• Non ci sono risultati.

L'intervento della Corte Costituzionale sulla diagnosi pre-

3.2 La sostanziale disapplicazione del divieto di diagnosi genetica

3.2.3 L'intervento della Corte Costituzionale sulla diagnosi pre-

Sentenza n.96 del 2015

Con questo intervento la Consulta ha dichiarato illegittime le

disposizioni della legge n. 40/2004, nella parte in cui non consentono che anche le coppie fertili portatrici di patologie geneticamente trasmissibili possano fare ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. La sentenza costituisce l'atto finale di una lunga vicenda giurisprudenziale nata con la sentenza della Corte EDU Costa e Pavan contro Italia del 2012, con la quale i giudici di

Strasburgo avevano ritenuto il divieto in questione contrario al diritto alla vita privata e familiare di cui all'art. 8 CEDU. Mentre i ricorrenti vittoriosi in quello specifico caso di specie avevano ottenuto tout court - mediante la pura e semplice disapplicazione delle disposizioni

ostative della legge n. 40/2015 - l'autorizzazione dal Tribunale di Roma ad accedere alla fecondazione assistita , restava il problema di adeguare la normativa italiana a quanto stabilito dalla Corte di Strasburgo, sì da consentire anche a tutte le altre coppie che si trovassero nella medesima situazione di accedere alla fecondazione assistita: adeguamento che è stato reso appunto possibile da questa sentenza della Corte Costituzionale.

Nella questione - sollevata dal Tribunale di Roma in relazione a due casi di specie analoghi, nel quadro di altrettanti procedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. introdotti da due coppie portatrici di patologie

geneticamente trasmissibili - si invocavano quali parametri gli artt. 2 (sotto il profilo del vulnus all'asserito "diritto della coppia a un figlio 'sano' e [al] diritto di autodeterminazione nelle scelte procreative"),3 (sotto il duplice profilo dell'intrinseca irragionevolezza di una disciplina che di fatto costringe le coppie in questione ad affrontare

una gravidanza naturale, con il rischio di dover poi ricorrere all'aborto, consentito in caso di gravi malattie genetiche del feto dalla l. 194/1978, e dell'irragionevole disparità di trattamento in tal modo creata rispetto alle coppie in cui l'uomo risulti affetto da malattie trasmissibili per via sessuale, che hanno accesso alle tecniche di fecondazione assistita in base alle linee guida ministeriali vigenti),32 (sotto il profilo degli irragionevoli rischi legati all'aborto terapeutico cui la donna viene di fatto esposta per effetto della disciplina censurata) e 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU così come

interpretati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo.75 Prima della legge 40, la fecondazione artificiale e la diagnosi

preimpianto erano ampiamente praticate “a fini preventivi” dalle coppie ad alto rischio genetico, ma l’entrata in vigore della legge aveva precluso questa possibilità, lasciando aperta solo la strada della

diagnosi prenatale in corso di gravidanza e dell’aborto terapeutico in caso di anomalia del feto. Questa situazione dava origine - con le parole della Corte – a una «palese antinomia normativa» all’interno dell’ordinamento giuridico: esso prevedeva, infatti, da un lato, un «indiscriminato divieto […] all’accesso alla pma, con diagnosi preimpianto, da parte di coppie fertili affette (anche come portatrici sane) da gravi patologie genetiche ereditarie, suscettibili (secondo le evidenze scientifiche) di trasmettere al nascituro rilevanti anomalie o malformazioni»; dall’altro, consentiva comunque a tali coppie «di perseguire l’obiettivo di procreare un figlio non affetto dalla specifica patologia ereditaria di cui sono portatrici, attraverso la, innegabilmente più traumatica, modalità della interruzione volontaria (anche reiterata) ______________________

75 Francesco Viganò, la sentenza della Consulta sul divieto di accesso alla fecondazione

assistita per coppie fertili portatrici di malattie geneticamente trasmissibili (e una chiosa finale sulla questione della diretta applicazione della Cedu), in diritto penale contemporaneo, giugno 2015.

di gravidanze naturali» ex legge 194/1978. Non era, dunque,consentito «(pur essendo scientificamente possibile) di fare acquisire “prima” alla donna una informazione che le [avrebbe permesso] di evitare di assumere “dopo” una decisione ben più pregiudizievole per la sua salute».76 La Corte ritiene fondata la questione in relazione ai soli artt. 3 e 32 Cost., restando assorbiti gli ulteriori profili denunciati. La sentenza, estremamente stringata, si chiude con l'invito al legislatore ad introdurre "apposite disposizioni al fine della auspicabile

individuazione (anche periodica, sulla base della evoluzione tecnico- scientifica) delle patologie che possano giustificare l'accesso alla PMA di coppie fertili e delle correlative procedure di accertamento (anche agli effetti della preliminare sottoposizione alla diagnosi preimpianto) e di una opportuna previsione di forme di autorizzazione e di controllo delle strutture abilitate ad effettuarle (anche valorizzando,

eventualmente, le discipline già appositamente individuate dalla maggioranza degli ordinamenti giuridici europei in cui tale forma di pratica medica è ammessa)". 77 Al riconoscimento della necessità di un intervento legislativo non si accompagna, però, la tradizionale formula di richiamo alla esigenza che il legislatore assicuri un adeguato bilanciamento di tutti gli interessi coinvolti, utilizzata dalla Corte fin dalla prima sentenza in materia (sentenza n. 347/1998) e che è venuta progressivamente a rafforzare, innestando nel filone giurisprudenziale avente ad oggetto la disciplina della PMA . Al contrario, la Corte costituzionale,

_______________________

76 Chiara Tripodina, Le parole non dette. In lode alla sentenza 96/2015 in materia di

fecondazione assistita e diagnosi preimpianto per coppie fertili portatrici di malattia genetica, in Costituzionalismo, Fascicolo 2/2015.

rafforzando tale approccio, sostituisce la “tradizionale” clausola generale di bilanciamento con un esplicito riferimento ai contenuti che l’intervento legislativo dovrebbe esprimere, indicandone alcuni

“elementi essenziali”, tanto di contenuto quanto di metodo. Resta fermo che, a differenza di altre pronunce monitorie, l’eventuale inerzia del legislatore non potrà provocare un vuoto di tutela rispetto alla posizione giuridica delle coppie che si rivolgeranno ai centri di PMA. Avendo dichiarato l’illegittimità costituzionale del divieto assoluto di accesso e riconosciuto l’ammissibilità, seppur condizionata alla luce della gravità e del tipo della patologia.78

___________________________________

78 Per un commento più approfondito si rimanda a Elena Malfatti, La Corte si pronuncia

nuovamente sulla procreazione medicalmente assistita: una dichiarazione di incostituzionalità anunciata ma forse non scontata,in Consulta online, pagg.533 e ss.