• Non ci sono risultati.

L'influenza della giurisprudenza europea su quella nazionale per

3.2 La sostanziale disapplicazione del divieto di diagnosi genetica

3.2.2 L'influenza della giurisprudenza europea su quella nazionale per

patologie genetiche: la sentenza Costa e Pavan c. Italia.

Sul problema riguardante la diagnosi pre-impianto si è posta anche un'altra questione che è stata affrontata dalla giurisprudenza, parliamo della legittimità di accedere a tale tecnica anche alle coppie non sterili e non infertili ma comunque affette da malattie geneticamente

trasmissibili che in questi casi non avrebbero i requisiti richiesti dalla legge n.40 per potervi accedere. In questo contesto, c'è prendere in considerazione innanzitutto

l'ordinanza emessa dal Tribunale di Salerno del 2010, con la quale la questione dei limiti legislativi della diagnosi pre-impianto viene nuovamente messa al centro del dibattito.61 I ricorrenti erano una coppia fertile ma affetta da una malattia genetica, che voleva avere un altro figlio e si era quindi rivolta a un centro salernitano di

fecondazione assistita per sottoporsi alla diagnosi genetica pre- impianto. Il centro però aveva ritenuto di non poter soddisfare la loro richiesta, in quanto non in possesso dei requisiti prescritti dalla legge n.40, articolo 4, riguardante appunto l'accesso alle tecniche di PMA. Di fronte al rifiuto, la coppia, quindi, ha deciso di adire il Tribunale. Il Tribunale di Salerno basandosi sulla precedente giurisprudenza ordinaria, amministrativa e costituzonale, ha ribadito l'avvenuta

rimozione giurisprudenziale del divieto di diagnosi pre-impianto.62 Il giudice ha evidenziato inoltre l’avvenuto annullamento della

disposizione, contenuta nelle Linee guida ministeriali del 2004, che ________________________

61 Tribunale di Salerno, ordinanza 9 gennaio 2010, n. 191

62 Per un commento, si rimanda a Tripodina, Sul come scansare la briglia delle leggi. Ovvero

la legge sulla procreazione assistita secondo il giudice di Salerno, in

prevedeva la possibilità di ricorrere solo alla diagnosi genetica di tipo osservazionale; ha sottolineato poi che, nelle nuove Linee guida ministeriali, è riconosciuta la possibilità di ricorrere alla diagnosi genetica pre-impianto anche nelle ipotesi nelle quali l’uomo sia portatore di malattie virali sessualmente trasmissibili, assimilabili ai casi di infertilità per i quali è concesso il ricorso alla PMA nella legge n. 40 del 2004. Sulla base di questi elementi, il giudice salernitano è arrivato a ritenere la “diagnosi pre-impianto, al pari della diagnosi prenatale, una normale forma di monitoraggio con finalità conoscitiva della salute dell’embrione, alla stregua dei doverosi criteri della buona pratica clinica, la cui mancanza dà luogo a responsabilità medica”. Il giudice ha sottolineato, inoltre, come la Corte costituzionale, pur non avendo affrontato il tema della diagnosi genetica pre-impianto, nella sentenza n. 151 del 2009 avesse riconosciuto un ruolo dominante alla salute della madre, “muovendo dal rilievo che la stessa l. n. 40 del 2004 non riconosce una tutela assoluta all’embrione, in quanto cerca di individuare un giusto bilanciamento con la tutela delle esigenze della procreazione”;63 quindi una volta riconosciuto alla madre il diritto di abortire il feto malato, doveva essere tutelato anche il diritto della stessa di sapere se il feto era affetto da malattie, attraverso il ricorso alla diagnosi pre-impianto.L’esclusione di questo controllo sullo stato di salute dell’embrione sarebbe stato irragionevole, in quanto avrebbe costretto una donna ad impiantare un embrione malato, salva la possibilità poi di ricorrere a un aborto successivo. Il giudice ha anche sostenuto l'esistenza di un diritto a procreare, inteso come diritto a

_______________________________

partorire un figlio sano, da considerare “un diritto soggettivo, da ascriversi tra quelli inviolabili della donna ai sensi dell’articolo 2 della Costituzione”.64

Il giudice ha sostenuto, infine, che proprio i diritti a procreare e alla salute dei soggetti coinvolti sarebbero lesi da un’interpretazione delle disposizioni della legge n. 40, tale da impedire l’accesso alle tecniche di PMA e, nel caso specifico, alla diagnosi genetica pre-impianto, alle coppie fertili, ma affette da malattie genetiche, che rischierebbero quindi di generare figli malati. Il giudice ha accolto il ricorso, riconoscendo così il diritto alla coppia di accedere alla diagnosi genetica pre-impianto presso il centro di fecondazione artificiale, cui si era rivolta precedentemente.

Successivamente la questione della diagnosi pre-impianto è stata trattata addirittura dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, che si è pronunciata sul caso Costa e Pavan contro l'Italia.65 Questa sentenza è particolarmente importante perché rappresenta la prima pronuncia della Corte europea sulla compatibilità della legge n. 40 del 2004 rispetto ai diritti convenzionali.

La vicenda vedeva coinvolta una coppia fertile ma affetta da una grave malattia geneticamente trasmissibile e quindi non in possesso dei requisiti previsti dalla legge n. 40 del 2004, in conseguenza di ciò le era impedita la possibilità di accedere alle tecniche di PMA ed in particolare alla diagnosi genetica pre-impianto. Con il ricorso alla _____________________

64 Tribunale di Salerno, ibidem 65 Corte Edu, Decima sezione, 28 agosto 2012, Costa e Pavan c. Italia, n. 54270/10. Per un

commento più approfondito sulla sentenza si rimanda a Vari, Considerazioni critiche a

proposito della sentenza Costa et Pavan della II sezione della Corte Edu, in Rivista AIC,

1/2013; Elena Falletti, Diagnosi preimpianto: quali effetti della decisione Costa e Pavan contro Italia nell’ordinamento interno?, in Quotidiano Giuridico del 15 ottobre 2013.

Corte europea, la coppia lamentava, in primo luogo, la violazione del proprio diritto alla vita privata e familiare, tutelata dall’articolo 8 CEDU, nella misura in cui “l’unica strada percorribile per generare figli che non [fossero] affetti dalla malattia di cui [erano] portatori sani [era] iniziare una gravidanza secondo natura e procedere

all’interruzione medica di gravidanza ogniqualvolta una diagnosi natale [dovesse] rivelare che il feto [fosse] malato”66; inoltre

riscontrava anche una violazione dell’articolo 14 CEDU,67 in ragione del trattamento discriminatorio riservato alle coppie fertili, ma affette da malattie geneticamente trasmissibili rispetto a quelle cui era consentito invece il ricorso alle tecniche di procreazione assistita e quindi anche alla diagnosi genetica pre-impianto. La Corte nella sua decisione ha ritenuto quindi che, “nel caso di specie, [..] il desiderio dei ricorrenti di mettere al mondo un figlio non affetto dalla malattia genetica di cui [erano] portatori sani e di ricorrere, a tal fine, alla procreazione medicalmente assistita e alla diagnosi pre-impianto rientr[asse] nel campo della tutela offerta dall’articolo 8”;68 tale scelta è considerata, infatti, una forma di espressione della vita privata e familiare dei ricorrenti e quindi l’articolo 8 doveva essere applicato nel caso in questione. Per quanto riguarda poi la verifica della conformità al diritto al rispetto della vita privata e familiare del divieto di accesso alla diagnosi genetica preimpianto, la Corte si è mossa da due

_____________________

66 Corte Edu, Decima sezione, 28 agosto 2012, Costa e Pavan c. Italia, n. 54270/10,

67 Articolo 14: “Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione

deve essere assicurato senza alcuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione”.

presupposti. Prima di tutto ha ritenuto il divieto assoluto e generale di accesso a questa tecnica come “un’ingerenza prevista dalla legge e [..] intesa al perseguimento degli scopi legittimi di tutela della morale e dei diritti e delle libertà altrui”69; in secondo luogo, la Corte ha

sottolineato come la doglianza dei ricorrenti riguardasse che il divieto fosse sproporzionato in relazione alla disciplina sull'interruzione della gravidanza nel sistema italiano.È riscontrata difatti un’incoerenza nel sistema legislativo italiano che, da una parte preclude alla coppia di accedere alla diagnosi genetica pre-impianto, ma, dall’altra, le permette di ricorrere all’aborto terapeutico.

Per questo motivo, dunque, i giudici, hanno concluso che l’ingerenza nel diritto dei ricorrenti al rispetto della loro vita privata e familiare [fosse] stata spropositata” e per questo motivo, hanno riscontrato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione nel caso di specie. La Corte, quindi, ha rilevato la violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare della coppia, ma ha ritenuto invece non presente una violazione del principio di non discriminazione ex articolo 14 CEDU . I giudici di Strasburgo, infatti, hanno evidenziato come, “ai sensi dell’articolo 14 della Convenzione, la discriminazione derivi dal fatto di trattare in modo diverso, salva giustificazione oggettiva e ragionevole, persone poste in situazioni paragonabili in una data materia”. In questo senso, la Corte è arrivata a definire il divieto di diagnosi genetica preimpianto come un divieto previsto dalla legge e generale, ovvero operante nei confronti di tutti i soggetti e, quindi, non si è posta il problema di comparare categorie di coppie differenti, trattate in modo più o meno favorevole, o di individuare il fondamento ___________________________

alla base della disparità di trattamento, lamentata dalla coppia ricorrente. 70

La dottrina italiana tuttavia è stata molto critica sulla pronuncia emessa dalla Corte, in quanto la decisione della Corte poggia su un

presupposto erroneo, cioè l’esistenza di un divieto di diagnosi genetica pre-impianto contenuto nella legge n. 40 del 2004; questa infatti non tiene conto dell’evoluzione giurisprudenziale, che ha portato al riconoscimento del diritto di accesso a questa tecnica per le coppie sterili e infertili e nelle quali l’uomo sia portatore di una malattia sessualmente trasmissibile, ipotesi quest’ultima introdotta con le Linee guida ministeriali del 2008.71 La Corte dunque è arrivata a definire il divieto di diagnosi genetica preimpianto come un divieto previsto dalla legge e generale, ovvero operante nei confronti di tutti i soggetti e, quindi, non si è posta il problema di comparare categorie di coppie differenti, trattate in modo più o meno favorevole, o di individuare il fondamento alla base della disparità di trattamento, lamentata dalla coppia ricorrente.

In seguito alla pronuncia della Corte di Strasburgo, il Tribunale di Roma 72, al quale si era rivolta la stessa coppia ricorrente presso la Corte di Strasburgo, è arrivato a riconoscere il diritto di sottoporsi al procedimento di procreazione assistita con il trasferimento dei soli embrioni sani nell’utero materno e quindi successivamente al ricorso _________________________

70 Corte Edu, Decima sezione, 28 agosto 2012, Costa e Pavan c. Italia, n. 54270/10, punti 59

e 75.

71 Nardocci, La Corte di Strasburgo riporta a coerenza l’ordinamento italiano, fra

procreazione artificiale e interruzione volontaria di gravidanza. Riflessioni a margine di Costa e Pavan c. Italia, in Rivista AIC, 1/2013, p. 8

alla diagnosi genetica pre-impianto. La coppia chiedeva al Tribunale di ordinare al centro medico di consentire loro l’accesso alle tecniche di procreazione assistita e alla diagnosi genetica pre-impianto,

provvedendo a disapplicare l’articolo 4, primo comma della legge n. 40 perché ritenuta contrastante con gli articoli 8 e 14 CEDU; inoltre la coppia ricorrente chiedeva che venisse sollevata questione di

legittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 1 e 2, e dell’articolo 4, comma 1, della legge n. 40 del 2004. Il Tribunale di Roma ha

disapplicato direttamente l’articolo 4 della legge n. 40, basandosi su quanto stabilito dalla Corte europea e ritenendo superato il divieto di diagnosi genetica pre-impianto per le coppie né sterili né infertili attraverso una lettura costituzionalmente orientata. I giudici si sono limitati a rilevare che “proprio il divieto di accesso alla PMA per le coppie fertili e al contempo trasmettitrici di gravi malattie ereditarie si pone in assoluta dissonanza con il diritto alla salute consacrato nella Carta fondamentale tra i diritti assoluti (art.32 Cost.)”.73

In relazione al divieto di diagnosi pre-impianto per le coppie né sterili né fertili, il Tribunale di Roma, in un altro giudizio, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 1, commi 1 e 2, e dell’articolo 4, comma 1, della legge n. 40 del 2004 per contrasto con gli articoli 2, 3, 32 e 117 della Costituzione, collegando quest’ultimo parametro anche alla decisione della Corte europea dei diritti

dell’uomo nel caso Costa e Pavan c. Italia.74

____________________________________ 73 Tribunale di Roma,ibidem.

3.2.3 L'intervento della Corte Costituzionale sulla diagnosi pre-