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Il settore della grande distribuzione organizzata

Capitolo 5. Il contesto dell’Italia

5.2 Il settore della grande distribuzione organizzata

Il settore della grande distribuzione organizzata (GDO), in Italia, dagli anni’ 90, in poi ha subito un processo di trasformazione sostanziale che ha mutato il rapporto tra produzione e distribuzione e la proporzione tra vendita al dettaglio e vendita tramite canali della grande distribuzione organizzata. Mentre negli anni ’80 l’Italia era uno dei paesi in cui la vendita al dettaglio era maggiormente diffusa e radicata (ogni 60 abitanti esisteva un esercizio commerciale tradizionale), nei primi anni novanta, l’8% (70.000) dei negozi di vendita al dettaglio è scomparso. Per arrivare ad una drastica diminuzione nel 2002 in cui sono stati censiti 192.000 esercizi commerciali tradizionali a fronte degli oltre 413.000 dei primi anni ottanta37 (Pellegrini,1997; Paviera, 2000).

Negli anni ottanta, dunque, la grande distribuzione in Italia ha avuto un ruolo subordinato rispetto alla piccola impresa, ma la situazione è andata progressivamente mutando con la diffusione della distribuzione moderna. Quest’ultima, nella prima fase di strutturazione, non ha avuto grossi margini di libertà sull’organizzazione della produzione e sulle condizioni di vendita e ciò è da attribuirsi alla necessità di vendere taluni beni di marca largamente pubblicizzati e, perciò, indispensabili per attrarre consumatori. Un ruolo importante nel rafforzare il potere della GDO lo ha giocato, in una fase successiva, l’aumento delle catene distributive e perciò la concorrenza tra le stesse. Dunque se in fase di strutturazione i margini di guadagno, rispetto alla vendita tradizionale, dipendevano dalla logistica e dall’ampiezza della scala, nella fase della diffusione della GDO le leve da cui trarre profitto sono costituite dal prezzo e dalla differenziazione dei prodotti e questo

37 Questo cambiamento è stato favorito da un’ apposita legislazione costituita dal Testo Unico del

1988, il quale ha destituito il vincolo al trasferimento e all’ampliamento degli esercizi di media e grande dimensione, e dal Decreto Legge n. 114 del 1998 che ha disposto l’eliminazione delle licenze comunali per l’apertura di esercizi commerciali con una superficie inferiore od uguale a 150 metri quadrati per i comuni con 10.000 abitanti, e inferiore o uguale a 250 metri quadrati per i comuni con una popolazione maggiore di 10.000.

determina la pressione sulle industrie, a monte, alla ricerca di migliori condizioni di acquisto (Pellegrini,1997).

Nel panorama della grande distribuzione organizzata in Italia, la Coop, che può contare su 5.500.000 soci, si trova in una posizione privilegiata anche rispetto alle grandi catene europee di distribuzione (Carrefour, Auchan, Metro, Aldi, ecc.)38, possiede circa 1250 punti vendita con un totale di 52.000 dipendenti. Tuttavia la grande distribuzione italiana ha di fronte la minaccia costituita dall’ingresso degli altri gruppi internazionali che possono contare su dimensioni maggiori, su risorse più estese e su una logistica più efficiente (Basile e Garosci,1997).

La grande distribuzione organizzata in Italia, dunque, non segue, dunque, lo sviluppo di altri contesti che non posseggono la sedimentazione e la tradizione urbanistica italiana, ma tende ad essere limitata dalla presenza reticolare della piccola distribuzione. Malgrado ciò, il suo rafforzamento è dovuto all’ampiezza della scala su cui opera (la quale permette di ridurre i margini di ricarico sui singoli prodotti), alla riduzione dei costi di fornitura dati dal mutamento di equilibrio con le industrie di produzione, ed alla disponibilità continua di liquidità finanziaria generata da pagamenti dilazionati ed incassi immediati (Baccarani,2005).

Le possibilità di praticare prezzi bassi della GDO deriva dalla posizione di potere che quest’ultima ha acquisito rispetto ai fornitori attraverso l’inclusione o esclusione dei loro prodotti nei propri listini, attraverso l’imposizione di obblighi contrattuali (contributi per gli spazi sugli scaffali, per la pubblicità e per le forniture in esclusiva, sconti retroattivi su merce già venduta, rifornimenti di prodotti alimentari sottocosto per periodi determinati pena l’esclusione dai listini, ecc.), attraverso la vendita di prodotti con marchio proprio la quale consente di espandersi oltre il proprio territorio nazionale limitando i costi della

38 Alla fine degli anni ottanta solo i rivenditori Aldi, Carrefour e Metro potevano contare su un

mercato globale. Dal 2000 le imprese multinazionali della grande distribuzione coprono circa il 75% del mercato europeo, in testa alla classifica ci sono Wall-Mart (che incorporato ASDA Gran Bretagna )e Carrefour, mentre le imprese commerciali italiane hanno dimensioni molto minori.

pubblicità migliorando la qualità. La strategia della GDO rispetto alla domanda di prodotti di marchi noti da parte dei consumatori è stata la gestione per categoria. Tale sistema prevede un solo fornitore principale per ciascuna categoria di prodotto il quale viene spesso invitato a produrre altre tipologie di prodotti correlati. Così facendo il numero di fornitori di articoli di marca è limitato per cui si riducono i costi e si accrescono i margini di guadagno.

La grande distribuzione organizzata negli anni settanta e ottanta è diventata uno dei canali distributivi dell’agricoltura biologica e secondo le rilevazioni di BioBank questo settore è in crescita costante. Alcune catene della GDO hanno, anche, creato una propria linea biologica con una marca privata che garantisce un ritorno in termini di immagine oltre a costituire una fonte di guadagno.

In cima alla graduatoria dei grandi distributori di linee biologiche ci sono Esselunga e Coop, la prima garantisce dal 1999 la presenza di oltre 450 prodotti bio contraddistinti dal marchio Esselunga Bio divisi per linee di produzione, la seconda sin dal 1990 ha inserito una linea bio con il marchio Coop da agricoltura biologica ed una con il marchio Naturali & Biologici aggiunta nel 1994 che comprende una gamma di circa 25 prodotti freschi e 150 non freschi, più di recente è stata inserita la linea Prodotti con amore che ha una caratterizzazione tradizionale e localistica. Le altre catene che distribuiscono biologico anche se in misura minore sono Carrefour, Conad, Crai; Despar, Pam, Rewe, Selex39. Un esempio, invece, di grande distribuzione più trasparente è costituita da Granarolo, questo distributore ha prodotto una linea che promette la tracciabilità dei prodotti e coinvolge cooperative di produttori e di trasformatori.

In Italia l’appropriazione del discorso “alternativo” da parte dei distributori convenzionali, come si evince dalle parole del testimone privilegiato, riportate qui sotto, si attua soprattutto attraverso la vendita di prodotti biologici perché in questo modo è possibile avere margini di

guadagno più ampi rispetto alle linee basate sulla località e sulla tradizione.

La Grande Distribuzione Organizzata lavora su logiche che sono quelle del mercato, e queste, specialmente in questo periodo di crisi, impongono di “lavorare” sul prezzo.. e' clamoroso che Esselunga, Coop negli ultimi anni si e' basata sui prezzi bloccati, quindi la loro comunicazione si riferisce a questo: “da noi si risparmia”. Impostato cosi' a nostro parere, pensando al biologico e' un punto di vista errato, perché non e' una questione di solo e puro prezzo, non solo perché il prodotto biologico inevitabilmente qualcosa in più costa, pero' noi riteniamo che con un diverso stile di vita alimentare si può mangiare meglio e non spendere non tanto di più. Quindi c'è bisogno di un cambiamento di questi stili di vita e in questo momento la GDO non c'è per niente alleata, ne' sulle politiche informative verso i consumatori perché tutta la comunicazione si basa solo sul risparmio e non alla qualità del prodotto. Per questa logica di inseguire la questione del prezzo e giocarla al ribasso in questo modo, anche nel biologico della GDO si vanno a prendere i prodotti che costano meno e quindi frutta e verdura spesso viene dal Nord Africa, la carne dall'Argentina, appunto per il prezzo più basso. Noi riteniamo che questo non favorisce la crescita della produzione nazionale, favorire consumi più sostenibili perché legati al territorio, favorire lo sviluppo sostenibile del territorio locale. Su questo al momento la forza contrattuale del mondo produttivo e' molto limitata, quindi pagare il produttore a 100 e venderla a 500 al consumatore e quindi il valore aggiunto del prezzo, resta fuori dal mondo della produzione, cioè non ha nessuna ricaduta sul produttore. E su questo non e' facile sostenere un sistema produttivo nazionale, che comunque in Italia rispetto la tendenza europea si mantiene ancora la distribuzione locale, pero' in alcuni casi volte il prezzo e' superiore anche di 6 volte. Anche i tentativi normativi che vengono fatti in questo senso sono spesso respinti dalla capacita' delle lobby e della grande distribuzione, e' di poco tempo fa l'emendamento che diceva che ci deve essere dentro il supermercato un approvvigionamento minimo di prodotti locali del territorio regionale. Si e' scatenato un putiferio e le stesse nostre organizzazioni la Federalimentari e' andata in sede europea a dire che quello era uno svantaggio per gli agricoltori e i produttori non italiani, che e' un paradosso mostruoso! Perché sindacavano degli interessi , e delle logiche perché far spazio localmente significava rivoluzionare il sistema di approvvigionamento. E quindi in questo senso e' una battaglia in corso, difficile, poi sul prodotto biologico non può essere disgiunto da chi lo produce, cioè io devo sapere se acquisto una mela, da dove viene, chi la prodotta, come l'ha prodotta. Questa e' la logica con cui pensiamo al prodotto biologico, non un prodotto anonimo ma un prodotto che racconta la storia del produttore e dal luogo da cui proviene. La GDO prende e marchia tutto, rende anonimi tutti i prodotti, adesso ci sono dei tentativi che hanno capito che questa sensibilità non e' solo dei produttori biologici ma iniziano a chiederlo anche i consumatori. Ad esempio c'è il miele alla Coop, e che sull'etichetta viene mostrata la foto del produttore, ed e' un prodotto che va sulla GDO, quindi la possibilità di aumentare la comunicazione sensibilizzando il momento dell'acquisto del consumatore verso sistemi più sostenibili c'è, si tratta di un cambiamento di mentalità che ovviamente non e' facile... i direttori dei supermercati ragionano con tutt'altre logiche, che sono di puro marketing (Enrico Erba, direttore AIAB.)

Per quanto riguarda la vendita di prodotti “alternativi” che pongono l’accento sulla tradizione e sulla località da parte dei distributori “convenzionali” sia uno strumento di marketing da adoperare nel momento in cui sorge l’esigenza di risollevare l’immagine della catena.

Jackson et al. (2007) hanno dimostrato come la strategia sviluppata da un importante distributore inglese (Mark & Spencer), per lanciare un marchio di pollo allevato in una zona geografica specifica e che fa parte di una specie tradizionale (Oakham White), sia dipesa dal calo di vendite e dalla situazione di crisi della catena distributiva.