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S. Nicola di Rohault de Fleury, in “Beretta M., op.cit p 154)

2.2.3 Una nuova interpretazione

A questo punto, facendo riferimento all’interpretazione plano volumetrica della domus Bocci fornita da Redi, si ritiene opportuno fare alcune considerazioni in merito. La questione riguarda la profondità dell’edificio, ovvero la eventuale presenza di un secondo tratto, retrostante il portico.

Ci si chiede infatti se il modello fornito da Redi62 non sia eccessivamente legato alle operazioni di restauro degli anni ’70 che, riportando alla luce l’apparato medievale rimasto per secoli sotto il velo dell’intonaco, hanno di fatto limitato l’impianto originale alla sola campata est e all’unico tratto esteso lungo la via S. Maria.

L’ipotesi ricostruttiva dell’edificio Bocci caratterizzato da una fila di campate - assai scarsa in confronto con le altre strutture simili tipologicamente, in cui generalmente il piano terra era composto sia del portico, o loggia, sia dei vani retrostanti

60 destinati a luogo di produzione o magazzino63 - pone qualche dubbio a riguardo di questa che sarebbe stata l’unica soluzione nel genere e invita a formulare un’alternativa configurazione della struttura originaria.

Dall’attenta analisi della struttura Bocci in situ è emersa, infatti, la presenza di vari archetti tamponati nella parete di spina, parallela al fronte del portico, indicando significativamente una possibile esistenza di vani retrostanti al portico, quindi di una planimetria medievale a due tratti. (fig. 32).

Facendo una semplice comparazione con gli edifici coevi più prossimi tipologicamente, si nota infatti come questi abbiano una doppia articolazione in profondità. Si prende ad esempio il Palazzo Gambacorti in Corso Italia e il Palazzo Agonigi da Scorno in via Santa Maria n°30.

La domus Agonigi da Scorno (fig. 33-34), le cui sculture sono attribuite a Guglielmo64, autore degli amboni della cattedrale, è costituita da muri continui di pietra, con pilastri o colonna

centrale e con architrave al piano inferiore e con ampi archi a pieno centro, che racchiudono bifore, nel primo e nel secondo solaio, mentre nel terzo, purtroppo devastato dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale, non è da escludere che i fornici comunicassero con uno “sporto” come è probabile si verificasse al secondo solaio della domus dei Bocci.

61 Figura 32: Rielaborazione del modello proposto da Redi con l’aggiunta di una campata retrostante

62 Figura 34: Il palazzo Agonigi da Scorno in Via Santa Maria: dettaglio della soluzione architravata a pian terreno analoga alla Domus Bocci.

Un ulteriore confronto può essere effettuato con il Palazzo Gambacorti di Carraia San Gilio65, oggi Corso Italia, che presenta un’articolazione molto simile (fig. 35-36). Al pian terreno un ampio portico con archi ribassati e pilastri di sostegno con funzione di stipite si apre al pianterreno, con due archi di maggiore ampiezza alle estremità e quattro minori in posizione centrale. I due ordini soprastanti, separati orizzontalmente da davanzali marcapiano continui, sono una sequenza quasi ininterrotta di slanciate polifore, con archetti a pien centro con ghiera rilevata, privi di arco di raccordo, in sequenza di 4, 5, 5 ,4 cioè quadrifore sugli archi del portico di maggiore ampiezza, alle due estremità, pentafore sulle coppie di archi di minore ampiezza, al centro del portico sottostante.

Ad ogni modo, al di là di queste comparazioni, ciò che fa propendere per l’esistenza di un doppio tratto nell’edificio medievale è il ritrovamento di archetti posti nella parete di spina parallela alla facciata principale, all’interno del tessuto murario a chiusura posteriore del portico (fig. 37-38).

63

Figura 35: Il Palazzo Gambacorti nell’attuale Corso Italia Figura 36: Palazzo Gambacorti secondo la ricostruzione di F. Redi, I

palazzi pisani nel Medioevo. Una lettura archeologica e tipologica delle strutture superstiti, in “Daniele E., op. cit., p.36

64 Si delineerebbe dunque il seguente modello dell’edificio originario: l’edificio a doppio tratto per tutta l’altezza di tre piani, il piano terra composto sia del portico sia dei vani retrostanti destinati a luogo di produzione o magazzino, piani superiori scanditi da polifore (fig. 39). Per ciò che riguarda il prospetto nord del palazzo esso presenterebbe quindi due campate caratterizzate dal portico architravato a pian terreno, da una quadrifora al primo piano e dall’apertura a tutto sesto con il ballatoio al secondo piano. Non è da escludere tuttavia che la testata nord del secondo tratto presentasse ampie tamponature e scarse aperture: mentre per quanto riguarda il muro di spina si è potuto fare affidamento su alcuni elementi architettonici rilevati, sulla parete di Via Trento non sono stati trovati spunti significativi.

Il modello non ha la pretesa di confutare gli studi precedenti, quanto piuttosto di fornire un’alternativa, comunque supportata e da uno studio storico critico e da elementi architettonici rilevati, alla versione generalmente presentata in bibliografia.

65 Figura 37: Piante della Domus Bocci secondo la nuova interpretazione. In rosso sono collocati i saggi mostrati in foto

Figura 38: Nelle foto è evidenziate la presenza dei già citati archi all’interno delle murature

66

67 Note

27

SBAPPSAE, Scheda sul Palazzo delle Vedove, 1979, p.1

28

AA. VV., Un palazzo, una città: il palazzo Lanfranchi in Pisa, Pisa, 1980, p.26 nota 8.

29

M.M. Cianetti, Palazzo delle Vedove, in “A cura di G. Carbonara,

Restauro e Cemento in Architettura 2, Roma, 1984, p.260 30

G. Ciccone, Il ponte nuovo e la zona circostante nel XIV secolo, in Antichità Pisane, 2, 1974, p.18

31

ASP, Dipl. Curini, 1382 febb. 25; ed. P.Tronci, Memorie Istoriche della città di Pisa, Livorno 1682, pp.453-464

32

G. Caetani, Varia, Città del Vaticano, 1936, pp.38-39

33

G. Caetani, op. cit., pp.38-39

34

E. Tolaini, Forma Pisarum, Pisa, 1992, p.27 fig. 2

35

E. Tolaini, op. cit., p.84

36

C. Sturmann, Per la storia della classe dirigente del Comune di Pisa: la

“domus Dodonum, Gaitanorum et Gusmariorum”, Pisa, tesi di laurea, a.a.

1970-1971, rel. Rossetti G., pp.173 e segg.

37

Vedi i seguenti documenti dell’Archivio di Stato di Pisa; Carte Lupi, p.1433, 1254 marzo 17 – Ibidem, p.1600, 1272 gennaio 17 – Dipl.

Primaziale, 1273 gennaio 10- Dipl. del Carmine, 1280 settembre 14 – Dipl. Monini, 1307 settembre 4 – Acquisto Bizzarri. 1310 ottobre 24 – Sped. Riuniti 3235 c. 649, 1327 febbraio 12

38

C. Sturmann, op. cit., p.177

39

G. Caetani, op.cit., pp.17,39

40

G. Caetani, op.cit., pp.17,39

41

A. S. P., Dipl. Spedali Riuniti, 3235 c.740, 1329 febbraio 1

42

Bonaini F., op.cit, pp.309, 402

43

ASFi, Arch. Gen. Dei Contratti in Firenze, Protocollo del notaro Ser Giuseppe Bolla dall’anno 1582 al 1584, nn. 141, 142, 145, 160 in Mugnai S.,

S. Giovanni al Gatano in Porta a Mare, Pisa 1965, p.51 44

C. Sturmann, op. cit., p.174

45

SBAPPSAE, Scheda sul Palazzo delle Vedove, 1979, p.2

46

F. Bonaini, Statuti inediti della città di Pisa, Firenze 1854, t. I, p.169 e B. Marangone, Annales Pisani,, p.22

47

E. Tolaini, Forma Pisarum, 2 ed. Pisa 1979, p.191, nota 103

48

E. Fanucci Lovitch, Da uno stemma alla storia di un palazzo in “Bollettino

Storico Pisano del 1986” Pacini Editore, Pisa, 1986, p.121) 49

L. Martini, Per la storia della classe dirigente del Comune di Pisa: la

Domus Gualandorum, Tesi di Laurea Università di Pisa, 1976, pp. 6-7 50

L. Martini, op. cit., p. 516

51

L. Martini, op. cit., p. 518

52

E. Cristiani, Nobiltà e Popolo nel Comune di Pisa, Istituto Italiano degli Studi Storici, Napoli, 1962, pp.401

53

R. Roncioni, Delle famiglie pisane, supplite ed annotate da Francesco

Bonaini, G.P. Vieusseux, Firenze, 1889, p.887 54

E. Fanucci Lovitch, Da uno stemma alla storia di un palazzo in “Bollettino

Storico Pisano” Pacini Editore, Pisa, 1986, p.121) 55

F. Redi, op. cit., p.657

56

E. Fanucci Lovitch, Da uno stemma alla storia di un palazzo in “Bollettino

Storico Pisano” Pacini Editore, Pisa, 1986, p.123 57

E. Fanucci Lovitch, op, cit., p.128)

58

F. Redi, Pisa com’era, archeologia, urbanistica e strutture materiali

(secoli V-XIV), Napoli, 1991, p. 187 59

R. Ciuti, S. Lunatici, Itinerari Medioevali: le Casetorri di Pisa, San Giuliano Terme, 2006, p. 56

60

F. Redi, Pisa com’era, archeologia, urbanistica e strutture materiali

68

61

F. Redi, op. cit., p. 230

62

F. Redi, Pisa com’era, archeologia, urbanistica e strutture materiali

(secoli V-XIV), Napoli, 1991, p. 187 63

F. Redi, Le strutture produttive e di distribuzione nell’edilizia e nel tessuto

urbano di Pisa medievale: fonti documentarie, iconografiche, materiali,

Bologna, 1986, p. 647

64

F. Redi, I palazzi pisani nel Medioevo. Una lettura archeologica e

tipologica delle strutture superstiti, in “Daniele E. (a cura di), Le dimore di Pisa. L'arte di abitare i palazzi di una antica Repubblica Marinara dal Medioevo all'Unità d'Italia, Alinea Editrice, Firenze, 2010”, p. 40 65

F. Redi, I palazzi pisani nel Medioevo. Una lettura archeologica e

tipologica delle strutture superstiti, in “Daniele E. (a cura di), Le dimore di Pisa. L'arte di abitare i palazzi di una antica Repubblica Marinara dal Medioevo all'Unità d'Italia, Alinea Editrice, Firenze, 2010”, p. 36

70 2.3 Il Palazzo delle Vedove tra il Cinquecento e l’Ottocento 2.3.1 Il Palazzo Granducale e il progetto di Bernardo Buontalenti

2.3.2 La ristrutturazione del Palazzo delle Vedove: il progetto di