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Social media e disciplina applicabile

I SOCIAL NETWORKS

5. Social media e disciplina applicabile

Al momento della risoluzione del conflitto, sorge il problema dell’individuazione della disciplina applicabile e del giudice competente. In genere si procede con l’individuazione, tra più fonti normative interne ad un ordinamento regolante il conflitto, della disciplina applicabile ma, nel caso dei Social, i conflitti possono sorgere tra utenti della rete o tra essi e soggetti esterni alla rete o ancora tra utenti

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della rete ed enti gestori della piattaforma e, generalmente il terreno su cui tutto ciò si svolge è senz’altro transnazionale. Ecco che quindi si perde il carattere della territorialità tipico delle fattispecie “tradizionali” e si accentua il problema della individuazione della legge applicabile e diviene complicato rispondere a semplici domande come sapere il luogo in cui è stato concluso il contratto o il luogo di commissione del fatto illecito. Analoghe considerazioni possono essere fatte per ciò che attiene l’individuazione del giudice deputato alla decisione.

Abbiamo già detto che per creare un social media occorre che ci sia una piattaforma, gestita da un soggetto, cui gli utenti, attraverso un account, hanno diritto di accedere per condividere testi, immagini, suoni con altri utenti della piattaforma. Tra utenti e gestore della piattaforma è dunque necessario che ci sia un contratto che regolamenti questo rapporto e la condotta degli utenti imponendogli il rispetto di determinate regole come condizione di utilizzo della piattaforma stessa. Il contratto, essendo vincolante solo tra le parti, non regola invece i rapporti tra utenti e soggetti esterni alla rete. Di conseguenza solo di rado il gestore risulterà responsabile verso terzi70.

Passiamo ad analizzare i singoli casi:

- problemi della legge e del giudice competente in caso di conflitti tra gestore del network e utenti: occorre un’ulteriore distinzione tra relazioni con utenti professionisti e con utenti consumatori.

Nel settore dei rapporti tra imprese, il problema della legge applicabile trova soluzione nel principio di diritto internazionale dell’autonomia delle parti. Nelle obbligazioni contrattuali internazionali la norma che disciplina l’individuazione della legge applicabile è la Convenzione di Roma del 1980. Questa convenzione è stata ratificata in Italia nel 1984 ed ora espressamente richiamata dall’art. 57 L. 218/1995 (Legge sul diritto internazionale privato). Tale Convenzione è stata sostituita per i Paesi membri dell’Unione Europea

70 Ad esempio in caso di default di sistema che però nulla ha a che vedere con la stipula del

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(ad eccezione della Gran Bretagna e Danimarca) dal Regolamento n. 593/2008, chiamato anche Roma I71.

Anche il giudice competente di norma è individuato in via autonoma dalle parti contraenti, Reg. comunitario n. 44/200172in cui si precisa che: “Le norme sulla competenza devono presentare un alto grado di prevedibilità ed articolarsi intorno al principio della competenza del giudice del domicilio del convenuto, la quale deve valere in ogni ipotesi salvo in alcuni casi rigorosamente determinati, nei quali la materia del contendere o l’autonomia delle parti giustifichi un diverso criterio di collegamento…”.

Detto questo, comunque le parti, pur in possesso della loro piena autonomia, tenderanno a deferire la controversia ad un collegio di arbitri che garantirà una maggiore esperienza rispetto alle materie trattate ed una più veloce soluzione della controversia. È anche prevista la previsione di un tentativo di risoluzione della controversia attraverso procedure di media conciliazione e solo in caso di fallimento di questo tentativo si procederà all’arbitrato.

In caso di conflitti tra ente gestore della piattaforma ed utenti consumatori, i rapporti sono invece regolati dalle norme in materia di diritto del consumatore. L’autonomia privata e la possibilità di individuare una legge o un foro, trova in questi casi un limite nella riconosciuta posizione debole del consumatore. In Italia, in attuazione della Dir. europea n. 93/2013, l’art. 36 codice del consumo

71 La convenzione di Roma del 1980 lascia ampio spazio alla libertà di scelta sulla legge

applicabile al contratto, infatti l’art. 3 della Convezione recita quanto segue: “il contratto è regolato dalla legge scelta dalle parti. La scelta dev’essere espressa, o risultare in modo ragionevolmente certo dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze”. Analogamente l’art. 3 Reg. UE recita “Il contratto è disciplinato dalla legge scelta dalle parti. La scelta è espressa o risulta chiaramente dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze del caso. Le parti possono designare la legge applicabile a tutto il contratto ovvero a una parte soltanto di esso”. Ne consegue che in caso di conflitto tra gestore della rete e professionista, la scelta della legge applicabile sarà individuata avuto riguardo a quanto indicato nel contratto essendo le parti libere di determinare quale sia la legge applicabile; in mancanza si farà riferimento alle altre regole del diritto internazionale.

72 La Legge di diritto internazionale privato italiano (L. n. 218/1995) all’art. 4 prevede che

“Quando non vi sia giurisdizione (italiana) in base all’art. 3, essa nondimeno sussiste se le parti l’abbiano convenzionalmente accettata e tale accettazione sia provata per iscritto, ovvero il convenuto compaia nel processo senza eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo. La giurisdizione italiana può essere convenzionalmente derogata a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero se la deroga è provata per iscritto e la causa verte su diritti disponibili. La deroga è inefficace se il giudice o gli arbitri indicati declinano la giurisdizione o comunque non possono conoscere della causa”.

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– D.Lgs. n. 206/2005 dispone: “è nulla ogni clausola contrattuale che, prevedendo l’applicabilità al contratto di una legislazione di un Paese extracomunitario, abbia l’effetto di privare il consumatore della protezione assicurata dal presente capo, laddove il contratto presenti un collegamento più stretto con il territorio di uno Stato membro dell’Unione europea”73. Una eventuale deroga convenzionale in merito al giudice competente sarebbe passibile di giudizio di vessatorietà e di conseguenza di declaratoria di nullità della relativa clausola. Dunque, laddove il conflitto sorga tra il gestore della piattaforma e soggetti terzi, le eventuali previsioni contrattuali non avranno applicazione e si applicherà la stessa disciplina della soluzione del problema della legge applicabile e del giudice competente nei conflitti tra utenti e terzi. - Diritto applicabile e giudice competente nei rapporti tra utenti e tra utenti e

terzi e non utenti:

in caso di conflitti tra parti di diversa nazionalità aventi ad oggetto un fatto illecito, ci si atterrà alle norme del diritto internazionale.

La regola generale in caso di conflitti nello spazio europeo è contenuta nell’art. 4 Reg. CE n. 864/2007 del parlamento europeo e del consiglio dell’11/07/2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II): “Salvo se diversamente previsto nel presente regolamento, la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali che derivano da un fatto illecito è quella del paese in cui il danno si verifica, indipendentemente dal paese nel quale è avvenuto il fatto che ha dato origine al danno ed a prescindere dal paese o dai paesi in cui si verificano le conseguenze indirette di tale fatto”. Il

73 In attuazione della direttiva europea 93/13 l’articolo 33 cod. cons. intitolato “Clausole vessatorie

nel contratto tra professionista e consumatore” prevede: “1. Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. 2. Si presumono vessatorie fino a prova contraria le clausole che hanno per oggetto, o per effetto, di: (…) t) sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi; u) stabilire come sede del foro competente sulle controversie località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore”.

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Regolamento ricalca la convenzione Roma II applicabile in caso di conflitto tra Nazioni firmatarie.

La Legge italiana n. 218/1995 prevede poi all’art. 62 che: “1. La responsabilità per fatto illecito è regolata dalla legge dello Stato in cui si è verificato l’evento. Tuttavia il danneggiato può chiedere l’applicazione della legge dello Stato in cui si è verificato il fatto che ha causato il danno.

2. Qualora il fatto illecito coinvolga soltanto cittadini di un medesimo Stato in esso residenti, si applica la legge di tale Stato”.

Ai fini dell’individuazione della legge applicabile, nel diritto internazionale privato, occorre prima determinare cosa si intende per danno e per evento all’interno della fattispecie del fatto illecito. In caso di conflitto tra soggetti di identica nazionalità, poi, dovrà aversi riguardo al diritto interno e con riferimento all’Italia, potranno aversi problemi di competenza territoriale del giudice chiamato a pronunciarsi. La competenza su fatti illeciti viene stabilita secondo due criteri alternativi la cui scelta è rimessa all’attore:

− Forum rei, competenza territoriale del giudice del luogo in cui il danneggiante ha la residenza, il domicilio o, in via residuale, la dimora (artt. 18 e 19 del codice di procedura civile, c.p.c.); oppure

− Forum commissi delicti, competenza territoriale del luogo in cui l’obbligazione è sorta o deve eseguirsi (art. 20 c.p.c.).

Relativamente a quest’ultimo foro, se il danno si verifica in più luoghi, come accade all’interno di una comunità virtuale, diventa difficile individuare la competenza secondo il foro facoltativo di cui all’art. 20 c.p.c74.

Si pensi ad un caso di risarcimento danni per diffamazione avvenuta mediante

Social Media. Il principio di diritto a cui giunge la giurisprudenza è dato dal

fatto che “nell’ordinamento (nel quale accanto alle norme di provenienza nazionale coesistono norme provenienti da fonti normative o negoziali internazionali) vige un principio generale che, in caso di squilibrio delle posizioni sostanziali delle parti, utilizza il foro del danneggiato o, comunque, della parte debole, come misura riequilibratrice e pertanto autorizza l’interprete, nel caso dubbio, a preferire analoga soluzione. Il problema della

74 S. LANDINI, Social Media, diritto applicabile, Organo giudicante, in Social Media e diritto,

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individuazione del giudice del luogo dove è sorta l’obbligazione risarcitoria, competente ai sensi dell’art. 20 c.p.c. in relazione alle domande dirette a far valere la lesione dei diritti della personalità mediante l’uso di mezzi di comunicazione di massa, ha formato oggetto di ripetuti interventi della Cassazione, inizialmente con riferimento alla stampa, periodica e non” (Cassazione Sezioni Unite Penali con ordinanza 13/10/2009, n. 21661). La Corte osserva che l’evento dannoso non può ritenersi localizzato esclusivamente nel luogo in cui il titolare del diritto leso ha il suo domicilio, ma deve considerarsi verificato in tutti i luoghi in cui la pubblicazione della notizia è stata diffusa75.

Si riporta a titolo esemplificativo le condizioni generali sul punto di

Facebook:

75 Si ritiene che, in ossequio al principio affermato dall’art. 25 Cost., occorre limitare la scelta

della competenza ad un luogo certo e individuabile in base a un criterio oggettivo unico. Tale esigenza è soddisfatta con l’indicazione come competente del giudice del luogo di domicilio del soggetto che è stato effettivamente (e non solo potenzialmente) danneggiato, perché, essendo il domicilio la sede principale degli affari e degli interessi, in tale luogo si sono principalmente verificati gli effetti pregiudizievoli dell’offesa alla reputazione. Ad analoga conclusione era peraltro giunta la Cassazione con riferimento alla lesione della reputazione conseguente alla diffusione di una trasmissione televisiva (Cass. n. 22586/2004). Nel giudizio promosso per il risarcimento dei danni conseguenti al contenuto diffamatorio di una trasmissione televisiva e, più in generale, di quelli derivanti dal pregiudizio dei diritti della personalità recati da mezzi di comunicazione di massa, la competenza per territorio si radica, in riferimento al "forum commissi

delicti" di cui all'art. 20 c.p.c., nel luogo del domicilio (o della sede della persona giuridica) o, in

caso di diversità, anche della residenza del soggetto danneggiato. Tale individuazione - che corrisponde al luogo in cui si realizzano le ricadute negative della lesione della reputazione - consente, da un lato, di evitare un criterio "ambulatorio" della competenza, potenzialmente lesivo del principio costituzionale della precostituzione del giudice, e, dall'altro, si presenta aderente alla concezione del danno risarcibile inteso non come danno-evento, bensì come danno-conseguenza, permettendo, infine, di individuare il giudice competente in modo da favorire il danneggiato che, in simili controversie, è solitamente il soggetto più debole. (Cass. 13.10. 2009, n. 21661). Ritengono le sezioni unite che la competenza in tali casi debba essere del giudice del luogo di domicilio (o della sede della persona giuridica) o, in caso sia diverso, anche del giudice della residenza del danneggiato. La Cassazione respinge la tesi secondo la quale le difficoltà di individuazione del luogo in cui sorge l’obbligazione dedotta in giudizio dovrebbe portare a ritenere inapplicabile il foro facoltativo. Ciò porterebbe ad abrogare la norma. La Suprema Corte nel prendere simili posizioni tiene conto anche della evoluzione delle interpretazioni giurisprudenziali sulla fattispecie dell’illecito civile. Si nota come alla concezione del danno risarcibile come danno- evento, si è sostituita quella di danno-conseguenza nella quale il risarcimento ha ad oggetto il pregiudizio, patrimoniale o non patrimoniale, conseguente alla lesione (Corte Cost. n. 233/2003). Ne deriva che l’obbligazione risarcitoria non nasce nel momento e nel luogo in cui si verifica un fatto potenzialmente idoneo a provocare un danno, ma solo nel momento e nel luogo in cui il danno risarcibile si verifica in concreto.

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Art. 15 delle condizioni generali di Facebook: “Qualsiasi reclamo, diritto

sostanziale o disputa (“reclamo”) tra l’utente e Facebook, derivante dalla presente Dichiarazione o dall’utilizzo di Facebook, verrà risolto esclusivamente nel tribunale del distretto federale statunitense della California settentrionale o in un tribunale situato a San Mateo County. L’utente accetta di sottostare alla giurisdizione personale dei tribunali sopracitati allo scopo di portare avanti tali controversie. La presente Dichiarazione, nonché qualsiasi disputa che possa insorgere tra le due parti, sono regolate dalle leggi dello stato della California, indipendentemente da conflitti nelle disposizioni di legge. Nel caso in cui dovessero sorgere dei reclami nei nostri confronti relativi alle azioni, ai contenuti o alle informazioni dell’utente su Facebook, l’utente sarà tenuto a risarcirci e ad assicurarci da e contro qualsiasi danno, perdita o spesa (incluse spese e costi legali ragionevoli) derivante da tale reclamo. Anche se forniamo delle regole per la condotta degli utenti, non controlliamo né guidiamo le azioni degli utenti su Facebook e non siamo responsabili dei contenuti o delle informazioni che gli utenti trasmettono o condividono su Facebook. Non siamo responsabili di alcuna informazione o contenuto offensivo, inappropriato, osceno, illegale o altrimenti deplorevole presente su Facebook. Non siamo responsabili della condotta, sia online che offline, di alcun utente su Facebook76.

76 Si riportano anche, a titolo di esempio, le condizioni generali di Twitter, Art. 12, b Legge

applicabile e foro competente. I presenti Termini e ogni azione ad essi relativa saranno regolati dalle leggi dello Stato della California, senza riferimento o applicabilità delle disposizioni ivi contenute in materia di conflitto di leggi o di quelle dello stato o del paese di residenza dell’utente. Ogni eventuale reclamo, procedimento legale o contenzioso connesso ai Servizi sarà devoluto alla giurisdizione esclusiva dei tribunali federali o statali della Contea di San Francisco, California, Stati Uniti; l’utente si assoggetta alla giurisdizione di tali tribunali e rinuncia a sollevare qualsiasi eccezione di incompetenza giurisdizionale o territoriale. Qualora l’utente sia un ente federale, statale o locale degli Stati Uniti, che utilizzi i Servizi in tale veste ufficiale e risulti impossibilitato sotto il profilo giuridico ad accettare le suddette clausole in materia di legge applicabile, foro competente o giurisdizione, si derogherà all’applicazione di tali clausole all’utente. Per tali enti federali governativi statunitensi, i presenti Termini e ogni azione legale a essi relativa saranno regolati dalle leggi degli Stati Uniti d’America (senza riferimento alle disposizioni sui conflitti di legge) e, in assenza di una legge federale e nella misura consentita dalla legge federale, dalle leggi dello Stato della California (senza riferimento alle disposizioni in materia di scelta della legge).

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6. La questione privacy

Anche nella realtà virtuale, come nella vita reale, la fama ha un prezzo in termini di erosione della riservatezza ed aumento della visibilità. La partecipazione attiva sul web lascia dietro di sé numerose tracce e nasconde numerose insidie. I flussi di informazioni che si generano a causa/grazie alle piattaforme digitali, hanno determinato un cambiamento radicale nell’accessibilità pubblica dei dati personali. Infatti, le informazioni immesse nei sistemi, possono essere accessibili ad un numero maggiore di soggetti rispetto a quelli rientranti nella rete di relazioni personali del singolo utente. Questi soggetti ricevono le informazioni e le rielaborano per finalità di qualsiasi natura. Risulta pertanto necessario chiedersi a che punto è la privacy, nell’ottica del nuovo web 2.0, e soprattutto la reale efficacia della norma di riferimento nella legislazione italiana in materia di riservatezza, il D.lgs 196/03 (Codice in materia di protezione dei dati personali), la sua cogenza ed i suoi limiti.

Al suo art. 1 sancisce: “Chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano”; le fondamenta di questo articolo sono ben radicate sia a livello europeo, per cui si veda il richiamo all’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea al cui primo comma si legge “ Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”; ma anche nella nostra Costituzione che richiama non solo il citato art. 1 del D.lgs ma anche il comma 1 dell’art. 2 che recita come “il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali”. Diritti e libertà che si possono garantire nella piena applicazione dell’art. 3 della Costituzione con un eguaglianza formale e sostanziale da raggiungere tra tutti i cittadini nell’ambito della comunicazione e riservatezza. Diritti e libertà ossia nucleo dei rapporti civili disciplinati nella Costituzione77.

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Come anticipato, passiamo ora alla valutazione sulla concreta rilevanza della vigente normativa nazionale posta a tutela della privacy. La disciplina del D.lgs 196/03 è applicabile ai gestori dei servizi di Social network, l’art. 578 tutela i dati personali tanto se detenuti nel territorio dello Stato tanto al di fuori. Ciò su cui sembra interessante discutere, non è tanto la problematica sollevata dai più basata sul fatto che i social vengono considerati come gli esecutori materiali per la fine della privacy, o meglio, da sempre si ha a che fare con una dicotomia tra chi considera i social network come la morte della privacy e chi, sul versante opposto, ritiene che ci si trovi di fronte ad una nuova variante della privacy tradizionale, vissuta forse come un valore in declino che cede progressivamente il passo all’era nella quale ognuno di noi è interessato più a far conoscere agli altri le proprie vicende che a tenerle celate e custodite. In realtà, le due visioni soffrono di un eccesso di radicalismo e terminano con il cadere nello stesso errore di prospettiva poiché entrambe concludono che accedere alla “piazza telematica” equivalga ad accettare implicitamente le regole della piazza stessa: e muovendo da tale conclusione si dividono nell’accettazione acritica della condivisione delle informazioni ovvero nel suo assoluto rifiuto. Al contrario, esiste una terza via infatti il problema non consiste nell’aderire o meno alle modalità di utilizzo dei

social network quanto piuttosto sulla consapevolezza fornita all’utente circa le

finalità ultime della raccolta dei dati personali. Ciò che dovrebbe essere garantito è un limite al loro utilizzo, una facilità della loro gestione, la possibilità per l’utente di eseguire sempre rettifiche o aggiornamenti. In altri termini, occorre che i gestori dei social network palesino chiaramente le finalità della raccolta ed i limiti del trattamento e compiano ogni ragionevole sforzo affinché tali

78 Art.5 Oggetto ed ambito di applicazione 1. Il presente codice disciplina il trattamento di dati

personali, anche detenuti all'estero, effettuato da chiunque è stabilito nel territorio dello Stato o in un luogo comunque soggetto alla sovranità dello Stato.

2. Il presente codice si applica anche al trattamento di dati personali effettuato da chiunque è stabilito nel territorio di un Paese non appartenente all'Unione europea e impiega, per il trattamento, strumenti situati nel territorio dello Stato anche diversi da quelli elettronici, salvo che