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Il pragmatismo poliedrico di Vittorio Sgarbi

“Quale miglior sogno del sogno di Dio”

“La bellezza delle Marche è la prova dell’esistenza di Dio”

(V.S.)

Come potevo non includere Vittorio Sgarbi, uomo di grande pas-sione ed esperto di Arte Cultura Bellezza, che in questa regione ha contribuito con eventi di grande respiro a divulgare, non solo l’a-more per il bello, ma anche a lanciare la sfida per un nuovo Rina-scimento contro il neo medioevo in cui è caduta la nostra civiltà in un momento storico epocale di enorme complessità.

A testimoniare la bellezza e l’amore per le Marche, Vittorio Sgarbi ha ribadito un pensiero espresso più volte, che riporto qui di seguito:

“Le Marche sono un libro aperto di Storia dell’Arte. Ogni scuola pittorica è presente e i più grandi artisti del loro tempo, escludendo Raffaello che vi è nato, penso a Belli-ni, Crivelli, Lotto, sono arrivati nelle Marche ed è stato come un ritorno a casa. Perché nelle Marche è come sen-tirsi a casa, è capitato anche a me che, da quasi trent’an-ni, ne testimonio la bellezza per autentico sentimento di passione e di scoperta di capolavori. La stessa passione che animò Berenson quando scopri Lorenzo Lotto a Recanati.

La bellezza delle Marche è la prova dell’esistenza di Dio perché qui gli artisti hanno dato il meglio guardando un ambiente meraviglioso. Una regione piccola nelle

dimen-sione, ma proporzionalmente la più grande per quantità di patrimonio artistico, architettonico e paesaggistico in Italia”.

Fra le innumerevoli mostre che il Nostro critico d’arte ha rea-lizzato lungo tutto il territorio marchigiano desidero sottolineare la Mostra sulla Scuola Fabrianese, che culminando con Gentile da Fabriano, ha esposto più di 100 opere tra i capolavori da Maestro di Campodonico e Maestro dei Magi ai geni pittorici di Giotto e molti altri.

Ampliando la visione della cultura artistica marchigiana con un approccio innovativo della storia dell’arte del Due e Trecento, essa diventa un’occasione per conoscere le radici della civiltà occiden-tale.

Una mostra suggestiva ed unica nel presentare uno scenario, per lo più sconosciuto, di sentieri storici artistici culturali in itinere, che tra Umbria e Marche, offre luoghi dove aleggia infinita bellez-za e si respira lo spirito di un panorama culturale, incrocio e pas-saggio di diversi destini sulle orme di San Francesco e da una stessa sorgente.

L’obiettivo di un’operazione culturale di tale portata, è quello di ritessere la trama di questo complesso periodo storico, ricco di te-stimonianze affascinanti, ma note solo o soprattutto agli studiosi e agli appassionati d’arte, al fine di un’ampia divulgazione per un

“pubblico” più vasto ed eterogeneo.

Di straordinario interesse culturale è la pubblicazione di uno studio, con saggi e schede sulle opere e sugli artisti presenti in mo-stra e che ha la duplice funzione di catalogo dell’esposizione e di approfondimento critico di interessanti questioni riguardanti la pittura e la scultura fra Marche e Umbria nel Due e Trecento, in-torno alle quali la ricerca resta ancora aperta. Non da meno è da ricordare la mostra “Rinascimento segreto”: 70 opere fra dipinti, sculture e oggetti di proprietà di collezionisti privati e fondazioni bancarie, (molte per la prima volta esposte in pubblico), in tre

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tà delle Marche: nel Palazzo Ducale di Urbino, a Pesaro e a Fano.

La mostra curata da Vittorio Sgarbi, vuole far dialogare le opere se-lezionate con i tesori rinascimentali già presenti sul territorio, una regione in cui anche il paesaggio è ancora quello dipinto da Piero dietro i ritratti del Duca Federico e di Battista Sforza. Ci sono i ma-estri di scuola marchigiana Giacomo di Nicola da Recanati, Gio-vanni Antonio da Pesaro, e quelli della scuola toscana, da Piero del Pollaiolo a Benvenuto Cellini e Francesco di Giorgio Martini. Ma anche opere dei pittori veneti (Bernardino Licinio), ferraresi, emi-liani e romagnoli (Giovanni Francesco da Rimini, il Bagnacavallo), e alcuni capolavori della scuola di Raffaello e Perugino. Non ultimo a Mondolfo, dove nella chiesa di Sant’Agostino, ammagliato dalle tante tele che facevano bella mostra al suo interno, Vittorio Sgar-bi ha svolto la Lectio Magistralis percorrendo gli anni della prima repubblica per soffermarsi sulla crisi culturale attuale per mancan-za di identità e di valori ideali, causa dello smarrimento generale.

“… È necessario ritrovarsi attorno alle ricchezze della storia, della cultura, dell’arte delle proprie comunità”. “Le Marche sono infinte, sono uno scrigno prezioso di grandi pittori che hanno lasciato un segno indelebile e Mondol-fo, che è uno dei borghi più belli d’Italia, è l’esempio di come all’interno di una chiesa si possano ritrovare dipin-ti preziosi dove apprezzare la maestria di ardipin-tisdipin-ti come il Guerrieri, il Ridolfi e tanti altri perché solo la perfezione dell’arte ci avvicina a Dio”.

Dopo aver ripercorso l’affinità artistica dei pittori marchigiani con Caravaggio, con le sublimi cromature del Raffaello, ha illustra-to tutti i capolavori del Guerrieri. Infine ha ricordaillustra-to come l’arte e la bellezza della cultura siano in grado di avvicinare una città al sen-so sublime dell’unità. “…dovete credere che la bellezza sarà in grado di salvarci. Dovete essere illuminanti con le vostre scelte amministrati-ve e politiche esaltando le ricchezze dei vostri borghi”.

Un invito pressante rivolto al sindaco, agli amministratori e politici verso scelte culturali, che sono il miglior investimento per la rina-scita della comunità civile e sociale.

Tracciare un profilo esauriente di Vittorio Sgarbi sembrerebbe un’impresa ardua se non impossibile, ma così non è se si conosce la combinazione della sua cassaforte animica. Sì, Vittorio così loqua-ce aperto polemico tendente al torpiloquio è una persona sempliloqua-ce in difesa della verità nuda, priva di orpelli e di fole. La sua anima non è altro che la cassa risonante anticipatrice di un tempo remoto dove tutto è stato detto: Bellezza Armonia Merito Giustizia Veritas.

Gli antichi gli hanno raccontato la verità sin da Protagora che gli sussurra: “L’uomo è la misura di tutte le cose” e lui lo sa bene, che misura se stesso contro tutti i produttori e fruitori di ipocrisia.

Non amo tediare ripetendo quanto è stato detto del Nostro e della sua complessa personalità. I più gli riconoscono il merito di essere un prezioso universale conoscitore dell’Arte, con una memo-ria elefantiaca e un dinamismo instancabile, ma anche fuori dalle righe sino a perdere le staffe se attaccato sulle sue buone convin-zioni. La sua biografia evidenzia una cultura poliedrica e un essersi messo in gioco in più campi socioculturali, portando avanti le sue battaglie con battute, provocazioni, paradossi esponendosi alle cri-tiche feroci di chi afferma che è ingovernabile, inaffidabile, inco-stante, ecc...Ha pagato anche care certe sue alzate di genio!

Vittorio, incontrato in diverse occasioni culturali, dal Teatro Pe-trella di Longiano, dove intervenne accanto a Furio Colombo nel 1997 sino ad Osimo, lo scorso anno per la Mostra del Barocco, mi ha sempre dimostrato gentilezza e affabilità. L’ho osservato, ascol-tato, seguito in tv; forse per la mia formazione psicopedagogica e per sensibilità poetica, mai mielosa ma filosofica, mi intriga e mi fa sorridere, perché è vero, spudoratamente vero pieno di difetti ve-ri. “Esseri se stessi è una virtù dei bambini dei matti dei solitari”

così narra il poeta cantautore De André. Ecco, Vittorio è se stes-so, egocentrico, ironico, istrionico, malinconico, polemico, furio-so, logorroico, buono, amabile, docile... potremmo usare tutti gli

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aggettivi del vocabolario e trovarvi uno sgarbo o una carezza. “Pote-te individuarmi perché scrivo, po“Pote-te“Pote-te attaccarmi quanto vi pare, ma non potete impedirmi di dire ciò che penso, quando lo voglio, non potete condizionarmi” (B. Pascal). Sembra scritto apposta per lui.

Sono anni che gli scrivo sms corti lunghi, di aforismi, brevi po-esie, battute, barzellette, tessere della mia vita fino a rispondermi sulla mia perplessità: “Infatti scrivi, sono Diario Vittorio”, senza mai offesa mandandomi a quel paese. Anzi “li leggo e li trovo ar-guti”, ha risposto, anche con gratificanti commenti lapidari sulla mia poesia.

Il geniale, subitaneo, irrequieto Vittorio è una persona sempli-ce perché sa pensare in modo semplisempli-ce, profondo conoscitore della parola appropriata segue il suo fiuto istintivo per andare alla sco-perta di Scuole d’Arte, di dipinti, di artisti che diano un senso al-la vita e alal-la verità storica. Perché noi siamo da dove veniamo per capire dove andremo. E fra spigoli burocratici e macerie, fra pale eoliche e rotonde, si affanna a esprimere il suo pensiero controcor-rente e lui, sì, può farlo perché è Vittorio Sgarbi e lo sa e perciò lo fa, se no perderebbe un’occasione per affermare il Bello il Buono il Giusto. Forse a volte non usa metodi convenzionali del perbenismo corrente, quello che chiude gli occhi per non affrontare il Vero, die-tro cui si sguazza nel pantano, dove si annidano le pantegane fame-liche di interessi “particulari”.

Critico d’Arte, Storico dell’Arte, Filosofo, Politico e Parlamen-tare con incarichi prestigiosi, Premio Internazionale TV Flaiano 2000, scrive sui più importanti settimanali e riviste di Arte. I libri innumerevoli fra cui “da Giotto a Picasso”; “Un paese sfigurato”;

“Dell’Anima”; “L’Italia delle Meraviglie” sino ad oggi “da Giotto a Gentile da Fabriano”, la personalità poliedrica e pragmatica di Vit-torio Sgarbi ha dato sfogo alla sua febbricitante passione fra tor-mento ed estasi.

Un interminabile elenco che testimonia l’Amore per il suo pae-se, le sue radici, la sua cultura e la sua lingua. Infatti non usa termi-ni stratermi-nieri. E al di là di ogtermi-ni polemica il Nostro ha reso un grande

servizio culturale avvicinando le persone di ogni estrazione sociale a godere dell’Arte e della Bellezza nell’accezione più ampia. Nessu-no è perfetto, nemmeNessu-no Vittorio Sgarbi, ma è fattivo, il resto soNessu-no chiacchiere amene.

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L’armonia estetica di Giancarlo Mandolini