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Capitolo 5. Il contesto dell’Italia

5.6 La Cooperativa Agricoltura nuova

La cooperativa Agricoltura nuova ha aderito all’iniziativa promossa dall’AIAB: G.O.D.O (gruppi di domanda ed offerta organizzati) con l’obbiettivo di incentivare la filiera corta riunendo produttori e consumatori al fine di promuovere la solidarietà tra di essi e riservare attenzione alla salubrità e all’ambiente. Questa iniziativa pur costituendo un tentativo apprezzabile perchè sostenibile da un punto di vista economico ed ecologico non riesce ad attuare un’integrazione tra produzione e consumo seguendo gli schemi del progetto GODO

La cooperativa Agricoltura Nuova esisteva da molto tempo prima di costituirsi in gruppo di offerta attraverso l’AIAB:

“ nell’aprile del ’77 abbiamo occupato i terreni, questo era un terreno vincolato ad edilizia popolare, la prima battaglia è stata quella di farsi riconoscere.. accettare e poi cambiare la destinazione d’uso del terreno. Noi venivamo dalle borgate ed avevamo bisogno di tirar via dalla strada alcuni ragazzi che vivevano nelle borgate..La cooperativa è formata da tre frange: una frangia veniva dalla cooperativa Capo d’Arco, una cooperativa di portatori di handicapp, le altre da due sezioni dell’ex pci (Franco, direttore tecnico Agricoltura Nuova, intervista n.8).

L’idea della vendita diretta deriva dal bisogno di mantenere la compagine della cooperativa e salvaguardare il lavoro dei soci:

“dopo breve tempo ci siamo resi conto che stavamo diventando un’azienda normale, normale vuol dire un latifondo dove avrebbero potuto lavorare due persone o tre soltanto…questo non ci stava bene e se noi avessimo continuato a vendere ai mercati generali o all’ingrosso non avremmo sviluppato manodopera perché spuntavamo un prezzo bassissimo, sempre sotto le forche caudine di un mercato strampalato dove il produttore pagava tutto, il consumatore idem e gli altri facevano i soldi…quindi l’analisi era che i soldi stavano in mezzo e noi dovevamo andarceli a prendere, quindi abbiamo cominciato a vendere al minuto, poi questo settore piano, piano si è sviluppato (ibidem)”

Il tentativo di lavorare con la grande distribuzione quando ancora praticavano l’agricoltura convenzionale era stato del tutto negativo ed ha costituito un passo ulteriore per praticare la vendita diretta:

“abbiamo provato ad entrare nella grande distribuzione, ma è stata la delusione più grande della vita nostra. Eravamo convenzionali, ma con il bio è uguale…non ci si lavora…La grossa distribuzione ti condiziona per le promozioni, ti condiziona per il prezzo, ti ferma le forniture. Se fai i contratti sei criticabile perché te li possono contestare alla minima cosa…se non fai i contratti ti possono mollare in qualsiasi momento. La grande distribuzione a livello agricolo è il cancro più grosso…. Noi abbiamo fatto l’esperienza con la GS ed è stato traumatico per due anni poi ci hanno mollato dopo che avevamo strutturato l’azienda…da lì è partita l’idea della vendita diretta…noi fornivano 250 casse di bieta al giorno più l’insalata:altre 100/150 casse.. arrivavamo a fare due viaggi a notte con il nostro piccolo camioncino per i loro magazzini…pagati quanto la fame….dopo tre annni vendevamo quanto il primo anno…quando il prezzo tendeva ad aumentare andavano in promozione per cui ci bloccavano sul nascere…di punto in bianco è arrivato un altro più raccomandato di noi…tutti i campi strutturati con bieta e roba varia…noi abbiamo avuto i tre mesi più tremendi della vita nostra da 200/250 casse di bieta a tre casse al giorno (ibidem)

La Cooperativa Agricoltura Nuova nel 2000 insieme ad altre aziende (Arvalia, Cara Madre, Tre Colli) ha formato la società Officinae bio ed è diventata uno dei gruppi principali di offerta di riferimento a Roma come emerge dalla ricostruzione di questo testimone privilegiato:

“ c’era una società che stavamo facendo, stavamo pensando di vendere in modo diverso… è nata Officinae bio che è orientata verso la vendita all’ingrosso in qualche maniera ed i gruppi di acquisto sono i referenti naturali. Officinae bio è composta da produttori, per cui c’è il produttore della Calabria per le arance, c’è il produttore delle mele dalla Toscana, c’è da Montelibretti il produttore dei Kiwi. Sono tutti piccoli contadini o grandi produttori che si sono associati in un’unica realtà che è Officinae bio. I promotori eravamo noi, Cara madre, Arvalia, Tre Colli…aziende che collaboravano tra loro ed il problema era il fresco perché fresco ce ne è poco e queste aziende avevano degli eccessi in determinati periodi per cui nata l’idea di proporre una gamma di prodotti…infatti il cassettone inizialmente era una cosa non vincolante…quello che c’era mettevamo dentro…invece poi ha avuto un’ottica quasi commerciale…a questo si è affiancato i piani colturali delle aziende che si sono organizzate per..perchè è diventato un mercato comunque costante… di una certa importanza..” (Franco, direttore della produzione Agricoltura Nuova).

I

Nell’ ottica di un gasista quello che doveva essere un partenariato tra produttori e consumatori è diventata anche un’operazione attraverso la quale un gruppo di produttori, seppure non convenzionali, ha inventato una strategia di vendita per aumentare i propri ricavi.

“ il cassettone è un operazione di marketing…ultimamente hanno fatto un aumento secco di quattro euro..per una massaia o un pensionato di 500 euro al mese è impossibile comprarlo” (Andrea, Gas Torrespaccata, intervista n.13).

Da questa testimonianza si capisce che non sempre la relazione tra GAS e produttori è fondata sulla fiducia reciproca, nel caso specifico c’è sospetto che il produttore sia mosso da un interesse di mercato e

che la formazione del prezzo non avvenga in modo trasparente. Altrove abbiamo visto come i produttori si siano lamentati di non potere contare sul supporto di tutti i gruppi di acquisto solidale anche nei momenti di difficoltà. Rimangono ferme alcune conclusioni: i gruppi di acquisto solidale hanno sviluppato delle modalità innovative di raccordo con il consumo, ma soprattutto concretizzano delle finalità che hanno realmente a che vedere con l’etica della comunità e che potrebbero essere prerogativa anche del governo.

La loro azione sviluppa un’attenzione primaria nei confronti del “sociale”per cui i prodotti acquistati devono coinvolgere soggetti svantaggiati come piccoli produttori, disabili, famiglie a basso reddito, ecc.

La scelta dei produttori locali è diretta chiaramente a ridurre non solo i costi economici, ma anche quelli ambientali che gravano indirettamente sulla collettività attraverso il trasporto, il rispetto per l’ambiente contiene, poi, due profili: il metodo di coltivazione, che deve essere biologico o biodinamico e la distribuzione che deve avvenire in ambito locale al fine di risparmiare consumo di energia fossile, ridurre l’inquinamento ed il traffico, diminuire l’utilizzo di imballaggi o riutilizzare quelli già esistenti.

Secondo Sivini (2007) l’obbiettivo primario nella costituzione del gas è il cambiamento del modello di consumo (70% dei gruppi), mentre la ricerca di un’alimentazione sana e la volontà di aiutare i piccoli produttori sarebbero al secondo e terzo posto tra le motivazioni principali che portano alla formazione dei gas come possiamo leggere dalle parole di questo testimone privilegiato:

… ma guarda come gruppo non siamo un gruppo prettamente politicizzato…se mi parli di obbiettivi mi viene in mente di farti questa precisazione….e…gli obbiettivi del gruppo sono di consumare in modo un po’ più pulito, critico, decente, non so quale termine usare e dunque cerchiamo..i nostri criteri principali sono il fatto che le produzioni siano biologiche e dunque rispettose dell’ambiente ecc. e poi l’eticità dell’ente della produzione, cioè sia di chi produce e sia del come produce…dunque..ecco..dunque normalmente diamo la preferenza a fornitori che hanno una loro eticità e che di certo non sono le industrie già affermate..ecc. voglio dire il gruppo d’acquisto non cerca tanto una convenienza economica, cerca un modo di consumare diverso nel modo di consumare diverso..nel modo di consumare diverso c’è anche la convenienza economica perché acquistare un cassettone di Officinae bio è comunque un modo economico di acquistare cose biologiche perché normalmente se si và nei negozi bio ci

sono prezzi ben più alti e comunque non c’è nei negozi bio…natura sì ed altri.. il discorso della filiera corta dunque è un discorso sia di remunerazione diretta di chi produce e di chi suda nei campi, dunque di remunerare un po’ più decentemente chi effettivamente si sporca le mani e comunque c’è anche un nostro vantaggio perché il discorso della filiera corta vuol dire consumare cose particolarmente fresche, raccolte pochissimi giorni prima se non il giorno prima..ci sono vantaggi per tutti ecco (Andrea Nastari, gas Cambiologica).

Guarda io, per l'idea che la pace e la sostenibilità non sono concetti astratti ma si devono costruire e continuare a costruire, cioè non costruire una volta per tutte. E attraverso una modifica dei nostri stili di vita. E quindi grazie ad un incontro tra Reti di Pace con Alex Zanotelli, che ha questa visione, del cambiamento degli stili di vita... uno di questi è il consumo critico... e quindi chiedersi a partire dal carrello della spesa poi si potesse agire in concreto per cambiare la nostra società, per poter cambiare nel nostro piccolo i parametri dell'equità, di giustizia, della distribuzione della ricchezza...e penso che sia un piccolo esperimento, che può incidere sulla società pochissimo ma speriamo che si allarghi (Elisabetta, gas Retidipace).

Uno degli aspetti che emerge dal presente lavoro di ricerca è che i gas come iniziative nate dal basso hanno dimostrato una capacità di agency ed una impostazione ideologica molto forte mantenendo un’autonomia decisionale ed organizzativa che fa di loro innovazioni radicate nella società civile e, tuttavia, la connessione con i progetti di altri soggetti, istituzionali e non, non è stata rilevante.

Il progetto GODO è stato un tentativo i di coadiuvare ed allargare i gruppi di acquisto solidali da parte del’AIAB che ha prodotto dei risultati, ma il suo impatto non può essere definito sostanziale. La ricerca di Sivini (2007) evidenzia che solo il 19% dei gas dichiara di essere in contatto con l’AIAB, inoltre i responsabili dei gas intervistati, selezionati tra quelli che si riforniscono da Officinae51 bio dichiarano di essere entrati in contatto con Officinae bio con modalità diverse da quelle organizzate dall’ AIAB. D’altra parte le parole qui di sotto sono di un testimone privilegiato e confermano il fatto che i GAS, in molti casi, entrano in contatto con i produttori per conoscenza diretta

Il gruppo d’acquisto è iniziato perché uno di noi che è l’altro referente… Marco ha saputo da un collega che esistevano questi gruppi di acquisto e ha visto un po’ come si poteva fare..abbbiamo scoperto che presso Agricoltura Nuova si era costituito il consorzio Officinae bio a Valle Perna e dunque siamo andati lì per parlare e abbiamo incontrato Anna che tra l’altro era una vecchia conoscenza …già da prima si occupava per suo conto di biologico, di queste cose qua quindi è una cosa che Anna fa da

qualche anno in Officinae bio ma da prima faceva per conto suo dunque è un argomento che ha sempre trattato e che l’ha sempre interessata…niente..eh..

E da lì abbiamo preso conoscenza e coscienza del discorso della filiera corta e ..abbiamo preso coscienza di tutto quello che c’è dietro un gruppo d’acquisto… perche noi ancora eravamo un po’ in fase d’orientamento…piano piano nel cominciare a fare le cose ci siamo resi conto... (Andrea Nastari, gas Cambiologica)

….. l’Aiab quello che ha fatto più che altro non è tanto nei confronti dei gruppi d’acquisto cioè nei confronti dei gruppi d’acquisto è successo che essendoci dei gruppi d’offerta è stato più facile fare degli acquisti e dunque sono stati invogliati ad aumentare a proseguire a costituirsi e dunque è stata una promozione indiretta.. Ma il lavoro di Aiab è stato principalmente quello di mettere insieme dei produttori e costituire dei gruppi di acquisto, nel caso specifico è stato mettere insieme Agricoltura Nuova con gli altri produttori..adesso mi sfuggono i nomi.

Il lavoro di Aiab è stato quello di mettere insieme i produttori poi è chiaro che la cosa l’ha fatta conoscere a chi? Ai gruppi d’acquisto. Poi l’ chiaramente se il gas per comprare verdura doveva andare da una parte, per comprare frutta doveva andare da un’altra…era complicato, era faticoso..avere un posto solo dove andare e trovare tutta l’ortofrutta già mix già un qualcosa di preconfezionato rende le cose più facile (Andrea

Nastari, gas Cambiologica).

I gruppi di acquisto solidale della retegas hanno utilizzato in modo parziale le informazioni dell’associazione per l’agricoltura biologica sui gruppi di offerta per cui l’originaria eterogeneità tra i gruppi della retegas e l’AIAB è rimasta tale testimoniando la pluralità di motivazioni che guidano i comportamenti di consumo in questo caso.