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La sentenza n 162/2014 della Corte Costituzionale

3.3 La caduta del divieto di fecondazione eterologa

3.3.4 La sentenza n 162/2014 della Corte Costituzionale

Con la sentenza n. 162 del 2014, la Corte Costituzionale ha dichiarato fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate rispetto all’articolo 4, comma 3, all’articolo 9, commi 1 e 3, limitatamente alle parole “in violazione del divieto di cui all’articolo 4, comma 3, e all’articolo 12, comma 1, della legge n. 40 del 2004, per il contrasto con gli articoli 2, 3, 29, 31 e 32 della Costituzione.100 Nel proprio ragionamento, la Corte ha preliminarmente affermato che l'accesso alle tecniche di PMA è da considerare un tema delicato innanzitutto dal punto di vista etico e che quindi la valutazione e l'individuazione dell’equilibrio tra le contrapposte esigenze di tutela dei soggetti coinvolti deve spettare in primo luogo al legislatore, la cui valutazione rimane comunque sempre sindacabile. Ha osservato inoltre la Corte che un divieto assoluto di fecondazione eterologa non fosse presente nel nostro ordinamento prima dell’introduzione della disciplina legislativa e che questo non discenda da obblighi derivanti dai trattati internazionali; in questo senso, tale divieto non poteva essere

considerato frutto di una scelta consolidata nel tempo, essendo stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico proprio con la legge n. 40 del 2004. Dopo queste premesse, la Corte ha osservato poi che questo divieto, “impedendo alla coppia destinataria della legge n. 40 del 2004, ma assolutamente sterile o infertile, di utilizzare la tecnica di PMA eterologa, [fosse] privo di adeguato fondamento costituzionale”.101 Ha quindi proceduto e definire gli argomenti sui quali

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100 Tra i vari autori che hanno commentato la sentenza, si rimanda tra gli altri: Baldini,

Diritto alla genitorialità e sua concretizzazione attraverso la PMA di tipo eterologo (ad una prima lettura di Corte cost., sent. n. 162/2014), in www.dirittifondamentali.it, 15 settembre

2014.

fondare la propria decisione. Innanzitutto, si è evidenziato come la scelta di ogni coppia di formare una famiglia ed avere dei figli sia espressione della generale e fondamentale libertà di autodeterminarsi, desumibile dal combinato disposto degli articoli 2, 3 e 31 della Costituzione, in quanto relativa alla sfera privata e familiare di ogni individuo; inolre le limitazioni a tali libertà debbano trovare

giustificazione solo nell’impossibilità di tutelare diversamente altri interessi di pari rango costituzionale. In base a queste considerazione, la Corte ha rilevato, quindi, che “la determinazione di avere un figlio, anche per la coppia assolutamente sterile o infertile, concernendo la sfera più intima e intangibile della persona umana, non può che essere incoercibile, qualora non vulneri altri valori costituzionali, e ciò anche quando sia esercitata mediante la scelta di ricorrere a tale scopo alla tecnica di PMA di tipo eterologo perché anch’essa attiene a questa sfera”.102 I giudici hanno quindi riconosciuto il diritto ad avere figli come un diritto incoercibile, ossia insuscettibile di limitazioni. Su questo punto tuttavia la dottrina non ha mancato di criticare la scelta della Corte in quanto un bilanciamento tra interessi contrapposti deve essere sempre considerato necessario.103 Proseguendo, la Corte, ha riaffermato quanto già detto in precedenti pronunce, ossia che la scelta relativa alle pratiche mediche “non può nascere da valutazioni di pura discrezionalità politica del legislatore, ma deve tener conto anche degli indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche [..] pertanto va ribadito che in materia di pratica terapeutica la regola di fondo deve essere l’autonomia e la responsabilità del medico che, con il consenso del paziente, opera le necessarie scelte professionali”104 _______________________________

102 Corte Costituzionale. Ibidem.

103 Rodomonte, È un diritto avere un figlio?, in www.confronticostituzionale.eu, 17 giugno

2014.

Una volta che i giudici hanno accertato il contrasto del divieto di fecondazione eterologa con questi valori costituzionali, la stessa Corte si è posta il problema di capire se tale divieto fosse necessario per garantire la tutela degli altri interessi costituzionali coinvolti e fosse quindi da considerare come legittimo. La Corte ha sottolineato che “l’unico interesse che si contrappone ai predetti beni costituzionali è, dunque, quello della persona nata dalla PMA di tipo eterologo, che, secondo l’Avvocatura di Stato, sarebbe leso a causa sia del rischio psicologico correlato ad una genitorialità non naturale, sia della violazione del diritto a conoscere la propria identità genetica”.105 Considerato tutto ciò, la Corte ha quindi cercato di verificare se il divieto assoluto di fecondazione eterologa fosse l’unico strumento per garantire la tutela di questo interesse. La Corte ha però dovuto valutare l'ammissibilità delle questione sollevate dai ricorrenti anche riguardo al problema evidenziato dall'Avvocatura dello Stato, ossia che la declatoria di illegittimità costituzionale delle disposizioni normative censurate potesse creare pericolosi vuoti normativi. La Corte nella sua disamina del problema, ha evidenziato che la legge n.40 è una legge costituzionalmente necessaria, ma non con un contenuto vincolato; in relazione al pericolo del vuoto normativo, la Corte ha ritenuto che il suo potere-dovere di dichiarare l’incostituzionalità delle leggi non possa trovare un limite nella situazione di carenza legislativa,

conseguenza del suo giudizio. Nello specifico, indicando le questioni di illegittimità Costituzionale, la Corte ha dichiarato “l’illegittimità del divieto in esame, esclusivamente in riferimento al caso in cui sia stata accertata l’esistenza di una patologia che sia causa di una sterilità o infertilità assolute”.106 I giudici si sono soffermati poi sul diritto ______________________

105 Corte Costituzionale, ibidem. 106 Corte Costituzionale. Ibidem.

all’identità genetica del nascituro e sulla necessità del divieto di fecondazione eterologa per tutelare tale diritto.

Hanno quindi evidenziato come sia a livello legislativo che di giurisprudenza costituzionale, sia stato abbattuto il principio della segretezza dell’identità genetica dell’adottato e come ciò sia la dimostrazione che l’identità genetica del nascituro non è un bene di pari rango, bilanciabile con l’autodeterminazione dei genitori a formare una famiglia o a disporre del proprio corpo. La Corte è arrivata, dunque, alla conclusione che “il censurato divieto, nella sua assolutezza, [fosse] pertanto il risultato di un irragionevole

bilanciamento degli interessi in gioco, in violazione anche del canone di razionalità dell’ordinamento”.107 L’elemento principale di

irrazionalità consisteva nell’aver precluso l’accesso alla PMA e quindi nell’aver negato il diritto alla genitorialità, proprio alle coppie affette da patologie più gravi, per le quali sarebbe stato necessario ricorrere alla donazione di gameti, ponendosi così in contrasto con la ratio legis, che è quella di “favorire la soluzione dei problemi riproduttivi

derivanti dalla sterilità o infertilità umana” come appunto espressamente indicato nell'articolo 1 della predetta legge.Tale ingiustificata disparità di trattamento sarebbe stata accentuata dalla possibilità di ricorrere all’estero alle tecniche vietate in Italia,

discriminando tra coppie infertili o sterili anche in relazione alla loro capacità economica ritenendosi quindi violato anche per questo fattore l'articolo 3 della Costituzione. Dunque al termine di questo giudizio, la Corte non poteva che concludere con la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme censurate.

_________________________ 107 Corte Costituzionale. Ibidem.