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Il peccato 105 - Tristis est anima mea usque ad m ortem (Mt 26,38)

Nel documento ESERCIZI SPIRITUALI (pagine 102-110)

- Si possibile est, transeat a m e calix iste (Le 22,50).

Cf. Ecce ven to ut faciam, Deus, voluntatem tuam (Eb 10,9).

- M eus cibus est ut faciam voluntatem eius qui m isit m e (Gv 4,34).

- Ut cogn osca t m undus quia diligo Patrem (Gv 14,31).

- Quae placita sunt eifa c io sem per (Gv 8,29).

- Non quaero gloriam meam, sed h on orifico Patrem m eum (Gv 49-50).

- Cum clam ore valido e t lacrimis (Eb 5,7).

-D e u s meus, Deus meus, ut quid dereliquisti m e? [Mt 27,46; Me 15,34].

Noi non potremo mai conoscere quale abisso di sofferenze rappresen­

ti questo abbandono di Cristo da parte del Padre. C’è in esso un mistero del quale nessuna anima scruterà la profondità: Gesù abbandonato da suo Padre! Non ha egli fatto in tutta la sua vita la volontà del Padre? Non ha compiuto la missione, che ha ricevuto, di manifestare al mondo il suo nome? «M anifestavi nom en tuum hom inibus» (Gv 17,6).

P ondus et staterà iudicia D om ini (Pr 14,11).

Cum tranquillitate iudicas (Sap 12,18).

019. Peccato (Religiosi)

Parola di Dio e parola dell’uomo. «Non enim cogitationes m ea e cogita- tiones vestrae: neq u e viae vestrae, viae m eae, dicit Dominus. Quia sicut exaltantur caeli a terra, sic exaltantur viae m eae a viis vestris et cogita tion es m eae a cogitationibus vestris. Et quom odo d escen d it im ber et nix d e caelo et illue ultra non revertitur, sed inebriat terram et infundit eam, e t germ i­

nare eam facit, et dat sem en seren ti e t panem com ed en ti; sic erit verbum meum quod egred ietu r d e ore m eo; non revertetu r ad m e vacuum, s e d fa ciet quaecum que v olu i et prosperabitur in bis quae m isi illud» (Is 55,8-12).

Ars. Le folle accorrevano ad Ars, attratte non certo da una eloquenza cattedratica, bensì dal divino che emanava dalla persona del santo curato.

«Che siete andati a vedere ad Ars?». «Iddio trasparente da un uomo!». E dinanzi a quella sua eloquenza di puro amore, si curvava chiedendo be­

nedizione il pur piissimo Lacordaire, ricco anche di tanta eloquenza umana.

Peccato. Si può dire paradossalmente che è la grande tragedia di Dio.

Il peccato è il male di Dio, poiché è la negazione, fatta dalla creatura, dell’esistenza di Dio, della sua verità, della sua sovranità, della sua santità, della sua bontà. Praticamente essa (l’anima che pecca) nega che Dio sia la sovrana sapienza, che abbia il diritto di stabilire delle leggi... Essa abbassa Dio al di sotto della creatura. «Non serviam,..» .19 Lo grida con la bocca?

No, o almeno non sempre; forse essa non lo vorrebbe neppure; ma lo grida col suo atto... Praticamente, se la cosa non fosse resa impossibile dalla natura della divinità, quest’anima farebbe del male alla maestà ed al­

la bontà infinita; essa distruggerebbe Dio. E non è forse ciò che è accadu­

to? Quando Dio ha rivestito una forma umana, il peccato non l ’ha rag­

giunto fino a farlo morire? (M[armion], Cristo vita d ell’a[nim a], [Milano 19376] pp. 243-244).20

Il peccato e Gesù Cristo (Geremia).21

Purezza infinita di Cristo: Gv 8,46; 14,30; 12,28; Eb 1,3.

19 Ger 2,20. Cf. anche S. Ignaziodi Loyola, Esercizi spirituali 45.

20 Conserviamo il volume personale di don Quadrio, con qualche annotazione marginale.

21 Si vedano le cosiddette «confessioni» di Geremia, in modo particolare i testi che la liturgia propone nella messa dalla domenica di Passione alla Pasqua.

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Eum qui non noverai peccatum , pro nobis peccatum fe c i t (2 Cor 5,21).

Quis ex vobis arguet m e d e pecca to?22 Guardiamolo agonizzante nell’orto, lacero e sanguinante sulla croce.

E actus est p ro nobis m aledictum (Gal 3,13).

Vere languores nostros ipse tulit et dolores nostros ipse portavit... et po- suitD om inus in eo iniquitatem om nium nostrum (Is 53,4.6). P ropter scelus p op u li m eip ercu ssi eum (Is 53,8). Proprio Filio suo non p ep ercit Deus, sed pro nobis om nibus tradidit ilium (Rm 8,32). Et D om inus volu it con terere eum in infirm itate (Is 53,10). [Lo] macinò nel dolore.

22 G v 8,46.

020. Processo dei nostri peccati (Religiosi)

«P rocessus peccatorum , scil[icet] trahere in m em oriam om nia peccata vi- tae m eae inspiciendo vitam p er annos singulos. Ad quod iuvant tria: I. in- sp icere locum et dom um; II. conversationem quam habui cum aliis; III. offi- cium in quo vixi» [sant’Ignazio].23

1. Sono peccatore, grande peccatore: ecco la persuasione che mi deve guidare in questa revisione della mia vita e dei miei peccati. «R ecogitabo tibi annos m eos in am aritudine anim ae m eae» (Is 38,5). Sono religioso e sacerdote, sacerdote peccatore. Ecco la seconda persuasione che mi deve consigliare non un semplice esame di coscienza, ma una severa istruttoria, una feroce requisitoria di tutta la mia vita, di tutti i miei pensieri, parole, opere ed omissioni, senza nulla dissimulare, nulla scusare, nulla sottace­

re... L’istruttoria ci deve ispirare umiltà e confusione, anche se già abbia­

mo ottenuto il perdono dei nostri peccati; anche se avessimo commesso un solo peccato mortale in vita nostra; anche se ci trovassimo rei sola­

mente di peccati veniali. «Valet plurim um h a ec con sid era lo, etiam si quis nonnisi venialium peccatorum sibi consciu s esset p er totam vitam » (Eser­

c iz i] spirituali]).24 Fu grazia speciale del Signore se non siamo caduti nell’abisso, mentre coi peccati veniali ci eravamo accostati all’orlo, in pro­

cinto di cadervi. Diciamo dunque il C onfiteor, non colla superficialità di chi lo recita ufficialmente nelle sacre funzioni, ma con la consapevolezza di chi sa di dire la verità, o forse meno della verità.

2. S[ant]’Ignazio dice di rivedere e ripassare i luoghi nei quali si è vis­

suti, i rapporti e le relazioni sociali avute, gli impegni sostenuti. Per mag­

gior brevità e chiarezza la nostra istruttoria si svolgerà sui tre periodi del­

la25 nostra vita: adolescenza, periodo di formazione, sacerdozio.

Che lunga catena di peccati! Confiteor... quia p ecca v i nim is cogitatione, verbo et opere. Mea culpa... mea maxima culpa! Beato colui che più si umilia, beato colui che come il pubblicano non osa alzare gli occhi al cie­

lo, si batte il petto e si professa peccatore: egli troverà misericordia il giorno del giudizio. Disgraziato chi, come il fariseo, si professa «non sicut

23 S. Ignaziodi Loyola, Esercizi spirituali 56.

24 S. Ignaziodi Loyola, Esercizi spirituali.

25 Nell’originale: di.

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ceteri hom ines» (Le 18,11). Egli è già condannato. Anticipiamo il nostro giudizio oggi, mentre possiamo assicurarci una sentenza di perdono. Pos­

siamo dunque fissare nel cuore tre certissime conclusioni:

1) che soprattutto per il prete vi è una sola infelicità vera: quella di non essere santo. Il prete mediocre è il più infelice degli uomini;

2) che il prete mediocre vive in pericolo grave di dannarsi (s[ant]’Al­

fonso);

3) che la chiesa e la congregazione non hanno bisogno di riformatori, ma di santi. Facciamoci santi: questa è la vera riforma che ci vuole. Se cia­

scuno avrà scopato con cura davanti alla propria porta, tutta la via sarà luminosa.

021. Il peccato nell’afnima] consacrata

(31/10/1957, Torino, Crocetta, ascritti al noviziato)

Vangelo secondo san Giovanni. [«Dette queste cose, Gesù si com­

mosse profondamente e dichiarò: In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà. I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi par­

lasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: Di’, chi è colui a cui si riferisce? Ed egli reclinandosi così sul petto di Gesù, gli disse: Si­

gnore, chi è? Rispose allora Gesù: E colui per il quale intingerò un boc­

cone e glielo darò. E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Isca­

riota, figlio di Simone. E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui.

Gesù quindi gli disse: Quello che devi fare, fallo al più presto. Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo; alcuni infatti pensa­

vano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: Compra quello che ci occorre per la festa, oppure che dovesse dare qualche cosa ai pove­

ri. Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte»] (13,21-30).

Alla vigilia del v[o]s[tro] ingresso in noviziato], in un cenacolo santo e fervoroso come questo, sembrerà una stonatura che io mi attardi a pro­

spettare la tragica possibilità del peccato in un’anima privilegiata e consa­

crata come quella di un ascritto o di un religioso. Eppure, per quanto pe­

noso, è necessario farlo.

1. Perché Gesù stesso lo ha fatto, nel cenacolo, ai suoi primi ascritti (gli ap[ostoli]), dando loro quel grave ammonimento: «Ecco che Satana va in cerca di voi per vagliarvi come il grano».26 «Lo spirito è pronto, ma la carne è debole. Vegliate e pregate per non cadere in tentazione».27

«Ecco, chi mangia alla mia mensa, leverà contro di me il suo calcagno».28 2. Perché il nome esecrando di Giuda e di altri in ogni tempo (giacché anche lui, come gli apostoli, ha i suoi successori), rimane per tutti noi una testimonianza significativa di una tragica possibilità: la tremenda possibi­

lità di tradire col p[eccato] mortale colui a cui abbiamo giurato fedeltà e amore perpetuo. Questo pericolo c’è anche per noi, per tutti e per cia­

scuno. Né l’essere novizio, né la professione che farete vi renderà immuni dalle tentazioni o dal pericolo di cadere, anzi per istigazione diabolica

po-26 Le 22,31.

27 Mt 26,41, con inversione delle frasi.

28 Gv 13,18.

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irebbe rendervi anche più esposti alla bufera. Dobbiamo oggi guardarlo in faccia con spietata sincerità questo pericolo, per prevenire le sorprese e sventare le imboscate. Se la meditazione] di stamane sul peccato comune riguardava il passato, quella di oggi sul peccato di un’anima religiosa ri­

guarda la possibilità e il pericolo del peccato futuro.

3. Vi è un terzo motivo che rende necessaria questa meditazione, ed è che voi state per entrare non in una qualunque congregazione religiosa, ma nella congregaz[ione] salesiana, che fu voluta da M[aria] A[usiliatri~

ce], come l’avamposto più avanzato e quindi più esposto nella chiesa nel­

la lotta contro il peccato (c’è bisogno che chi vi entra sia gente assoluta- mente sicura). Vi è tra la vita sales[iana] e [il] peccato una opposizione così radicale, assoluta, definitiva e totalitaria, che ogni ascritto prima di entrarvi deve misurare bene le sue forze e vedere se ha le carte in regola.

Chi, a giudizio del padre dell’anima sua che sa tutto di lui, non offrisse piena garanzia di assoluto e definitivo distacco dal peccato, specialmente dal peccato impuro, per carità, non entri in congrLegazione], perché com­

prometterebbe la sua salvezza eterna, le anime e l’onore della congrega­

zione], D[on] Bosco [nell]’articolo] 33 dice: «Laetem ur ad ascensum, tim eam us ad lapsum »P

Il passaporto per entrare in congregaz[ione] è quest’orrore irriduci­

bile, questo distacco assoluto e comprovato dai fatti da ogni forma di p[eccato] m[ortale], specialmente dai peccati contrari alla santa purità.

Ecco perché noi, dopo aver meditato sul peccato in generale, vogliamo soffermarci stasera a considerare la radicale opposizione] che c’è tra pec­

cato e vita religiosa, e in particolare tra peccato e vita salesiana.

Un santo forse non riuscirebbe a proporre un così doloroso argomen­

to senza lacrime: perdonate se io, che non sono santo, debba farlo con delle parole, con troppe e troppo povere parole.29 30

Se un’anima consacrata a Dio nella vita religiosa avesse la somma di­

sgrazia di cadere in peccato mortale, peccherebbe con maggior malizia, con peggior ipocrisia, con più tristi conseguenze.

1. La maggior perfidia di un eventuale peccato, commesso da un’ani­

ma religiosa, dipende dalla maggior conoscenza della legge e dalla mag­

gior coscienza dei benefici ricevuti.

29 Segue una parola poco leggibile: Vigila? La citazione latina è ripresa da san G e­

rolamo, Comm. in Ez. 13,44 = CCL 75,1875.

30 Nella rubrica di appunti per la predicazione incontriamo questa frase anonima:

«La poesia delle lacrime è una caratteristica dei santi» (Q P-S 44).

- 1 semplici fedeli potranno forse invocare scusanti o attenuanti, alcu­

ni potranno forse dire perfino che non sanno quello che si fanno. Ma tu no: tu sai perfettamente e sei obbligato a sapere. In te l’ignoranza è colpa.

Da ora in poi, tu sarai il depositario, il testimone, il rappresentante della morale evangelica, l’esempio ufficiale e il maestro di virtù nella chiesa.

Non ai soli apostoli, ma a tutto il gruppo dei suoi discepoli [Gesù ha det­

to]: «Voi siete la luce del mondo».31

D’ora in poi, e specialmente dopo la tua professione religiosa], tu non potrai scusarti: «Non lo sapevo, l’ho fatto senza saperlo». Aspiranta- to, studi, conferenze, prediche, esercizi, meditazioni], confessioni, con­

sigli, ispirazioni]... [Come potrai dire]: Ignorans fe c i? 02

— E con la conoscenza della legge, vi è nell’anima religiosa la coscienza di maggiori grazie: grazie straordinarie, di predile[zione], di privilegio.

«Quante cose ha fatto all’anima mia!».33 Una sola differenza; [quella di aver ricevuto] più grazia: [la] creazione], [la] redenzione], l ’educazio­

ne] cristiana, la vocazione], la profes[sione], l’intimità con Gesù sotto lo stesso tetto, messa quotidiana], sacramenti], intimo e continuo contatto con la parola di Dio, con la grazia... Ecco un poema di grazie e di predi- lezioni, la cui portata ci sarà nota solo in cielo. Se a questo torrente di grazie e predilezioni tu rispondessi col peccato, dimostreresti un tale abisso di malizia, la cui profondità chi potrebbe scandagliare a fondo?

Gesù se ne lamenterebbe a ragione con gli accenti più accorati e tristi.

1) Nel salmo 54 [leggiamo]: «Se fosse stato un estraneo o un nemico ad offendermi... Ma sei stato tu, mio compagno, mio intimo ed unico, che sei di casa con me, ammesso alla mia intimità e compagnia».34 35 Si può dare ingratitudine più mostruosa?

2) Isaia [proclama]: «Udite o cieli e tu ascolta, o terra. Io ho nutrito ed allevato dei figli, ed essi mi hanno disprezzato».33

- «Come è mai possibile che il mio diletto, in casa mia, abbia com­

messo tanti delitti?».36

3) Nella liturgia del venerdì santo [risuonano le struggenti contrappo­

sizioni]: «Popolo mio, che cosa ti ho fatto e in che cosa ti ho contristato?

Rispondimi.

31 M t5,14.

32 1 Tm 1,13.

33 Sai 65,16.

34 Sai 54,13-14.

35 Is 1,2.

36 Ger 11,15.

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