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La Liberta di Manifestazione del Pensiero e diffusione dell'Odio e della Discriminazione

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INDICE

INTRODUZIONE

p.4

CAPITOLO I

IL DIRITTO DI LIBERA MANIFESTAZIONE DEL

PENSIERO

I. La nascita del diritto di manifestazione del pensiero in Italia p.6

II. Il significato dell’art 21 della Costituzione Italiana p.7

III. I limiti della libertà di manifestazione del pensiero p.12

CAPITOLO II

LA LIBERTÁ DI ESPRESSIONE E LA LIBERTÁ DI

OPINIONE: QUANDO L’ODIO E LA

DISCRIMINAZIONE DIVENTANO IL PRINCIPIO

CARDINE

I. La libertà di Pensiero e le Opinioni razziste e xenofobe p.20

1.1 La libertà di manifestazione del pensiero e manifestazioni di

opinioni razziste e xenofobia in Italia p.24

1.2 Le altre forme di manifestazione del pensiero e di opinioni razziste nell’esperienza giuridica di altri paesi: il caso della Germania

e quello degli Stati Uniti p.28

II. I reati di opinione nella disciplina giuspenalistica p.37

2.1 La sentenza n.4573 del 19 Ottobre 2015 ( Caso del luca) emessa

dal Tribunale di Torino p.44

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III. Il fenomeno dello Hate speech perpetrato con i social Network p.51

3.1 La sentenza n. 38912 del 31 Dicembre 2012 emessa dal tribunale

di Livorno p.60

3.2 La sentenza n. 16712 del 16 Aprile 2014 emessa dalla Cassazione

Penale sez. I p.64

CAPITOLO III

IL NEGAZIONISMO: STORIA DI UNA MENZOGNA

I . Il Negazionismo : Considerazioni preliminari p.68

II. Il Negazionismo: un vero problema da risolvere? p.76

III. Le scelte del Legislatore Italiano p.78

IV. La legge n.115 del 16 Giugno 2016 p.82

V. La storia in giudizio: il caso del genocidio degli Armeni p.84

CAPITOLO IV

IL PREGIUDIZIO OMOFOBO

I. Le Radici storico-culturali dell’omofobia p.91

II. La definizione del fenomeno omofobico e i vari provvedimenti

adottati a tal proposito dal sistema Europeo p.93

III. La disciplina giuridica italiana: la Legge n 654 del 1975 (Legge

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3

CONCLUSIONI

p.107

BIBLIOGRAFIA

p.108

GIURISPRUDENZA

p.113

SITOGRAFIA

p.115

RINGRAZIAMENTI

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INTRODUZIONE

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto, e ogni altro mezzo di diffusione. Elemento cruciale di tutti gli ordinamenti democratici è proprio la libertà di manifestare il proprio pensiero, senza quest’ultimo non si potrebbe parlare di Stato Democratico. Il diritto di poter manifestare il proprio pensiero, si inserisce nella più generale problematica delle libertà Costituzionali, e rappresenta non solo una libertà che si pone al fianco di tutte le altre, di matrice costituzionale, ma sembrerebbe, rappresentare il Presupposto Necessario. Questa libertà di carattere costituzionale, va concepita sia nel senso di avere la libertà di esprimere le proprie opinioni e sia alla libertà di informazione. Successivamente strettamente collegato con la tematica dell’Odio e della discriminazione, vengono trattate altre due tematiche cruciali: Il Fenomeno del Negazionismo, e il Pregiudizio Omofobo. Il Negazionismo è una teoria pratica volta a tentare di negare la realtà del genocidio degli ebrei compiuta per mano dei nazisti. Un’evoluzione recente di questa teoria è rappresentata dal fatto di voler distorcere gli eventi dell’Olocausto, piuttosto che negarli. Tra le distorsioni più comuni, vi è quella secondo la quale la cifra di sei milioni di morti tra gli Ebrei non sia che un’esagerazione; una seconda distorsione sostiene che le morti nei campi di concentramento siano state il risultato di malattie o di malnutrizione e non di una politica consapevole di genocidio. La negazione, e anche questa completa distorsione dei fatti dell’Olocausto, sono generalmente motivati prevalentemente dall’odio nei confronti degli Ebrei. Negare la Shoah significa quindi compiere un crimine di genocidio, un crimine di guerra, ma soprattutto compiere un crimine contro l’Umanità . Per concludere il discorso riguardante il fenomeno del Negazionismo è opportuno sottolineare anche la circostanza aggravante dei delitti di propaganda razzista e di istigazione o di incitamento alla commissione di atti razzisti. L’ultima tematica che viene trattata è in stretto il pregiudizio Omofobo. L’Omofobia viene intesa come una risposta affettiva che include emozioni di paura, ansia, rabbia, disagio, avversione nei confronti delle persone omosessuali. Come la Xenofobia, il Razzismo, o l’Antisemitismo, l’Omofobia, è una manifestazione diretta volta a definire l’altro come Inferiore o Anomalo. Da un punto di vista

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psicologico, l’avversione o la diffidenza nei confronti di gay e lesbiche deriva dalla preoccupazione per un disordine, qualcosa di “fuori posto” rispetto all’identità e ai ruoli di genere, di una sorta di disagio all’idea che vi sia qualcosa di “femminile ” in un uomo e di “maschile” in una donna. Le radici dell’omofobia sono varie, di solito intrecciate tra loro e alcune talvolta sono arcaiche: l’incubo di un mondo che non si riproduce; la paura trasformata in odio per ciò che viene percepito diverso e/o straniero. Le altre radici dell’Omosessualità, più “aggiornate”, sembrano nutrirsi dell’innegabile aumento della visibilità omosessuale nella vita domestica, nella giurisdizione internazionale, nell’immaginario collettivo. Se in passato, lo scandalo era la devianza, oggi ciò che preoccupa e spaventa, fino all’odio, è la possibilità di una normalità omosessuale e della sua realizzazione affettiva e familiare. In Italia non è la prima volta che il disegno di legge contro l’omofobia incontra resistenza in Parlamento. Da oltre tre anni, alcuni parlamentari si stanno adoperando affinchè venga modificata la legge contro la discriminazione, l’odio e la violenza, per motivi razzisti, xenofobi o religiosi, estendendola come circostanza aggravante anche al reato di Omofobia. Ad oggi si è creata la seguente situazione in Italia: Il 19 settembre del 2013 la Camera ha approvato la Legge Scalfarotto la quale da tempo è nel calendario di aula e non procede, in attesa di essere discussa e poi approvata in Senato.

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CAPITOLO I

Il DIRITTO DI LIBERA MANIFESTAZIONE DEL PENSIERO

I. La nascita del diritto di manifestazione del pensiero in Italia

L’art 21 della Costituzione afferma che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero da ciò si intende, che tale articolo è improntato verso una linea liberale di stampo democratico. La prima autentica forma di manifestazione libera del pensiero in Italia è la Libertà di Stampa che risale all’originario art.28 dello statuto albertino, che prevedeva da un lato che la stampa fosse libera, dall’altro lato metteva in evidenza l’esistenza di una legge che potesse reprimere gli abusi ogni qualvolta ci fossero stati . Non esisteva alcuna garanzia a livello di legislazione ordinaria , che tutelasse le altre forme di espressione del pensiero .”1

Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione, e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione, e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e frontiera. E’ notizia di oggi, come negli ultimi anni, ci sia stato una grossa perdita della libertà di manifestazione del pensiero, e di espressione accentuato con un lento procedere più o meno

consapevole di autocensura.2

La stampa svolge un ruolo cruciale nella storia degli ordinamenti nazionali in riferimento alla caratterizzazione della forma di stato in senso democratico e questo perché da un lato è forse l’unico strumento di maggior rilievo e dall’altro, perché

1 Cfr. Rimoli F., La libertà dell’arte nell’ordinamento italiano , Cedam, Padova 1992, il quale

sostiene che l’intervento è stato passaggio cruciale e obbligato di ogni stato totalitario, e che la cultura ha sempre svolto un ruolo fondamentale come instrumentum regni. PER un eventuale analisi approfondita del regime fascista in tema di controllo delle attività teatrali , cinematografiche e anche tipografiche si possono aggiungere, i testi unici di pubblica sicurezza del 1926 e del 1931

2 Cfr. Mezzasalma C., Libertà di espressione in Europa, Saggio: Espressione di libertà, Il Pennino,

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è concepita come reazione all’assetto della materia ereditata dal fascismo. La giurisprudenza costituzionale esclude dal concetto di stampa tutte le attività strumentali alla pubblicazione ,giudicando non in contrasto con l’art 21 , l’art. 111 del t.u.l.p.s. che prevede la necessità di una licenza per l’esercizio dell’arte tipografica (Corte Cost. sentenza n. 38/1973). Nella stessa ottica la corte costituzionale giudica estraneo all’art 21 anche il commercio della stampa . In materia di manifestazione si ritiene poter far rientrare nella garanzia prevista dall’art.21 , la stampa di lingua , di immagini e con più difficoltà invece la stampa pubblicitaria. Dottrina e giurisprudenza costituzionale hanno affermato che la stampa è soggetta agli stessi limiti di contenuto previsti per tutte le manifestazioni

del pensiero, in virtù del fatto che essa va annoverata fra i mezzi dello stesso.”3

(Corte cost. sentenza n. 25/1965, sentenza n. 122/1970, sentenza n.16/1981). L’evoluzione verso un sistema sempre più democratico-liberale che la costituzione Italiana ha promosso, mette ancora più in evidenza il valore fondamentale che la libertà di manifestazione del pensiero ha. Ogni democrazia che favorisca la realizzazione del singolo individuo e della collettività, si caratterizza per il fatto che prima ancora delle altre libertà civili, consente ai cittadini di farsi delle idee e di esprimere il proprio pensiero in tutti i campi. Questa libertà di pensiero e della sua manifestazione aiuta, la Costituzione di un regime democratico. La libertà di opinione è dunque un diritto costituzionale assoluto ed è su esso che viene basata la democrazia.

II. Il significato dell’art. 21 della Costituzione Italiana

La libertà di manifestazione del pensiero è espressamente riconosciuta nell’art. 21 della Costituzione il quale si apre con la decisa e inequivocabile affermazione che tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto, e ogni altro mezzo di diffusione. Quando si fa riferimento al concetto di libertà, si deve necessariamente partire dalla sua derivazione storica della sua

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emersione intesa come necessità dei sudditi e del popolo di vedere codificati nelle costituzioni dell’era moderna i propri ambiti di libertà in contrapposizione al potere dello Stato, sia nell’ ulteriore necessità di vedere regolati in uno stato democratico i rapporti tra i vari diritti di cui il cittadino è titolare. Il punto di partenza della riflessione, non può che essere rappresentato dall’interpretazione in un’ottica prettamente costituzionale dell’art 21 che espressamente sancisce che la libertà di manifestazione del pensiero come già affermato dai giudici nazionali, ha esecuzione e costituisce un valore centrale nell’ordinamento costituzionale a patto

che si attui il principio democratico4.

Il diritto di poter esprimere liberamente il proprio pensiero, garantisce ad ogni individuo la facoltà di divulgare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, cioè di poter liberamente comunicare con i propri

simili”5. E’ stato l’art.11 della dichiarazione dei diritti dell’uomo dei e del cittadino

del 26 agosto 1789 a definire quanto segue: “la libera manifestazione dei pensiero e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla legge”. Lo statuto albertino non riconosceva la libertà di parola , e di comunicazione dei pensieri, ma riconosceva la libertà di riunione e soprattutto la libertà di stampa dal momento che quest’ultima era ritenuta

superiore alla semplice parola”6. La carta costituzionale italiana del 1948 fa

riferimento alla libertà di manifestazione del pensiero ex art 21 che ha subito delle evoluzioni.

La democraticità di un ordinamento è direttamente proporzionale al grado in cui la libera manifestazione del pensiero viene riconosciuta ed in concreto nulle sarebbero tutte le altre libertà, se non si desse ai cittadini il diritto di esprimere le loro opinioni, i loro giudizi”7. La garanzia della libertà di pensiero e della sua

4 Corte Cost., sent. Del 1965 n 9

5 Cit.www.laleggepertutti.it, libertà di manifestazione del pensiero e l’art 21 della costituzione,2

dicembre 2016 , pp. 2

6 Cfr. Pace A., Manetti M., La libertà di manifestazione del proprio pensiero, Zanichelli, editore

Bologna 2006 pp. 29

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manifestazione costituisce una condizione imprescindibile per la stessa vita e sopravvivenza di un regime democratico perché assicura la formazione di un libero convincimento personale per ciascun individuo e un’ opinione pubblica libera e criticamente fondata. Dunque ecco perchè il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero è considerata pietra angolare della democrazia. L’art 21 cost. viene anche esercitato attraverso il libero esercizio eterogeneo della pluralità di informazione, tra i quali rientrano la stampa, la telediffusione , la radiodiffusione, la pubblica affissione, gli spettacoli pubblici e soprattutto, le nuove tecnologie applicate alla comunicazione .

L’art.21 Cost. garantisce tanto il diritto di esprimere il proprio pensiero, quanto il diritto di diffonderlo con mezzi adeguati, al fine di raggiungere il maggior numero possibile di destinatari. Peraltro, con la diffusione capillare di Internet e dei nuovi media, ciascun individuo può diventare editore di se stesso pubblicando e diffondendo liberamente la sua parola , il suo pensiero e il suo scritto sia in formato cartaceo, che in formato elettronico. La manifestazione del pensiero, attraverso l’uso di tali strumenti divulgativi, rappresenta quel particolare aspetto del diritto sancito dall’art. 21 della costituzione, che viene denominato come libertà di informazione ( suo profilo attivo) oltre a mostrare un altro aspetto, la libertà di essere informati o di ricevere notizie ( suo profilo passivo).

Dalla formulazione dell’art 21 , dottrina e giurisprudenza hanno riconosciuto il diritto di cronaca e più in generale della libertà di informare .( Corte cost. sentenza n.25 /1965, sentenza n 18 /1966, sentenza n. 122/1970, sentenza n. 1775/1971 , sentenza n.105/ 1972, sentenza n.113/1974, e sentenza n.16-18/1981 e sentenza n. 73/1983). Superate le vecchie posizioni che negano la copertura costituzionale al diritto di cronaca, in quanto fattispecie diversa dal puro pensiero, a partire dagli anni 70, si è venuto a sviluppare, un più complesso concetto di libertà di informazione che comprende come già accennato, da una parte il lato attivo (libertà di informare), che include anche il diritto di cronaca ( ius narrandi , cioè il potere di trasmettere notizie e riferire pensieri prevalentemente altrui) ,e dall’altra parte un lato passivo che consiste nella libertà di essere informati.( Corte cost. sentenza

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n. 68/1965, sentenza n.175/1971, sentenza n. 172/1972, sentenza n. 38 /1973, sentenza n. 348/1990, sentenza n. 112/1993).

Complesso è l’aspetto passivo dell’art 21 cost. ossia quello legato al poter essere informati e ricevere notizie. Sotto il primo profilo ( ossia di essere informati), la dottrina ritiene l’esistenza di un diritto soggettivo in capo ai destinatari dell’informazione , da intendersi come necessita del pubblico di ricevere un informazione corretta , completa. Per quanto riguarda il secondo profilo( ossia di ricevere le notizie ), ad esse si nega sempre l’esistenza di un fondamento costituzionale, anche perché esse così come sono imposte, andrebbero anche a scontarsi con il diritto di manifestare liberamente il pensiero che implica anche la

libertà di tacere e il diritto di selezionare le varie informazioni da diffondere.” 8

La libertà di informazione, che rientra nella più generale libertà di manifestazione del pensiero, trova il suo fondamento costituzionale oltre che nell’art 21 della cost. anche in tutte quelle libertà che garantiscono una scelta (in quanto per scegliere occorre prima conoscere), nonché nelle disposizioni che garantiscono il pieno sviluppo della persona umana (artt.2 e 3 Cost.), l’uguaglianza dei cittadini (artt. 3 Cost.) e la partecipazione all’organizzazione del paese (art. 3, comma 2 Cost.). La libertà di manifestazione del pensiero , è da includere tra i diritti inviolabili dell’uomo, ex art. 2 della cost, per cui il suo esercizio potrebbe essere subordinato ad un giudizio di bilanciamento e ponderazione con altri diritti fondamentali. L’art. 21 Cost. garantisce non solo il diritto di esprimere la propria opinione agli individui in quanto tali, ma anche alle stesse formazioni sociali. Tale forma di libertà contiene una solenne proclamazione legata al principio del pluralismo ideologico che forma

il pacifico patrimonio comune della cultura liberale dell’Occidente.”9

Il diritto alla propria opinione è il presupposto cruciale del pluralismo ideologico tutelato dall’art 21; tale diritto nel suo profilo statico garantisce a ciascuno di poter essere garante delle proprie idee, senza poter essere discriminato in base ad esse;

8 Cit. Bartole S., Bin R., Commentario breve alla Costituzione, Padova 2008,pp.163,pp.164 9 Cfr. Stamile N., brevi note sulla libertà di espressione nell’ordinamento giuridico italiano,

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nel suo profilo dinamico garantisce ad ogni individuo di poter esprimere liberamente le proprie idee in qualsiasi luogo, e con qualsiasi mezzo, e in qualsiasi campo. Il pluralismo ideologico garantisce non solo la libertà di esprimere proprie idee ma anche di poterle divulgare ad un numero indeterminato di destinatari differenziandosi così dall’art 15 della costituzione che invece fa riferimento alla libertà di comunicazione del pensiero.

La libertà di espressione non può essere circoscritta nel perimetro della libertà di informazione oppure alla libertà di stampa dal momento che la libertà di espressione è insieme contemporaneamente libertà di opinione e di pensiero. Restano opinioni e pensieri contrastanti al riguardo, ma resta il fatto che la libertà di espressione, è stata riconosciuta internazionalmente come parte costitutiva dei diritti universali dell’uomo. Tuttavia si pensi anche al patto internazionale relativo ai diritti civili e politici conclusosi a New York il 3 dicembre del 1966 ed entrato in vigore il 18 settembre del 1992;dove veniva riconosciuta la dignità a tutti gli esseri umani, la loro libertà, le varie libertà civili , politiche, e quindi i diritti inalienabili, posti come fondamenta della libertà e della giustizia. Tutto questo compiuto per garantire e tutelare l’osservanza universale dei diritti e delle libertà dell’uomo.

La costituzione è la fonte garante della libertà, tra tutte le libertà si reputa che quella strettamente riguardante la manifestazione del proprio pensiero sia quella più

indispensabile per l’uomo”10. Tra tutte le varie libertà di cui l’individuo può

disporre, nessuna di esse avrebbe alcun valore se non si garantisse il diritto di esprimere liberamente propri giudizi, proprie opinioni, e valutazioni. La libertà di pensiero , di opinione, e di espressione, è considerata fondamentale per la partecipazione della persona all’interno della società, e per la sua crescita individuale. La libertà di manifestare il proprio pensiero, è considerata un diritto inviolabile dell’individuo riconosciuto alla singola persona , sia in tutte le formazioni sociali dove essa si forma , ma sia anche dove si sviluppa la sua personalità. .” 11

10 Cfr. Caretti P., Diritto Pubblico dell’informazione, Il Mulino, Bologna 1994, pp. 137 11 Cfr. Leoni S., La libertà di manifestazione del pensiero, Capitolo 1- paragrafo 1.3, pp.14

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Il testo dell’art. 21 prevede che tutti abbiano il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, diversamente da altre disposizioni, che invece fanno riferimento ai soli cittadini. Del resto anche la Corte Costituzionale si è schierata, riconoscendo in linea generale l’uguaglianza dello straniero rispetto al cittadino nell’ambito dei diritti fondamentali ( sentenza. n.120/1962, sentenza. n. 104/1969, sentenza. n 144/1970, sentenza. n. 54 /1979, e poi quella più recente, la sentenza. n. 432/2005). A tal proposito si esprime anche la Corte Costituzionale che ribadisce, che la libertà in questione, è tra quelle meglio che caratterizzano il regime vigente nello Stato, condizione com’è del modo di essere e dello sviluppo del Paese in ogni suo aspetto culturale, politico e sociale. (Corte Cost. sentenza. n.9/1965). Tuttavia viene aggiunto che fra i diritti primari e fondamentali, quello decretato nell’art 21 della Costituzione, è forse quello più alto ( Corte Cost. sentenza.168 /1971).( Corte Cost. sentenza. n.84/ 1969). Lo scopo principale del diritto a poter liberamente manifestare il proprio pensiero, è quello di garantire che si abbia l’unione tra i vari individui nel loro pensiero e che con esso possano operare collegialmente .

III. I limiti della libertà di manifestazione del pensiero

Passando ora all’esame dei limiti entro i quali è da includere la libertà di manifestazione del pensiero, sin da subito occorre distinguere in via preliminare i cosiddetti “limiti interni”, che possono essere ricavabili dallo stesso diritto di manifestazione del pensiero, ed infine i cosiddetti “limiti esterni” che sono a tutela degli altri interessi. Tuttavia occorre sottolineare, che nel primo comma dell’art 21 , viene identificato un primissimo limite dovuta alla sua particolare rilevanza. ( corte cost. sentenza n 120/1968) e poi nel comma sei dell’art 21 dove si afferma che sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume.

Parlando della tematica dei limiti dell’art 21 si delinea in primis il ‘buon

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collettività. Secondo l’orientamento maggioritario, il buon costume, ancor più rispetto all’ordine pubblico e ad altre clausole dell’ordinamento, necessita di un continuo contatto tra le norme e la multiforme varietà della vita sociale. Dunque, nel tentativo di non avere un contenuto unico, ed immutabile, il buon costume può essere riempito di contenuti corretti solo con riferimento alla contingenza storica, sociale, morale di una comunità. L’utilizzo dell’aggettivo buono accanto al termine costume , richiama l’attenzione dell’interprete non a ciò che normalmente accade nella società ma a ciò che si ritiene debba accadere nella società. Quindi questo è ciò che ci permette di distinguere, ontologicamente, il buon costume dall’uso: quest’ultimo invece è strettamente legato ad una valutazione su ciò che normalmente accade. In giurisprudenza con la sentenza n. 6381/1993 si definisce il buon costume, in senso civilistico come il complesso dei principi etici costituenti la morale sociale in un determinato tempo e luogo. Si osserva che la locuzione buon costume , viene adottata in luogo di quella di pubblica moralità, in secondo luogo si obbietta che essa svuoterebbe di significato la libertà in esame , risolvendosi nel conferimento di una indefinita potestà limitativa a favore del legislatore ordinario. Oggi appare prevalente l’ottica penalistica del buon costume, anche al fine di restringere il più possibile l’area dei limiti incidenti sulla libertà di manifestazione del pensiero. In tale ottica il concetto di buon costume sarebbe fondato sul significato di comune senso del pudore e di pubblica decenza , in relazione essenzialmente alla sfera della morale, sessuale ,come espressi dagli artt. 528.529c.p.

Tuttavia la nozione del buon costume con riferimento all’

ottica penalistica rappresenta il bene giuridico tutelato da una specifica categoria di reati: gli atti osceni ed il delitto di pubblicazioni e spettacoli osceni. In base all’art. 527 c.p., rubricato ‘atti osceni’ dice che chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico compie atti osceni è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni. La pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano. Se il fatto avviene per colpa, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 51 a euro 309. Qui l’oggetto giuridico

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è il pudore sessuale, inteso come sentimento comune ed il reato è di pericolo astratto: per la sua configurabilità, infatti, è sufficiente che l’atto osceno sia astrattamente visibile da terzi. Una recente sentenza della Cassazione ha, però, spiegato l’importanza della differenza tra atti osceni (ex artt. 527 c.p.) ed atti

contrari alla pubblica decenza (ex art. 726 c.p.). Ci si riferisce alla pronuncia

Cass. Pen., sez. III, n. 40012/2011 che ha trattato la vicenda di un giovane condannato per aver orinato per strada. Il legislatore, in particolare, ha precisato che l’uomo avrebbe compiuto atti osceni in luogo pubblico se, nell’atto di urinare, egli avesse fatto vedere (o se i terzi avessero potuto vedere) i genitali. Ma nel caso di specie, il giovane si era nascosto tra le autovetture, ecco quindi il motivo per il reato imputatogli che è stato quello di atti contrari alla pubblica decenza (art. 726 c.p.) i quali si concretizzano, ogni qualvolta quel gesto compiuto dal reo sia percepito dai terzi come atto contrario alla pubblica decenza. Inoltre, la Cassazione dice che mentre gli atti osceni in luogo pubblico offendono in modo intenso e grave il pudore sessuale, suscitando nell’osservatore sensazioni di disgusto, negli atti contrari alla pubblica decenza ledono il normale sentimento di costumatezza, generando fastidio e riprovazione .Invece, in base all’art. 528 c.p., rubricato pubblicazioni e spettacoli osceni dice che chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione ovvero di esporli pubblicamente, fabbrica, introduce nel territorio dello Stato, acquista, detiene, esporta, ovvero mette in circolazione scritti, disegni, immagini od altri atti osceni di qualsiasi specie, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire duecentomila.

Alla stessa pena soggiace chi fa commercio, anche se clandestino, degli oggetti indicati nella disposizione precedente, ovvero li distribuisce o espone pubblicamente. Tale pena si applica inoltre a chi: 1) adopera qualsiasi mezzo di pubblicità atto a favorire la circolazione o il commercio degli oggetti indicati nella prima parte di questo articolo; 2) dà pubblici spettacoli teatrali o cinematografici, ovvero audizioni o recitazioni pubbliche, che abbiano carattere di oscenità. Nel caso preveduto dal n. 2, la pena è aumentata se il fatto è commesso nonostante il divieto dell’Autorità . Infine, l’art. 529 c.p., rubricato atti ed oggetti osceni ,dispone che agli effetti della legge penale, si considerano osceni gli atti e gli oggetti, che,

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secondo il comune sentimento, offendono il pudore. Non si considera oscena l’opera d’arte o l’opera di scienza, salvo, che, per motivo diverso da quello di studio, sia offerta in vendita, venduta o comunque procurata a persona minore degli anni

diciotto.’’12 La corte costituzionale in una famosa pronuncia (19 Febbraio 1965, n

9) definì il buon costume come quell’insieme di valori, precetti, strettamente

inerenti alla sfera del pudore sessuale con particolare riferimento alla tutela dei minori. L’importanza di tale concetto è notevole oltre a svolgere una funzione di grande rilievo dal momento che viene definito come la porta d’entrata della morale

nell’ordinamento giuridico.’’13.

Se l’interpretazione riferita alla sola morale sessuale , pare essere accolta anche dalla giurisprudenza costituzionale, si deve rilevare che in diverse pronunce la corte, ha fatto riferimento ad altri concetti ( sentenza n, 25 /1965 che fa riferimento alla Morale e la sentenza n 93/1972 che fa riferimento alla dignità umana). La sentenza n. 368 /1992 specifica che il concetto di buon costume non è diretto ad esprimere solo un valore di libertà individuale ma è piuttosto un valore che fa riferimento alla collettività in generale. Si aggiunge dicendo che lo stesso art 2 della cost. impone il rispetto dei contenuti morali e delle modalità di espressione del costume sessuale indispensabili per assicurare una convivenza sociale conforme ai principi costituzionali inviolabili della tutela della dignità umana e del rispetto reciproco tra le persone.

Se tale ricostruzione del buon costume pare trovare riscontro sia nella formula utilizzata dal testo costituzionale sia nei lavori preparatori, tale concetto nondimeno è criticato da chi lo ritiene comunque indeterminato nei contenuti e potenzialmente troppo repressivo affidato alla determinazione del legislatore ordinario e ad una fonte di stampo illiberale . Si può affermare che il limite del buon costume oggi sia ricondotto alla sfera della sola morale, sessuale con l’ulteriore precisazione da parte di alcuni autori, che dovrebbero considerare vietate solo le manifestazioni legate ai costumi e cioè caratterizzate anche da un elemento soggettivo di opposizione

12 Cfr. Mendicino S., Buon costume ,6 luglio 2012, pp. 1. a p .7

13 Cfr. Stamile N., Brevi note sulla libertà di espressione nell’ordinamento giuridico italiano,No.7,

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alle regole della morale sessuale. Vi è concordia sul fatto che il limite del buon costume operi per tutte le manifestazioni del pensiero senza possibilità di distinguere i destinatari. Si ritiene inoltre che non siano soggette al limite del buon costume le opere d’arte e della scienza che godono, della tutela particolare prevista dall’art 33 Cost. Tuttavia il buon costume è un valore che può far riferimento alla collettività in senso generale non esaurendosi così in un semplice valore di libertà

individuale..” 14 Oltre al limite del mero buon costume si mette in evidenzia un altro

limite, al quale sarebbe sottoposto l’art 21 ed è : L’Ordine Pubblico. Sin dalla fase inziale, l’art.21 tende anche se in via parziale, ad assorbire il buon costume nel concetto di ordine pubblico, definito come pace sociale e rispetto di tutte le leggi. L’unico limite che presenta l’ordine Pubblico è in una ottica materiale , che ben può avvalorare la tesi di una compressione ragionevole della libertà di manifestazione del pensiero. Diversamente la pensa la giurisprudenza costituzionale che ha una concezione idealista di ordine pubblico.

Anche se il concetto di ordine pubblico non risulta essere presente nell’ art. 21, non si può negare che non sia presente in altre disposizioni costituzionali, basti citare l’art 14 comma terzo della Costituzione dove si parla di incolumità pubblica relativo ai limiti della libertà di domicilio, o anche all’art 16 comma primo della Costituzione con riferimento proprio alla sicurezza pubblica in relazione ai limiti della libertà di circolazione e soggiorno; o anche dell’art.17 dove si parla di sicurezza, incolumità pubblica in stretta relazione ai limiti della libertà di riunione. Ulteriori limiti si riscontrano quando viene fatto riferimento, ai diritti della personalità fondati in dottrina sull’art.3 primo comma della Costituzione che sancisce la parità dei cittadini, oppure al primo comma dell’art 21, che nel tutelare il diritto al silenzio tutelerebbe anche il fatto di non rendere noti fatti o valutazioni disonorevoli o ancora base dell’art2 della costituzione, dove deve ricomprendersi il

diritto all’onore e alla reputazione come diritto inviolabile dell’uomo’’.15

14 Cit. Bartole S., Bin R., Commentario breve alla costituzione, Padova 2008, pp.. 164, pp.165 15 Cfr. Stamile N., Brevi note sulla libertà di espressione nell’ordinamento giuridico italiano, No.7.

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Infine in riferimento proprio alla libertà di manifestazione del pensiero intesa come libertà di stampa, sono stati individuati dalla giurisprudenza limiti alla legittimità della verità e alla rilevanza pubblica della notizia anche se tali limiti non sembrano poter essere applicati del tutto al diritto di satira e di critica”.16 I limiti che l’art 21

mostra sono evidenti e ben definiti e sulla base di questo, vengono menzionati anche i cosiddetti Limiti impliciti che derivano dal rilievo costituzionale di situazioni giuridiche facenti capo a soggetti privati o gruppi sociali (Diritti della personalità, diritto della riservatezza, alla Reputazione, alla Dignità sociale, nonché diritti di natura civilistica come il diritto d’autore.) e i limiti derivanti, limiti che provengono dalla tutela di interessi di natura pubblicistica. La corte in tutto ciò, ha riconosciuto ulteriori limiti come :il prestigio di governo, la sicurezza dello stato. Tuttavia si identificano pure limiti ai segreti; anche qui il segreto è ammesso solo se c’è conformità rispetto a un diritto o a un valore costituzionalmente tutelato, oppure un’opportunità di sacrificare l’art 21. Dunque si identificano due categorie : la prima , che comprende la tutela di situazioni facenti capo a soggetti privati connesse alla riservatezza come Segreto professionale, quello industriale, quello della segretezza delle Comunicazioni, e la seconda riguardante invece dimensioni pubblicistiche, (segreto di stato, di ufficio, ed investigativo).

Sempre in tema di limiti si può parlare anche dei limite dell’onore e della reputazione che si manifestano nel principio della dignità sociale di cui all’art 3 comma 1 della Costituzione. Il rispetto di tale limite, è disciplinato da alcune fattispecie penali come: l’ingiuria, la diffamazione, e le varie fattispecie di oltraggio e vilipendio. In aggiunta, si pone attenzione al reato di diffamazione, per evitare

che esso possa costituire unvero ostacolo eccessivo per l’esercizio del diritto stesso.

La Giurisprudenza ha fissato tutta una serie di presupposti che sono: verità del fatto descritto, utilità sociale della notizia, e correttezza nell’ esposizione della notizia. Viene disposto anche il limite alla riservatezza invece che si ha, quando c’è l’interesse di un soggetto a mantenere la sfera della propria vita privata e intima al

16 Cfr. Cass. Sez.civ. III, 11 ottobre 2007,n 23314- cass.pen. sez.V ,21 Febbraio-2 Luglio 2007- Cass

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riparo dalle indiscrezioni altrui. Quest’ultimo limite, è da ricondursi ai diritti personali di cui all’art 3 della Costituzione, in questo caso l’interesse consiste nella tutela di quelle situazioni e vicende personali, familiari .Tale limite, ha trovato ampia disciplina nel d.lgs. N. 196/2003 chiamato anche codice della privacy, entrato in vigore il 1 gennaio del 2004, il quale ha dovuto operare un buon e giusto bilanciamento tra interessi protetti costituzionalmente . Tuttavia esiste pure il limite della sicurezza dello stato, che si trova nelle disposizioni varie penalistiche agli art 261,262 c.p. che appunto puniscono la rivelazione di segreti di stato, ossia notizie che devono rimanere segrete nell’ interesse politico, interno, internazionale dello stato.

Il fondamento di questo limite è stato rinvenuto dalla corte costituzionale nell’interesse della sicurezza nazionale che trova massima espressione, nell’art 52 cost. che afferma che la difesa della patria è sacro dovere del Cittadino. Tuttavia anche in questo caso, trattandosi di bilanciare l’interesse alla libertà di espressione, il legislatore ha disciplinato la nozione di sicurezza nazionale con la legge n 801 del 1977.In via conclusiva, si parla del limite del funzionamento della giustizia che cerca di garantire una corretta informazione sulle vicende giudiziarie e di non compromettere procedimenti giudiziari in corso. Il limite è stato disciplinato dagli art. 684 e 685 c.p. con l ‘aggiunta che entrambi gli articoli, vanno però letti alla luce del nuovo codice di procedura penale, che disciplina nel dettaglio cosa si può pubblicare tenendo conto della tutela del corretto svolgimento della giustizia, ed il diritto -dovere di cronaca. In forma conclusiva si deve dedurre che tra le varie libertà di manifestazione - espressione del pensiero che abbiamo elencato, si può escludere in via definitiva il limite dell’ordine pubblico, che d’altronde è troppo generico, e che consentirebbe forme d’intervento eccessivamente restrittive come del resto provato dalle vicende storiche precedenti alla Costituzione. Oggi nonostante tutto, del limite generico dell’ordine pubblico, la costituzione non ne fa menzione, anzi allude solo alle sue specifiche accezioni vedi art.14, art.16.17

17 Cfr. Dott.ssa Rubino A., la libertà di manifestazione del pensiero nei suoi limiti, pp.2, pp.10,pp.

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CAPITOLO II

LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE E LA LIBERTÀ DI

OPINIONE: QUANDO L’ODIO E LA DISCRIMINAZIONE

DIVENTANO IL PRINCIPIO CARDINE

I. La libertà di Pensiero e le Opinioni razziste e xenofobe

La libertà di manifestazione del pensiero rappresenta un terreno di scontro giuridico e politico, anche se allo stesso tempo viene considerata uno strumento di vera e propria rivendicazione dei diritti da parte delle varie minoranze. Una possibile definizione del Razzismo, potrebbe essere questa : discorso volto a incentivare l’odio nella sua forma più concreta nei confronti di individui, gruppi, con l’obiettivo di disprezzare , emarginare. Il fenomeno del razzismo, è comunque una forma di manifestazione del pensiero e come tale riconducibile a una delle tante forme di libertà di cui è garante l’individuo, presenti nelle varie democrazie contemporanee. Il razzismo secondo l’autorevole punto di vista della Critical race theory produce un unico e solo effetto : stigmatizzare il soggetto che lo subisce e in aggiunta formare un ambiente sociale ostile ad esso. Sempre secondo la Critical race theory, gli effetti che produce il fenomeno del Razzismo sono molteplici; tutti questi effetti elencati sono sfumature che costituiscono il razzismo, e non sono altro che tanti piccoli pezzi di un unico e medesimo quadro.

Il discorso razzista in certi casi , produce anche veri e propri danni per chi lo subisce, si parla appunto di discorsi che nelle forme più estreme, possono anche produrre atti di violenza, infatti il razzismo può divenire una vera e propria istigazione oggettiva alla violenza . In questo discorso introduttivo si inserisce il fenomeno del SILENCING secondo il quale, il razzismo diverrebbe come un rumore costante di fondo prendendo di mira in continuazione soggetti facenti parte ad un determinato gruppo, e così facendo la vittima per evitare ulteriori insulti o atti

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di violenza o minacce, si riduce in uno stato di silenzio più totale.’’18 Come punto

di partenza del discorso si consideri il fenomeno dell’ L’ETNOCENTRISMO, definito un fenomeno antropologico universale, fonte e origine del razzismo. L’ etnocentrismo è il punto di vista nel quale il gruppo in cui si appartiene è il centro del mondo ed è il metro di misura a cui si fa riferimento per giudicare tutti gli altri. Nella visione modernista il razzismo costituisce un fenomeno occidentale e moderno, dotato di una certa complessità, che fa parte della natura umana o della natura della società.

Il pensiero razzista come fenomeno occidentale moderno, presenta comunque una invariante: la messa in questione dell’unità del genere umano, la tendenza a concepire la varietà della specie umana, le razze in senso tassonomico, cioè come delle specie differenti. Nella teoria modernista ultra ristretta il razzismo è la dottrina degli atteggiamenti e dei comportamenti, quale da un lato fornirebbe un fondamento scientifico alla tesi della diseguaglianza delle razze umane e dall’altro permetterebbe di trovare una chiave della storia o dell’evoluzione umana. Nella teoria modernista ampia, il razzismo è descrivibile facendo riferimento a molteplici modelli apparsi all’inizio dell’epoca moderna occidentale. Tutti questi modelli hanno in comune il mito della purezza del sangue, la fobia dell’incrocio delle razze, la mixo fobia (paura persistente ,ingiustificata degli incroci inter razziali e degli stranieri). La conclusione finale è che possiamo cercare di elaborare un modello ideale di razzismo elencando i tratti comuni a tutte le forme di razzismo.’’19.

Nell’art.1 della Universal declaration of human rights si afferma che tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti, nell’.art 2 si afferma lo stesso godimento di tutti i diritti e le libertà indipendentemente dalla razza, dal sesso, dalla pelle prevedendo quindi che tutti siano uguali difronte alla legge . Tuttavia risulta essenziale menzionare la cosiddetta democrazia protettiva fenomeno che si fonda su un ordinamento internazionale che va alla ricerca di un giusto equilibrio tra il

18 Cfr. Pino G., Discorso razzista e libertà di manifestazione del pensiero, Politica del diritto, 2008,

pp. 1, pp.2, pp.6, pp.8,pp. 10,pp 11,pp 12,pp 13,pp 16

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proteggere le libertà individuali, e i vari valori democratici. In stretta correlazione a ciò si analizza il fenomeno dello hate speech e del racist speech. Il primo fenomeno(ossia lo hate speech) è ricavato dalla giurisprudenza americana ed è un espressione legata all’odio, è un fenomeno che nasce con un contrasto netto tra il principio di eguaglianza , e la libertà di manifestazione del pensiero , ed è un discorso fatto di parole che istigano all’odio, nell’attaccare chi è diverso dal punto di vista della razza, del genere, dell’etnia, dell’orientamento sessuale . Il secondo fenomeno(ossia il racist speech) invece, è costituito da un contenuto contrastante di carattere politico e un contenuto riguardante soggetti socialmente deboli volto in aggiunta a legittimare il razzismo e le diseguaglianze in ogni forma. . Tuttavia in aggiunta c’è da sottolineare che quest’ultimo si realizza nel momento stesso in cui il soggetto si sente etichettato, dal momento che appartiene ad una determinata categoria razziale ritenuta inferiore e di conseguenza tutte le eventuali offese, i vari insulti, e le anche ipotetiche violenze , non avrebbero alcuna rilevanza se non

avessero un contenuto di carattere razziale.”20

Oggi è noto che il pieno rispetto della libertà di poter manifestare il proprio pensiero esiste dal momento che è la democrazia stessa a garantirla , che mai deve assumere un efficacia che di per sé possa essere lesiva verso il prossimo , e laddove lo fosse, va esercitata nei termini prestabiliti dalla Legge.

Con piena consapevolezza , si dichiara che si parla di discriminazione e quindi anche di razzismo tutte le volte in cui il soggetto subisce un trattamento sfavorevole, è trattato peggio rispetto ad un altro individuo , quando singole o intere organizzazioni assumono comportamenti pregiudizievoli verso il soggetto, o tutte le volte in cui le autorità pubbliche, assumono comportamenti o compiono azioni che vanno contro i principi di libertà , democrazia. Tutte le volte in cui gli individui sono considerati appartenenti a gruppi diversi o addirittura inferiori, l’azione discriminatoria diventa sempre di più di facile attuazione.”21 Così facendo si è

rafforzato il razzismo e la xenofobia. Tali fenomeni consistono nella paura ,

20 Cfr. Rossi E., Problemi attuali delle libertà costituzionali, edizioni plus ,Pisa 2009, p.p.200,

pp.201 pp.207,pag 217,pp.218

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repulsione, del proprio simile che si conosce e si reputa una minaccia che va emarginata, cacciata, estraniata. C’è da dire che il razzismo si è sviluppato molto negli ultimi anni, anche grazie al ruolo cruciale svolto dai MEDIA, e quindi proprio a tutti i sistemi di informazione, e di propaganda che sono utilizzati dai governi che non hanno fatto altro che incrementale il razzismo facendolo diventare l’idioma culturale dei vari paesi.”22

Negli ultimi anni i vari studi fatti sulla genetica e sul Dna hanno spiegato ampiamente il significato di razza arrivando alla conclusione che non ha alcun tipo di base scientifica; per così dedurre, che le popolazioni non possono essere suddivise in categorie proprio per effetto delle ricerche dei vari geni. Le differenze genetiche tra i vari esseri umani, non permettono di determinare la mera presenza di categorie razziali. Sulla base di questo si deduce che non esistono le razze umane ,ma esiste il razzismo quel fenomeno per l’appunto che cataloga i vari esseri umani

in base alla loro razza ponendoli in un ordine prettamente gerarchico.” 23

L’uguaglianza di tutti gli esseri umani si presenta come necessaria integrazione della libertà, per tal verso è vietato qualsiasi forma di discriminazione ingiustificata come appunto quelle legate a fattori razziali, etnici, l’appartenenza ad una determinata nazionalità o ad un gruppo sociale specifico, attinenti al sesso, qualificazione linguistica. Strettamente legate all’incitamento dell’odio e alla discriminazione si ricordano i seguenti documenti di carattere internazionale: la dichiarazione adottata dall’ONU il 10 dicembre del 1948, l’art 20 comma 2 del patto internazionale sui diritti civili e politici approvato dall’ONU il 16 dicembre del 1966 , l’art 13 del trattato della C.E. che può prendere provvedimenti per ogni forma di discriminazione, l’art 14 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà che garantisce il godimento dei diritti e le libertà senza distinzione di specie, razza, colore, religione , opinione politica, la direttiva

22 Cfr. Anuac., Il razzismo: continuità e metamorfosi, 1 giugno 2012, pp.1,pp.2 23 Cfr. IBC, l’offesa della razza, Emilia Romagna, novembre 2008, p.p. 6

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n.43/ 2000/ della C.E. dove afferma che l’Unione Europea respinge tutte le teorie

che cercano di provare l’esistenza di razze umane distinte.”24

1.1 La libertà di manifestazione del pensiero e manifestazioni di opinioni razziste e xenofobia in Italia

Il diritto di manifestazione del pensiero trova un labile e sottile confine nella materia

deidelitti di propaganda e istigazione razziale. E' proprio, infatti, nel tentativo di

effettuare un bilanciamento tra i principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 21 Cost. che il Legislatore del 1975 è giunto al discutibile risultato della formulazione di cui

all'art. 3 lett. a) e b) L. 16 ottobre 1975 n. 6541 .La necessità da parte del legislatore

di intervenire in tale normativa si fonda sull’esigenza di regolare un campo che sempre più nell'era moderna ha assunto rilievo di fronte all'incessante integrazione tra popoli e il conseguente scontro tra culture da essa derivante. Al contempo, tuttavia, deve rilevarsi che la norma introdotta anche come riformulata dalla novella del 2006 presenta molteplici spunti critici, con riferimento soprattutto, alla scarsa tassatività e al deficit di offesa .

Corollario naturale per tutte quelle ipotesi delittuose caratterizzate da tali problematiche, con riferimento in particolare all'indeterminatezza degli elementi normativi della fattispecie, è la crescente discrezionalità che ne deriva per la giurisprudenza, che si trova a valutare liberamente l'integrazione dell’ipotesi

delittuosa e porre rimedio ai vuoti normativi. Ripercorrendo l’iter normativo e

giurisprudenziale in materia, il primo intervento del legislatore italiano teso a stigmatizzare in sede penale la discriminazione razziale è stato la legge 20 giugno 1952, n. 645 (c.d. legge Scelba).

Questa è la legge di attuazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, ed ha, come obiettivo principale il divieto di riorganizzazione del partito fascista. La propaganda razzista veniva considerata, dall’art. 1 della citata

24 Cfr. Pizzorusso A., La disciplina costituzionale dell’istigazione all’odio, Relazione al VXI

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legge, come una delle modalità di perseguimento delle finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, la cui ricostituzione veniva punita con la pena della reclusione da tre a dieci anni. Il fenomeno razzista veniva, quindi, sanzionato incidentalmente ed indirettamente, ma la legge Scelba resta comunque il primo atto normativo con cui il legislatore italiano riconosceva il disvalore penale di condotte

basate sulla discriminazione razziale.25 Tuttavia con la legge 645 sono state, a più

riprese, sollevate questioni di legittimità costituzionale, poiché si è sostenuto che la norma di fatto negherebbe a una categoria ideologica, i diritti dichiaratamente garantiti dalla Costituzione in termini di libertà associativa e di libertà di manifestazione del pensiero.

La questione fu oggetto di polemiche politiche quando sempre più esponenti del Movimento Sociale Italiano di Arturo Michelini venivano politicamente e giudiziariamente accusati di questo reato. Fu perciò nel 1956, in occasione di quasi simultanei procedimenti per apologia del fascismo (presso il Tribunale di Torino, la Corte d’appello di Roma e la Corte d’Appello di Perugia), che fu adita la Corte Costituzionale, la quale si espresse nella nota sentenza del 16 gennaio 1957. La difesa dell’imputato di Torino aveva impugnato il citato art. 4 della legge per asserito contrasto con l’art. 21 primo comma della Costituzione, e il Tribunale di Torino vi aveva sua sponte aggiunto un rilievo di non manifesta infondatezza della pretesa incostituzionalità dell’intera legge n. 645 del 1952 e non anche del solo art. 4.

La Corte costituzionale, presieduta da Enrico De Nicola (ex presidente della Repubblica), accogliendo il rilievo dell’Avvocatura dello Stato, riassunse che l’eccezione era stata proposta sia per l’intera legge, sia per l’articolo 1 (ricostituzione), sia ancora per l’articolo 4 (apologia), ma nessuno degli imputati, intanto, era in giudizio per il reato di cui all’art. 1 e questa questione fu accantonata. Circa l’intera legge, della quale si richiedeva verifica alla luce dell’art. 138 Cost., onde stabilire cioè se essa costituisse revisione costituzionale (e avesse così infranto

25 Cfr. Cass., Sez. I, 30 settembre 1993, Freda , in Mass. Uff., n. 196583; e in Cass .pen 1995,

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la procedura prescritta per le revisioni costituzionali), la Corte stabilì che la legge 645 non aveva rango di legge costituzionale e che quindi non comportava revisione, né contrasto con la norma dedotta, essendo invece mera applicazione della XII disposizione. Circa l’art. 4, la Corte si soffermò invece a meglio definire la fattispecie delittuosa, segnalando che il reato si configura allorquando l’apologia non consista in una mera “difesa elogiativa”, bensì in una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista, cioè in una istigazione indiretta a commettere un fatto rivolto alla detta riorganizzazione e a tal fine idoneo ed efficiente.

Ritenne, perciò, la Corte di non ravvisare alcuna violazione delle disposizioni contenute nell’art. 21 della Costituzione, sebbene la motivazione andasse dedotta dall’accento posto sul carattere di istigazione dell’apologia e di fatto, come in seguito fu criticamente osservato, si limitò a “glissare” sulla questione di fondo. La sentenza fu poi citata da una successiva sentenza della stessa Consulta (6 dicembre 1958, n.74), relativa stavolta all’art.5 della legge 645/52 a proposito della definizione di “manifestazione fascista”, che si occupò di esplicitare in motivazione la ratio della norma, politica e difensiva del giovane regime democratico repubblicano contro i possibili attentati alla sua integrità.

Successivamente alla legge Scelba, un intervento del legislatore italiano diretto espressamente a colpire con la sanzione penale gli atti di razzismo e xenofobia si è avuto nel 1975, con la c.d. Legge Reale, di ratifica ed attuazione della Convenzione di New York del 1965 sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale. L’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico autonome fattispecie di reato caratterizzate dalla matrice razzista: la propaganda razzista, l’incitamento alla discriminazione razziale e agli atti di violenza nei confronti di persone appartenenti ad un diverso gruppo nazionale, etnico o razziale, il compimento di atti di violenza nei confronti dei medesimi soggetti e, infine, la costituzione di associazioni ed organizzazioni con

scopo di incitamento all’odio o alla discriminazione razziale. Il riferimento è

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la reclusione da uno a quattro anni “chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale”, ovvero (lett. b) “chi incita in qualsiasi modo alla discriminazione, o incita a commettere o commette atti di violenza o di provocazione alla violenza, nei confronti di persone perché appartenenti a un

gruppo nazionale, etnico o razziale”.

Erano poi puniti dallo stesso articolo (al comma 2) con la reclusione da uno a cinque anni i partecipanti (o coloro che prestino assistenza) ad associazioni od organizzazioni aventi tra gli scopi quello “di incitare all’odio o alla discriminazione

razziale.L’ipotesi di reato di cui all’art. 3 comma 1 legge 654/1975 è stata però

significativamente modificata, dapprima dall’art. 1 del d.l. 122/1993 (convertito nella legge 205/1993 la c.d. Legge Mancino), poi dall’art. 13 della legge 24 febbraio 2006, n. 85. Difatti, con la c.d. legge Mancino, il legislatore ha inteso ampliare ed articolare maggiormente l’intervento repressivo rispetto alla precedente “legge Reale” precisando, nella clausola iniziale dell’articolo 3, comma I, che scopo delle successive previsioni incriminatrici deve considerarsi anche quello di dare

esecuzione all’art. 4 della Convenzione di New York26 mentre con la precedente

formulazione della norma si affermava che le disposizioni penali in essa contenute

erano preordinate tout court “ai fini” di dare attuazione all’articolo 4 del Trattato.27

Più esattamente il testo dell’articolo 3, comma I, della legge 13 ottobre 1975, n.

654, novellato dalla legge Mancino, puniva:“a) con la reclusione sino a tre anni chi

diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi; b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni

26 l’art. 4 della Convenzione di New York che obbliga detti Stati a “dichiarare crimini punibili dalla

legge, ogni diffusione di idee basate sulla superiorità o sull'odio razziale, ogni incitamento alla discriminazione razziale, nonché ogni atto di violenza, od incitamento a tali atti diretti contro ogni razza o gruppo di individui di colore diverso o di diversa origine etnica, come ogni aiuto apportato ad attività razzistiche, compreso il loro finanziamento”, nonché a “dichiarare illegali ed a vietare le organizzazioni e le attività di propaganda organizzate ed ogni altro tipo di attività di propaganda che incitino alla discriminazione razziale e che e che l'incoraggino, nonché a dichiarare reato punibile dalla legge la partecipazione a tali organizzazioni od a tali attività”

27 Cfr. Pagliarulo G., “La tutela penale contro le discriminazioni razziali”, in Archivio penale 2014,

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chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di

provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.28

Se ne ricavava che, in un quadro di complessiva attenuazione delle conseguenze sanzionatorie (gli estremi edittali risultano infatti generalmente modificati verso il basso rispetto alla previsione del 1975), venivano distinte le condotte di mera “diffusione delle idee” e di mero “incitamento alla discriminazione”, punite con pena meno elevata, da quelle di incitamento alla violenza, o violenza, o provocazione alla violenza alla provocazione, punite più gravemente (ma sempre con pene meno elevate rispetto alla previsione originaria: infatti il minimo edittale scende comunque da un anno a sei mesi).

Ultimo intervento in merito alla riforma dei reati di opinione è la legge 24 febbraio 2006, n. 85, all’articolo 13, che ha ulteriormente modificato l’art. 3 comma 1 della legge 654/1975. In particolare alla lettera a), oltre a un’ulteriore diminuzione della pena (che ora è alternativa: reclusione fino a un anno e sei mesi, oppure multa fino ad euro 6000), vengono modificati i termini definitori della condotta penalmente rilevante: è punito non più chi “diffonde in qualsiasi modo”, ma chi “propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico”; non più chi “incita”, ma chi “istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.

1.2 Le altre forme di manifestazione del pensiero e di opinioni razziste nell’esperienza giuridica di altri paesi: il caso della Germania e quello degli Stati Uniti

Proseguendo il discorso sulla tematica del razzismo e della discriminazione è opportuno parlare , della Germania nazista che dal 1933 al 1945 si rese protagonista di enormi atrocità contro l’Umanità intera senza precedenti nella storia . In una Germania ferita nell’orgoglio, in una grave crisi economica ,semidistrutta a causa della prima guerra , in un clima di totale caos , trovò spazio un uomo dotato

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di forza caratteriale che lo rese politicamente decisivo di nome Adolf Hitler ,nonché ideatore dell’ideologia del nazionalsocialismo .

Tuttavia proprio in quel momento di estrema fragilità del paese quest’uomo intervenne, e nel 1933 salì al potere e divenne il nuovo cancelliere della Germania dando così vita ad un nuovo regime politico e totalitario sprovvisto di qualsiasi elemento di democrazia liberale. Uno dei primissimi obbiettivi del neo cancelliere, fu quello di ripristinare le radici del popolo tedesco che era andato perso, c ‘era l’obbiettivo di ripristinare quel carattere volkisch (definito popolare) che per i nazisti significa essere legati dalla medesima lingua, costumi comuni, e da un mero spazio condiviso. Tuttavia recuperare l’essenza spirituale dell’uomo tedesco , costituiva lo strumento per potersi riprendere la propria identità di nazione da tempo persa e ritornare a condurre la civiltà del proprio paese. Per i nazisti l’assenza del volkisch fu un segnale di decadenza che doveva essere combattuta come malattia assoluta .

Questa forma di totalitarismo si manifestò con la repressione delle dissidenze, dotata di un’ operazione politica con un sistematico ricorso alla violenza da parte dello Stato. Tuttavia un altro fatto che caratterizzò questo movimento totalitaristico fu sicuramente lo sterminio di massa del popolo ebraico che a partire dal 1941 divenne una priorità inderogabile , fondamentale condiviso dall’amministrazione tedesca: Negli anni successivi quindi si cercò il metodo che potesse garantire nella

maniera più efficace il raggiungimento di tale obbiettivo.”29.

Adolf Hitler fu responsabile di milioni di morti, e ideatore di un ideologia razzista e di nazionalismo estremo, di un azione politica di discriminazione, e di sterminio, e di una concatenazione di atti di sfida all’intera comunità internazionale. Egli grazie alla sua determinazione, riuscì ad invadere la Polonia nel primo settembre del 1939 facendo così scoppiare la seconda guerra mondiale. Successivamente fu lui stesso a seguire le varie operazioni di guerriglia , e grazie alle sue decisioni arrivare a grosse vittorie che gli garantirono il controllo di una grossa parte

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dell’Europa. Tuttavia in seguito, a partire dal 1942 col formarsi dell’alleanza anglo-americana e sovietica , la situazione mutò e costrinse la Germania ad adottare più una strategia basata sulla difesa. A seguito di concatenate sconfitte Hitler cercò di resistere inutilmente per finire accerchiato a Berlino dall’armata russa per poi suicidarsi nel proprio Bunker il 30 Aprile del 1945.

Traendo alcune conclusioni, parlare del regime Nazista o di qualsiasi altra dittatura ( si pensi al Fascismo in Italia), richiede sicuramente grande conoscenza . Elemento cardine di questi regimi totalitari fu sicuramente l’’idea della superiorità della razza . Tuttavia affrontare tale tematica induce a far pensare, che la natura dell’uomo è duplice; da un lato costituita da una natura animale e dall’altra costituita da una natura sociale. La teoria razziale riduce l’essere umano nella sua condizione più animale mettendo da parte la sua parte più sociale. Nell’linguaggio odierno il termine nazifascismo ha assunto un valore dispregiativo, perché fa riferimento ad una atteggiamento di puro razzismo, e xenofobia e si tende a definire un vocabolo che fa riferimento ad una esperienza storica in un ipotetica categoria sociologica. Oggi il fenomeno del razzismo biologico persiste pure nelle società moderne ed è in continuo aumento, ciò che è cambiato è solo il modo in cui viene manifestato, ciò che invece sta aumentando è il fenomeno dell’ETNICISMO (si va a

considerare specialmente L’Etnia stessa).”30

Doveroso è delineare anche il caso degli Stati Uniti d’America dove il problema del razzismo , l’avversione per l’individuo di razza diversa , e di cultura ha richiesto molto tempo affinchè fosse riconosciuto, e si instaurassero le condizioni per il suo superamento. Da un pò di mesi l’America ha celebrato il Memorial day di Martin Luther King da tutti conosciuto per il suo storico discorso “I HAVE A DREAM” tenuto a Washington davanti al Lincoln Memorial il 28 agosto del 1963. Tutta l’America soprattutto quella nera si è fermata per ricordare un grande uomo, garante di un’ idea fondata sull’ uguaglianza che in America oggi tarda ad arrivare.

30 Cfr. Aricò G., L’etnicismo come spettro contemporaneo del razzismo, pag.1,consultabile su

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Il sogno di Martin Luther King ha dato un vero senso di speranza soprattutto a tutte le minoranze che popolano il mondo. Ancora oggi a quasi mezzo secolo dal suo assassinio, avvenuto a Memphis nel 1968, quei valori di cui lui stesso si faceva portatore ,sembrano davvero lontani rispetto alle società odierne pervase dall’odio religioso, intolleranza, odio razziale, e fondamentalismo di ogni tipo. Martin Luther King, ha accelerato le condizioni per i cambiamenti dei modi di pensare e di sentire della civiltà stessa. Nel suo storico discorso il giovane reverend King recita proprio questo: “I have a dream that one day, little black boys and black girls will be able to join hands with white boys and white girls and walk together as sisters and brothers. Questa visione, o sogno, nasce da una posizione di indipendenza intellettuale e morale non accessibile alle masse intere bensì ,solo a chi comprende come veramente migliorare il mondo nel segno della meritocrazia e dell’integrità . Il 28 Agosto del 1963 si tenne la marcia su Washington , una protesta non violenta dove parteciparono persone di tutte le fedi e razze. Qui Martin Luther King puntò a conquistare il cuore e le menti anche di quell’America bianca malata con il calore dell’amore e del perdono fraterno. La marcia di Washington, ebbe un grande successo anche grazie al famoso discorso già citato I have a dream tenuto davanti a 250.000 persone dallo stesso Martin Luther King . Ecco un piccolo estratto di quel discorso:

“Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese. Cento anni fa un grande americano, firma la proclamazione sull’emancipazione. Cento anni dopo, il Negro ancora non è libero , cento anni dopo la vita del Negro è ancora troppo paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene della discriminazione, cento anni dopo il negro vive ancora su un’isola di povertà solitaria , cento anni dopo il negro è ancora margini della società americana trovandosi esiliato nella sua stessa terra. Questo è il momento di realizzare le promesse della democrazia, questo è il momento di levarsi dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentiero radioso della giustizia, questo è il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale , alla solida roccia della fratellanza , questo è il

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tempo di rendere vera la giustizia per tutti i figli di dio. Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo dalla coppa dell’odio e del risentimento. Mentre marciamo dobbiamo impegnarci a marciare sempre avanti imponendoci di non tornare indietro. Non potremo mai essere soddisfatti finchè i nostri figli saranno privati della loro dignità da cartelli che dicono RISERVATO AI BIANCHI. No non siamo ancora soddisfatti e non lo saremo fino a quando la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume presente. Io ho sempre davanti a me un sogno; un sogno radicato nel sogno americano”.

Da quel giorno tale espressione , divenne un simbolo universale , da quel momento la lotta contro l’intero razzismo e la segregazione razziale non fu più la stessa. Fu consapevole il reverendo Martin Luther King che con quelle parole entrò nella storia e venne proclamato come leader indiscusso della lotta contro ogni forma di razzismo . Paradossalmente se il reverendo Martin Luther King fosse ancora vivo, avrebbe sicuramente qualcosa da dire se vedesse la situazione dell’America attuale che è radicalmente cambiata. Tuttavia tutto sembra essere confermato anche dall’ultimo provvedimento presentato dall’ attuale Presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump.

Il 27 gennaio scorso infatti , a pochi giorni dal suo insediamento, il Presidente Trump ha adottato un executive order intitolato “Protecting the Nation from foreign terrorist entry into the United States.”. Tale provvedimento, da un lato sospende per 90 giorni l’ingresso di soggetti nati in o con passaporto di Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen; dall’altro vieta per 120 giorni l’ingresso di rifugiati di qualunque provenienza, salvo che provengano dalla Siria, nel qual caso il divieto è a tempo indeterminato. Le reazioni nel dibattito pubblico interno ed internazionale sono state assai accese. Lo scontro politico si è subito trasferito anche nelle sedi giurisdizionali che hanno sospeso l’applicazione dell’executive order, sebbene solo in via cautelare .

La vicenda tocca temi cruciali, primo fra tutti i principi di uguaglianza e non discriminazione; ma, in misura non minore, chiama in causa i reciproci equilibri fra

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