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Il museo del futuro, qualche precisazione: l’interattività.

Prima di procedere ad un’analisi dei lavori di Creando e della educational manager Sarah Dominique Orlandi è necessario affrontare alcune premesse teoriche.

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Come già sottolineato precedentemente nella produzione culturale il consumatore ha assunto un ruolo fondamentale nel trasferimento di conoscenze per la realizzazione di nuovi prodotti.

Il prodotto culturale non si esaurisce nell’atto di acquisto di un prodotto o nell’accesso ad un servizio ma si completa nella costruzione di un’esperienza che è fisica, emotiva e cognitiva. [Hirshmann, Hoolbrook, 1982; Calcagno, Faccipieri, 2011]

Il valore associato a tale esperienza dipende dalle competenze possedute da chi fruisce del patrimonio culturale e dalle capacità da parte di chi opera dal lato dell’offerta di promuovere efficacemente un livello di coinvolgimento elevato. L’esperienza di fruizione di un prodotto culturale è, sintetizzando, un processo di conoscenza a mezzo di conoscenza [Rullani, 2004] in cui produttore, fruitore e contesto svolgono un ruolo primario per l’esito del processo stesso.

Le organizzazioni che operano nel settore culturale, tenendo conto di tali premesse e di quanto detto prima sul museo relazionale, devono necessariamente sviluppare in maniera adeguata le occasioni di dialogo e confronto con il fruitore, fornendo supporti adeguati a un suo reale coinvolgimento e alla creazione di un’esperienza ricca e soddisfacente [Calcagno, Faccipieri, 2011].

Le innovazioni introdotte dalle nuove tecnologie spesso, se non utilizzate in modo adeguato, non si rivelano capaci di modificare le dinamiche delle relazioni che si intrecciano nello spazio espositivo.

L’utilizzo di dispositivi che rendono più piacevole e bella la visita non sono sufficienti a cambiare la natura passiva del processo di fruizione.

Si prenda l’esempio di un audioguida, la più recente e magari dotata di contenuti video. Nonostante la loro evoluzione attraverso generazioni di diverse tecnologie proposte negli ultimi 60 anni, i tours all’interno dei musei continuano ad affrontare aspetti critici [Katz, LaBar, Lynch, 2011]

- Tour standardizzati creano un’esperienza omogenea non personalizzabile, dai contenuti “diluiti” pensati per la massa ma poco stimolante sia per i cosiddetti first-time visitor che per i più esperti

- I tours museali impongono i movimenti dei visitatori e il tempo nelle sale. - I tours, inoltre, obbligano i visitatori ad osservare, almeno primariamente,

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Dispositivi di questo tipo sono spesso concepiti in funzione di una “voce narrante”, solitamente quella del curatore della mostra, che istruisce il visitatore fornendo informazioni e specifici contenuti.

“While guidebooks may suggest what a visitor should look at, and even the route that he or she should follow – and the meanings that the single individual might read into the objects encountered along the way – will only rarely coincide with the strategic thinking of the Museum’s planners. How a visitor interacts with artworks and their setting is determined by personal needs, associations, biases, and fantasies rather than by institutional recommendations. In considering this history – that of response to, and reception of, the collections – the issue is not with the Museum defined by its official aims and aspirations, but with how it reconstituted in the individual imagination.”

[Baker, 1997]

Lo studio parte dalla consapevolezza che oggi sia possibile impostare progetti di fruizione che consentano forme di interazione più ricche e coinvolgenti [Calcagno, Faccipieri, 2011].

Tale finalità è raggiungibile fornendo ai consumatori strumenti di lavoro e linguaggi capaci di attivare modalità autonome di esplorazione dei significati del prodotto culturale.

Per rendere possibile tale situazione è auspicabile che vengano sostituite le forme tradizionali di comunicazione in favore di linguaggi più aperti, costruiti a più voci in cui coesistano elevati livelli di coerenza e una varietà di approcci.

Utilizzare linguaggi aperti di comunicazione e un modello costruttivista dell’apprendimento ha risvolti positivi sia per il fruitore che per il produttore. Per il fruitore si aprono occasioni di arricchimento più elevate del proprio capitale culturale, attraverso dovute ad un coinvolgimento più intento in un ambiente, il museo, che svolge la propria azione di “informal learning environment”.

Per il produttore che riesce a sfruttare tali sperimentazioni si crea, invece, l’opportunità di sviluppare una relazione più solida e duratura con il fruitore.

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I progetti che propongono forme più appaganti di fruizione si fondano su valutazioni inerenti ai contesti e alle pratiche di interazione tra i fruitori e le opere. La nozione di interazione si colloca nel cuore dei processi di innovazione che stanno interessando alcune esperienze museali.

Il concetto di interazione può assumere diverse declinazioni. Nello studio si intende riprendere l’approccio teorico di Blumer relativamente a quello che lui definisce interazionismo simbolico.

L’interazionismo simbolico poggia su tre premesse fondamentali:

“Le prima è che gli individui agiscono verso le cose in base al significato che esse hanno per loro. (…) La seconda è che il loro significato è derivato da, o sorge, dall’interazione sociale di ciascuno con i suoi simili. La terza è che questi significati sono trattati e modificati lungo un processo interpretativo usato dalla persona nel rapporto con le cose che incontra” [Blumer, 1937 ].

Von Lehm e altri studiosi affermarono successivamente che il concetto di interazionismo simbolico costituisce il linguaggio teorico più efficace con il quale definire la relazione museo-fruitore.

In tale ottica i visitatori, contrariamente a quanto si pensava, conferiscono significato all’oggetto d’arte con cui essi interagiscono attraverso un’azione interpretativa. Essi non devono più essere considerati come un ricettacolo passivo di conoscenze impostate da altri, esclusivamente passivi “uditori” isolati dal contesto in cui si trovano.

Quanto finora detto è in linea con il pensiero che emerge dai precedenti paragrafi e dal modo di concepire il visitatore e conseguentemente il prodotto-esperienza, potenziato dall’utilizzo delle nuove tecnologie, che gli si vuole offrire durante il percorso di visita.

Quello che si aggiunge alla trattazione è la considerazione che il processo di sensemaking del visitatore è tanto individuale quanto sociale.

Il fruitore è coinvolto in processi di co-produzione di significati perché interagisce con l’oggetto e con le fonti di informazione che corredano le esposizioni ed ugualmente perché può interagire con altri visitatori che si trovano nel medesimo spazio percettivo dell’opera.

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il corpo dell’individuo in gesti e movimenti che necessariamente creano possibilità di condivisione dell’esperienza con altri.

E’ riconosciuto dalla letteratura che le interazioni sociali sono elementi di riflessione importante per le realtà museali.

Circa il 70% delle visite ad un museo si svolgono in compagnia di altri: amici, parenti, colleghi o compagni. Le interazioni con l’altro hanno un forte peso, ad esempio, in ciò che si decide di guardare, nel modo di approcciarsi alle opere e indubbiamente nell’interpretazione del significato delle opere d’arte.

Nelle ultime due decadi il concetto di interattività si sta evolvendo a causa dell’introduzione delle nuove tecnologie per la comunicazione e l’informazione. La diffusione e il successo delle tecnologie digitali sul posto di lavoro, a casa e nei contesti pubblici ha incoraggiato i managers museali a indagare come le nuove tecnologie possono aumentare le esperienze nei musei.

Nonostante il continuo aumento dell’utilizzo di dispositivi tecnologici ciò che realmente si conosce degli effetti delle nuove tecnologie sul comportamento degli individui è ancora limitato.

Uno degli aspetti che emerge da queste analisi è che le ICT tendono ad essere disegnati per un solo utilizzatore che interagisce con la macchina individualmente senza che vengano attivate relazioni con l’esterno.

Quello che si cercherà di visionare nel prossimo capitolo è la metodologia innovativa utilizzata da Creando sia per per ripristinare il contatto tra l’individuo e il contesto in cui si trova ad interagire.