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La nuova political economy e la Commodity System Analysis

Capitolo 3. Gli approcci istituzionali

3.1 La nuova political economy e la Commodity System Analysis

La gran parte degli studiosi concorda nell’attribuire la crisi del modello di accumulazione fordista alla fine dell’egemonia imperialista americana, allo smantellamento di Bretton Woods negli anni ’70, alle rivendicazioni sociali delle organizzazioni del lavoro sugli stati e sulle imprese, ed infine, alla messa in atto della tesi marxista per cui il profitto tende a decrescere a causa della diseguale adozione delle tecnologie.

Secondo Marsden (1992), il modello che si è andato delineando alla fine degli anni’80 si basava sull’apertura dei mercati, su nuove forme di flessibilità del lavoro e sulla deregolamentazione della circolazione del capitale e del credito. Inoltre, se il modello di accumulazione fordista, era caratterizzato da un consumo ed una riproduzione di tipo keynesiano, il quadro di regolazione nel post- fordismo è tale che, alla differenziazione del mercato ed alle nicchie di consumo, corrisponda una deregolamentazione statale basata su una serie di incentivi fiscali e finanziari volti ad agevolare lo sviluppo di forme di consumo “flessibile” e stratificato.

Dunque se negli anni settanta ed ottanta il dibattito era incentrato sulla capacità delle aziende agricole a conduzione familiare di sopravvivere alle forme di produzione capitalistica, negli anni novanta si sposta sulle modalità innovative tese a riavvicinare spazialmente, socialmente ed economicamente la produzione ed il consumo alimentare.

Nell’era post-fordista i consumatori hanno dinnanzi una serie di beni caratterizzati da un valore “ideologico”, non più esclusivamente pensati per la famiglia tipo, come nella fase fordista, in cui i bisogni erano soddisfatti da una produzione standardizzata. Il nuovo approccio, seguendo ancora il ragionamento di Marsden, nelle aree rurali ha generato nuovi usi e nuovi diritti della terra. Lo spazio rurale, in quest’ottica, non risponde più solo alla funzione di produzione di beni e forza lavoro, piuttosto si fanno avanti “new forms of production and consumption” (Marsden, 1992:214) come le attività turistiche e le produzioni di beni ecologiche e salutistiche. Il nuovo tipo di produzione flessibile permette, inoltre, al consumo di interagire con la sfera della produzione vista la possibilità di riorganizzare quest’ultima in breve tempo sulla base dei feedback ricevuti (Wilkinson, 1992).

In sostanza dagli anni novanta in poi una serie di approcci, a volte divergenti, ha dominato l’economia politica agraria, la gran parte di questi può essere ricondotta alla ricerca sui sistemi agro-alimentari per lo più in una dimensione globale. Una parte di questo corpo di ricerca ritiene che il processo di globalizzazione influenzi la produzione agro- alimentare in relazione ai suoi cicli di accumulazione in modo indifferenziato rispetto ad altri settori (McMichael, 1994; Whatmore, 1994; Bonanno et al.,1994, Gouveia,1994). Altri autori ritengono che l’approccio post-fordista o della ristrutturazione debba essere accolto con cautela. Per esempio Hart (1997) evidenzia come la focalizzazione esclusiva sulla teoria della regolazione e quella della specializzazione flessibile sia limitante se si considera la varietà delle forme di sviluppo capitalistico ed, in questa ottica, nota come possa essere d’attualità ripensare al dibattito tra Lenin e Chayanov o Kautsky. A questo proposito Friedland (1997) ha evidenziato che la distinzione netta tra fordismo e post-fordismo non rappresenti la situazione reale dei sistemi di produzione e consumo agricoli e ha messo in evidenza come la produzione ed il consumo di massa continuino ad essere radicati

soprattutto nelle filiere della soia, del grano, del mais, del pollo, della lattuga, del kiwi, ecc.

Anche Goodman e Watts (1997) esprimono delle riserve quando accolgono l’approccio della ristrutturazione ed, in particolare, quello del “food regime”26, infatti, questi studiosi hanno fatto notare come le riforme del NAFTA e del GATT non siano andate nella direzione di consentire ed agevolare il libero commercio e la riduzione delle tariffe, per cui vi è “una molteplicità di traiettorie” legata all’internazionalizzazione dell’agricoltura ed, il ruolo dello stato, in quest’ottica, continua ad essere importante nella ristrutturazione nazionale. Inoltre:

“if globalization is to refer to the spatial configuration of markets, deteritoralised corporations, new forms of corporate and inter firm organization exemplified by strategic alliances and networks- the paradigmatic cases being electronics and automobiles- then the agro-food sector is clearly not global in any simple sense” (Goodman e Watts, 1997:14).

Infatti non è vero che la frutta e la verdura rientrano in sistemi globali di produzione caratterizzati da un’integrazione verticale, così come non è vero che vi siano imprese principali che coordinano la divisione del lavoro tra le altre imprese. Ciò è esemplificato dai casi di Con agra e Cargill, i quali costituiscono esempi della pluralità di strategie a livello nazionale da parte delle multinazionali piuttosto che un esempio di interconnessione globale tra aziende.

E ’vero che alcuni giganti alimentari quali McDonalds, Kellog, Nestlè ed Unilever hanno messo in campo delle strategie di marketing globali, ma la produzione in genere avviene a livello locale. Solo poche industrie di trasformazione alimentare corrispondono ad un modello industriale realmente transnazionale (divisione del lavoro a livello

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Questo approccio diffuso tra gli altri da Friedman (1993) sostiene che vi sia stato un assetto stabile e regolamentato del sistema alimentare fino alla crisi petrolifera del 1972 ed alla caduta di Bretton Woods e che un periodo di transizione porta ad un regime alimentare altrettanto stabile. La transizione è avvenuta attraverso la ristrutturazione delle agricolture nazionali e la nuova regolamentazione della produzione e consumo alimentare. Tutto ciò implica l’emergere di un capitale agricolo transnazionale, l’omogenizzazione degli stili alimentari nazionali, nuove forme di specializzazione regionale e di divisione internazionale del lavoro nonché di standardizzazione delle condizioni di produzione.

globale con produzione delle componenti differenziata da quella dei siti di assemblaggio finale).

Altre teorizzazioni si focalizzano, invece, di più su una dimensione locale enfatizzando specificità naturali, culturali ed istituzionali come l’ Actor-oriented approach di Wageningen (Ploeg; 1994,1995,2003) o la scuola neo-regolazionista francese (Boltanski e Thevenot,1991; Nicolas e Valceschini,1995)

A questo punto, prima di addentrarci nell’analisi delle singole teorie è bene esplicitare il filo conduttore che ha portato a sceglierne alcune invece di altre o a mettere in luce taluni aspetti piuttosto che altri, infatti la logica dell’esposizione che segue è in alcuni casi determinata dall’oggetto stesso della ricerca, in altri segue delle scelte euristiche.

Il tema della ricerca, è tale per cui le teorie che si focalizzano esclusivamente sul processo produttivo risultano inadeguate al fine di elaborare un quadro teorico coerente, anche se possono fornire dei contributi esplicativi per i casi empirici; esistono invece una serie di studi che si focalizzano su tutto il circuito dalla produzione al consumo passando per le fasi intermedie della lavorazione e della distribuzione e si capisce, perciò, come queste ultime debbano essere privilegiate.

Lo scopo di questa impostazione metodologica è quello di analizzare le reti agro-alimentari basate sulle filiere corte come una delle soluzioni per uno sviluppo ecologicamente non invasivo ed a misura d’uomo, e vedere in che modo si relazionino con i meccanismi della produzione intensiva e tecnologicamente avanzata. E’ di tutta evidenza che, quest’ultima, compete direttamente con le piccole produzioni regionali e che, in molti casi, queste poggiano su basi economiche più fragili. Inoltre se si considera che spesso le multinazionali si appropriano di caratteristiche “locali” avvalendosi dei regolamenti e delle leggi sulla salubrità, tracciabilità, indicazione geografica.

Vista la complessità della questione, non è esauriente porla in termini di una visione dicotomica locale/globale, per cui si rende

necessario analizzare la letteratura ed i meccanismi che operano tanto ad un livello locale, quanto un livello globale.

Sempre in questa prospettiva è indispensabile fare riferimento alle specificità naturali. Questo problema si pone perché una parte della letteratura scientifica, passata e recente27, come già evidenziato, mette sullo stesso piano il processo produttivo industriale e quello agricolo senza fare distinzioni. Altre teorie ritengono la produzione agricola in nessun modo equiparabile a quella industriale, per via degli elementi naturali che la caratterizzano; come abbiamo visto l’ANT attribuisce all’ecologia un’ importanza tale da influenzare il processo produttivo e radicarlo nelle specificità locali (Arce e Marsden, 1993; Goodman and Watts, 1997)

La Commodity system analysis (Approccio del sistema delle merci) risale ai primi anni ottanta (de Janvry, Friedland et al.,1981) periodo in cui hanno cominciato a svilupparsi le teorie sul mutamento del settore agro-alimentare. Ciò che ha in comune con altre teorie dell’economia politica è l’analisi del meccanismo di penetrazione capitalistico nel settore agricolo e gli effetti che questo produce ripercuotendosi sulle produzioni tradizionali, che le famiglie di piccoli agricoltori portavano, o continuano a portare avanti. In questo senso, l’ approccio, considera l’agricoltura come un settore che s’inserisce in un processo che non la riguarda in modo esclusivo, che è di più vasta scala e dunque “exist beyond rural areas”. L’oggetto di questa analisi è costituito da: ”1) the nature of the production process; 2) the economic and social organization of food production; 3) the use of management and labour; 4) the role of scientific research and extension activities; and 5) the organization of marketing and distribution activities” (Murdoch, 2000:408).

Secondo la teoria della commodity chain, il livello di diffusione del capitalismo non è stato uguale per tutte le merci agricole in quanto ciascuna filiera ha delle peculiarità a sé stanti, presenta

27 Un esempio passato è costituito dalla corrente leninista, mentre uno recente dall’approccio della

un’organizzazione diversa e soprattutto “differing levels and mixtures of technical, natural and economic resources” (Murdoch, 2000: 409). La ragione di questa diversità risiede nel fatto che alcune filiere tendono ad essere colonizzate più di altre da imprese multinazionali, e ciò, a sua volta, dipende dai rapporti sociali dominanti del settore, ma anche dalle caratteristiche naturali (ad esempio il fatto che alcuni vegetali si deteriorino in modo più veloce di altri) dei prodotti di ciascuna filiera.

Come si vede la Csa comincia a mettere in evidenza elementi aggiuntivi rispetto a quelli sociali scaturenti dall’ analisi delle relazioni di potere del processo di produzione agricolo che altre teorie dell’economia politica pongono al centro dell’analisi. E tuttavia bisogna sottolineare che pur riconoscendo la varietà di elementi (sociali, economici e naturali) che compongono le filiere agro-alimentari, la commodity chain analysis mostra i segni decisi di una tendenza strutturale laddove ritiene che questi elementi siano completamente manovrati e rimodulati dalle grandi imprese. In altre parole, nonostante la csa innovi laddove parla dell’incidenza dei fattori naturali sul processo produttivo, la sua impostazione rimane incardinata nell’economia politica classica in quanto sono i macro-attori che governano ogni elemento (naturale, sociale ed economico) dei processi di sviluppo, senza lasciare spazio all’azione collettiva di altri individui (Murdoch, 2000: 410). Inoltre, nella letteratura scientifica sul tema è stata evidenziata la mancanza di una riflessione ampia sul momento del consumo laddove la fase della produzione è abbondantemente analizzata : il consumo sembra essere spoliticizzato e separato dalla produzione. Infatti, secondo l’approccio dell’economia politica, coloro che acquistano le merci ignorano i rapporti di forza racchiusi nella sfera della produzione. La merce è dunque un feticcio che sintetizza le relazioni di potere del processo lavorativo ed allo stesso tempo un velo che le nasconde, in quanto la sfera del mercato non ha alcun contatto con quella della produzione, la quale, sulla scia marxista, rimane l’unico momento in cui hanno luogo le relazioni di potere (Goodman e Dupuis, 2002:6).

Queste critiche contengono certamente degli elementi di verità e, tuttavia, la commodity chain analysis sembra contenere in nuce le caratteristiche della ricerca agro-alimentare così come si sono delineate in tempi recenti configurando:

“the expansion of rural sociological interest, over the last twenty years or so beyond the farm gate to consider the place of farming in wider systems of food production, processing and supply” (Lockie and Kitto, 2000:3)

La Commodity System Analysis, al pari di altre teorie, infatti, è andata nella direzione di esaminare le relazioni sociali che hanno luogo nella fase immediatamente successiva alla produzione arrivando a prendere in considerazione l’effetto ecologico delle pratiche di consumo (Lockie e Kitto, 2000:4).

Nella medesima direzione va anche il successivo approccio del System of Provision (SOP), il quale partendo dalla commodity chain analysis si propone di svilupparne ulteriormente alcuni concetti. Innanzitutto il SOP ribadisce l’importanza di un’analisi verticale delle catene agro-alimentari dal momento che ogni filiera alimentare connette in modo diverso produzione, lavorazione, distribuzione e consumo, e poi mira a mettere in relazione questo ultimo con le attività precedenti attraverso un nesso di casualità. Sarebbero cioè le pratiche di consumo ad influenzare le fasi di produzione, lavorazione e distribuzione. Ma nonostante il tentativo di allargare l’analisi sia da apprezzare, ai fini di un’indagine approfondita dei networks agro-alimentari, il meccanismo con cui la relazione tra il consumo e le altre attività della filiera si concretizza andrebbe ulteriormente sviluppato. Inoltre anche questo approccio, come la Csa, si focalizza su macro attori (stato e capitalisti) lasciando completamente in ombra l’azione umana dei singoli (Lockie and Kitto, 2000: 5).

3.2 Dall’approccio della regolazione alla teoria della