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Capitolo 3. Gli approcci istituzionali

3.3 La Convention Theory

La Convention theory (CT)Ncostituisce un altro approccio importante nella lettura dei networks di produzione e consumo poiché, le relazioni sociali che li compongono, non possono essere lette, né secondo una razionalità di mercato, né secondo una razionalità normativo-giuridica. La Convention Theory, infatti, studia il modo in cui si strutturano le forme di coordinamento volontario (sono dunque escluse le relazioni coercitive) in campo economico, politico e sociale.

Lo sforzo attraverso cui gli attori sociali tentano di coordinare la loro azione dà luogo ad una serie di accordi e di pratiche che esprimono la sintesi dei punti di vista dei soggetti del network (Salais and Storper, 1992).

Mentre le istituzioni sono “collective and “intentional objects”, le convenzioni sono azioni caratterizzate dalla reciprocità e dalla regolarità, ma non sono intenzionali:

“for Convention theory, rules are not decided prior to action, but emerge in the process of actions aimed at solving problems of coordination” (Ponte e Gibbon, 2005:6).

Così succede nel mercato, quando il prezzo non può essere strumento di giudizio della qualità e, gli attori sociali, utilizzano diversi tipi di convenzioni come la convenzione domestica, nella quale l’incertezza viene meno per via della fiducia che intercorre tra produttori e consumatori, o la convenzione industriale che allo stesso scopo utilizza gli standards e le norme comuni.

In altre parole, quando il solo calcolo individuale, è insufficiente per risolvere determinate questioni collettive, la convenzione diventa “la modalità di coordinamento” (Pacciani et al.2001:12) da utilizzare. Dunque la Convention Theory si propone di spiegare criteri valutativi che vanno al di là del meccanismo di formazione del prezzo previsto dal

modello neoclassico. In particolare è nata con l’obbiettivo di analizzare le convenzioni che sottostavano ai contratti formali all’interno del mercato del lavoro (Wilkinson, 1997) e si è poi trasformata in una teoria volta a comprendere i sistemi informali di negoziazione di tutti i settori economici (Murdoch et al., 2000). Il filone francese della CT, al contrario di quello americano, si è notevolmente allontanato dalla teoria economica classica occupandosi sia della macroeconomia (teoria della regolazione), sia della microeconomia (organizzazione e mercati dei prodotti). In quest’ultimo campo, le convenzioni, “regolarità condivise da una collettività” (Pacciani et al., 2001:13) cui gli attori si affidano quando operano in un contesto caratterizzato dalla incompletezza informativa vengono utilizzate per sopperire ai problemi derivanti da tale incertezza.

E’ bene ribadire che in questo approccio le convenzioni derivano da un processo di legittimazione che investe tutti gli attori coinvolti nella negoziazione, tuttavia, anche se potenzialmente esiste un numero infinito di convenzioni, quelle “legittimate”, ossia quelle che sono divenute acquisizioni comuni, non sono molte.

Boltanski e Thevenot (1991) hanno individuato e caratterizzato alcuni dei criteri di valutazione convenzionali, rispetto al benessere collettivo, definite “mondi”, che hanno acquisito legittimazione nell’ambito di tutta la filosofia politica occidentale e che non sono fissi, poiché altri stanno emergendo o, emergeranno in futuro.

Il Mondo dell’Inspirazione derivato dalla Città di Dio di S.Agostino i cui criteri di azione sono quelli della creatività e della grazia. Il Mondo dell’Opinione tratto da Leviatano di Hobbes, incentrato sulla stima e sul riconoscimento pubblico. Il Mondo Civico incentrato sull’idea di contratto sociale di Rousseau ossia sull’importanza maggiore del benessere sociale rispetto a quello individuale. Il Mondo del Mercato derivato dalla Ricchezza delle Nazioni di Adam Smith: in questo il criterio di valutazione è rappresentato dal profitto.

Il Mondo Industriale che ha come punto di riferimento il lavoro del sociologo Saint Simon e da cui deriva l’apprezzamento per l’efficienza,

la capacità organizzative e la standardizzazione. Il Mondo Domestico di Bousset basato sul radicamento nella comunità e sulla fiducia reciproca. Qui è attribuita grande importanza alle relazioni tra le persone ed ai metodi produzione.

Nella stessa ottica Storper e Salais (1992) utilizzano la nozione di mondi per riferirsi a specifici modi di produzione cui sono connesse altrettanto specifiche nozioni della qualità agro-alimentare. La loro analisi comprende quattro “mondi”: Industrial World in cui un tipo di processo produttivo standardizzato dà luogo a prodotti di massa, World of Intellectual, questo mondo serve per descrivere un tipo di produzione molto specializzata diretta ad un mercato di massa, Market World in cui avviene l’inverso: attraverso tecnologie produttive standardizzate si produce un cibo di nicchia, Interpersonal World, caratterizzato da un modo di produzione specializzato cui è legato un consumo locale.

Ad ognuno di questi mondi è ascrivibile un certo tipo di convenzioni, per cui, ad esempio, dall’ Industrial World

“we expect conventions associated with commercialism, efficiency…” mentre dall’ Interpersonal World “of specialized-dedicated production we expect conventions associated with trust, local renown and spatial embeddedness to be more important” (Morgan et al., 2006: 22)

La classificazione di Storper e Salais riflette le ibridazioni tra mercato di massa e mercato specializzato e l’appropriazione delle convenzioni che hanno luogo nell’ Interpersonal World.

In effetti Storper (1997) nella sua analisi distingue tra due tipi di forme di conoscenza, quella istituzionale e codificata, espressa nelle norme e nelle regole dell’economia globalizzata, e quella tacita, frutto delle convenzioni locali che è il substrato delle economie di piccola scala. Andando oltre nella sua argomentazione sostiene che la geografia delle reti d’imprese è condizionata non solo dalla possibilità di reperire materie prime e manodopera, ma anche dal “know how” e dalle “tradizioni non codificate” che sono radicate nelle pratiche locali.

Morgan (2006) è dello stesso avviso di Storper e Salais, ma ha evidenziato, quello che a suo avviso, è un limite della loro teoria, quello cioè di seguire una “logica economica, trascurando la “logica culturale”,(..) “ecologica”e (..) “politico/istituzionale. Per questa ragione la classificazione di Boltanski e Thevenot sembra più esauriente e può essere utile ad analizzare come produttori e consumatori pongono in essere delle convenzioni nuove sul modo di intendere la qualità (Barham, 2002).

In particolare ci sembra di poterci avvalere di due tipi di convenzioni, quella civica e quella domestica, tratte dalla classificazione di Boltanski e Thevenot e riprese da Kirwan (2006) nello studio dei Farmers Market.

Le convenzioni civiche sono collegate alla “società nella sua interezza” e dunque chi le pone in esse ha in mente un benessere collettivo che si estrinseca nell’attenzione per l’ambiente, nella rivitalizzazione dei centri cittadini, nella compenetrazione tra comunità urbane e rurali.

Le reti tra produttori e consumatori che si costituiscono nella Community Supported Agriculture, come vedremo in seguito, sono alleanze etiche la cui logica può evidentemente risiedere in una convenzione civica.

Le convenzioni domestiche si basano di più sulla tradizione, i legami personali, la fiducia, ed il loro ricorso è utile per rappresentare le relazioni che intercorrono, come vedremo, tra i Gruppi di acquisto solidale e I produttori Al di là delle differenze specifiche le convenzioni sono importanti perché consentono di “costruire” una nozione della qualità alternativa rispetto a quella convenzionale in modi che “possono apparire illogici dalla prospettiva della economia neo-classica” (Kirwan, 2006: 311).

La teoria delle convenzioni disvela tutta la propria utilità applicata al campo agro-alimentare, infatti, se nei decenni passati i prodotti agricoli sono stati visti come beni rispondenti alla logica del mercato

puro, nel senso che la quantità era l’unico criterio adoperato nello scambio, posto che le tecniche di produzione e le caratteristiche dei beni facevano parte di un patrimonio condiviso; con la modernizzazione le tecniche di produzione e trasformazione, i modelli di consumo cambiano e, con essi, la definizione della qualità. In sostanza “i prodotti agroalimentari perdono il connotato di omogeneità che aveva legittimato il ricorso al paradigma standard” (Pacciani et al. 2001:3) e diventa molto più complesso, oltre che essenziale, definire la qualità.

“La modernizzazione del sistema agroalimentare determinata da intense trasformazioni, tanto nell’ambito dei modelli di consumo che nell’ambito dei modelli di produzione e distribuzione alimentare, porta la tradizionale organizzazione dei processi e la natura dei prodotti stessi a cambiamenti e trasformazioni.

Ciò si concreta, da una parte in un forte aumento della distanza geografica, culturale e cognitiva tra sfera della produzione e sfera del consumo: apertura dello spazio di produzione, di circolazione e riproduzione dei fattori e dei prodotti rende necessaria l’attivazione di nuove e più complesse forme di collegamento tra operatori, e nuovi canali e modalità di commercializzazione. D’altra parte le trasformazioni dei modelli di consumo esercitano una pressione in direzione di un generale processo di differenziazione qualitativa (orizzontale e verticale) dei beni/ servizi offerti sul mercato (Pacciani et al., 2001.3)

Da questa prospettiva, l’impostazione teorica dell’economia neoclassica, appare insufficiente a comprendere i meccanismi che legano produzione e consumo nei tempi recenti. Il paradigma dell’economia neoclassica assume, infatti, che gli operatori sul mercato posseggano delle informazioni equivalenti per valutare la qualità dei prodotti scambiati ed il prezzo racchiuda in sé tutte le informazioni necessarie allo scambio.

La scuola francese delle convenzioni sotto alcuni aspetti può essere considerata una parte della sociologia economica: Thevenot, ad esempio, condivide la visione ipersocializzata dell’attore in sociologia, ed è critico nei confronti di quella iposocializzata attribuita agli attori che agiscono nel mercato. Secondo l’esponente della scuola francese delle convenzioni, gli individui che operano nel mercato non sono affatto atomizzati.

Gli agenti nei mercati concorrenziali hanno l’esigenza di trovare dei modi per coordinarsi e di rappresentare delle forme di valore in modo

generalizzato, per questa ragione gli attori economici devono basarsi su una conoscenza comune della qualità e devono condividere delle modalità di valutazione.

La scuola francese delle convenzioni ha anche un punto di contatto con l’economia dei costi di transizione che, attraverso Williamson, per prima ha utilizzato la nozione della pluralità dei modi coordinamento, allo stesso tempo Thevenot vede una contraddizione nel fatto che i modi di coordinamento vengano selezionati sulla base di scelte razionali che appartengono al modello economico classico.