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Il Piano paesistico della Valle d’Aosta è il terzo dei piani qui presi in considerazione che si basa sull’approccio strutturale al paesaggio40. Come il PPR del Piemonte e il PUP di Trento questo piano legge il territorio come sistema di relazioni tra le sue componenti, relazioni che sono di tipo ecosistemico e naturale, storico-culturale e formale. L’interpretazione strutturale è la fase in cui le singole letture analitiche relative a questi tre filoni d’indagine vengono sintetizzate in un quadro unitario che descrive l’identità paesaggistica della regione. Mentre lo studio dell’assetto ecosistemico e di quello storico- culturale seguono una metodologia abbastanza consolidata – con l’impiego di paradigmi ecologici per il primo e storico-geografici e morfologici per il secondo41 – lo studio dell’assetto formale del paesaggio è la parte più sperimentale del piano volta all’elaborazione di un metodo di lettura e di paradigmi interpretativi per il paesaggio relativamente autonomi rispetto a quelli forniti dalle discipline ambientali.

Il campo di studi da cui il piano attinge modalità d’indagine e concetti chiave è quello della semiotica: il paesaggio viene cioè considerato un sistema di segni, segni che il fruitore decodifica allo stesso modo in cui attribuisce un certo significato ad un testo scritto. Il procedimento si basa sulla scomposizione dell’insieme percepito in elementi semplici, sulla evocazione nella memoria di configurazioni relazionali tipiche (che aggregano secondo schemi noti gli elementi semplici percepiti dando loro un senso, esattamente come le lettere poste l’una accanto all’altro assumono il significato di un parola), infine sulla ricomposizione di queste configurazioni in strutture più complesse che rendono riconoscibile e caratterizzano un certo paesaggio (come le parole strutturate secondo regole sintattiche costruiscono una frase dotata di senso)42.

L’analisi semiotica consta di tre fasi o letture principali: l’indagine sull’organizzazione geometrica del territorio, l’indagine sui suoi caratteri percettivi, e quella sull’organizzazione segnica del paesaggio. La prima fase (l’organizzazione geometrica) prevede la scomposizione del territorio in elementi geometrici che ne costituiscono le componenti significanti (in semiotica i supporti materiali del significato). Punti, linee, superfici, volumi, spazi, corrispondono rispettivamente - ad esempio - a vette, crinali o bordi di bosco, tessere di uso del suolo agricolo, montagne, vallate. Questa lettura è finalizzata a riconoscere e classificare gli elementi fisici che compongono il territorio in relazione alle loro caratteristiche morfologiche rilevanti per la percezione: una superficie per esempio può presentare una tessitura omogenea (come un bosco o un pascolo) o a trama (se è strutturata da un pattern ricorrente come un paesaggio viticolo o terrazzato); gli spazi possono essere più o meno definiti a seconda che i loro confini siano particolarmente netti (come per i tratti di valle con sezione o U o a V) o piuttosto labili (come nel caso dei fondovalle aperti) (figg. 13-14).

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Il PTP della Valle d’Aosta, la cui redazione è stata coordinata da Roberto Gambino e Paolo Castelnovi, è stato approvato dal Consiglio Regionale nel 1998.

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In particolare l’analisi dell’assetto storico-culturale porta all’individuazione dei sistemi ambientali, configurazioni di componenti elementari (nuclei storici, beni puntuali, aree agricole comprensive del pascolo, bosco e urbanizzazioni di nuovo impianto) tra loro interrelati in cui viene suddiviso il territorio regionale sia per finalità analitiche che progettuali. I sistemi infatti (delle aree naturali, dei pascoli, boschivo, fluviale,

insediativo tradizionale, urbano) rappresentano una delle due articolazioni territoriali cui fa riferimento la

normativa assieme alle unità locali (vd. Urbanistica Quaderni, n. 14, 1997, “Il Piano territoriale paesistico della Valle d’Aosta”, Le norme di attuazione, Titolo II, articoli 10-19).

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Naturalmente, dal momento che il paesaggio non è un testo non essendo stato costruito per comunicare ma per altri scopi, la sua analisi semiotica è sperimentale e “tentativa”, per usare la definizione degli stessi estensori del piano (Urbanistica Quaderni, “Il Piano territoriale paesistico della Valle d’Aosta”, cit., pag. 68).

Fig. 13: Legenda della carta di lettura dell’assetto formale con individuazione dell’organizzazione geometrica del paesaggio e delle strutture segniche.

Fig. 14: Carta dell’assetto formale (estratto) con individuazione dell’organizzazione geometrica del paesaggio e delle strutture segniche.

L’analisi dei caratteri percettivi del paesaggio arricchisce il quadro di informazioni ricavato dalla precedente lettura introducendo il tema della percezione del paesaggio da parte di un soggetto in movimento che percorre gli itinerari più frequentati della regione

(figg. 15-16). Gli elementi evidenziati da questa analisi dinamica sono le caratteristiche dominanti dell’insieme percepito (equilibrato, contrastato, dominato da, complesso, di transito), le componenti visive emergenti (puntuali come singoli edifici, lineari come una cresta montana, o superficiali come un appezzamento coltivato circondato dal bosco), le visuali, le situazioni di bordo o “porte” di passaggio tra un ambiente e l’altro (creste e crinali, quinte con cambiamenti continui di visuale costituenti filtro o sbarramento visivo, fondali vicini e lontani). Tutti gli aspetti così rilevati concorrono infine ad attribuire un certo grado di densità di informazioni a ciascun insieme percepito.

Fig. 15: Carta degli insiemi percettivi da strade principali e valutazione della densità d’informazione del paesaggio (estratto).

Fig. 16: Legenda della carta degli insiemi percettivi da strade principali.

L’ultimo livello di analisi consiste, in termini semiotici, nell’attribuzione del significato ai supporti significanti precedentemente descritti. Si tratta cioè di riconoscere le differenti caratterizzazioni del paesaggio in relazione a tre grandi nuclei di senso leggibili anche come suoi agenti morfogenetici: la natura, l’insediamento tradizionale agricolo e l’insediamento urbano43. Questi tre fattori hanno plasmato il territorio regionale lasciando una loro impronta riconoscibile agli occhi del fruitore comune che è in grado di attribuire la caratterizzazione prevalente a ciascun brano di paesaggio decodificando delle configurazioni o associazioni tipiche: per esempio la sequenza neve/roccia/prateria/bosco fa collocare un certo ambiente nel mondo dei segni della natura; la sequenza nucleo costruito e compatto/intorno coltivato/bordo di bosco viene riferita ai segni

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Questo passaggio costituisce anche il raccordo tra il livello dell’analisi semiotica e quello dell’analisi storico-culturale che appunto classificava i sistemi ambientali in base alla loro appartenenza alle aree naturali (sistema delle aree naturali, dei pascoli, boschivo, fluviale), a quelle improntate dall’insediamento

dell’insediamento tradizionale e così via. La relazione che lega la sequenza degli oggetti materiali al loro senso è definita relazione strutturale; l’insieme degli oggetti tra loro interrelati a costituire un nucleo di senso è definita struttura segnica.

Otto sono i tipi dominanti di strutture segniche, semplici se prevale uno solo dei tre fattori morfogenetici individuati, complesse se vi è compresenza di due o più di essi e sono così suddivisi: due sono riferibili alla natura, due all’insediamento tradizionale, una all’insediamento urbanizzato, le rimanenti tre presentano fattori di eterogeneità che le rendono complesse (rapporti agricoltura/urbanizzato, natura/urbanizzato, natura/agricoltura/urbanizzato). Il piano adotta la convenzione di far appoggiare le strutture segniche sui contenitori spaziali individuati nell’analisi geometrica del territorio così che ad ognuno di essi venga attribuito un significato paesaggistico dominante (figg. 13-14). In sintesi quindi: due articolazioni mappano completamente il territorio nell’analisi semiotica, una è quella discendente dal rilevamento dell’organizzazione geometrica del paesaggio (funzionale a leggere le sue caratteristiche formali e la loro influenza sulla percezione), l’altra da quello delle strutture segniche (funzionale a leggere il significato attribuibile ai luoghi). La lettura dei caratteri percettivi completa poi lo studio sul paesaggio con l’analisi della visibilità e della densità d’informazione.

Le analisi compiute lungo i tre filoni d’indagine del piano (naturale, storico-culturale, formale) trovano una sintesi nell’interpretazione strutturale o lettura integrata. Questa costituisce tra l’altro la base per la suddivisione del territorio in unità di paesaggio, “ambiti caratterizzati da specifici sistemi di relazioni ecologiche e paesistiche, che conferiscono loro un’immagine relativamente unitaria e l’identità di luoghi riconoscibili e distinguibili dal contesto”44. La loro delimitazione deriva dall’incrocio tra i fattori morfologici dei luoghi e la loro caratterizzazione identitaria presso le comunità locali; talvolta questi due ordini di considerazioni portano all’individuazione degli stessi confini (specie nelle zone di valli strette dove i margini fisici del territorio coincidevano storicamente con quelli di una certa forma di popolamento e di cultura), mentre altre volte, nei territori più aperti, le suddivisioni si fanno più labili e presentano fasce di sovrapposizione.

Sul piano normativo le unità di paesaggio sono funzionali a due obiettivi: formulare gli indirizzi di valorizzazione per alcune zone in particolare e specificare gli orientamenti necessari a garantire la tutela di certe relazioni fondative delle identità locali. Il primo obiettivo viene perseguito tipizzando le unità di paesaggio in 25 classi che, pur rappresentando una notevole semplificazione della complessità del quadro informativo precedentemente delineato, sono funzionali a cogliere le grandi tipologie del paesaggio valdostano, le “metafore” immediatamente riconoscibili sia dagli insider che dagli outsider. Da qui discende la messa a punto di molte delle strategie attive per la valorizzazione di certe parti di territorio, come sistemi di itinerari o di percorsi.

Il secondo obiettivo – la tutela delle relazioni fondative dell’identità locale – si ottiene mediante l’individuazione delle unità locali “costituite essenzialmente da sistemi di relazioni raramente confinabili in ambiti precisamente definiti”45 (fig. 17). Esse servono dunque a fornire indicazioni per la tutela non di singoli oggetti bensì delle relazioni (visive, ecologiche, funzionali, paesaggistiche) presenti in un dato territorio e significative ai fini della conservazione dell’identità dei luoghi.

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Urbanistica Quaderni, “Il Piano territoriale paesistico della Valle d’Aosta”, cit., pag. 121.

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Fig. 17: Scheda di un’unità locale con la descrizione delle relazioni identitarie, delle criticità e degli orientamenti progettuali.