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Il Social Media fa proprietà intellettuale ?

6.1 Il c.d diritto all’oblio

8. Social network e diritti di proprietà’ intellettuale 1 Introduzione

8.2.1 Il Social Media fa proprietà intellettuale ?

Il mondo dei social “contiene” una serie di elementi figurativi che vengono utilizzati al proprio interno che potrebbero avere una propria capacità distintiva quali: @ oppure #. In alcuni social (ad esempio Twitter) è possibile rispondere ad

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un messaggio con l’espressione “@ e nome mittente”, oppure in altri social (Facebook, Twitter, Instagram), mettendo all’inizio di un messaggio il cancelletto si crea un collegamento ipertestuale a tutti i messaggi recenti che citano lo stesso

hashtag. In questo caso non ci si vuole riferire al problema generato da

“agganciamenti” ad un marchio altrui operato da concorrenti (si pensi ad un’impresa che immetta nei social messaggi promozionali di propri prodotti o servizi anticipati da un hashtag che ingloba il marchio di un concorrente; in questo caso avremo una violazione del codice della proprietà industriale e in particolare dell’art. 20 CPI99, nonché un atto di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 c.c.100). Ciò a cui si vuole porre attenzione è che hashtag costituiti da parole di uso comune finiscono per avere un’originalità e un’importanza sul piano commerciale. A titolo di esempio, si riporta il recente caso che riguarda l’hashtag

99 Art. 20 CPI Diritti conferiti dalla registrazione.

1. I diritti del titolare del marchio d'impresa registrato consistono nella facoltà di fare uso esclusivo del marchio. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell'attività economica

a) un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso e' stato registrato;

b) un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identità o somiglianza fra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni;

c) un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, se il marchio registrato goda nello stato di rinomanza e se l'uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessi.

2. Nei casi menzionati al comma 1 il titolare del marchio può in

particolare vietare ai terzi di apporre il segno sui prodotti o sulle loro confezioni; di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini, oppure di offrire o fornire i servizi contraddistinti dal segno; di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno stesso; di utilizzare il segno nella corrispondenza commerciale e nella pubblicità.

3. Il commerciante può apporre il proprio marchio alle merci che mette in vendita, ma non può sopprimere il marchio del produttore o del commerciante da cui abbia ricevuto i prodotti o le merci.

100 Art. 2598 c.c. Atti di concorrenza sleale.

Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque:

1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente;

2) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente; 3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda.

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#guerrieri usato da Enel in una campagna volta a premiare le migliori storie inserite dagli utenti. La campagna #guerrieri è stata usata da Greenpeace con numerosi messaggi contenenti tale hashtag in cui veniva data notizia di iniziative antiecologiste di Enel. La campagna pubblicitaria è assistita dal diritto di autore essendo un’opera di ingegno.

Ciò che appare più difficile è riconoscere autonoma tutela all’hashtag in quanto il cancelletto poco aggiunge di creativo all’espressione verbale. Tuttavia, con qualche sforzo interpretativo, potrebbe riconoscersi tutela all’hashtag attraverso la tutela dell’opera collettiva rappresentata dalla banca dati risultante dalla sommatoria dei contenuti indicizzati. “Pur avendo individuato (per tal via), infine, un’opera suscettibile di protezione da parte del diritto d’autore, questa non potrebbe comunque fornire alcuna tutela al promotore dinanzi l’inserimento in Rete di messaggi non in linea con l’uso programmato dell’hashtag, in relazione al quale – come detto – non può riconoscersi alcuna privativa. Tuttavia, seguendo questa linea di pensiero, si potrebbe riconoscere all’hashtag la natura di “titolo” dell’opera rappresentata dalla raccolta dei contenuti inseriti dagli utenti e selezionati dal promotore. Questa soluzione consentirebbe al titolare dei diritti sull’opera di opporsi, ai sensi dell’art. 100 l.a., all’utilizzo del medesimo titolo per contraddistinguere altra opera confondibile con la prima, se, e nella misura in cui, l’hashtag sia sufficientemente forte, ovvero abbia acquisito grazie agli investimenti del promotore un secondary meaning”101.

Risulta poi interessante chiedersi, in ambito social, se sia tutelabile come propria opera la condivisione di contenuti immessi nella rete da un altro utente a cui si sia aggiunto un commento o qualsiasi altro contenuto oppure la condivisione di un “post” di un altro utente aggiungendovi alcuni elementi o commenti, ciò a cui si prestano in definitiva i meccanismi della condivisione. Siamo di fronte ad un quid

novi e quindi ad un’opera suscettibile di tutela? Al riguardo occorre ricordare che

la giurisprudenza, nell’interpretare il requisito della “creatività” dell’opera richiesto ai fini della tutela del diritto di autore, tende a dare rilevanza anche a

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modifiche davvero minimali102. Come affermato dalla Suprema Corte: “Il carattere creativo e la novità dell’opera sono elementi costitutivi del diritto d’autore sull’opera dell’ingegno; pertanto, prima ancora di verificare se un’opera possa costituire plagio di un’altra, il giudice del merito deve verificare se quest’ultima abbia o meno i requisiti per beneficiare della protezione richiesta, e ciò sia sotto il profilo della compiutezza espressiva, sia sotto il profilo della novità. Ne segue che, ad esempio, la condivisione di un’immagine con l’aggiunta di un commento può integrare (avuto riguardo ai contenuti dell’integrazione) il requisito della creatività richiesto dalla disciplina del diritto di autore”.

Altra questione riguarda la titolarità dei diritti sui “beni immateriali” presenti nel profilo dell’utente dopo la sua morte. In questo caso non si affronta il problema dell’accesso al profilo dell’utente post mortem, bensì della possibilità di rivendicare diritti sulle immagini, video, scritti immessi nella rete dall’utente. Per rispondere a questa domanda bisogna senza dubbio rifarsi alla rete di rapporti contrattuali instaurati al momento dell’adesione al social network: rapporti utente e gestore, rapporti utente e altri utenti perché è attraverso tali rapporti che si creano i contatti e le modalità di interazione all’interno della Community che sono parte integrativa e fondante il bene immateriale che si genera in rete. Sono beni che originano da contratti e la loro circolazione dipende dalla stessa circolazione del contratto che li governa e quindi, per quanto è qui di interesse, dalla possibilità di una successione nel contratto alla morte del titolare del profilo103. La regola generale sul punto è che gli eredi succedono nella posizione del defunto se ciò non è in contrasto con quanto previsto nel contratto e se trattatasi di un contratto che non è intuitu personae per cui non ha rilevanza il mutamento della persona del contraente. Al riguardo va detto che il contratto con il gestore della Social Utility è segnatamente legato alla persona del contraente e salvo diversa disposizione negoziale (si pensi al “contatto erede” di cui al regolamento Facebook) non pare possibile che i suoi eredi possano subentrare nel contratto per gestire il profilo del defunto. Le opere creative e i segni distintivi che circolano all’interno dei profili

102 Trib. Bologna, 05/07/2011, in Dir. autore, 2012, 3, p. 371 (s.m.); Trib. Roma, 23/09/2011 103 M. Cinque, La successione nel patrimonio digitale. Prime considerazioni, in Nuova giur. civ.

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Facebook non possono circolare così come le opere creative e i segni distintivi

nella vita reale in quanto per potere acquisire l’esercizio dei diritti relativi è necessario avere accesso al profilo interessato ed è necessario che il contratto con l’utente non preveda particolari restrizioni104.

Condizioni sul punto dei principali social media

Twitter Ogni diritto, titolo e interesse sui Servizi (ad esclusione dei Contenuti

forniti dagli utenti) sarà e rimarrà di esclusiva proprietà di Twitter e dei propri licenzianti. I Servizi saranno protetti dalle leggi sul diritto d’autore, sul marchio e dalle altre leggi statunitensi e di altri paesi esteri. Nulla di quanto contenuto nei presenti Termini concede all’utente il diritto di utilizzare il nome di Twitter, o qualsiasi suo marchio, logo, nome a dominio e altro elemento distintivo del marchio. Ogni feedback, commento o suggerimento che l’utente fornirà riguardo a Twitter o ai Servizi si intende a carattere esclusivamente volontario e Twitter avrà la libertà di avvalersi dei feedback, commenti o suggerimenti che riterrà opportuni e senza alcun obbligo nei confronti dell’utente.

Art. 2 Condivisione dei contenuti e delle informazioni (condizioni generali di

facebook) L’utente è il proprietario di tutti i contenuti e le informazioni

pubblicate su Facebook e può controllare in che modo vengono condivisi mediante le impostazioni sulla privacy e le impostazioni delle applicazioni. Inoltre:

1. Per quanto riguarda i contenuti coperti da diritti di proprietà intellettuale, ad esempio foto e video (“Contenuti IP”), l’utente concede a Facebook le seguenti autorizzazioni, soggette alle impostazioni sulla privacy e alle impostazioni delle applicazioni: l’utente concede a Facebook una licenza non esclusiva, trasferibile, che può essere concessa come sottolicenza, libera da royalty e valida in tutto il mondo, per l’utilizzo di qualsiasi Contenuto IP pubblicato su Facebook o in connessione con Facebook (“Licenza IP”). La Licenza IP termina nel momento in cui l’utente elimina il suo account o i Contenuti IP presenti nel suo account, a

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meno che tali contenuti non siano stati condivisi con terzi e che questi non li abbiano eliminati.

2. Quando l’utente li elimina, i Contenuti IP vengono eliminati in modo simile a quando si svuota il cestino del computer. Tuttavia, è possibile che i contenuti rimossi vengano conservati come copie di backup per un determinato periodo di tempo (pur non essendo visibili ad altri).

3. Quando l’utente usa un’applicazione, questa può richiedere l’autorizzazione dell’utente per accedere a contenuti e informazioni condivise da altre persone. Le applicazioni devono rispettare la privacy dell’utente. L’accordo accettato al momento dell’aggiunta dell’applicazione regola il modo in cui l’applicazione può usare, archiviare e trasferire i contenuti e le informazioni. Per maggiori informazioni sulla Piattaforma, comprese quelle riguardanti il controllo sulle informazioni che le altre persone possono condividere con le applicazioni, consulta la nostra Normativa sui dati e visita la Pagina della Piattaforma.

4. Quando l’utente pubblica contenuti o informazioni usando l’impostazione “Pubblica”, concede a tutti, anche alle persone che non sono iscritte a Facebook, di accedere e usare tali informazioni e di associarle al suo profilo (ovvero al suo nome e alla sua immagine del profilo).

5. I commenti o i suggerimenti degli utenti relativi a Facebook sono sempre benvenuti. Tuttavia, l’utente deve essere al corrente del fatto che potremmo usarli senza alcun obbligo di compenso nei suoi confronti (allo stesso modo in cui l’utente non è obbligato a fornirli).

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9. Conclusioni

I social media, in quanto realtà sociale, non possono muoversi fuori dal diritto. Non va confuso il carattere “libertario” di internet quando questo atteggiamento finisce per tramutarsi in una opposizione a qualsiasi regola senza distinzione alcuna tra quelle restrittive e quelle invece volte a dare solide basi costituzionali ai diritti consolidandosi e ampliando l’area delle libertà rese possibili da internet. I

social networks non sono solo un ambiente ordinato dal diritto, ma anche uno

strumento ordinante in quanto l’ingresso nel social media nasce da un contratto che il singolo utente della rete stipula con il gestore della piattaforma in cui prende corpo la collettività degli utenti del social stesso, un contratto fatto di regole ordinanti le relazioni che si sviluppano nel media sociale.

I social networks rappresentano dunque un importante modello di comunicazione ed interazione che comporta diversi problemi dal punto di vista giuridico. Problemi alimentati dal fatto che queste piattaforme, offrendo servizi su scala mondiale, valutano le condotte e le fattispecie giuridiche in modo diverso da ordinamento ad ordinamento.

L’attività di tali servizi, tra le altre, consiste nella gestione delle informazioni personali degli utenti i quali hanno la possibilità di controllare la diffusione dei propri dati e dei contenuti che immettono sulla piattaforma (informazioni personali, opere protette da proprietà intellettuale ecc.); mentre i social networks declinano ogni responsabilità legata a tale diffusione.

Per ciò che attiene la ripartizione della responsabilità in caso di violazione dei diritti di terzi a causa degli user generated contents, gli utenti sono i principali responsabili (con le eventuali esenzioni e bilanciamenti del caso) ed i providers invece beneficiano in genere dello speciale regime della responsabilità previsto dalla direttiva sull’e-commerce. Tale direttiva appare adeguata a rispondere, attraverso le categorie da essa regolate (mere conduit,caching,hosting), alle novità apportate dal nuovo web 2.0.

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Quel che è certo è che sempre più spesso il diritto dovrà misurarsi con la realtà virtuale: i giudici oggi dispongono di strumenti idonei ad affrontare queste nuove sfide ma non dovranno essere lasciati soli in quanto il loro ruolo naturale non è di creare diritto ma di applicarlo. Si fa sempre più concreto il rischio di insanabili contrasti interpretativi e a quel punto non sarà più possibile fare a meno dell’intervento dei legislatori nazionali e degli organismi internazionali.

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CONCLUSIONI

Internet e i social media non sono innocui, di conseguenza, internet e i social media non possono essere un luogo senza regole, di conseguenza, ancora, internet

e i social media non possono essere un luogo senza responsabilità né sanzioni, e neppure con sanzioni non proporzionate alla nocività dei comportamenti.

Per quanto riguarda il punto di vista giuridico, da anni ci si batte contro il falso mito per cui il web sia uno spazio che sfugge alle regole applicabili nel mondo reale. In realtà non esiste una contrapposizione tra reale e virtuale, esistono comportamenti che sono vietati tanto nella realtà quanto nel mondo virtuale. Inoltre ci sono correnti di pensiero per le quali sarebbero necessarie leggi ad hoc ma la maggior parte dei giuristi si dichiara contrario a questa affermazione e per diverse ragioni. Anzitutto perché risultano, come più volte ribadito, senz’altro sufficienti le regole esistenti in materia e secondo poi, perché con la scusa delle nuove norme si proverebbe ad introdurre disposizioni di censura o comunque liberticide; ed infine perché sarebbe sbagliato, sotto il profilo della tecnica normativa, focalizzare una disposizione su uno specifico strumento in quanto gli strumenti tecnologici sono soggetti a velocissima obsolescenza.

La ricchezza della rete è data dai servizi che essa offre agli utenti, ma dietro ai servizi ci sono i contenuti sotto forma delle più classiche opere dell’ingegno: libri, testi, musiche, filmati, fotografie. In parte ed in maniera crescente essi sono creati dagli utenti i quali decidono di condividerli. Ma nella maggior parte dei casi i diritti su di essi appartengono a terzi i quali non hanno acconsentito ad una loro fruizione online. Questo è un tipico conflitto tra imprese appartenenti a generazioni diverse, quelle più antiche accusano quelle più nuove di condotte predatorie. Quelle più nuove si difendono invocando la naturale evoluzione delle tecniche ed il superamento di forme di fruizione legate alla materialità dei supporti. La testualità delle norme – Direttive 29/01 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto

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d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione e 48/04 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale – milita a favore dei titolari dei diritti; ma al tempo stesso non si può non constatare che in tutto il mondo occidentale vi è una considerevole resistenza all’enorme sviluppo protezionistico delle privative industriali ed intellettuali. Per un verso gli utenti ritengono normale fruire di contenuti gratuitamente. Per altro verso gli operatori sulla rete appaiono assicurare la gratuità e dunque la libertà. E’ chiaro che la contesa ha un fondamento tutto economico fra chi chiede che la fruizione dei propri contenuti venga remunerata, e chi invece dall’offerta di contenuti gratuiti trae vantaggi o sotto forma di maggiore traffico o di possibilità di inserimenti pubblicitari. La giurisprudenza stenta ancora a trovare una linea univoca, la distinzione appare fondarsi sul quantum di partecipazione dell’operatore nella messa a disposizione dei contenuti illecitamente riprodotti. D’altra parte l’incertezza trova la sua ragione nel caricare sul giudice l’arbitrato fra interessi estremamente rilevanti. Un compito che fisiologicamente spetterebbe al legislatore.

Probabilmente, una volta accettate le novità “digitali” e le loro implicazioni sociali si riuscirà a giovare anche della ricchezza della rete e si riuscirà ad adeguarsi e a prendere consapevolezza di questa nuova realtà che, come tutte le novità ha sia lati positivi che negativi.

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