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CINQUECENTO E OTTOCENTO

2.4.1 Il restauro della Soprintendenza

Dopo la caduta del Granducato di Toscana e con l’Unità d’Italia, il Palazzo subì ulteriori trasformazioni interne. Dopo l’alluvione del 1966 l’edificio fu dichiarato inagibile e, versando in pessimo stato di conservazione, necessitava di importanti interventi (fig. 52-53-54).

I lavori di restauro86 sono stati condotti a partire dalla metà degli anni ’70 dalla Soprintendenza per i BB.AA.AA.SS. delle province di Livorno, Lucca, Massa Carrara e Pisa (soprintendente arch. G. Piancastelli Politi, direttore dei lavori arch. M. Giachetti; imprese: ditta Napoleone Chini, di Roberto Chini, per le opere murarie e Vittorio Giorgi per i lavori in ferro; ditta Decoart per le tinteggiature, il consolidamento e la pulizia della pietra). Data l’importanza dell’opera, la complessità e la stratificazione delle strutture che si intravedevano sotto gli intonaci sbollati e fatiscenti, la

progettazione del restauro ha seguito tutte le fasi indispensabili per la conoscenza dell’edificio, costituite dal rilievo, dalla ricerca storica e documentaria, dalla revisione del progetto in base a saggi e in corso d’opera.

Figura 52: Veduta del palazzo, nella sua collocazione urbana, prima del restauro, 1980 (M. M. Cianetti, Palazzo delle Vedove, in “A cura di G. Carbonara, Restauro e Cemento in Architettura 2”, AITEC, Roma, 1984)

94 Figura 53: La facciata su Via Santa Maria (Archivio Soprintendenza di Pisa)

Figura 54: La facciata del Palazzo sul cortile interno (Archivio Soprintendenza di Pisa)

95 Per sanare la generale fatiscenza dell’edificio si è dovuto procedere al consolidamento della struttura, comprese le fondazioni di alcuni muri divisori (fig. 55). Il muro di spina realizzato in laterizio con il metodo della muratura a sacco, è stato consolidato con cementazioni semplici e armate visto che il tradizionale metodo del cuci e scuci risultava poco affidabile e inadattabile in ogni caso al paramento murario medievale che si voleva conservare nella sua globalità. Il metodo del cuci e scuci è stato invece impiegato, insieme alla cementazione semplice, per liberare all’esterno le strutture antiche a pilastri ed archi di pietra, fatte originariamente per essere totalmente in vista, come dimostra la lavorazione delle bozze di verrucano (lista perimetrale scalpellata e campitura interna martellata).

Le volte a botte, eseguite secondo il metodo settecentesco di muratura in foglio (mezzane murate con gesso) che nel secolo scorso si presentavano lesionate per la rotazione dell’edificio e per il sovraccarico dato dal riempimento, sono state consolidate eliminando la spinta orizzontale dei carichi portati e

avvolgendole con una soletta di cemento armato. Dal momento che le strutture veramente resistenti dell’edifico erano ancora quelle medievali, è stata loro affidata gran parte della responsabilità statica legandole ad ogni piano con una soletta incrociata in c.a. Tale scelta tecnica è stata coerente con la volontà progettuale di riportare in vista l’antica struttura: decisione dettata non soltanto da un’esigenza meramente archeologica ma dalla validità che esse avevano anche dal punto di vista statico. Si è proceduto, quindi, con lavoro di cuci e scuci e con cementazioni semplici o armate alla cesura del paramento murario esterno, per evidenziare tali strutture e per liberare, con molta fatica, la quadrifora superstite.

È stata reintegrata inoltre gran parte degli intonaci e della struttura lignea minuta della copertura e dei solai. Sono stati sostituiti del tutto i pavimenti attuali di graniglia e cemento.

96 Figura 55: Interni del Palazzo prima dei lavori di restauro (Archivio Soprintendenza di Pisa)

97 Figura 56: Vista sul cavalcavia di via S. Maria (Archivio Soprintendenza di Pisa)

Il criterio generale che ha guidato l’intervento non è stato solamente quello di operare il restauro monumentale di un

edificio, ma anche quello di restaurare un brano urbano, assai degradato e di rivitalizzare con esso tutta una zona. Si è operato anche un restauro che vuole essere critico nei confronti dell’atteggiamento archeologico assai diffuso a Pisa, caratterizzato dalla tendenza a porre in mostra ogni minimo residuo di antiche strutture a scapito dell’omogeneità di compiute e unitarie facciate settecentesche e ottocentesche, che sono a loro volta elementi importantissimi della continuità urbana.

La decisione di lasciare in vista le strutture antiche è stata presa soltanto dopo aver compiuto una serie di saggi e rilievi sulle murature, per accertarsi della loro completezza formale e, come si è detto, della loro capacità statica.

Si è operato come descritto e come esplicato dai grafici, nell’ottica che il risultato finale dell’intervento possa aiutare a leggere sia l’antica preesistenza che quella ottocentesca e la loro raggiunta simbiosi strutturale.

98 A questo proposito valga l’esempio della grande quadrifora su Via Trento (già Via Nuova) (fig. 57-58-59) che è stata liberata e consolidata, senza integrazione delle parti mancanti e lasciando in sito la finestra nella forma e entità in cui è stata trovata, cioè notevolmente danneggiata dalle ristrutturazioni precedenti.

La drammaticità e la crudezza dell’impatto visivo per chi discende da via S. Maria o da via S. Nicola non è quindi casuale, ma rappresenta una logica conclusione della scelta metodologica operata in partenza.

Figura 57: Quadrifora di via Trento: saggio per la determinazione della consistenza e dell’estensione delle strutture antiche. (Da M.M. Cianetti, op. cit., p. 262)

99 Figura 59: La grande quadrifora su Via Trento a restauri ultimati. Essa è stata liberata e consolidata senza alcuna integrazione, lasciando in sito la finestra più tarda che ne aveva causato la parziale demolizione. (Da M.M. Cianetti, op. cit., p. 263)

Anche i colori sono stati scelti, tra quelli suggeriti dalla gamma tradizionale delle tinteggiature pisane, per dare più peso al paramento murario ottocentesco, che altrimenti, usando toni più tenui, sarebbe stato soffocato dalle strutture in pietra (fig. 60- 61). Tolte le annose impalcature, il restauro è stato accettato immediatamente e favorevolmente commentato, perché, senza ulteriori spiegazioni, ma solamente con il suo aspetto, ha saputo esplicitare lo spirito dell’intervento e la sua continuità con la tradizione pisana.

Il cemento è stato impiegato per solette armate collaboranti con laterizio e ferro per il consolidamento di volte e per cementazioni semplici e armate dei paramenti murari sciolti.

100 Figura 60: Fianco su Via Santa Maria dopo i restauri. Il contrasto della facies medievale e di quella moderna, particolarmente evidente nell’impiego dei materiali, è controllato dalla scelta delle tinteggiature (Da Cianetti, op. cit. p.263)

Figura 61: Il palazzo dopo il restauro. Particolare della cantonata di via Santa Maria angolo via Trento, già Via Nuova (Da Cianetti, op. cit. p.263)

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103 2.4.2 Le trasformazioni del ‘900

Dalla sovrapposizione del progetto ottocentesco di Riccetti (in grigio) sul rilievo riferito allo stato precedente il restauro degli anni ottanta del Novecento (fig. 64), risulta che il collegamento a piano terra con l’edificio adiacente su via Trento è stato chiuso e non è più presente nemmeno il cavalcavia (in giallo) al primo piano sulla proprietà Cecconi. In nero sono stati evidenziati i locali che sicuramente non fanno parte dell’impianto originario del palazzo. In rosso gli ambienti di nuova costruzione e la nuova scala centrale. La chiostrina è ora completamente aperta permettendo l’accesso dal cortile.

Si riportano alcuni elaborati del progetto di restauro proposto negli anni ’80 (fig. 65). Si noti in particolare la presenza del nuovo vano scala e dei soppalchi al secondo piano che sono stati poi effettivamente realizzati.

Figura 64: Le piante mostrano la sovrapposizione tra il progetto del Riccetti (in grigio) e il rilievo precedente al restauro degli anni ’80.

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105 Note

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Cianetti M.M, Palazzo delle Vedove, in “A cura di G. Carbonara, Restauro e Cemento in Architettura 2”, AITEC, Roma, 1984, p.260

106 2.5 Lo stato attuale

2.5.1 Sintesi delle fasi evolutive

2.5.2 Descrizione generale dell’edificio allo stato attuale

2.5.3 Facciate

2.5.4 Piano terra

2.5.5 Primo Piano

2.5.6 Secondo Piano

2.5.7 Sottotetto

107 2.5 LO STATO ATTUALE

Dall’analisi del rilievo aggiornato al luglio 2015 (fig. 66) risulta che le modifiche più consistenti, riguardano l’inserimento del vano sul lato del cortile interno contenente le scale e l’ascensore. Il vano in cui erano previste le scale nel progetto di restauro è stato sostituito dal blocco dei bagni.

Figura 66: Il Palazzo delle Vedove nella sua conformazione attuale