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Il Negazionismo : un vero problema da risolvere ?

IL NEGAZIONISMO: STORIA DI UNA MENZOGNA

II. Il Negazionismo : un vero problema da risolvere ?

La libertà di espressione delle proprie idee è riconosciuta nella maggior parte degli ordinamenti giuridici come concreto strumento di affermazione e di evoluzione della democrazia, come espressione del pluralismo delle idee e di quello giuridico, come diritto indispensabile e prodromico alla maggior parte delle altre libertà

individuali e collettive.64 Essa, tuttavia, non può essere illimitata, non può mai

ledere altri diritti fondamentali né sconfinare in un abuso arbitrario delle prerogative che la connotano. Nel caso della manifestazione e propaganda di idee volte a negare l’esistenza delle camere a gas, la riflessione sull’intervento del legislatore in funzione repressiva di tale libertà nasce dal fatto che queste spesso non si esauriscono in un pensiero di portata innocua ma celano ben altri intenti e finalità illecite, quali l’incitamento all’odio, alla discriminazione, alla violenza razziale, al genocidio o ad altri crimini internazionali, costituendo una nuova insidiosa forma di antisemitismo e di razzismo.

Per quel che riguarda proprio le fonti del diritto internazionale, tale riflessione coinvolge la responsabilità degli Stati in merito alla violazione degli obblighi a loro imposti nell’ambito di tale ordinamento. Sarà, pertanto, opportuno procedere, per gli stessi, con una panoramica degli strumenti normativi vigenti in tale contesto,

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che possono riguardare l’oggetto dell’indagine, e verificare quali tra questi siano già utilizzabili per la prevenzione e la repressione degli illeciti che possono conseguire alla diffusione d’idee negazioniste.

Si accompagna, una supervisione europea delle scelte compiute dai governi, dato che alla Corte spetta sempre l'ultima parola sulla loro compatibilità con la Convenzione. Tale giudice ha dichiarato in diverse pronunce che in una società democratica il diritto di libertà di espressione, si pone come base delle democrazie che si fondano sul pluralismo delle idee, sull’apertura, e sulla tolleranza delle opinioni diverse. In esse, la compressione di un tale diritto fondamentale deve avvenire nel rispetto dei diritti dell’uomo e del principio di legalità dei limiti all’esercizio delle libertà necessarie per la tutela di un “besoin social impérieux” (Corte Eur. Dir. U, Sunday Times c. Regno Unito, 26 aprile 1969, in particolare § 59). Perciò, il riferimento ad un tipo di bisogno socialmente rilevante può fungere da criterio interpretativo per la legittimità, la proporzione e la necessarietà sociale della restrizione ed anche per i margini di apprezzamento lasciati allo Stato: sicuramente la propaganda, l’incitamento all’odio o alla violenza razziale, l’antisemitismo, la diffusione di idee fondate sulla superiorità di una razza, come ad esempio quelle che potrebbero essere suscitate anche dalla mera riabilitazione del nazionalsocialismo su cui poggiano spesso le condotte negazioniste, sarebbero di per sé più che sufficienti a giustificare una contrazione delle prerogative della libera manifestazione delle proprie idee. Al contrario, però, non sembrerebbero sufficienti per la punibilità di quel soggetto astrattamente negazionista ma senza intenti illeciti suscettibili di riscontri concreti.

Per quel che riguarda il negazionismo nel diritto dell’Unione Europea, si deve notare che il relativo contrasto rientra in uno degli scopi di tale organizzazione sovranazionale, cioè nella più generale lotta al razzismo, alla xenofobia ed all’antisemitismo. Oltre alle condotte di istigazione pubblica alla discriminazione, alla violenza ed all’odio razziale, diffusione e distribuzione pubbliche di materiale razzista e partecipazione ad attività di gruppi razzisti, si fa menzione degli atti di apologia pubblica, a fini razzisti o xenofobi, dei crimini contro l’umanità e delle

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violazioni dei diritti dell’uomo, nonché della negazione pubblica dei crimini definiti all’articolo 6 dello Statuto del Tribunale militare internazionale di Norimberga. In quest’ultimo caso, la punibilità è subordinata però alla condizione che la negazione “comprenda un comportamento sprezzante e degradante” nei confronti del gruppo- vittima.

Dunque, per far fede al dichiarato intento di rispettare la CEDU e gli altri obblighi internazionali, (Art. C, Titolo I, Azione comune 96/443/GAI,) il negazionismo non viene punito come espressione di un’opinione tout court ma solo se si concretizza in un comportamento infamante e offensivo nei confronti delle vittime. Bisogna, a questo punto, porsi un quesito: era necessario specificare che il negazionismo nelle sue diverse intensità, qualora costituisca un’istigazione all’odio o alla violenza dovrà essere punibile? Non bastava che si incriminassero direttamente tali ultime condotte nell’ambito della lotta al razzismo, visto che il risultato preventivo e punitivo sarebbe stato lo stesso? Certamente, però, si elimina il dubbio sulla liceità di tali condotte, che vengono qualificate come forme di discorso razzista, qualora però contengano gli elementi propri che contraddistinguono la manifestazione di idee offensive o che siano potenzialmente o concretamente pericolose per la società, in quanto ledano beni giuridici di tipo collettivo o individuale (come l’ordine pubblico o l’onore), utilizzando per la loro punibilità il riferimento a fattispecie di parte speciale relative a categorie di delitti note alla più gran parte degli ordinamenti

giuridici di riferimento. 65

III Le scelte del Legislatore Italiano

L’introduzione al reato di Negazionismo, come già osservato, è da molti anni soggetto ad innumerevoli critiche. I fatti drammatici dello stermino del popolo ebraico hanno creato indignazione ed orrore all’interno dell’opinione pubblica, constatando come il fenomeno del razzismo e della negazione di fatti storici accaduti realmente, (come lo sterminio degli ebrei o anche quello del popolo

65 Cit. Resta G.-Zeno V.- Zencovich ., Riparare Risarcire Ricordare, Editoriale Scientifico, Napoli

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armeno) in questi ultimi anni, siano drasticamente aumentati, divenendo sempre più presenti in Europa e anche da noi in Italia. In ricordo dello sterminio del popolo ebraico proprio in Italia, nell’ ottobre 2015 alla seduta n. 500 in apertura della discussione alla camera dei deputati, interviene l’on Walter Verini il quale dichiara di aver vissuto tali atrocità e che non era umanamente possibile dimenticare tutto quello che era accaduto. Era quindi doveroso il racconto, per ricordare ma soprattutto con l’obbiettivo di non dimenticare. In Italia, si è parlato dell’introduzione del reato di negazionismo nel 2007 quando l'allora ministro della Giustizia Mastella, propose di punire con il carcere chiunque negasse pubblicamente l'esistenza storica e le dimensioni storicamente accertate della Shoah.

Il testo, tuttavia, approvato dal Consiglio dei ministri il 25 gennaio 2007, non faceva in realtà riferimento diretto al negazionismo della Shoah, come invece era stato ipotizzato in una prima stesura del testo, ma prevedeva pene più severe per chi diffondesse idee fondate sulla superiorità razziale e commettesse o incitasse a commettere atti discriminatori, il quale non venne approvato a causa delle

dimissioni poi improvvise del Ministro.66 La mancanza nel testo definitivo di ogni

riferimento al negazionismo, presentato dal Governo il 27 gennaio, ossia il Giorno della memoria fu influenzata proprio dal dissenso manifestato da alcuni esponenti dell'ambiente politico-istituzionale e da una parte dell'opinione pubblica.

Il testo, difatti, suscitò un ampio dibattito e una dura contestazione da parte degli storici, culminata nel c.d. «Manifesto di critica». In tale documento, netta appariva la posizione dei firmatari contro una verità di Stato imposta «dall'alto»: “Come storici e come cittadini siamo sinceramente preoccupati che si cerchi di affrontare e risolvere un problema culturale e sociale certamente rilevante (il negazionismo e il suo possibile diffondersi soprattutto tra i giovani) attraverso la pratica giudiziaria e la minaccia di reclusione e condanna. Affrontare la tematica della verità storica della Shoah, con una soluzione basata sulla minaccia

66 Cfr. Bonfanti R., Negazionismo una battaglia da combattere ma con quali armi? , 10 Febbraio

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della legge, sembra particolarmente pericoloso per diversi ordini di motivi: 1) si offre ai negazionisti la possibilità di ergersi a difensori della libertà d'espressione, le cui posizioni ci si rifiuterebbe di contestare e smontare sanzionandole penalmente; 2) si stabilisce una verità di Stato in fatto di passato storico, che rischia di delegittimare quella stessa verità storica, invece di ottenere il risultato opposto sperato. Ogni verità imposta dall'autorità statale non può che minare la fiducia nel libero confronto di posizioni e nella libera ricerca storiografica e intellettuale. È la società civile, attraverso una costante battaglia culturale, etica e politica, che può creare gli unici anticorpi capaci di estirpare o almeno ridimensionare ed emarginare le posizioni negazioniste.

Dunque lo Stato può aiutare la società civile, senza sostituirsi ad essa con una

legge che rischia di essere inutile o, peggio, controproducente.”67Vi è difatti chi

ha sostenuto come questa visione della democrazia come forma di governo, che si fonda sul confronto delle idee, sul dibattito politico, sulla dialettica ideologica e sociale, ed in ultima analisi sul dissenso, rispecchi esattamente lo spirito del nostro Costituente, il quale, nel lasciare ampi margini al diritto di manifestazione del pensiero ha espresso la propria fede nel diritto proclamato, ha ritenuto che fuori dai casi direttamente vietati, l'esercizio di questo diritto non costituisca un pericolo generale per la saldezza degli istituti, per la conservazione della pace sociale e per la vita della repubblica, perché le affermazioni pericolose sarebbero state contraddette da altre che ne avrebbero posto in luce la pericolosità eliminandola, e la propaganda delle idee sovversive sarebbe state vinte da quelle delle idee costruttive e la verità avrebbe illuminato se stessa e l'errore.68 Sulla

base di tali affermazioni, a tale espressione di fiducia e di speranza nell'auto-

67Cfr. Per il testo integrale del “Manifesto” e per l’ampio dibattitto a cui si è fatto cenno nel testo si

rimanda a L’Unità, 23 gennaio 2007; La Stampa ,20 Gennaio 2007; Corriere della sera , 26 Gennaio 2007

Cit. Cuccia V., Libertà di espressione e negazionismo,pp.877 ss

68 In tal senso Cfr. Esposito C., La libertà di manifestazione del pensiero nell’ordinamento italiano,

Milano 1958,53. Tale posizione ha indubbiamente radice nel pensiero liberale : Cfr. Croce. B, il quale riassumeva il comportamento dell’uomo liberale in quello di chi “rispettando la libertà del pensiero e battendosi perché sia da tutti rispettata, si batte- quale meraviglia, per garantire agli uomini la libertà delle stravaganze e degli spropositi. Il presupposto di tutto ciò è l’indubitabile principio che la verità non solo trionfa sempre, ma degli errori altrui si avvantaggia convertendoli al proprio uso, in suo buon succo e sangue”, in Di Giovine , i confini della libertà di manifestazione del pensiero, Milano 1988, 23, nota 58

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affermazione della verità nei sistemi democratici non andrebbero opposti lo scetticismo ed i timori del legislatore ordinario, propenso a vincolare la libertà di

manifestazione del pensiero nelle «catene perpetue» delle leggi69.

Del pari, l'idea di una protezione della democrazia, attuata mediante l'esclusione di chi la pensa diversamente non è che la trasposizione, nel quadro dell'ideologia democratico-liberale, della tecnica politico-legislativa della criminalizzazione delle parole, propria dei regimi autoritari. Il linguaggio giuridico dell'anti negazionismo finirebbe per avere paradossalmente come modello storico una pratica di governo basata sul divieto di negare la «verità di Stato», nel quadro di un regime di controllo sociale tendenzialmente totale. Le repubbliche democratiche, sorte sulle ceneri dei regimi totalitari, rischierebbero, dunque, di utilizzare, per reprimere determinate forme di dissenso ideologico, gli stessi mezzi normativi che servirono a soffocare il dissenso anti-totalitario.

Nonostante le critiche sopra delineate, l’introduzione del reato di negazionismo in Italia ha continuato ad impegnare l’intera opinione pubblica Italiana, coinvolgendo così anche le istituzioni parlamentari, e nel Marzo del 2013 il Senato approva un disegno di legge che mira a modificare l’art 3 delle legge del 13 Ottobre del 1975 n 654. In tale modifica si prevede una reclusione fino a tre anni, oltre che una multa per chi pone in essere attività di apologia, negazione, minimizzazione dei crimini contro il genocidio, dei crimini contro l’umanità di guerra come sono definiti negli articoli 6,7,8 dello statuto della corte penale internazionale riprendendo quasi del tutto quello che era sottoscritto nell’art.1 lettera c. della decisione quadro del consiglio dell’U.E. del 2008. Nonostante i vari interventi legislativi, nel nostro ordinamento una specifica disposizione che prevede un reato specifico per il Negazionismo si è avuta solamente nel 2016 con la legge n 115 che finalmente attribuisce rilevanza penale alle affermazioni

69 Sui limiti alla libertà di manifestazione del pensiero , Cfr. Pace A., Manetti M., Art.21 .La libertà

di manifestazione del proprio pensiero , Branca G. – Pizzorusso A., (a cura di) in Commentario della Costituzione , Bologna 2006

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negazioniste della Shoah, e dei fatti di genocidio, dei crimini contro l’umanità, e

dei crimini di guerra.70