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Il Palazzo Granducale e il progetto di Bernardo Buontalent

CINQUECENTO E OTTOCENTO

2.3.1 Il Palazzo Granducale e il progetto di Bernardo Buontalent

Dalla fine del Cinquecento ebbe inizio una diffusa rimodellazione delle dimore signorili che in pochi decenni cambiò radicalmente l’aspetto della città di Pisa. Per la maggior parte dei casi, nella realizzazione delle nuove dimore ispirate al modello del palazzo rinascimentale, le vecchie case-torri venivano incorporate o unite a formare una struttura spaziosa, comoda ed estesa orizzontalmente: rari sono invece esempi di una costruzione ex novo.

Già nel 155866 Eleonora di Toledo aveva deciso di ristrutturare il vecchio palazzo ducale di S. Matteo e di ingrandirlo sull’area del biscanto adiacente, dove ora è la piazza Mazzini, e aveva incaricato del progetto Baccio Bandinelli. I lavori dovettero cominciare poco dopo quella data, ma furono presto interrotti,

sia per la morte di Bandinelli, sia piuttosto in seguito alle tragiche morti avvenute a distanza di pochi giorni, fra il 20 novembre e il 17 dicembre del 1562, dei due figli di Cosimo, Giovanni e Garzia, e della duchessa. Francesco I decise due decenni dopo di costruirsi un palazzo altrove e a questo scopo l’arcivescovo Carlo Antonio Dal Pozzo acquistò per lui alcuni immobili posti allo sblocco sul Lungarno di via Santa Maria e sconsacrò la chiesa parrocchiale di San Donato destinando il tutto alla demolizione.

Del progetto fu incaricato Bernardo Buontalenti che all’inizio del 1583 approntò un modello in legno sulla base del quale nel dicembre dell’anno successivo iniziò i lavori, durati fino al giugno del 1588, utilizzando materiali ricavati in parte da quegli edifici, in parte dalla demolizione della torre del Nicchio in Borgo Largo e in parte dal palazzo ducale di S. Matteo. Sul lato di via S. Maria, Francesco volle realizzare un Hortus conclusus a somiglianza di quello del palazzo fiorentino di via Larga. I lavori terminarono nel 1588 sotto Ferdinando I (fig. 40).

72 Figura 40 Ercole Bazzicaluve: i carri trionfali presso il palazzo granducale (acquaforte, c.1661): preparativi nel “campo di San Nicola” per la sfilata dei carri. Al centro il palazzo Granducale e a sinistra la statua di Ferdinando, il fiume e il Ponte a Mare. (Tolaini – La città e la storia pag. 158)

“L’edificio forma una lunga nota luminosa che ci appare oggi essenziale nel ritmo complessivo del Lungarno, eppure la sua volumetria semplicissima, l’assenza di ogni elemento decorativo (anche se sono qualità formali riscontrabili in altri edifici

buontalentiani, specie rurali come il palazzo di Coltano) e l’assenza

di ogni contrassegno del potere, male s’intendono nel quadro di una città che nel giro di pochi anni si trovò riempita di simboli medicei67”. Sia il rapporto fra le aperture distanziate delle finestre, sia la vasta distesa d’intonaco suggerisce l’ipotesi che quelle superfici fossero predisposte per ospitare una decorazione pittorica o graffita come quella impiegata in situazioni analoghe dal Vasari nella piazza dei Cavalieri e che già Buontalenti aveva realizzato dieci anni prima nella casa di Bianca Cappello a Firenze. Ma si tenga presente che il palazzo fu sottoposto a una radicale operazione di ristrutturazione in epoca lorenese.

Le nuove facciate delle dimore pisane apparvero prevalentemente nelle vie che avevano ospitato i palazzi gentilizi della Repubblica, sui Lungarni, presso le vie S. Martino, via S. Maria, che furono quasi interamente rimodellate in sontuose forme cinquecentesche. Cosimo Pugliani, Raffaello

73 Pagni, Pietro Francavilla furono i maggiori protagonisti di questa fioritura architettonica di marca fiorentina, che trovò il massimo di espressività nel palazzo della Misericordia in Via S. Maria, la cui costruzione fu affidata da Ferdinando I nel 1593 a Francavilla68. Le schiere compatte di case-torri strette ed altissime, appena venate dalle fessure dei chiassi del paesaggio medievale urbano e in specie di quello del Lungarno (vengono in mente le fronti edificate sulle calate dei paesi di mare) scomparvero gradualmente sotto i nuovi organismi edilizi che ne utilizzavano i pilastri come scheletri delle nuove forme.

Anche il colore della città venne cambiando. Al grigio aspro del verrucano e al rosa del laterizio a vista composti insieme col bruno delle carpenterie e col bianco delle impannate si sostituirono superfici di intonaco dipinto, segnate da riquadri e da cornici di arenaria.

2.3.2 La ristrutturazione del Palazzo delle Vedove: il progetto di Francesco Bombicci

Tutta la zona circostante il Palazzo delle Vedove subì, come del resto molte altre parti della città, una ristrutturazione fra la fine del XVI secolo e gli inizi del XVII. Il rinnovato interesse della classe dirigente fiorentina per la città di Pisa portò da un lato a ricavare nuovi palazzi dall’unione delle case torri medioevali, e dall’altro, per avere a disposizione aree più grandi, portò alla demolizione delle antiche abitazioni medioevali per riedificare sulle stesse aree nuovi palazzi di maggiori dimensioni. Ed è questo il caso, proprio nella zona prospiciente il Palazzo delle Vedove, delle case della consorteria dei Gaetani Dodi Gusmari acquistati sulla fine del XVI secolo da Francesco I Medici e fatte demolire per costruire il palazzo ducale di S. Nicola69. Per il Palazzo delle Vedove le trasformazioni sembrano essere avvenute in un’epoca successiva. Le ampie finestre impostate in

74 parziale rottura delle strutture medioevali in pietra sono, infatti, di epoca settecentesca70.

Si pone ora il problema di stabilire il momento in cui il palazzo divenne proprietà granducale71. Nel 1584, al momento dell’acquisto da parte di Francesco I Medici delle case dei Gaetani le fonti documentarie non forniscono alcuna notizia sull’acquisto di questo edificio72. Ed anche se sull’angolo Nord-

Est del palazzo fa tutt’oggi spicco uno stemma mediceo datato 1606, per tutto il XVII secolo questo stabile non è annoverato fra le proprietà private della famiglia granducale. Il primo documento che citi il palazzo delle Vedove (già designato, con questo nome) fra le proprietà granducali della città di Pisa è un registro contenente la “descrizione dello stato presente delle fabbriche di S.M. poste nella città di Pisa nell’anno 1764”. In questo inventario di beni immobili il palazzo delle Vedove appare già adibito a dependance del palazzo ducale di S. Nicola73.

Considerando che i documenti tacciono a riguardo del passaggio della proprietà, non si può escludere l’ipotesi che, trattandosi di un palazzo pubblico, esso sia passato fra i beni di proprietà dello stato74. Pare certo tuttavia che l’edificio sia stato utilizzato solo nel XVIII secolo, quando le aumentate esigenze della corte lorenese resero necessario il trasferimento di tutti servizi dal piano terra del Palazzo Granducale di S. Nicola75 alle strutture vicine.

Del resto è proprio in questo periodo che Pietro Leopoldo, il quale aveva scelto Pisa come residenza invernale della corte, dette ordine a Francesco Bombicci di ristrutturare la sua dimora di Pisa eliminando il giardino e distribuendo diversamente gli ambienti76.

Francesco Bombicci, ingegnere77, secondo quanto afferma il Ruschi viene mandato a Pisa da Pietro Leopoldo. Si occupa di sistemare dei regolatori per misurare la profondità dell’escavazione della Fossa Cuccia. Disegna una pianta della

75 nuova città di Pisa. È suo il progetto del 1770 per un nuovo teatro in piazza S. Niccola (teatro Rossi). Nel 1789 redige una relazione estimativa del Seminario Vecchio (Museo dell’Opera). Nell’ultimo ventennio del Settecento si distingue per la direzione dei lavori di risistemazione dell’Orto botanico, tra cui la ristrutturazione del Laboratorio Chimico e il restauro di un antico acquedotto. Alla fine del Settecento acquista e ristruttura villa Bettolo, già Bombicci, in territorio vecchianese. Dal 1779 al 1805 risulta attivo come ingegnere dell’Uffizio dei Fossi di Pisa, mentre dal 1805 al 1817 è ingegnere, sempre a Pisa, per conto dello Scrittoio delle Regie Fabbriche. Nel 1801 redige una perizia con Andreini. Nel 1812 disegna la pianta dell’Arsenale di S. Vito. Tra le commissioni di maggior rilievo del Bombicci ricordiamo appunto l’abbellimento del palazzo Reale (Granducale), di cui realizza anche alcuni modelli e, sempre per conto dell’Amministrazione lorenese, il restauro delle dogane del circondario del Padule di Bientina.

Nel 1769 l’ingegnere procedette alla ristrutturazione pressoché totale del Palazzo Granducale e al suo ampliamento sull’area del giardino segreto che si sviluppava lungo la via S. Maria. L’intervento è strettamente connesso con la costruzione di un cavalcavia per collegare la dimora granducale con il palazzo posto sull’altro lato della strada e di conseguenza con la trasformazione della sua facciata. Per ritrovare la simmetria l’ingresso sul Lungarno fu spostato verso ponente e trasformato in porta carraia. Scomparve il portale-terrazzo cinquecentesco che recava le insegne medicee, le finestre inginocchiate del piano terreno sono state sostituite con corniciature piane e tutto l’arredo architettonico della fronte fu notevolmente ridotto. Fu anche demolita la loggia sulla corte interna78.

Per quanto riguarda il Palazzo delle Vedove, esso fu ristrutturato intorno alla metà del XVIII secolo fu ristrutturato dallo stesso Bombicci ed in particolare vennero aperte le ampie finestre rettangolari al posto delle polifore medievali, la cortina muraria esterna fu completamente intonacata e all’interno

76 dell’edificio furono ricavate su tre piani, oltre il piano terra, ben diciotto stanze79 (fig. 41).

Figura 41: Veduta dell’arco che congiunge il Palazzo Granducale con il Palazzo delle Vedove, quando l’arco inquadrava la statua del Granduca Ferdinando. Acquaforte ottocentesca di B. Polloni (Da E.Tolaini, La città

e la storia, Pisa, 2007 fig. 126 pag. 157)

Nel “Campione delle case, orti ed altri stabili esistenti dentro il circondario delle mura della città di Pisa”, realizzato a partire dal 1783 dall’Ing Giuseppe Nicolai, Giovanni Caluri e dal

Dottor Stefano Piazzini, il Palazzo è citato nel paragrafo dello Scrittoio delle Regie Fabbriche, evidenziando la presenza di “pasticceria, fonte, forno, fornelli, chiostrina, pile ed altro forno80”.

La disposizione dei locali all’interno del palazzo è testimoniata in un inventario redatto in occasione del passaggio delle consegne dal Sig. Ottavio Lucherini al Sig. Antonio Balestrucci, eletto nuovo guardarobiere dei RR. Palazzi di Pisa con rescritto del 12 marzo 179381. Nel documento, datato il 9 agosto 1793, il Palazzo delle Vedove appare descritto in modo seguente:

“Casa detta delle Vedove, contigua al Reale Palazzo di residenza Ingresso segnato di n°1; stanza del forno, segnato di n°2; stanza con finestra ferrata in via Nuova segnata di n°3; stanza con finestra ferrata nella chiostra, segnata di n°4; stanza che serve per lavorare la pasta, segnata di n°5; stanza la scaletta, con finestra in via S. Maria, segnata di n°6; stanza dove sopra, segnata di n°7; stanzini a mezzo la scaletta, segnati di n°8;

77 stanza con finestra ferrata nella chiostra, segnata di n°9; cucinetta annessa, segnata di n°10; anditi che servono per la trattoria con cucina, segnate di n°12; altra cucina che serve di pasticceria, segnata di n°13; stanza segnata di n°14. Primo piano: saletta segnata di n°15; stanza che serve di cucinetta; segnata di n°16; stanza con finestra in via Nuova, segnata di n°17; stanza con finestra in via Nuova, segnata di n°17; stanza con finestra dove sopra, segnata di n°18; andito che rimette nel Real Palazzo di residenza sopra l’arco, segnato di n°19; stanza con finestra sull’orto Battaglia; segnata di n°20; stanza con finestra dove sopra, segnata di n°21; stanza con due finestre di rimpetto al Real Palazzo di residenza, segnato n°22; stanza con finestra nell’orto Battaglia; segnato di n°23. Secondo piano: sala con finestra in Via Nuova, segnata di n° 24; stanza con finestra dove sopra; segnata di n°25; stanza con finestra dove sopra, segnata di n°26. Terzo piano: stanzino a caposcala segnato di n°27; stanza con finestra dirimpetto a S. Nicola; segnato di n°28; stanza con finestra dove sopra, segnata di n°29; stanza con

due finestre dove sopra, segnata di n°30; stanza con finestra sull’orto Battaglia, segnata di n°31; stanza con finestra dove sopra, segnata di n°32, stanza con finestra dove sopra, segnata di n°33; stanza con finestra dove sopra, segnata di n°34; stanza salita la scaletta del terzo piano, segnata di n°35”.

La situazione dell’edificio alla metà del XIX secolo è testimoniata invece da un inventario dell’anno 1850: “Casa delle Vedove n°144 Corridoio sotterraneo che dalla dispensa del R. Palazzo conduce agli stabili suddetti; n°145 stanza di passo che immette agli appresso uffizi: cucina reale e stanza annessa alla medesima; n°146 cucina; n°147 stanza annessa serve per la pasticceria; n°148 stanza annessa serve per la pasticceria; n° 149 stanza annessa per uso come sopra; n°150 stanza annessa serve per uso di ghiacciaia; n°151 stanza annessa serve per i magazzini dei rami; n°152 stanza annessa per uso di dispensa. Tornati nel corridoio sotterraneo n°153 stanza o stanzino annesso serve per magazzino dei rami; n°154 stanza che serve per uso di tenervi la cenere; n°155 stanza per uso dell’uffizio di

78 biancheria; n°156 stanza continua per uso degli uffizi degli argenti; n°157 stanza per uso come sopra; n°158 stanza per uso come sopra; n°159 stanzino in faccia all’uscio dell’edificio della biancheria; n°160 stanza con finestre corrispondenti sul giardino; n°161 stanza con finestra corrispondente come sopra; n°162 stanza con finestre corrispondente in via Nuova; n°163 stanza contigua con finestra corrispondente sul giardino; n°164 stanza annessa con finestra corrispondente in via Nuova”82. Le varie fasi evolutive del Palazzo per il periodo in esame possono essere sintetizzati, con il supporto degli elaborati grafici forniti dai documenti di archivio, in modo seguente: come già evidenziato prima il Palazzo subì degli interventi di ristrutturazione e rifacimenti a partire dalla fine del ‘500. I documenti di archivio tuttavia non forniscono rilievi grafici del palazzo fino ai lavori di Francesco Bombicci del 1769. La ricostruzione ipotetica che proponiamo in seguito trova il principale riferimento proprio nella planimetria del piano terra disegnata dallo stesso Bombicci (1769) e prende in esame,

inoltre, i disegni eseguiti successivamente nel 1776 che illustrano il progetto del Bombicci (piante dei tre livelli).

Il rilievo del 1769 del Bombicci è la prima pianta del Palazzo dettagliata (fig. 42) che mostra la disposizione degli ambienti al piano terra. Viene già evidenziata la presenza del passaggio sopraelevato di collegamento con il Palazzo Granducale. Nella proprietà è già incluso anche il vano a sud che presenta in facciata una quota delle aperture diversa da quella del corpo originario.

Il corpo si sviluppa sulla pianta profonda tre tratti, di cui quello centrale è dotato di due scale. La pianta è profonda tre campate e presenta due vani scale in corrispondenza di quella centrale.

La sovrapposizione della pianta medievale con quella del Bombicci (fig. 43) mette in evidenza la presenza del vano a sud, posteriore, e la collocazione delle scale. Su via Trento, l’edificio si articola su tre campate.

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Figura 42: Pianta del piano terra del Palazzo Granducale e del Palazzo delle Vedove di F. Bombicci, 1769 (Da Archivio di Stato di Firenze, Scrittoio delle Fortezze e Fabbriche Lorenesi, RF 392)

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Figura 43: Confronto e sovrapposizione tra l’ipotesi di pianta medievale e la prima pianta di Bombicci. In rosso le scale e in blu il vano a sud aggiunto posteriormente. La sovrapposizione della pianta medievale con quella del Bombicci mette in evidenza la presenza del vano a sud , e la collocazione delle scale. Presso via Trento, l’edificio si articola su tre campate. (Rielaborazione dell’autore)

81 Bombicci si occupò del progetto e direzione della ristrutturazione dell’intero Palazzo Granducale che, realizzata tra il 1769 e il 1770, comportò una sostanziale trasformazione dell’impianto di quest’ultimo con la traslazione della scala principale in posizione laterale, la demolizione della loggia sulla corte interna, l’occupazione volumetrica del giardino e la realizzazione di due ulteriori cavalcavia di collegamento, oltre a quello esistente con la Chiesa di S. Nicola e con il Palazzo delle Vedove – situato di fronte, sul lato opposto di Via S. Maria – dotato delle cucine a piano terreno a servizio del Palazzo del Granduca. Si trattava di una totale integrazione del Palazzo delle Vedove con il Palazzo Granducale.

Per quanto riguarda il Palazzo delle Vedove, i disegni del Bombicci (fig. 44-45) attestano che esso è stato realizzato sfruttando la preesistente domus medievale, composta da due tratti paralleli sviluppati prevalentemente su tre piani (piano terra e due piani soprastanti), nonché incorporando probabilmente alcune strutture preesistenti – poste nella zona

retrostante l’edificio e con esso confinanti ad ovest – per realizzare gli ambienti di servizio alti un piano solo e affacciati sul cortile. Le strutture presso la Via Nuova/angolo Via S. Maria risultano invece suddivise in quattro livelli, con tre stanze su ogni piano. Le scale sono presenti in due tratti principali: una, in quello prospiciente la Via S. Maria, altre due in quello retrostante. Le planimetrie delineate dall’ingegnere permettono di individuare in maniera abbastanza precisa le murature portanti, mentre sono assenti notizie sulle tipologie di materiali e di solai utilizzati.

Nel disegno dell’ingegnere qui esaminato (fig. 44) sono descritte anche le destinazioni d’uso di tutti gli ambienti. Se il piano terra è occupato interamente per la cucina e pasticceria, i piani superiori sono destinati alle abitazioni delle “Vedove” e del personale di servizio. I vani 1-2-3-4-5 sono a uso pasticceria; il numero 6 è un cortiletto con conserva d’acqua e il 7 il forno per la pasticceria. Dal numero 8 al numero 12 sono segnate le

82 stanze del fornaio mentre con il numero 13 è indicata una scaletta che porta ad un piccolo mezzanino.

Al primo piano troviamo un ricettino (1), un salotto (2), le camere per uso delle persone di servizio di S.A.R. (3-4-5-6), la camera del fornaio (7). I restanti vani (8-9-10-11) vengono denominati come stanze della Casa delle Vedove.

Al secondo piano ci sono ancora stanze della Casa delle Vedove (1,2,3) e camere per uso di persone di Servizio di S.A.R.

Al terzo piano vi si accede tramite la scala posta più a nord: il piano è occupato da stanze a tetto della Casa delle Vedove (1,2,3) ed è presente anche un terrazzo coperto (4).

L’edificio confina a Sud e a Est con le proprietà Battaglia Leoli e in parte sul lato di Via Nuova (l’attuale Via Trento), con le case ad uso osteria degli eredi Stefanini.

Figura 44: Pianta dei vari livelli del Palazzo delle Vedove di F. Bombicci, 1776 (Da Archivio di Stato di Firenze, Scrittoio delle

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84 2.3.3 Gli interventi ottocenteschi: il progetto di Francesco Riccetti

Nel 1820 il Palazzo ebbe un’ ulteriore sistemazione, promossa in occasione della realizzazione della Fabbrica di Via Nuova, che è documentata nella pianta e prospetto qui riprodotti, opera di Francesco Riccetti architetto a Pisa dello Scrittoio delle Regie Fabbriche83.

Riccetti84 vive a Pisa nella prima metà dell’800 (m. a Pisa nel 1839). È architetto per lo Scrittoio delle Regie Fabbriche. Tra il 1815 e il 1825 è “Perito per le fabbriche e lastrici di città” dipendente dalla Magistratura Comunicativa. In qualità di Ingegnere di Circondario è incaricato di redigere le perizie in previsione del restauro del palazzo Pretorio. Nel 1815 è responsabile, per conto del Municipio, dei lavori per l’abbattimento del monastero di S. Lorenzo nell’attuale piazza S. Caterina. Nel 1816 progetta il campanile della chiesa di S. Cristina. L’anno successivo viene gratificato per l’illuminazione

triennale della città (in occasione della festa per S. Ranieri) e si occupa della riduzione dell’arsenale a scuderia e dunque della sistemazione del Bagno dei Forzati e della caserma dei Reali Cacciatori a Cavallo in Cittadella. Nel 1817 disegna con G. Rossini una pianta del monastero di S. Marta. Intorno al 1818 sorveglia i lavori di ristrutturazione della nuova sede dell’Accademia di Belle Arti di Pisa. Nel 1829 esegue il progetto di ristrutturazione del bastione fuori Porta a Piagge e fa parte di una speciale commissione di ingegneri incaricata di esaminare i progetti per il nuovo palazzo Pretorio. L’anno dopo effettua l’abbellimento di piazza della Berlina. Esegue anche lavori per la riduzione del palazzo della Commenda del S. Sepolcro e interventi di restauro conservativo presso il palazzo Reale e palazzo Battaglia (Vitelli). Nel 1823 progetta l’ampliamento del Cimitero Suburbano. Nel 1831 è incaricato per altri lavori al palazzo Reale; nel 1832 restaura la caserma di S. Martino e, sempre nello stesso anno, progetta le decorazioni del salone d’onore del palazzo Reale assieme al pittore Landi.

85 Nel 1833 esegue lavori all’Università, al Museo di Storia Naturale e al nuovo teatro Anatomico. Nel 1839 si candida come Deputato dell’Accademia di Belle Arti di Pisa.

Il progetto del Riccetti per il Palazzo delle Vedove, illustrato dalla “Pianta che dimostra il Progetto delle Nuove Cucine annesse al Palazzo Imperiale e Reale estendendosi anche sotto la Case detta delle Vedove, in quella porzione già abitata dalla Fornaia Kunterchausser” (fig. 46) ebbe in fase di realizzazione alcune modifiche, sia nella distribuzione planimetrica che nei prospetti. In epoca successiva furono poi demolite alcune