Fortunatamente la famiglia di T. è agiata e si è potuta permettere di pagare un’assistente alla comunicazione che gli rendesse comprensibili le lezioni e i testi su cui
preparare gli esami. L’assistente lo affiancava anche durante il ricevimento coi professori e durante gli esami. L’assistente rimaneva anche durante gli esami scritti in modo da permettere a T. di recepire tutte le informazioni come i compagni: se ad esempio un compagno faceva una domanda e il professore rispondeva, l’assistente passava queste informazioni a T. che poteva sfruttarle come i suoi compagni.
È evidente fin da subito dove sia la radice del “problema”: T. durante il suo iter scolastico non è stato seguito in maniera corretta da persone qualificate accumulando in maniera evidente nel corso degli anni molte lacune. In questo caso specifico l’Università non ha colpe. Purtroppo la situazione scolastica dei sordi è in genere questa: sarebbe interessante prevedere degli assistenti alla comunicazione per questi studenti o quantomeno dei tutor sordi o competenti in sordità e in LIS.
I. è una studentessa sorda iscritta ad un corso di Laurea Specialistica. Ha le protesi e non usa la lingua dei segni. Non ha mai accettato la sua sordità, perché la famiglia stessa non l’ha accettata, e tende a nasconderla ma si sente “anormale”. Ha un senso di rivalsa nei confronti delle persone udenti e deve sempre dimostrare di essere la migliore. Ha sempre avuto ottimi risultati universitari ma ha dovuto faticare parecchio per ottenerli.
Ha usufruito solo del servizio di stenotipia ma non per tutti i corsi che lei avrebbe voluto frequentare. L’Università le garantiva 2 corsi accessibili per semestre, al massimo 3 se nessun altro studente avesse richiesto tale servizio. La fortuna di I. è stata la sua ottima memoria e la velocità di lettura: poteva leggere ed imparare un testo universitario molto velocemente senza doverlo comprendere. Durante il suo percorso ha dovuto fare uso di ansiolitici per le pressioni subite dalla famiglia che, nonostante gli ottimi voti conseguiti, non le dava soddisfazione facendole i complimenti: quindi lei si impegnava di più per dimostrare di essere più brava dei suoi coetanei udenti. Laddove non ha avuto il servizio di stenotipia, si è dovuta arrangiare con gli appunti di altri studenti e ha dovuto impiegare più tempo per arrivare alla laurea. Durante i colloqui coi professori e gli esami, capitava che lei non riuscisse a leggere correttamente il labiale e quindi ad una domanda rispondesse una cosa diversa. Visto che altri studenti sordi potevano godere dei servizi di interpretariato LIS, ha provato a chiedere all’Università l’uso dell’interprete ma le era stata negata in quanto non segnante.
Sarebbe interessante prevedere la figura, ovviamente qualificata, di un ripetitore labiale in modo che durante le lezioni e quindi non solo durante gli esami e gli incontri coi docenti, lo studente diventi parte attiva e riesca ad interagire con gli altri.
Sarebbe inoltre auspicabile prevedere uno psicologo competente del mondo dei sordi che aiuti questi ragazzi ad accettare la propria sordità e che coinvolga le famiglia per spiegare qual è il percorso a loro più adatto. Bisogna sicuramente lavorare molto sull’aspetto sociologico e culturale prima che quello medico perché è quello che maggiormente influisce sulla crescita personale e sulla formazione dell’identità e dell’autonomia delle persone sorde.
La legge 17/99 estende anche nel percorso universitario il principio di integrazione sociale alla base della legge 104/92, mettendo in condizione gli studenti disabili di poter partecipare, al pari di tutti gli altri studenti, ai diversi momenti di cui si compone la formazione universitaria, usufruendo di specifici ausili, di sussidi tecnici e didattici in base al proprio livello di disabilità ed alle proprie esigenze. I sordi, che fino a pochi anni fa erano esclusi di fatto dalla fruizione universitaria in quanto non veniva offerta loro nessuna possibilità di accesso, dovrebbero avere garantiti tutti quegli strumenti atti a consentirne l'integrazione che sono sostanzialmente tre:
il servizio di interpretariato LIS;
il prendi-appunti;
il sistema automatico di riconoscimento vocale.
Il servizio di interpretariato LIS, pur essendo previsto in diverse università, non è regolamentato con efficacia. Inoltre, per sottostare alla logica del risparmio, il servizio viene fornito da persone talvolta non competenti, abbassandone la sua qualità. Il servizio dovrebbe essere coordinato con i docenti e gli addetti ai lavori (personale degli uffici universitari: non solo quello deputato alla disabilità ma anche quelli della Segreteria) affinché possa essere rispondente alle necessità degli studenti sordi. La copertura dei servizi è tuttavia parziale: i due casi precedenti sono due esempi tra i tanti in cui il servizio, pur rientrando nei requisiti minimi di merito (crediti minimi ottenuti o percentuale di presenza alle lezioni) previsti dal regolamento, è troppo poco. Dovrebbe essere concordato di volta in volta insieme con ogni studente sordo in base al proprio piano di studi.
Nel percorso universitario, ci sono ancora docenti che vedono lo studente come un “povero sordo” e mossi da sentimenti di pietismo o di assistenzialismo lo promuovono a prescindere. Questo è un grave errore: si perpetua quello che succede già nel percorso scolastico obbligatorio, non si responsabilizza il sordo e non lo si stimola ad impegnarsi di più. Lo studente sordo deve essere trattato alla stregua dei suoi compagni udenti: se non ha studiato, deve ottenere un voto consono al suo impegno.