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Il sogno si fa realtà in Valeria Dentamaro

Ho inseguito un sogno, e l’ho realizzato

I ricordi affondano nell’infanzia vissuta a Villa Silvana, zona Pas-setto, ad inizio di via Santa Margherita: al tempo era aperta cam-pagna, d’intorno, e un immenso canneto degradava verso il dirupo che si affaccia sul mare. La guerra era appena finita, e mio padre aveva lasciato da poco la Marina per impiantare un negozio di fer-ramenta, dinanzi alla stazione ferroviaria. Qualche operaio nel ne-gozio un po’ oscuro serviva al banco i clienti: ho viva, ancora, l’im-magine di Aldivio, capo operaio, che incartava con i giornali vecchi i prodotti di ferramenta. Giornali che anche mia madre usava in casa, stendendoli sui ripiani della credenza, ed io, che ormai ero in quarta elementare, mi soffermavo a leggere le notizie invece di prendere i piatti per apparecchiare, mentre mamma mi gridava di sbrigarmi. La passione della lettura e di scrivere è nata allora, e non mi ha più lasciato. Fortunatamente nel percorso scolastico, fino agli esami di maturità delle Magistrali – frequentavo l’istituto Caterina Franceschi Ferrucci, chiuso ormai da tempo – ho avuto ottimi inse-gnanti di italiano e latino che mi hanno dato un bagaglio culturale importante, spronandomi anche a tirar fuori ogni mia potenzialità nello scrivere. Così con l’abitudine di sbirciare gli articoli sul Resto del Carlino che mio padre comprava quotidianamente, è sbocciata la decisione di fare da grande la giornalista e…magari proprio al Carlino, ma la vita, nel suo misterioso dipanarsi, aveva, nel periodo adolescenziale e della giovinezza, deciso di farmi fare un percorso decisamente diverso, complice l’amore! Mi sono sposata giovane:

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sono diventata madre di due figli che ho seguito negli studi fino al liceo, poi la scoperta di un tumore al seno, e la lunga degenza in una clinica a Bologna mi ha lasciato il tempo di riflettere sul mio vissuto fino a quel momento. Ed è stato in quei giorni di ricovero in solitudine e di dolore che ho deciso che avrei dovuto lasciare

“un’orma” della mia vita nella città, Osimo, in cui ho piantato le radici della mia famiglia. Così una mattina mi sono recata presso la radio privata osimana chiedendo di poter parlare della prevenzione per il tumore al seno che ogni donna deve conoscere e fare metten-do a disposizione la mia esperienza. Mi è stato concesso quindi di parlare alle ascoltatrici che seguivano questa radio, il cui titolare, qualche giorno dopo, mi ha chiamato per congratularsi del succes-so del mio intervento, e anzi mi ha proposto di trasmettere in un programma proprio rivolto alle donne. Ho accettato, sicuramente con una buona dose d’incoscienza e inesperienza: il risultato è stato che dopo qualche mese mi sono ritrovata dirigere i programmi di questa radio.

Un anno dopo alcuni colleghi giornalisti che vi trasmettevano ed io abbiamo deciso di acquistare questa radio privata. Sono stati poi dieci anni vissuti radiofonicamente con sempre maggiore pro-fessionalità di comunicazione mia e dei colleghi soci tanto da far diventare Radio Osimo punto di riferimento della comunità osi-mana e non solo. Intanto nel 1992 nasce La Gazzetta di Ancona, il quotidiano di Longarini: la direzione del nuovo giornale chiama due dei soci della radio – Stefano Rizzi corrispondente del Corriere Adriatico e Sergio Siniscalchi del Carlino, entrambi per lo sport - e me, con mia grande sorpresa, a far parte della redazione. Quanta emozione ho provato nel veder pubblicato il mio primo articolo.

E’ iniziata da quel momento una dura palestra sotto la guida del caporedattore che proveniva dal settore esteri dell’Unità di Roma, il compianto Roberto Frosi: ho imparato molto da lui, uomo dal carattere particolare ma di notevole esperienza giornalistica. La Gazzetta di Ancona era nata il 28 giugno del 1986 e dopo appena

un anno la direzione di Ancona decise di organizzare una redazione esterna ad Osimo dove con altri sette collaboratori ci si occupava della zona a sud del capoluogo. Sette comuni per cui fare cronaca quotidiana: Sirolo, Numana, Camerano, Recanati, Offagna, Ca-stelfidardo, Filottrano. Sono stati quasi otto anni di intenso lavoro:

si scrivevano gli articoli su un M10 collegato al telefono, mentre le foto le si dovevano portare a mano alla redazione sita alla Baraccola.

Poi la Gazzetta è fallita: tanti colleghi si sono ritrovati da un gior-no all’altro senza lavoro. Mi sogior-no adoperata, quale rappresentate di tutti i collaboratori delle Gazzette d’Italia, a difendere in ogni modo i loro diritti anche economici. E anch’io sono andata in crisi di astinenza da carta stampata. Ma dopo sei mesi, come per un miracolo, l’allora direttore del Carlino, Dario De Liberato, mi ha chiamata per collaborare a questo quotidiano. Ho accettato subito, perché il mio sogno si era avverato. Certo sono stati anni di grande impegno, ben 26, di duro lavoro, con duri bocconi da inghiottire e rare gratificazioni, ma quanta esperienza acquisita attraverso la cronaca bianca, rosa e soprattutto nera e giudiziaria che mi ha fatto entrare in una quotidianità non certo piacevole. Ho lasciato il mio amato Carlino nel 2013 perché ho deciso di riprendermi la mia vita privata. Per modo di dire, perché in quegli anni insieme a Stefano Rizzi e Sergio Siniscalchi – quest’ultimo se ne andato dopo sei mesi per altro lavoro in proprio – decidemmo di costituire la Osimo Edizioni, casa editrice osimana per stampare libri che raccontasse-ro del territorio e il settimanale La Meridiana, nata nel marzo del 1996: ad oggi, dopo 22 anni, racconta ancora la quotidianità dei

“senza testa”. Così sono soprannominati gli osimani per via delle statue acefale che si trovano nell’atrio del Municipio. Sono quindici i collaboratori che, volontariamente e con puntualità, scrivono ogni settimana sul settimanale, che non ha colore politico che dà voce ai cittadini, ai politici, agli amministratori per le problematiche e le questioni inerenti allo sviluppo della mia città. La Meridiana, di cui sono editore e titolare, è anche luogo di alternanza di

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lavoro con gli Istituti scolastici superiori, è punto di riferimento per iniziative ed interventi in collaborazione con enti ed associazioni, è, insomma, uno specchio che riflette il vivere di una comunità di 35 mila abitanti. La mia città: sono cittadina onoraria dal 2004, un riconoscimento che mi è stato dato per aver contribuito, in va-rio modo, alla preservazione del patrimonio culturale e artistico di questa Vetus Auximon in cui vivo e che amo infintamente. Ecco, questa è la mia storia in sintesi: editore, giornalista pubblicista, ma anche … poetessa! Perché la bellezza della Val Musone, dove Osimo si affaccia, è stata anche fonte di ispirazione poetica con la raccolta

“La ghiaia del mio giardino” con la prefazione dello scrittore Cesare Balboni al quale debbo anche la scelta di aver intrapreso la strada del giornalismo perché fu lui a spingermi a scrivere. Grazie Cesare, ma grazie anche a tutti coloro che in questo mio percorso mi hanno insegnato a fare informazione vera. Questa è la mia storia, semplice e di periferia, come dico sempre, da casalinga a giornalista, impren-ditrice. Ma anche madre e felicemente nonna.

V. D.

LAICO O CREDENTE?

È CREDIBILE SOLO CHI SI FA CUSTODE DEL SENSO UMANO DELLA VITA

CAP. IX

TONINA ASCI

Abruzzo

I PASTORI

Settembre, andiamo. È tempo di migrare.

Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare:

scendono all’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti alpestri, che sapor d’acqua natía rimanga ne’ cuori esuli a conforto, che lungo illuda la lor sete in via.

10Rinnovato hanno verga d’avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano, quasi per un erbal fiume silente, su le vestigia degli antichi padri.

O voce di colui che primamente 15conosce il tremolar della marina!

Ora lungh’esso il litoral cammina la greggia. Senza mutamento è l’aria.

il sole imbionda sì la viva lana che quasi dalla sabbia non divaria.

20Isciacquío, calpestío, dolci romori.

Ah perché non son io co’ miei pastori?

(Gabriele D’Annunzio)

– 221 – Laura Margherita Volante