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Le sentenze S.H e altri contro Austria della Corte europea sul

3.3 La caduta del divieto di fecondazione eterologa

3.3.2 Le sentenze S.H e altri contro Austria della Corte europea sul

Poco tempo dopo la prima decisione avvenuta in Italia sul tema della fecondazione eterologa, ci fu l'intervento della Corte europea dei diritti dell'uomo, chiamata appunto a decidere sulla compatibilità alla Cedu di quanto disciplinava la normativa austriaca sull'argomento. Il riferimento è alla legge n.293 del luglio del 1992 che espressamente vietava sia la fecondazione eterologa in vitro e sia la maternità surrogata.

I ricorsi erano stati presentati da due coppie di cittadini austriaci, unite in matrimonio e affette da infertilità, che chiedevano l’accesso alla fecondazione eterologa in vitro l’una con donazione di sperma, l’altra con trasferimento in utero degli embrioni, prodotti con ovuli donati e sperma del marito, in quanto queste tecniche rappresentavano l’unica possibilità per concepire un figlio proprio. Tuttavia la normativa interna austriaca, vietava entrambe le tecniche e dunque per questo motivo, le coppie ritennero la normativa stessa in contrasto con il “diritto al rispetto della vita privata e familiare”, tutelato dall’articolo 8, primo comma, CEDU nonché con il divieto di discriminazione ex articolo 14 CEDU.Secondo le coppie ricorrenti, data l’importanza del diritto di avere un figlio e di formare la famiglia, gli Stati aderenti alla CEDU non avrebbero dovuto avere alcun margine di apprezzamento

nel regolare questa materia e lamentava l’incoerenza e l’illogicità della legislazione austriaca, che consentiva solo la fecondazione in vivo e non in vitro con donazione di sperma e non ammetteva neppure la fecondazione con donazione di ovuli. Il Governo austriaco difendeva invece l’impianto legislativo, affermando che questi divieti in materia di fecondazione eterologa fossero giustificati dal margine di

discrezionalità riconosciuto ai singoli Stati contraenti, che potevano quindi decidere come bilanciare gli opposti interessi coinvolti, tenendo conto dei bisogni sociali e culturali e delle tradizioni dei singoli paesi; inoltre secondo il Governo austriaco, le tecniche di fecondazione eterologa comportano il rischio di essere usate per scopi diversi da quelli terapeutici, come per esempio la selezione dei bambini per le loro caratteristiche fisiche; senza parlare del possibile sfruttamento di donne povere, ma fertili, che potrebbero essere costrette a cedere per necessità economiche, “parti del proprio corpo” per aiutare una coppia benestante ad avere un figlio.81 Per il Governo dunque, le coppie non potevano essere considerate vittime di discrimazione.

Prima di adire la Cedu, i ricorrenti avevano proposto la stessa questione già alla Corte Costituzionale austriaca che nel 1999 si espresse però sulla legittimità dei divieti previsti dalla normativa. La Corte aveva ritenuto che il legislatore non avesse superato il margine di discrezionalità riservato ai singoli Stati aderenti alla CEDU nel prevedere questi divieti e non avesse neppure violato il principio di non discriminazione nello stabilire il divieto di fecondazione eterologa e nel ritenere legittime le tecniche di fecondazione omologa. La Corte aveva considerato quindi queste disposizioni in linea con l’articolo 8 e 14 CEDU, con il principio di uguaglianza ex articolo 7 della

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Costituzione austriaca e con l’articolo 12 CEDU. Con sentenza del 1° aprile 2010, la Camera della prima sezione della Corte europea accoglieva sostanzialmente tutte le argomentazioni presentate dei ricorrenti e condannava l'Austria per la violazione dell'art. 14 in combinato disposto con l'art. 8 della CEDU. Tutte le argomentazioni presentate dal governo austriaco a difesa della normativa vigente, tra cui la non accettabilità sociale nei confronti di pratiche di fecondazione assistita ("madri in affitto"), la necessità di proteggere le donne dal rischio di sfruttamento per fini riproduttivi e il voler preservare il principio di certezza della madre, vengono di fatto rigettate in quanto non ritenute idonee a giustificare quello che la Corte ha ritenuto essere una illegittima discriminazione tra diverse categorie di coppie sterili. E' stato tuttavia affermato, che gli Stati contraenti godono di un margine di apprezzamento nel prevedere un trattamento differenziato tra situazioni simili. È stata rigettata quindi la posizione dei ricorrenti, che sostenevano che non dovesse essere riconosciuto alcun margine di apprezzamento agli Stati nel disciplinare la materia della PMA, considerata l’importanza del diritto di formare una famiglia e del diritto alla procreazione. La Corte ha aggiunto che, non essendo presente un approccio unitario tra gli Stati aderenti al Consiglio d’Europa in materia di procreazione medicalmente assistita e

considerato che questa solleva questioni etiche e morali, debba essere esteso il margine di discrezionalità, riconosciuto agli stessi per

permettere a queste questioni di trovare soluzione all’interno dei singoli Stati. Tale margine di apprezzamento deve riguardare, non solo la scelta di disciplinare o meno questa materia, ma anche il modo in cui bilanciare gli interessi contrapposti.82 La Corte ha ritenuto in

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primis che le preoccupazioni di ordine morale espresse dal Governo

non fossero sufficienti a giustificare il divieto assoluto di accesso a una tecnica di PMA come quella della donazione di ovuli e ha sottolineato come, nonostante l’ampio margine di apprezzamento riconosciuto agli Stati in questo ambito, la legge emanata dovesse essere coerente e garantire in maniera adeguata gli interessi coinvolti. I giudici hanno ritenuto, inoltre, che questo divieto non fosse l’unico strumento per evitare la selezione eugenetica degli embrioni e che i rischi di abuso di queste tecniche e di sfruttamento delle donne nella donazione di ovuli rilevassero come argomenti contro la fecondazione assistita tout court e non in relazione solo alla singola tecnica in esame. La Corte ha, infine, evidenziato che le relazioni parentali atipiche non costituissero una novità e, facendo riferimento all’istituto dell’adozione, ha

affermato che anche i rapporti genitoriali, sviluppatisi in seguito al ricorso alla PMA, non dovessero destare particolari problemi. La Corte ha superato anche il limite posto dal diritto dei figli nati a seguito del ricorso alla PMA di conoscere le proprie origini, affermando che tale diritto, pur essendo rilevante, non è assoluto. I giudici di Strasburgo hanno ritenuto non sufficienti le ragioni fornite dal Governo austriaco per giustificare una differenza di trattamento tra la coppia ricorrente e le coppie con la possibilità di accedere alla PMA senza donazione di ovuli. La Corte è arrivata a respingere gli argomenti addotti dal Governo austriaco per giustificare il divieto di ricorrere alle suddette tecniche, ritenendole non rispettose del principio di proporzionalità: infatti i giudici di Strasburgo hanno evidenziato che la totale

preclusione di ognuna di queste tecniche sarebbe giustificata solo se costituisce l’unico mezzo oppure quello meno invasivo per conseguire lo scopo desiderato. Nella sua decisione la Corte condanna dunque l'Austria al pagamento a favore dei ricorrenti di un indennizzo per

danno non patrimoniale ed il rimborso delle spese sostenute in

giudizio.83 La decisione della Prima Sezione è stata tuttavia ribaltata dalla

successiva e definitiva pronuncia della Grande Camera.84 La Corte, nella scelta dei parametri da utilizzare nella decisione, ha scelto di non far riferimento al combinato disposto degli articolo 8 e 14 CEDU, ma di analizzare la vicenda solo sotto l’angolo visuale

dell’articolo 8 CEDU, prendendo in esame la norma suddetta nella sua dimensione negativa (cioè, come fonte di obblighi di astensione per lo Stato), per valutare se il divieto previsto dalla legge austriaca in tema di fecondazione eterologa costituisse un’interferenza legittima,

necessaria e proporzionata ex art. 8 comma 2 Cedu rispetto al diritto al rispetto della vita privata e familiare sancito dalla suddetta norma. Non essendo nemmeno in discussione tra le parti che la suddetta

interferenza fosse provvista di una base legale e che essa perseguisse lo scopo legittimo di protezione della salute e dei principi morali, nonché della libertà individuale, la Grande Camera ha ritenuto di doversi soffermare sul requisito della “necessità in una società democratica” dei limiti al ricorso alle tecniche di fecondazione eterologa previsti nell’ordinamento austriaco. A tale proposito,la Corte ha affermato di dover valutare se vi fossero ragioni rilevanti e sufficienti per l’adozione di una disciplina della fecondazione eterologa tanto restrittiva, e se l’interferenza rispetto al ___________________

83 Si rimanda per un commento alla sentenza a Violini, Fecondazione assistita e divieto di

discriminazione davanti alla Corte di Strasburgo: un caso discutibile, in Quaderni costituzionali, 2010, 3, p. 632 e ss.

84 Corte Edu, Grande Camera, 3 novembre 2011, S.H. e altri c. Austria, n. 57813/00. La

sentenza origina dalla richiesta di riesame della pronuncia della Prima Sezione della Corte europea del 1 aprile 2010, presentata dal Governo austriaco.

diritto al rispetto della vita privata e familiare da essa rappresentata potesse dirsi proporzionata rispetto allo scopo legittimo perseguito dal legislatore austriaco. Al riguardo, la Grande camera, pur ravvisando l’esistenza nell’ambito dei Paesi del Consiglio d’Europa di una chiara tendenza verso il riconoscimento della possibilità di ammettere la donazione di gameti ai fini della fecondazione in vitro, non ha tuttavia ricollegato ad essa un’incidenza decisiva sul margine di apprezzamento riconosciuto in materia di procreazione medicalmente assistita agli Stati membri, rilevando come tale tendenza non rappresenti un consolidato orientamento a livello europeo e come tale non valga a limitare in maniera rilevante la discrezionalità del legislatore nazionale.Il margine di apprezzamento che va riconosciuto agli Stati membri in materia di procreazione medicalmente assistita, dunque, è

particolarmente ampio e comprende tanto l’an che il quomodo dell’intervento statale, anche se ciò non preclude alla Corte una

verifica in merito alla compatibilità con la Convenzione delle soluzioni adottate a livello nazionale, sia pure entro limiti ristretti.85 Entrando nel merito della questione, la Grande camera è giunta a conclusioni diverse rispetto a quelle fatte proprie dalla prima sezione.

Sottolineando in particolare la possibilità di accedere in Austria alle tecniche di fecondazione omologa, nonché quella di recarsi all’estero per ricorrere a quelle di fecondazione eterologa, la Grande camera ha ritenuto che il divieto di donazione di oociti e quello di donazione di spermatozoi previsti dalla legislazione austriaca non oltrepassassero il margine di apprezzamento concesso allo Stato austriaco in materia di fecondazione eterologa, e che essi fossero, pertanto, espressione di un bilanciamento non censurabile tra il diritto alla genitorialità, da un lato, ______________________

e l’esigenza di preservare la certezza nelle relazioni familiari – e più in particolare di evitare il possibile conflitto tra madre “biologica” e madre “genetica” e il pregiudizio all’interesse dell’individuo a

conoscere i propri genitori – dall’altro.86 Nondimeno, i giudici europei hanno sottolineato come la materia della procreazione medicalmente assistita sia soggetta ad uno sviluppo particolarmente dinamico sia dal punto di vista scientifico che del diritto, e che tali fattori devono essere tenuti in considerazione dai legislatori nazionali , rilevando in

particolare come le autorità austriache non abbiano fornito elementi per ritenere che il legislatore nazionale stia procedendo in tal senso. 87 Dunque la Corte non ha riscontrato alcuna violazione dell’articolo 8, ma ha ritenuto necessario per gli Stati contraenti valutare

costantemente la disciplina in materia di PMA alla luce del rapido progresso scientifico e sociale in questo ambito; tale sollecitazione era stata rivolta anche dalla Corte costituzionale austriaca al legislatore nazionale. Essi hanno dunque lasciato aperto più di uno spiraglio per una diversa soluzione della questione in futuro, sottolineando

espressamente come quello reso dalla Grande camera sia un giudizio pro tempore.88 Tuttavia alcuni punti criticabili della sentenza, sono evidenziati in maniera particolarmente efficacie dall'opinione dissenziente redatta congiuntamente dai 4 giudici di minoranza, riguardano sia l'aver combinato in un unico argomento la mancanza di un consolidato consenso europeo sul punto e il margine di

apprezzamento nazionale, sia l'aver ricondotto la valutazione della posizione austriaca alla problematca così come si presentava nel 1999. _____________________

86 Corte Edu,ibidem, punto 101 87 Corte Edu,ibidem, punto 117

88 Beduschi,Colella, La Corte Edu salva (per ora) la legislazione austriaca in materia di procreazione medicalmente assistita, in diritto penale contemporaneo, 2011

3.3.3 Il contibuto delle pronunce della Corte europea sul caso S.H. e