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Il riconoscimento della legittimità di accesso alla diagnos

3.2 La sostanziale disapplicazione del divieto di diagnosi genetica

3.2.1 Il riconoscimento della legittimità di accesso alla diagnos

3.2.1 Il riconoscimento della legittimità di accesso alla diagnosi genetica pre-impianto per le coppie sterili e infertili

La legge n. 40 del 2004 non contiene un divieto esplicito di diagnosi genetica pre-impianto, ma la struttura legislativa è fortemente contradditoria e, quindi, non è chiaro se tale tecnica debba essere considerata legittima o meno. Le prime Linee guida ministeriali avevano introdotto un espresso divieto di diagnosi genetica pre- impianto, limitandone il ricorso al solo tipo osservazionale; le prime pronunce della giurisprudenza di merito si sono conformate a tale impostazione restrittiva.

La prima richiesta contro i limiti fissati dalla legge 40 è presentata da una coppia portatrice di beta-talassemia che chiede di poter eseguire una diagnosi genetica preimpianto (Pgd) sugli embrioni. Il 3 maggio 2004 il Tribunale di Catania rigetta la domanda con la seguente motivazione: “Sicché si dà l’impressione suggestiva di volere tutelare la salute del figlio, ma siccome il figlio tutelato non è quello reale ma quello virtuale, non si difende in realtà alcun figlio, ma la propria volontà di averne uno conforme ai propri desideri, sacrificando a questo obiettivo, per tentativi successivi, tutti i figli reali difformi che venissero nel frattempo”.Si è sostenuto che alla legge n. 40 si debba piena obbedienza in quanto “legge nuova e frutto di scelte

discrezionali del legislatore”. 48 _____________________________ 48 Tribunale di Catania, 3 maggio 2004

Il mese successivo, il Tribunale di Cagliari accoglie la richiesta di “riduzione embrionaria” di una coppia che a seguito di fecondazione artificiale aveva ottenuto una gravidanza trigemina, incorrendo nei rischi clinici tipici delle gravidanze gemellari. L'accoglimento della richiesta avvenne sulla base dell’interpretazione conforme a

costituzione dell’art. 14 comma 4 della Legge 40 che vietava la riduzione embrionaria, “salvo nei casi previsti dalla legge 194 del 1978” e per una assenza di differenza tra gravidanza naturale e gravidanza da procreazione assistita.49

Nel 2005 quando la legge era stata approvata solo da pochissimi mesi, i Radicali Italiani e l’Associazione Luca Coscioni avviano una raccolta firme per un referendum abrogativo totale, poi trasformato in quattro quesiti referendari che miravano a limitare i diritti dei soggetti coinvolti, in particolare del concepito, e a consentire: la ricerca sugli embrioni, l’accesso anche alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche e la fecondazione eterologa.Alla consultazione del 12 e 13 giugno, nessuno dei quesiti raggiungerà il quorum necessario grazie al non voto di quasi il 75% degli aventi diritto, ma dei votanti, quasi il 90% si espresse per una sua abrogazione. L'astensionismo massiccio al referendum dovuto a molti fattori, lasciò quindi immutata l'originaria legge che il Parlamento aveva approvato l'anno precedente.

Sempre nel 2005 il Tar del Lazio è stato investito del ricorso con cui erano state impugnate le Linee guida ministeriali per ingiustizia manifesta, irrazionalità e violazione dei principi comuni in materia di tutela della salute e, tra le parti interessate dal ricorso, vi era anche la parte in cui si prevedeva che ogni indagine sugli embrioni fosse solo di tipo osservazionale. 50

___________________________________ 49 Tribunale di Cagliari, 29 giugno 2004

Nel giudizio di fronte al Tar del Lazio, è stato affermato di nuovo che non esistono terapie che permettano di curare un embrione malato ed è stata sottolineata “l’inesistenza di una pretesa ad avere un figlio sano”; si è sostenuto poi che “si va [..] ben oltre la questione della

configurabilità del diritto alla procreazione, che poi è l’interfaccia del desiderio di essere genitori; anche ad ammettersi, per mera ipotesi, l’esistenza di un siffatto diritto alla personalità, non può tuttavia sostenersi, già sul piano della ragionevolezza, che il metodo della procreazione assistita, il cui fine è solo quello di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi, derivanti dalla sterilità o infertilità umana, possa offrire della opportunità maggiori del metodo naturale 51. Passata questa prima fase, dove nel primo anno di applicazione della legge in cui sia la giurisprudenza ordinaria che quella amministrativa aderivano completamente all'impostazione legislativa, segue subito dopo una seconda fase dove i tribunali cominciano a mettere in dubbio la legittimità costituzionale del divieto di diagnosi pre-impianto. In questo senso facciamo riferimento innanzitutto a quanto deciso nel luglio 2005 dal tribunale di Cagliari che con un'ordinanza fu chiamato a decidere sul ricorso d’urgenza proposto da una coppia per ottenere la possibilità di procedere alla diagnosi preimpianto, di non trasferire gli embrioni affetti da talassemia e di crioconservare gli embrioni per un ulteriore trasferimento; nella sua ordinanza il Tribunale decise per il rinvio alla Corte Costituzionale in quanto a detta della corte, l’art. 13 comma 2 della legge n.40 che vietava questa possibilità era contrario alle disposizioni della nostra Costituzione. Anche il Pubblico Ministero intervenuto nel giudizio rittenne che era diritto della coppia conoscere lo stato di salute dell’embrione.52

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51 Tar del Lazio, sezione III-ter, sentenza 9 maggio 2005, n. 3452.

La Corte Costituzionale si pronunciò sull'argomento l'anno successivo con propria ordinanza, la n. 396 del 2006. In quella circostanza tuttavia la Corte non entrò nel merito della legittimità della legge ma la

dichiarò inammissibile per la formulazione della domanda.La Corte ha evidenziato che, per il giudice rimettente, il divieto di diagnosi

genetica pre-impianto si potesse desumere sia dall’articolo 13 della legge n. 40 che dall’articolo 14 e dall’intera disciplina, alla luce dei suoi criteri ispiratori; questa ha affermato che il fatto di sollevare la questione di legittimità costituzionale solo in riferimento all’articolo 13, rendesse contraddittoria l’ordinanza di rimessione. La Corte ha considerato quindi incompleta l’ordinanza perché non erano state indicate tutte le norme da sottoporre al sindacato di legittimità. 53 Nonostante la decisione della Corte, alcuni giudici sono arrivati ad interpretare la disciplina relativa alla diagnosi genetica pre-impianto in modo conforme alla Costituzione e in questo modo non sono state sollevate altre questioni di legittimità costituzionale ed è stato assicurato direttamente alle coppie il riconoscimento del diritto di accedere alla diagnosi genetica preimpianto.

Nel 2007 è ancora una volta il Tribunale di Cagliari a pronunciare una sentenza sull'argomento, con la sentenza del 24 settembre 2007, il giudice Maria Grazia Cabitza ordina all’Ospedale per le microcitemie di Cagliari di eseguire la diagnosi preimpianto sull’embrione di una coppia di Quartu Sant’Elena portatrice di beta-talassemia,

disapplicando in questo modo la legge, la quale limita la diagnosi sull’embrione alla sola indagine di tipo osservazionale, ovvero “a

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condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione stesso” (art. 13, comma 3) 54 .Dopo aver accertato la propria sterilità, la coppia si era rivolta all’Ospedale Regionale per ottenere la

fecondazione in vitro, e la donna era rimasta incinta. Tuttavia, quando l’analisi genetica aveva rivelato che il figlio portato in grembo era affetto da beta-talassemia, la madre aveva abortito. La coppia aveva quindi fatto di nuovo ricorso alla fecondazione artificiale ottenendo un altro embrione, per il quale ha chiesto di eseguire la Pgd prima

dell’impianto in utero, al fine di evitare un nuovo ricorso all’aborto nel caso in cui risultasse malato. L’interpretazione conforme a

Costituzione fornita dai giudici è argomentata evidenziando, in primo luogo, l’assenza nella legge n. 40 di un divieto esplicito di ricorrere alla diagnosi genetica pre-impianto; si è poi sottolineato come l’articolo 13, nel prevedere un divieto di sperimentazione sugli embrioni, non faccia riferimento alla diagnosi genetica pre-impianto, finalizzata al soddisfacimento dei futuri genitori di essere informati sullo stato di salute degli embrioni, specificatamente riconosciuta dall’articolo 14, comma 5, della legge n.40.

La liceità dell’accertamento diagnostico è desunta inoltre dal principio, costituzionalmente riconosciuto, del consenso informato al trattamento sanitario. Questo principio lo ritroviamo nella legge n. 40 all'articolo 6. Il Tribunale ha evidenziato infine che l’identità tra la diagnosi pre- natale, usata come strumento diagnostico durante la gravidanza, e la diagnosi pre-impianto debba assicurare “una lettura costituzionalmente orientata delle disposizioni in esame, anche con riferimento al

principio di uguaglianza, poiché evita una disparità di trattamento di _________________________

situazioni sostanzialmente analoghe, altrimenti censurabile

costituzionalmente sotto il profilo della ragionevolezza”.55 Il Tribunale è arrivato a superare quindi la precedente interpretazione restrittiva, che negava la possibilità di accesso alla diagnosi genetica pre-impianto, anche sulla base dell’articolo 14, comma 5, della legge n. 40, che dispone che i soggetti ricorrenti alle tecniche di procreazione medicalmente assistita siano informati sul numero e la salute degli embrioni. Questa sentenza ha influenzato la giurisprudenza successiva, che è arrivata a riconoscere la liceità del ricorso alla diagnosi genetica pre-impianto.

A tal proposito rilevante è un'altra ordinanza, emessa questa volta dal Tribunale di Firenze con la quale si aggira ancora una volta dopo il caso di Cagliari l'applicazione della legge n.40 e si aggirano le linee guida che aveva emanato il Ministero.56 Il giudice in questo caso non solo legittima la diagnosi preimpianto sugli embrioni creati, ordinando ai medici di eseguirla ma dispone altresì di “trasferire in utero solo gli embrioni sani o portatori sani rispetto alla patologia di cui soffre la ricorrente, con crioconservazione degli embrioni malati sino all’esito della tutela di merito” e di eseguire il tutto (Pma e Pgd) “secondo le migliori regole della scienza in

relazione alla salute della madre”. La coppia infatti si era rivolta al giudice perchè la donna era portatrice di una grave malattia genetica che colpisce le ossa e che nella maggior parte dei casi viene trasferita ai figli.Il giudice accoglierà tutte le richieste. Tra le motivazioni addotte, la grave e incurabile patologia di cui la donna soffre, che l’avrebbe portata a correre gravi rischi di salute, sia dall'essere

sottoposta a più interventi di stimolazione ovarica, sia dall’eventualità ________________________________

55 Tribunale di Cagliari, sentenza del 24 settembre 2007 56 Tribunale di Firenze, ordinanza del 17 dicembre 2007

di una gravidanza gemellare. Sottolinea inoltre il Tribunale come le Linee guida ministeriali del 2004, che limitavano la diagnosi genetica pre-impianto al solo tipo osservazionale, avessero introdotto una regola non prevista dalla legge n. 40, con ciò ponendosi in contrasto sia ai principi ispiratori della disciplina legislativa che ai principi

costituzionali. Il Tribunale però indica che alla base della richiesta di diagnosi genetica pre-impianto, ci dovesse essere una necessità di informazioni sulla salute degli embrioni, al fine di avere un trattamento sanitario informato e non una “fatua curiosità dei futuri genitori”.57 A seguito di queste decisioni che, attraverso un’interpretazione

conforme a Costituzione, hanno disapplicato le Linee guida

ministeriali, si è avuto l’annullamento da parte del Tar del Lazio della previsione che limitava la diagnosi genetica pre-impianto al solo tipo osservazionale. Venne presentato infatti al Tar del Lazio un ricorso dallaWorld

Association Reproductive Medicine (Warm) e da altre associazioni , che insieme impugnarono le linee guida emanate dal Ministero nel 2004. Il Tar accoglie il ricorso e annulla le linee guida nella parte della legge 40 in cui si stabilisce che ogni indagine sullo stato di salute dell’embrione dovrà essere di “tipo osservazionale” (art. 13, comma 5), motivando la sua decisione con l’“eccesso di potere”. Il Tar solleva anche la questione di costituzionalità dell’articolo 14 (commi 2 e 3) che prevede la produzione di un numero di embrioni non superiore a tre e l’obbligo del loro contemporaneo impianto.58 Al pronunciamento del Tar del Lazio fa seguito, il 30 aprile 2008, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale delle nuove linee guida a opera del ministro della Salute Livia Turco. Tra le novità salienti vi si

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57 Tribunale di Firenze, ordinanza del 17 dicembre 2007 58 Tar Lazio, sezione III-quater, sentenza 21 gennaio 2008, n. 398

trovano: l’accesso alla Pma anche per le coppie fertili in cui l’uomo sia portatore di malattie virali sessualmente trasmissibili, come l’Hiv e le Epatiti B e C, con conseguente assimilazione di queste condizioni ai casi di infertilità (la legge 40 consente la Pma alle sole coppie infertili e sterili); e l’eliminazione del comma che limita l’indagine preimpianto sull’embrione alla sola indagine osservazionale.La sentenza del Tar e le nuove linee guida, lasciano aperti dubbi e ambiguità. Infatti, mentre da un lato il divieto di diagnosi preimpianto (così come stabilito dalla legge 40) rimane, dall’altro lato le nuove linee guida liberalizzano la Pgd. In altre parole: la diagnosi preimpianto sull’embrione si può eseguire, ma resta valido quanto previsto dalla legge 40 circa la

preservazione della sua salute e sviluppo.Ne conseguono alcuni aspetti problematici. La diagnosi genetica è, in sostanza, una biopsia con cui si prelevano una o due cellule all’embrione quando si trova allo stadio di appena otto cellule, per analizzarne il Dna. Ebbene, spesso è proprio questo prelievo a determinare la morte dell’embrione, o a provocargli delle anomalie se sopravvive. Se ne ricava che la Pgd non garantisce la salvaguardia né della salute né, addirittura, della vita stessa

dell’embrione. Inoltre, si può già immaginare ciò che accadrà agli embrioni che risulteranno geneticamente “difettosi”. Accadrà che la loro salute sarà sì preservata, ma in un limbo gelato in cui rimarranno con tutta probabilità sine die.

Un’ulteriore conferma all’orientamento giurisprudenziale che, attraverso una lettura costituzionalmente orientata, ha dichiarato legittima la diagnosi genetica pre-impianto, deriva dalla sentenza n. 151 del 2009 della Corte costituzionale, che, pur non occupandosi direttamente di questa tecnica, ha prodotto effetti anche sulla sua legittimità. Attraverso la dichiarazione di illegittimità del divieto di

produrre più di tre embrioni, destinati ad un unico e contemporaneo impianto e la deroga quindi introdotta al divieto generale di

crioconservazione degli stessi, la Corte costituzionale ha eliminato gli ostacoli al ricorso alla diagnosi genetica pre-impianto. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale del 2009, altri giudici sono stati chiamati a giudicare sulla legittimità o meno della diagnosi pre- impianto ed hanno seguito sia l'orientamento della giurisprudenza ordinaria sia di quella fornita dalla Corte Costituzionale stessa. Possiamo in particolare segnalare due distinte ordinanze del 2010 emanate dal Tribunale di Bologna da due diversi giudici dove si prendeva atto del venir meno del divieto di diagnosi pre-impianto.59 In questi due casi segnalati, si accoglieva la richiesta sulla possibilità di effettuare la diagnosi pre-impianto per coppie con problemi di

traslocazioni cromosomiche e malattie genetiche trasmissibili, in conformità a quanto discliplinato dalla sentenza n. 151/2009 della Corte Costituzionale. La stessa posizione fu assunta due anni più tardi anche dal Tribunale di Cagliari il quale con ordinanza concesse ad una coppia il diritto di accedere alla diagnosi pre-impianto in quanto affetti da infertilità e talassemia.60

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59 Ordinanze del Tribunale di Bologna del luglio 2010 60 Ordinanza del 09 novembre 2012 del Tribunale di Cagliari.

3.2.2 L'influenza della giurisprudenza europea su quella nazionale per