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Simbolismo magnetico di Fabio Strinati

“Cercare di definire la musica è un po’ come cercare di de-finire la poesia: si tratta cioè di un’operazione felicemen-te impossibile. La musica è tutto quello che si ascolta con l’intenzione di ascoltare musica: la ricerca di un confine che viene continuamente rimosso.” 1

“Spesso si trova più poesia nella prosa che nella poesia stes-sa e più musica nel linguaggio parlato e nel rumore che nei suoni musicali convenzionali”. 2

(Luciano Berio)

Come il grande compositore Luciano Berio, nella sua ricerca ar-tistica, è riuscito a connettere vari linguaggi espressivi realizzando la sua opera multipolare, frutto di idee ed esperienze, cosi Fabio Stri-nati ha intrapreso un percorso artistico musicale e poetico ove l’u-no si introietta nell’altro. Se per Lucial’u-no Berio lo spartito musica-le carpiva il linguaggio della musica-letteratura, per Fabio Strinati la situa-zione si capovolge, ovvero la poesia viaggia sui righi dello spartito musicale. Infatti, il Nostro ha iniziato fin da adolescente a seguire la sua grande passione, la musica. I suoi studi febbrili sono stati in-dirizzati al genere classico su una pianola Roland. Guidato dal ma-estro Fabrizio Ottaviucci ha partecipato a vari concorsi come com-positore e pianista. Ma la sua anima curiosa e sensibile lo ha

con-1 Intervista sulla musica libro uscito nel con-198con-1, nato da una conversazione tra il compo-sitore e la musicologa Rossana Dalmonte (e che vede la sua seconda edizione nel 2011 per i tipi di Laterza)

2 Da Thema (omaggio a Joyce), 1958

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dotto verso il genere letterario, soprattutto per la poesia. La parola si fa poesia narrata musicalmente e come tale vola sulle corde im-palpabili dell’anima. La vita è mistero e il mistero si fa vita e vitale con i suoni della Natura e i suoi silenzi, un diesis o un bemolle. La passione arde passando dalle note incalzanti di Bolero di Ravel alla dolce malinconia romantica di Chopin.

“Quel vento stava componendo una musica meravi-gliosa, / uno di quei brani, dove il pianoforte nel cielo/

avrebbe suonato una musica struggente, mercuriale…”

In un susseguirsi di ansie di assoluto, di ricerca di pace, di feri-te narcisistiche, fra Eros e Thanatos, la sua opera poetica è tutta un fluire di voci, sulle corde vocali dell’anima, strumento musicale che non tradisce emozioni sentimenti verità. Nasce una poesia elevata in un linguaggio espressivo che si staglia in un viaggio umano di voli arresti paure sogni angosce.

“L’urlo rappresenta l’orrore di una gioventù che vuole morire giovane…/di una fanciullezza che si esprime at-traverso/il suo stato d’animo confuso,/in un altrettanto fu-turo confuso.”

Ecco che nel suo poemetto “Dal proprio nido alla vita”, sua se-conda opera dopo “Pensieri nello scrigno”, riaffiorano attraverso una forte simbologia classica il mito di Peter Pan, di Icaro, di Nar-ciso fino a fondersi nel giovane di oggi, in un’eco ossessiva, eh sì, è Eco che chiama, ma Narciso non ascolta, deve morire per rinasce-re Ninfea, e il moririnasce-re è dolorinasce-re, è uno strappo dell’animo in quello struggente desiderio di essere una rondine; infatti, il poema ha il suo incipit in “Ho sempre desiderato essere una rondine”, quella ron-dine che vuole emigrare, per tornare poi al suo rassicurante nido dopo l’esperienza dell’ignoto, un salto nel buio che divide e unisce.

E l’ispirazione avviene per il nostro poeta dalla lettura di

“Miraco-lo a Piombino”, scrittura coinvolgente di Gordiano Lupi, per un giovane che invaghito, non solo esplora la storia di Marco e il pic-cione, ma anche le pieghe della propria anima per affrontare il più complesso compito di sviluppo, il passaggio da ragazzo a uomo, in una speranza disperata di crescita e di maturazione interiore. Nel poemetto di Strinati avanzano i ricordi, in questa delicata operazio-ne di crescita e di evoluziooperazio-ne. E proprio la rondioperazio-ne diventa la rosa dei venti a scandire non solo la direzione dei ricordi, ma anche le stagioni del tempo. Un tempo antico che si fa presenza nel ricordo di quando bambino non era in ascolto anche se la rondine gli par-lava suonando stanche melodie.

“La maturità è quel succoso frutto appeso all’albe-ro…” “…Tutto si muove e si ferma, attraverso un’espe-rienza maturata nel tempo!

Tra le caratteristiche del comportamento della rondine che han-no colpito l’immaginario degli antichi spiccahan-no sia il tipo di canto, stridulo e assillante, sia il fatto che la rondine si spinga a costruire il nido a ridosso delle case. Il canto è interpretato come lamento di dolore, e in tal senso la rondine è caricata di un significato negati-vo, malinconico, quasi lugubre. Nell’ottica principale del mito, il pianto della rondine si configura come il lamento di una supplice che invoca scampo e protezione. In effetti la rondine è un essere a un tempo vicino e lontano, presente e inafferrabile e già gli antichi avevano notato alcuni particolari che rendono quest’uccello diver-so dagli altri. Plinio, nella “Naturalis Historia” era colpito dal fatto che questo animale si nutre in volo senza posarsi, che è l’unico uc-cello carnivoro sprovvisto di artigli.

A San Benedetto la prima rondine sul tetto”.

Questo proverbio, di contro, offre un’immagine portatrice di gioia e di belle sorprese: descrive un nostos (ritorno), quello della

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rondine e, quindi, della primavera e, come ogni nostos, propone la fiducia nella ciclicità degli eventi, evidenzia una natura benigna che mantiene gli appuntamenti con gli uomini per riscattarli dai disagi patiti.

Ecco che Fabio Strinati fra simbolismo, contraddizioni, in una forte tensione di tesi/antitesi è alla ricerca di una sintesi che vada oltre la dimensione terrena.“Dal proprio nido alla vita”, dunque, già nel titolo c’è la combinazione segreta per tornare a vivere tra i ricordi ciclici e mutevoli dove l’uomo è solo dalla fanciullezza alla maturità.

Ognuno cammina solo per volare disperato a cercare altri lidi, per osare altre avventure, disavventure se pure quello fosse il prezzo per tornare vivo senza quel dolore acuto, narcisistico. Dopo ogni inverno una primavera, dopo ogni morte una resurrezione.

“Quanto è profondo il cielo? “…Il cielo esiste per non dimenticare quanto è grande il mare” .

Così i ricordi l’oblio la solitudine l’incanto l’ignoto lo smarri-mento il sogno il risveglio sono l’alchimia per la trasformazione dal buio alla luce, dalla cecità alla visione.

“È impossibile non ricordare, quando si è soli, nel bel mezzo di un cielo siderale che ti sputa in faccia tutta la verità”.

“Dal proprio nido alla vita” è un poemetto ricco di fotografie in bianco e nero, che riproducono immagini della natura fra cielo, al-beri e boschi di alto fusto, i fili della luce con rondini pronte a par-tire e, per concludere, una grossa tela di ragno, dove, in un lungo poetico surreale racconto, l’anima s’invola. “Il treno ha fischiato”, il cui richiamo pirandelliano e la partenza per altri lidi provocano un dolore acuto, il dolore della solitudine, perché ognuno cam-mina solo e questo è il prezzo da pagare per crescere attraverso un

viaggio interiore, fra malinconia e nostalgia di un’infanzia perduta, per ritrovare la strada di casa. Il centro vitale è forse e ovunque nella saggezza acquisita, che conduce al viale dei cipressi verso l’ultima spiaggia di silenzi per volare nel vento oltre quella siepe oltre quella linea che divide il mare dal cielo. L’invisibile ignoto fa scendere da quel treno di ferro anche l’ultimo fantasma. La giovane età del mu-sicista e poeta Fabio Strinati, poco più che trentenne, non gli impe-discono una forma d’arte elevata, agli inizi di un percorso artistico promettente di successi e di affermazione.

Da una faglia la speranza Tardiva arriva l’alba in inverno sui campi consumati

dal freddo. Uno spiraglio, flebile ricordo di un attimo che trema e non scompare: ora mi trattengo..., le lacrime a strisciare lungo il volto anche se guardare un’esile

crepa distesa come sembra l’eterno, v’è lì un nascere di luce chiara la speranza lunga d’un respiro, in me che tanto m’accompagna.

Questa breve poesia sgorga dall’anima di Strinati per la sua terra colpita tragica-mente dal sisma.

Fabio Strinati (poeta, scrittore, aforista, pianista e compositore ) nasce a San Severino Marche il 19/01/1983 e vive ad Esanatoglia, un paesino della provincia di Macerata nelle Marche.

Molto importante per la sua formazione, l’incontro con il pianista Fabrizio Ottaviucci, noto soprattutto per la sua attività di interpre-te della musica coninterpre-temporanea.

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Fabio Strinati inizia nel 2014 a dedicarsi anche alla scrittura, e in maniera continuativa. Nel 2014 pubblica il suo primo libro di po-esie dal titolo “ Pensieri nello scrigno. Nelle spighe di grano è il ritmo”, Il Foglio Letterario, che ha, come suo direttore, lo scrit-tore italiano Gordiano Lupi. Il libro è stato interpretato dall’attri-ce Maria Rosaria Omaggio in uno spettacolo al Teatro Lo Spazio di Roma nell’agosto del 2015. Nel 2015 esce il suo secondo libro di poesia, dal titolo “Un’allodola ai bordi del pozzo”, ed. Il Foglio Letterario. Nel 2016 esce il suo terzo libro, “Dal proprio nido alla vita”. Un poemetto ispirato a un romanzo di Gordiano Lupi, “Mi-racolo a Piombino”, presentato anche al Premio Strega. Strinati è presente in diverse riviste ed antologie letterarie. Da ricordare Il Se-gnale, rivista letteraria fondata a Milano dal poeta Lelio Scanavini.

1° classificato al 23° Concorso artistico Internazionale Caro Ami-co Rom, organizzato da Santino Spinelli (Musicista, Ami-compositore e insegnante italiano ).

Premio Gruppo Euromobil Undier 30 per la poesia, in occasione della manifesta-zione poetica FluSSiDiverSi.

In questa occasione Strinati entra in contatto con Fla-vio Ermini, Fabio Franzin, Rosana Crispim Da Costa, Paul Polansky e soprattutto Ljerka Car Matutinovic, po-etessa, scrittrice e traduttrice croata che tradurrà nella sua lingua alcune poesie del pri-mo libro di Fabio Strinati “ Pensieri nello scrigno. Nelle spighe di grano è il ritmo. 1°

classificato al Premio Nazio-nale Sorella.