SELFIE E SELFING: LA COSTRUZIONE IDENTITARIA NELL’ERA DELLA FOTOGRAFIA SOCIAL
3.6 Il selfie come mediazione di una relazione empatica
Per provare a descrivere in modo ancora più dettagliato ciò che un selfie provoca nel suo destinatario bisogna riconsiderare la nozione di esperienza. Si è già discusso all’inizio di questo lavoro di neuroni specchio, empatia e simulazione incarnata. In ogni momento della propria vita l’uomo è naturalmente portato ad empatizzare con l’Altro che ha davanti e la vista risulta in ciò un canale preferenziale. Ciò che le immagini fotografiche, prima analogiche ora digitali e social, hanno permesso è l’ampiamento del raggio di azione di questo processo empatico che si verifica, con le stesse modalità e con l’ausilio degli stessi neuroni, anche quando l’Altro non è in carne e ossa ma rappresentato in immagine.
Il neuroscienziato Antonio Damasio (1999) sostiene che nell’osservare un’immagine che descrive un’emozione, il cervello riproduce lo stato somatico mostrato nell’immagine stessa. Questa tesi conferma ciò che in parte l’uomo ha sempre saputo, le immagini hanno un potere nei confronti del cervello umano. La fotografia, poi, in quanto indice di un referente moltiplica questo potere in quanto viene percepita come reale. Si restringa ora il discorso già fatto in apertura rispetto alle immagini in senso generico, e quindi alla capacità di emozionarsi davanti ad un film (immagini in movimento) o ad un fumetto (illustrazioni) o ad altre forme di narrazione da cui scaturiscono immagini mentali (i libri), alla fotografia istantanea. Ancora più precisamente, si concentri l’attenzione sul selfie condiviso online, un’immagine
SELFIE E SELFING: LA COSTRUZIONE IDENTITARIA NELL’ERA DELLA FOTOGRAFIA SOCIAL 81
fotografica digitale fruita con modalità specifiche e strumenti specifici che mostrano un’evidente invasività e un forte legame corporeo legato all’uso delle mani per “toccare” tali immagini e alla presenza del corpo dell’autore nello scatto.
Le foto, infatti, non sono solo guardate con gli occhi ma anche toccate con le dita sullo schermo. La manipolazione delle immagini fotografiche social favorisce una relazione intima fra l’immagine e il suo fruitore. Si potrebbe obiettare che tale relazione sia più viva e limpida nelle fotografie stampate su pellicola piuttosto che nelle foto condivise sui social network. Ma ciò che le immagini di questo secondo tipo hanno in più rispetto a quelle stampate è l’immediatezza. Le fotografie che gli utenti fruiscono online sono “nuove”, istantanee, appartengono al presente e rappresentano un sentimento vivo e significativo per quell’autore e di conseguenza per quel fruitore, in quel preciso istante. È più facile condividere un’emozione presente piuttosto che immedesimarsi in un momento temporale altro, futuro o passato. Quell’herealways di cui si è parlato è in realtà un eterno istante che esaurisce rapidamente il suo potenziale attrattivo a meno di particolari condizioni esterne, come ad esempio nei
death selfie.
La relazione che oggi il singolo individuo instaura con il proprio smartphone definisce un altro elemento chiave nell’analisi delle immagini fotografiche social. Il telefono è una protesi non biologica del corpo e nel momento in cui si mette in atto anche solo una delle sue innumerevoli funzioni esso diventa protesi ora della memoria umana, ora delle capacità organizzative, ora delle facoltà narrative dell’uomo o altro. Considerando la costruzione del Sé un processo che non può che prendere forma a partire proprio dalle capacità narrative insite nell’uomo, la facoltà narrativa cui si fa riferimento nell’inciso precedente coincide proprio con la costruzione del Sé narrativo.
Il racconto del Sé, che come è stato detto non può più nella società contemporanea prescindere dall’utilizzo dell’immagine, ha acquisito attraverso la fotografia della
networked camera un nuovo canale di rappresentazione. Il selfie, si è già chiarito in
questo capitolo, rappresenta il tipo di foto che meglio permette di comprendere questa rimediazione del racconto del Sé in immagine, grazie alla potenza dello sguardo. Ogni selfie rappresenta la pagina di un diario che ha senso nel complesso di
82
tutte le immagini condivise in rete su diverse piattaforme di sharing che possono essere identificate come diversi dispositivi dello stesso medium fotografia. Si tratta di una serie illimitata di racconti/immagini che si incastrano fra loro in una sempre più evidente convergenza fra diversi dispositivi dalla quale prende forma un networked sense of self che coinvolge tutta la rete ma, come più volte ribadito, non è altro che la rimediazione di un racconto, il racconto del Sé, che l’uomo ha sempre tessuto. Il selfie, inoltre, a prescindere dalla sua conformazione estetica rappresenta una performance istantanea del Sé, un gesto di condivisione di una parte della propria identità che attraverso il medium fotografia rimedia l’autoritratto del passato.
Si ritiene opportuno a questo punto una piccola precisazione forse utile ad eliminare qualche dubbio che il lettore si sarà posto passando in rassegna i selfie dei suoi contatti del giorno. Il grado di “verità” di un selfie non esiste. Non ci sono selfie più reali di altri. Non importa quanti filtri o prove di pose un autore di selfie applica prima di condividere il suo scatto. Ciò che è rilevante ai fini dell’ipotesi iniziale che vuole studiare il selfie come rimediazione del racconto del Sé, è che in ogni caso ad essere rappresentato è l’autore dello scatto, la sua emozione, la sua esperienza, il suo bisogno di condivisione. Un selfie è un “mini-me” istantaneo, magari ipermodificato, ma non per questo meno reale dell’immagine faccia a faccia che si può offrire all’Altro. In questa prospettiva si eliminano le distanze fra fotografia del passato e fotografia digitale, ammettendo inoltre che il “ritocco” è sempre esistito. Anche nell’interazione dal vivo esistono filtri e schermi che l’individuo sceglie di utilizzare. Ogni giorno, proprio come dice Goffman (1959), si indossa una maschera adeguata ad una situazione, alle persone che si hanno davanti, a ciò che si vuole raccontare di Sé. La potenza del selfie qui tanto esaltata risiede in realtà nella potenza del primo piano che, violando i confini corporei, si presenta sempre come uno shock visivo (Gallese & Guerra, 2015). Il selfie è una finestra nel mondo dell’altro e stabilisce fra l’autore e il destinatario una relazione empatica di condivisione, un dialogo fra sguardi. Si offre all’altro una parte di Sé, la propria esperienza ed emozione. Come già riportato sopra con le parole di Damasio in riferimento alle immagini tutte, la mente umana che fruisce selfie che mostrano in modo esplicito un’emozione, riproduce attraverso
SELFIE E SELFING: LA COSTRUZIONE IDENTITARIA NELL’ERA DELLA FOTOGRAFIA SOCIAL 83
l’attivazione del meccanismo mirror legato ai neuroni specchio, lo stato somatico mostrato nel selfie stesso.
Attraverso le immagini che si fruiscono online si fa esperienza mediante le esperienze dell’altro e, nel caso specifico del selfie, si vede il mondo con gli occhi dell’altro. Ciò avviene a prescindere dal grado di conoscenza fra creatore e fruitore di selfie. È possibile, e uno studio comparativo fondato su esperimenti di neuroimaging potrebbe dimostrarlo, che l’empatia aumenti se il protagonista dello scatto è realmente amico del fruitore, conosciuto cioè da questo anche offline. Ma è possibile che questo non sia un canone di diversificazione per l’innescarsi di reazioni somatico motorie nel fruitore di selfie.
Certamente sono molteplici le possibilità di ricerca future che potrebbero svilupparsi a partire dal fenomeno del selfie. Quello che si è cercato di fare in questo breve e certamente non esaustivo percorso di analisi, è stato cercare di inquadrare un genere visuale specifico come il selfie, che appartiene al mondo dei media digitali ma che in realtà è sempre esistito, in un paradigma di studio cognitivo che mette in risalto il ruolo della fotografia come strumento protesico delle facoltà umane. Si è cercato di guardare al selfie come rimediazione del racconto del Sé in nuova materializzazione digitale dell’identità multipla dell’individuo moderno.
Nell’ultima parte di questo lavoro si propone una prospettiva di studio che focalizza l’attenzione su un social network specifico, Instagram, proposto come dispositivo contemporaneo del mezzo fotografico utile all’estrazione di big visual data e, quindi, allo studio qualitativo e quantitativo della fotografia social in generale e del selfie in particolare. La scelta di Instagram come caso studio di molte ricerche che si sono dedicate specificatamente al selfie e alla fotografia istantanea, e che verranno citate nelle pagine seguenti, avvalora la sua aderenza all’argomento qui trattato. La mancanza di tempo non ha permesso lo svolgersi in questa sede di un’analisi qualitativa e quantitativa su dati estratti da Instagram ma il capitolo che segue vuole essere di spirazione propedeutica ad eventuali percorsi futuri.
84
CAPITOLO QUARTO - Un nuovo supporto al medium fotografia
4.1 Instagram: caratteristiche tecniche e diffusione globale
“The selfie is something that didn’t really exist in the same way before Instagram” Kevin Systrom L’enorme quantità di dati e di prospettive di studio rende immensa la mole di lavoro a disposizione di quanti desiderano studiare e analizzare un social network. Le scienze cognitive, fra tutte le discipline che potrebbero scendere in campo quando si parla di visuale, offrono una prospettiva scientifica che permette, invece, di restringere il campo di interesse a ciò che è universalmente vero, a prescindere da fattori culturali (legati all’uso dell’applicazione, alle modifiche tecnologiche, alle mode...). Guardare alle immagini di IG come una narrazione che offre una finestra empatizzante sull’Altro accomuna tutte le tipologie di foto presenti sul social network. Capire come queste foto, che viaggiano a grandi velocità e quantità, possano creare effetti emozionali e legami fra gli autori e i follower, riutilizzando quei circuiti neurali di cui si è già discusso, è il passo successivo che permette di collegare questa pratica moderna al passato e all’uomo in quanto essere dotato della capacità e del bisogno di intersoggettività.Nata nel 2010, Instagram è un’applicazione gratuita compatibile con iPhone e dal 2012 anche con Android, che permette agli utenti di scattare o caricare foto, editarle con filtri, testi, tag e condividerle in tempo reale anche su altri social network. Ogni utente su IG possiede una propria bacheca che, attraverso le impostazioni di base, può decidere di rendere pubblica o condividere solo con gli utenti di cui si accetta la richiesta di following. Nella home dell’applicazione è possibile scorrere le immagini degli utenti che si è scelto di seguire, mettere like e scrivere commenti che possono a loro volta ricevere like e risposte. Ma è possibile anche navigare nel mare di immagini condivise da profili pubblici che non si seguono, magari effettuando ricerche per
hashtag o per luogo. La possibilità di taggare le foto tramite hashtag è stata introdotta
SELFIE E SELFING: LA COSTRUZIONE IDENTITARIA NELL’ERA DELLA FOTOGRAFIA SOCIAL 85
perdere nulla la pubblicazione di immagini accomunate da un determinato hashtag e dare la possibilità agli utenti di legare insieme determinate immagini con un significato comune. La geolocalizzazione, invece, da sempre disponibile, non è obbligatoria e permette di ricollegare la foto ad un luogo specifico (una città ma anche un ristorante, un negozio...) del quale sarà possibile visualizzare anche tutte le altre immagini ad esso collegate oltre che la posizione geografica tramite mappa. Dal 2013 è stata introdotta la possibilità di girare mini video direttamente dall’applicazione o di caricarli dalla galleria del telefono. Fino al 2015, inoltre, le foto e i video caricati su Instragram dovevano necessariamente avere un formato quadrato, mentre adesso la visualizzazione si adatta al formato del file che si vuole caricare sul social. Caratteristica propria del social network, che lo differenzia in modo specifico dagli altri, è il suo esclusivo uso mobile: non è possibile, infatti, caricare foto su IG da un computer, anche se è possibile navigare da pc la home, guardare le foto, mettere like e commentare dopo aver effettuato l’accesso al proprio profilo.
In passato la home di IG seguiva l’ordine cronologico della pubblicazione delle foto da parte degli utenti seguiti. Ma dal 2016, a seguito anche dell’acquisto del social network da parte di Facebook avvenuto nel 2012, il feed delle immagini segue l’ordine dettato da un algoritmo basato sulle preferenze espresse in precedenza dall’utente. Ciò ha facilitato l’utilizzo commerciale dell’applicazione ma ha creato anche numerosi scontenti fra gli utenti1. Dal 2013, infatti, erano già comparse le prime pubblicità e dal 2016 IG ha introdotto la possibilità di realizzare post sponsorizzati e ha creato nuovi tools di gestione per i profili aziendali che includono la visualizzazione degli insights.
1 Proprio questo scontento riferito all’inserimento dell’algoritmo già utilizzato per Facebook,
sembra essere il motore del nuovo successo di Vero, un social network messo sul mercato già nel 2015 ma che solo adesso nel 2018 sta riscuotendo successo. La somiglianza con Instagram è palese ma a differenziarlo c’è proprio la scelta di un news feed "classico", organizzato cioè in modo cronologico e con l'assenza totale della pubblicità. In tal modo l’utente ha la sensazione di essere maggiormente “libero” nella scelta di cosa guardare e cosa no.
86
Sempre a partire dal 2016, che risulta essere un anno di svolta nella diffusione globale del social network Instagram, sono state introdotte le stories. Seguendo il modello di comunicazione di un altro social network, Snapchat, gli utenti di IG possono decidere di creare e condividere foto e video in modalità temporanea, visibili cioè solo per 24 ore a tutti i propri follower o solo ad alcuni di essi selezionati per ogni singolo post. Queste stories hanno un formato predefinito verticale, possono contenere tag, testo, emoticon ed essere modificate con diversi effetti visivi. Esse appaiono in alto nella home o nel profilo del singolo utente visualizzato, e possono ricevere sia like che commenti sotto forma di messaggio privato. E possibile, inoltre, salvare il contenuto di una stories e metterlo in evidenza nel proprio profilo in modo che non venga cancellato allo scadere delle 24 ore.
Altre funzioni del social network permettono, inoltre, di inviare messaggi privati ad un altro utente, salvare le foto di altri utenti o condividerle in forma privata con i propri contatti e, infine, pubblicare più foto contemporaneamente usando dei layout in forma di collage o uno slide di foto che contiene fino a 10 immagini per post. Nel complesso il social risulta molto semplice da utilizzare, l’infografica è essenziale e proprio la limitata varietà di contenuti (si possono pubblicare solo foto o mini video con brevi didascalie) ne permette un utilizzo rapido e immediato. Le foto e le didascalie non possono contenere link diretti a meno che non si tratti di post sponsorizzati che pubblicizzano un sito o profili aziendali collegati ad una pagina Facebook contenente una vetrina di prodotti in vendita. Quest’ultima funzione, introdotta nel 2018 proprio per favorire l’uso di IG da parte dei brand commerciali, ha certamente modificato, insieme agli altri tools di marketing, un uso più commerciale dell’applicazione. Ciò però non inficia sull’utilizzo privato dei singoli utenti. Anzi, come si discuterà nei paragrafi successivi, l’uso privato e l’uso pubblico/commerciale di Instagram si influenzano a vicenda e prendono le mosse dalla stessa estetica visuale propria del mezzo.
SELFIE E SELFING: LA COSTRUZIONE IDENTITARIA NELL’ERA DELLA FOTOGRAFIA SOCIAL 87
Figura 7 Immagini tratte dalle gallerie di Instagram di utenti provenienti da Vietnam, Cina, Giappone, Corea, Hong Kong, Russia, Ucraina e Bielorussia. Tale archivio è stato oggetto di diverse analisi qualitative e quantitative condotte da Lev Manovich e da suoi collaboratori del Cultural Analytics Lab le cui pubblicazioni si possono trovare al seguente link: http://lab.culturalanalytics.info
Volendo fornire qualche dato statistico, tenendo però presente che essi sono ogni giorno costantemente aggiornati, Instagram conta oltre 800 milioni di utenti, circa 14 milioni dei quali in Italia che lo portano ad essere il social network più utilizzato del paese dopo Facebook e YouTube2. Ogni giorno su IG sono condivise circa 70 milioni di
2 Si è fatto riferimento in questo paragrafo alle stime del sito http://vincos.it/osservatorio-
88
foto che raccolgono 2,5 miliardi di like quotidiani spalmati in 175 paesi differenti in cui l’applicazione risulta ad oggi attiva. La facilità d’uso e la diffusione di questo strumento comunicativo ha rivoluzionato il modo di trasmettere e condividere immagini fotografiche, facilitando il processo di democratizzazione delle immagini stesse e la loro libera circolazione.
Instagram si impone subito sul mercato delle applicazioni di social networking per delle caratteristiche specifiche fra cui, in modo particolare, la possibilità di editare le immagini con un numero specifico di filtri che dotano ogni singolo utente della capacità di scattare delle foto e abbellirle per renderle maggiormente attrattive. Su IG tutti possono fare potenzialmente delle belle foto utilizzando gli strumenti a disposizione all’interno della stessa applicazione. Questa caratteristica è una delle grandi rivoluzioni della networked camera che ha compresso in una mano le facoltà fotografiche che un tempo necessitavano di strumenti molto più complessi e pesanti. Nel corso degli anni le numerose migliorie sopra descritte hanno permesso al social network preso in esame di crescere, evolversi e abbracciare sempre più pubblico. Un unico supporto che attraverso un dispositivo che si tiene in una mano contiene in sé elementi caratteristici della fotografia dei secoli scorsi: macchina fotografica, camera oscura, spazi espositivi come gallerie d’arte e luoghi di pubblicazione come le riviste illustrate convivono nello spazio digitale di un’unica applicazione. Non è necessario, per fare un esempio, recarsi a Londra per ammirare i dipinti della National Gallery, basta digitare nella sezione “cerca” di Instagram #nationalgallery. Non si è obbligati a visitare la mostra di un famoso fotografo per aggiornarsi sulle sue ultime foto celebri, basta seguirlo su Instagram.
Quel mondo, il mondo della fotografia dalla metà dell’Ottocento fino ai primi anni Duemila continua a vivere ma la networked camera ne influenza inevitabilmente lo sviluppo con la sua invasività e semplicità. Ma ciò è già avvenuto in passato, anche se a livelli più bassi e con meno impatto sociale. Volendo analizzare, infatti, il ruolo di IG in quanto piattaforma di condivisione del visuale all’interno della storia dei media e dei dispositivi, esso si avvicina ad altri supporti di cui la fotografia si è dotata in passato e che possono essere considerati piattaforme in quanto creatori di una nuova cultura visuale. Manovich accosta, ad esempio, il successo e la diffusione d’uso della
SELFIE E SELFING: LA COSTRUZIONE IDENTITARIA NELL’ERA DELLA FOTOGRAFIA SOCIAL 89
Polaroid SX-70 prodotta tra il 1972 e il 1981 ad Instagram (Manovich, 2016). La Polaroid, infatti, permetteva l’innovativa stampa istantanea delle fotografie in un formato prestabilito (un formato quadrato proprio come quello di IG dei primi anni) e aveva creato una vera e propria cultura fotografica nuova. La possibilità di condividere immediatamente le immagini fotografiche stampate istantaneamente offriva nuove possibilità di senso e un utilizzo dell’immagine del tutto nuovo. Anche la Polaroid, come la networked camera, riuniva in sé più funzioni e imponeva uno stile estetico ben definito proprio come oggi fa IG. Ma è ovvio che le differenze sono tante, prima fra tutti il fatto che Instagram non promuove la diffusione di una sola cultura visuale ma di tante, come si vedrà più avanti, e che la condivisione avviene online con milioni di altri utenti su un supporto digitale e non fisico come la pellicola della Polaroid SX-70 che poteva semplicemente essere regalata ad amici e parenti o al massimo essere utilizzata come cartolina e spedita in luoghi fisicamente più lontani. Nonostante ciò è interessante accostare i due fenomeni, considerando anche l’odierno ritorno sul mercato della Polaroid stessa con nuovi modelli che ricalcano anche nel design quelli degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. Da notare anche come la prima grafica di Instagram riprendesse palesemente il design della vecchia Polaroid, mostrando in modo evidente l’intento, comune al supporto del secolo scorso, di