2.2 Le driving forces esterne
2.2.1 Il quadro normativo e politico internazionale.
Il primo momento significativo a livello di politiche internazionali per quanto riguarda l’attenzione verso il rapporto tra azione antropica ed ambiente fu probabilmente la Conferenza di Stoccolma del 1972 che portò alla firma del primo programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP). La seconda pietra miliare fu invece la fondamentale Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo del 1992 a Rio de Janeiro, sulla quale si basano gran parte delle politiche e delle visioni attuali. Ad essa fece seguito nel 2002 il summit “Rio + 10” di Johannesburg, che portò alla sottoscrizione dei Millenium Development Goals. Un fondamentale ruolo nello sviluppare queste politiche viene dall'Iucn (International Union Conservation of Nature – World Conservation Union) la più importante autorità tecnico-scientifica del settore che pur essendo una NGO vede l’adesione di ben 120 Stati, oltre che di gran parte delle NGO che operano nel settore e di moltissimi individui appartenenti al mondo scientifico e tecnico ambientale. La prima comunicazione in materia d ambiente è stata presentata al Consiglio d'Europa nel luglio del 1971. A questa data seguiranno nel tempo cinque programmi d'azione nei quali sono definiti i principi e gli obiettivi dell'azione comunitaria in materia di ambiente. Il concetto di sviluppo sostenibile fu presentato nel 1987 nel rapporto della commissione Brundtland, istituita dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel
1983 e costruita da sei membri dei Paesi occidentali, tre dell'Europa orientale e dodici dei paesi del Sud. Secondo il Rapporto Brundtland, lo sviluppo sostenibile è lo sviluppo che soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere le possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri. È un processo di sviluppo economico basato su risorse rinnovabili che rispetta i processi ecologici di base, la diversità ecologica ed i sistemi naturali di sostentamento della vita umana, animale e vegetale. La Convenzione internazionale sulla Diversità Biologica (CBD) siglata a Rio de Janeiro nel 1992 nel corso del Vertice della Terra (Earth Summit), costituisce il quadro principale di riferimento per quanto concerne la salvaguardia e l'uso durevole della biodiversità. Secondo la CBD per biodiversità, o diversità biologica, si intende la variabilità fra gli organismi viventi di tutte le specie comprese in un ecosistema ed anche la variabilità degli ecosistemi presenti in un'area, sia quelli terrestri che quelli acquatici, ed ovviamente la complessità di cui fanno parte. La CBD considera che all'interno della diversità biotica del nostro pianeta, si possano distinguere tre livelli principali: la diversità genetica (intraspecifica, organismi appartenenti alla stessa specie), la diversità specifica (interspecifica, organismi appartenenti a specie diverse) e la diversità ecosistemica (varietà tra ecosistemi costituiti da una componente biotica e una componente abiotica). Questi livelli aiutano a descrivere la struttura della biodiversità, ma è necessario considerare anche altre scale: quella temporale (tempi dell’evoluzione naturale), quella economica, quella etica. La Convenzione è stata sottoscritta dall’Italia nel 1993 ed è poi stata ratificata con la Legge 124 del 14/02/94 (G.U.R.I. del 23/02/94). Successivamente, con la Deliberazione del C.I.P.E. del 16 marzo 1994, l’Italia ha approvato le linee strategiche per l’attuazione della Convenzione di Rio e la redazione del Piano Nazionale sulla Biodiversità. Tali linee strategiche (che dovranno essere seguite dal Piano Nazionale sulla Biodiversità) prevedono sostanzialmente azioni di conoscenza, informazione, gestione con particolare riferimento alle azioni in-situ (aree protette). Il 27 aprile 2004 è stato istituito, con Decreto del Ministro per le Politiche Comunitarie, un Comitato di Coordinamento Nazionale per la Biodiversità. Nel 2002 la Conferenza “Rio +10”, con i Millenium Development Goals e il Piano di Azione di Johannesburg, stabilì l’obiettivo di ridurre in modo significativo il tasso di perdita della biodiversità entro il 2010. L’attenzione della Comunità Europea (ora Unione Europea) verso le politiche della biodiversità si apre con l'entrata in vigore del IV Programma d'Azione con il quale la politica europea per la conservazione della natura assume carattere generale e organico, avviando l'istituzione di una rete europea di habitat naturali, denominata “Natura 2000". Questo programma implementa la direttiva 92/43 relativa, appunto, alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali della fauna selvatica mettendo in primo piano la necessaria collaborazione tra le politiche nazionali e la politica comunitaria in materia ambientale. Nel IV Programma di Azione si sottolinea che "…gli aspetti principali della politica ambientale non
devono più essere pianificati e realizzati isolatamente dai paesi individuali: sulla base di un piano comune a lungo termine, i programmi nazionali in tali campi devono essere coordinati e le politiche nazionali rese omogenee all'interno della Comunità…" (Titolo I - Allegato I). Gli articoli 2 e 3 del Trattato sull'Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, amplificano ulteriormente l'impegno della Comunità europea verso la protezione dell'ambiente: "…la Comunità ha il compito di promuovere […] una crescita sostenibile […] che riscatti l'ambiente". Nel V Programma d'Azione lo sviluppo sostenibile, la tutela dell'ambiente e la conservazione delle risorse naturali diventano criterio e indirizzo per lo stesso sviluppo economico e sociale. Il 21 maggio 1992 viene istituito uno strumento finanziario per l'ambiente (LIFE) al fine di provvedere agli interventi indirizzati alla tutela della natura e per prevenire danni alla stessa. Rete Natura 2000 è nata per garantire e promuovere la conservazione della biodiversità, come stabilito dalla Convenzione di Rio e attraverso la creazione di una rete ecologica di Zone Speciali di Conservazione (ZSC), e si sta attuando tramite le Direttive Uccelli 79/409/EU del 2 aprile 1979 e Direttiva Habitat 92/43/EU del 21 maggio 1992, che sono gli strumenti a disposizione degli Stati membri dell’Unione europea per raggiungere gli scopi del programma. La Direttiva Habitat è stata recepita nell’ordinamento italiano con il Decreto Presidente della Repubblica n. 357/97 e s.m.i. A Goteborg (nel 2003) i ministri della Comunità Europea rilanciarono l’obiettivo di Rio + 10 a Johannesburg con la precisazione di voler arrestare la perdita di biodiversità nella Unione Europea, sempre entro il 2010. Da questo impegno è nata anche la campagna Countdown 2010, che vede al centro degli strumenti di conservazione la Rete Natura 2000. La Strategia Pan Europea per la Conservazione della Biodiversità e della Diversità del Paesaggio (PEBLDS) infine, proposta per la prima volta alla Conferenza di Maastricht “Conserving Europe’s Natural Heritage” del 1993 e approvata nel 1995 a Sofia dalla Conferenza Ministeriale dell’Ambiente, rappresenta la risposta europea alla Convenzione sulla Biodiversità di Rio. La Strategia introduce il concetto dell’Europa come unico ecosistema, da gestire in modo integrato al fine di garantire la conservazione e l’uso sostenibile della Biodiversità e si svilupperà in un arco di 20 anni ed è articolata in 4 scopi, 6 obiettivi e 4 piani d’azione; ad essa fa seguito la Comunicazione della Commissione europea del 27 marzo 2001, che presenta i Piani d’azione a favore della Biodiversità nei settori della conservazione della natura, dell’agricoltura, della pesca e della cooperazione economica ed allo sviluppo. La visione delle aree protette oltre i propri confini, l’integrazione delle reti ecologiche, sociali ed economiche che hanno al centro i parchi, i temi della partecipazione e della condivisione del progetto dei parchi con tutti i settori della società umana sono stati al centro del V Congresso delle Aree Protette tenutosi a Durban nel 2003 (IUCN, 2005). Dalle conclusioni del Congresso è emersa anche la necessità di una forte integrazione con la Convenzione sulla Diversità Biologica di Rio, che si è realizzata con il PoW (Programme of Work)
sulle aree protette approvato nel corso della riunione della Conferenza delle Parti (COP7) tenutasi a Kuala Lumpur nel 2004 (CBD, 2004) e ribadito nella Ad hoc open-ended session on Protected Areas di Montecatini 2005. La discussione nazionale sulla capacità delle aree protette di conservare la biodiversità è stata negli ultimi anni stimolata dalle iniziative del Comitato Italiano IUCN, di Federparchi, che ha recentemente istituito una commissione per tale scopo (Sammuri, in Pignatti, 2005), del Centro Studi Valerio Giacomini (Negri, 2002) e dell’Osservatorio per i Parchi Europei (OPE), diretto da Renzo Moschini. Un recente contributo coordinato da Pignatti (2005) cerca di fare il punto sulla questione. In questo contesto generale la Regione Lazio ha identificato un numero considerevole di SIC e una ZPS che insistono sulla fascia costiera viterbese. Si tratta sia di siti marino-costieri (praterie di Posidonia), sia di siti che interessano la fascia dunale e retrodunali, ed infine delle Saline di Tarquinia, anche definite come ZPS e Zona Ramsar, che sono il singolo sito di maggiore interesse naturalistico su questa costa. Dopo l’individuazione di questi siti si è faticato a trovare un assetto gestionale adeguato, che al momento resta in capo direttamente alla Regione Lazio che ha promosso anche diversi progetti di gestione e conservazione che interessano queste aree (Beachmed; LIFE Comebis; LIFE Saline; legge regionale sulle Saline; ecc…). L’elenco dei Siti di Importanza Comunitaria e delle ZPS presenti sul territorio sono riportati nelle schede in Appendice I. Per alcune di queste aree la Regione Lazio, attraverso i fondi DOCUP Obiettivo 2 2000-2006, Misura I.1 “Valorizzazione del patrimonio ambientale regionale”, e nella Sottomisura I.1.2 “Tutela e gestione degli ecosistemi naturali”. ha finanziato Piani di Gestione ai sensi della Direttiva Habitat, realizzati dai comuni come soggetti beneficiari (Tab.2.2).
Tabella 2.2. Aree Natura 2000 nell’area di studio per i quali sono stati realizzati piani di gestione. Soggetto
beneficiario
Comuni CODICE SIC / ZPS Denominazione Sup. stimata
(ettari) Comune
Montalto di Castro
Montalto di Castro SIC IT6010018;
IT6010019 Litorale a NW delle foci del Fiora e Pian dei Cangani
226
Tarquinia Tarquinia SIC IT6010018; IT6010019
Necropoli di Tarquinia e Acropoli di Tarquinia
410
2.2.2 Le normative nazionali e regionali sulle aree protette e le ricadute