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Il peccato 101 percosso per i delitti del mio popolo».10 11 Il Padre non risparmiò il suo Fi

Nel documento ESERCIZI SPIRITUALI (pagine 98-102)

glio, ma lo diede per noi. E il Signore lo volle spezzare e maciullare nel dolore. Ha preso su di sé le n[o]s[tre] miserie e ha portato i n[o]s[tri]

dolori; Dio gli pose sulle spalle le iniquità di noi tutti. Spezzato per i n[o]s[tri] delitti.11 Abbandonato dal Padre nello strazio supremo del pa­

tibolo.12 C’è in questo abbandono un mistero, di cui nessuno mai scruterà la profondità. Come il più amoroso dei Padri ha trattato il più caro dei fi­

gli, quando lo ha visto ricoperto dei n[o]s[tri] peccati!

I tuoi peccati sarebbero bastati da soli a ridurlo in quello stato.

In una tribù selvaggia, quando un uomo veniva assassinato, per sco­

prire l’assassino, portavano il cadavere nella capanna più grande, lo de­

ponevano su una stuoia, gli denudavano la ferita. Tutti dovevano passare e, posata la mano sulla ferita, dovevano dire a voce alta e ferma: «Giuro di essere innocente del sangue di questo uomo». Al colpevole non poteva non tremare la mano o la voce.

No, o Gesù, no. Chi potrebbe far[e] la prova sul tuo corpo e sangue, sulle tue ferite sanguinanti?

- La sua fronte è coronata di spine... E la tua fronte quali pensieri na­

sconde? Forse soltanto ieri, soltanto ora...

- 1 suoi occhi sono gonfi, pesti, annebbiati dallo strazio e dal sangue...

E i tuoi? I tuoi che vanno alla caccia di mille compiacenze sensuali, non sono un insulto ai suoi doloranti?

- Le sue labbra sono esangui e bruciate dalla sete... E le tue non furo­

no contaminate da libertà indegne di un religioso, da parole offensive del­

la carità e della giustizia?

- La sua gola riarsa cosa dice alla tua avida di tutte le soddisfazioni?

- Le sue mani sono squarciate dal ferro e inchiodate sul legno. E le tue, forse non ignare di cupide movenze, non sono state le tue mani im­

pudiche a dilaniare le carni di Gesù?

- Il suo corpo arato dai flagelli e ridotto tutto una piaga sanguinolen­

ta, che cosa dice al tuo corpo accarezzato e accontentato fino nelle sue voglie più basse?

- Il suo cuore è squarciato e aperto... Il tuo non è stato forse contami­

nato da affetti sregolati, da desideri sensuali, da sentimenti e risentimenti indegni di un essere umano?

10 Is 53,8; cf. Rm 4,23.

11 Rm 8,32; Is 33,10; Is 53,4-5. Per le corrispondenti citazioni in latino cf. E 019.

12 Mt 27,46; Me 15,34.

Guardalo Gesù, e capirai che cosa è il peccato. È la tua vittima.

Ascolta il suo lamento: «Amico, che ti ho fatto [d]i male per trattarmi così? Che cosa ti ho fatto?».

Ricordi la liturgia del venerdì santo?

- «Popolo mio, che cosa ti ho fatto ed in che cosa ti ho contristato?

Rispondimi!

- Io ti ho liberato dalla schiavitù (del mondo), e tu hai preparato una croce al tuo liberatore.

- Io per amor tuo ho flagellato i nemici (i peccati) che ti tenevano pri­

gioniero, e tu dopo avermi flagellato mi hai consegnato a Pilato.

- Io ho aperto davanti a te le porte (della vita religiosa), e tu con una lancia hai aperto il mio cuore.

- Io ti ho nutrito con la manna nel deserto (la mia carne eucaristica), e tu mi hai percosso con schiaffi e flagelli.

- I o ti ho dissetato nel deserto con a[c]qua salutare, scaturita dalla pietra (la grazia a profusione), e tu mi hai dato da bere fiele e aceto.

- I o ti ho incoronato con una corona regale (la professione religiosa), e tu mi hai incoronato di spine.

- Io ti ho esaltato con la mia potenza su tutti i popoli della terra, e tu mi hai esaltato sul patibolo della croce.

- Popolo mio, che cosa [ti] ho fatto e in che cosa ti ho contristato? Ri­

spondimi!».

Ciascuno continui per conto suo, traendone le conclusioni che le pia­

ghe di Gesù gli ispirano.

Durante questa s[anta] messa, in cui misticamente si rinnova tutto questo indicibile strazio e martirio di Gesù per i nostri peccati, noi vo­

gliamo per noi e per la n[o]s[tra] congregatone] domandare la grazia inestimabile di vedere sempre il peccato in noi e negli altri, il peccato passato, presente e l’eventualità del peccato futuro, anche quello che ci verrà presentato sotto l’incantesimo più allettante, di vederlo sempre e solo con gli occhi pesti e lacrimosi con cui lo vide Gesù agonizzante tra gli spasimi più atroci.

O piaghe di Gesù, guarite le piaghe dell’anima mia!

Il peccato

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018. Peccato

(Religiosi)13

Peccato: Delieta quis intelligit? Ab occultis m eis libera m e Domine, et ab alienis pa rce servo tu o I A

1) Credo che è infinitamente maggiore la rovina e la morte del peccato che tutte le rovine e morti di questa carneficina umana. Ammorba, deva­

sta, corrompe, imputridisce.15 2) Credo che in sé il peccato è un mistero d’iniquità di cui noi non siam capaci di vedere il fondo. D elieta quis in tel­

ligit?

- Mistero di malizia ed ingratitudine.

- Mistero di insipienza e stoltezza.

3) Dichiaro «guerra totale» al peccato:

a) al peccato commesso: penitenza. S[ant] ’Ambrogio;

13 La meditazione non pubblicata che tratta il medesimo argomento (Arch. 026) entra nella serie degli esercizi predicati al Colle Don Bosco per giovani confratelli (cf.

E 003-004, E 006, E 009). Porta sull’angolo destro in alto la segnatura IV.

14 Sai 18,13.

15 Scheda contenuta tra i fogli utilizzati per le meditazioni. Alcuni di questi spunti si ritrovano nelle meditazioni. «Non vi è nulla di interessante nel peccato, o nel male come male. E il male non è un’entità positiva, ma l ’assenza di una perfezione che do­

vrebbe esservi. Il peccato come tale è così essenzialmente noioso perché è la mancan­

za di qualcosa che potrebbe interessare la nostra volontà.

Ciò che attira gli uomini agli atti malvagi non è il male che sta in essi, ma il bene che vi si trova, visto sotto un falso aspetto e con una prospettiva errata. E il bene visto da tale angolo non è che l ’esca in una trappola. Quando tu stendi la mano per pren­

derla, la trappola scatta, e tu rimani con la noia, il disgusto e l ’odio.

I peccatori sono persone che odiano tutto, perché il loro mondo è necessariamen­

te pieno di tradimento, pieno di illusione, pieno di delusione. E i più grandi peccatori sono la gente più noiosa del mondo perché sono anche i più annoiati, quelli che tro­

vano la vita più tediosa.

Quando cercano di nascondere il tedio della vita con il chiasso, l ’eccitamento, l ’agitazione e la violenza - frutti inevitabili di una vita dedicata all’amore dei valori che non esistono - essi diventano qualche cosa [di] più che noiosi: diventano il flagel­

lo del mondo e della società. Ed essere flagellati non è semplicemente qualche cosa di triste e noioso.

E quando tutto è finito ed essi sono morti, la documentazione dei loro peccati nella storia perde completamente di interesse e viene inflitta a scuola ai ragazzi come una penitenza tanto più amara in quanto anche un diciottenne può facilmente com­

prendere l ’inutilità di imparare qualcosa su gente come Hitler e Napoleone» (Thomas

Merton, Sem i d i contem plazione, pp. 66-67).

b) alle radici del peccato: [la] dissipaz[ione], l’orgoglio, la sensualità;

c) ai principi del peccato: sollecitazione, diletto (volont[ario], in­

volontario]), consenso;

d) alle occasioni del peccato.

La morte, ma non peccati.16 Qualsiasi male piuttosto di qualsiasi pec­

cato.

Peccato e morte di Gesù.

In una cittadina della Germania, quando si trovava un cadavere di uc­

ciso e si ignorava l’omicida, deposto il cadavere su un tavolato, gli impu­

tati erano invitati uno per uno a stendere la destra sul freddo cadavere e a dire: «Sono innocente di questo sangue». Al colpevole tremava o la mano o la voce. Come ci sentiamo noi davanti alle piaghe di Cristo morto in croce? Beato chi più si umilia.

Chi ha esperienza d’anime sa quanto pesino talvolta e quanto umilino fatti di piccolo conto, ombre appena accennate, per un’anima che, aman­

do Dio, ha attivatissimo il senso della spiritualità (Gilla Gremigni).17 Peccati veniali ed accontentare Gesù.

Ma in Gabriele l’assillo non era quello di non commettere neppure una colpa veniale, bensì l’altro di far piacere al suo Signore: e una santa incontentabilità lo prendeva, di far di più, sempre di più. «Me lo dica, padre - supplicava, con la voce rotta dal pianto e gli occhi sfavillanti al suo padre Norberto - me lo dica».18

«C ircum dederunt m e dolor es, mortis, et torren tes iniquitatis conturha- verunt m e» (Sai 17,5).

Era il più bello degli uomini. «Non est e i sp ecies neq u e decor, et vidi- m us eum et non erat aspectus... Nos putavim us eum quasi leprosum , et per- cussum a Deo, e t humiliutum... attritus est p rop ter scelera nostra (Is 53,2.4.5)... e t cum sceleratis reputatus est» (ib. 12).

- Ego sum verm is et non hom o (Sai 21,7).

- Coepit p a vere et taedere et m aestus esse (Me 14,33).

16 Uno dei propositi di san Domenico Savio.

17 Mons. V. Gilla Gremigni, probabilmente in riferimento a san Gabriele dell’Ad­

dolorata. Don Quadrio venne in contatto con la spiritualità di questo santo verso il suo secondo anno di studi teologici e fu un gemellaggio spirituale disposto dalla Prov­

videnza per prepararlo al futuro martirio nella malattia. Leggiamo nel suo diario (6 ottobre 1944): «Verso Quaresima, Pasqua, la festa di sfan] Gabriele dell’Addolorata, il Signore mi fece un’altra grazia: moltiplicò il desiderio della sofferenza e mortifica­

zione. Pio fatto molto per rendermi penoso il camminare, lo star seduto, lo stare a let­

to» (Doc. 51).

18 Mons. V. Gilla Gremigni (cf. n. preced.).

Il peccato

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