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Il mondo nelle nuvole 1

Da bambina incontravo il Mondo nelle Nuvole ogni volta che sbat-tevo gli occhi: mi sentivo subito volare, volare su, sempre più su come risucchiata da una folata di vento caldo.

I miei passi si facevano, all’istante, soffici e leggeri.

Era una sensazione gradevole ascoltare le nuvole abbracciarmi con le loro morbide braccia; capitava anche che Nuvolo si avvici-nasse a me soffiando all’orecchio, procurandomi un lieve solleti-chio: ridevo, ridevo felice di questo gioco innocente; davanti a me vedevo candide immensità, che cambiavano forma e dimensione.

Nuvoletta m’insegnò a socchiudere gli occhi lentamente per guar-dare, dalle sottili fenditure, il mondo nelle nuvole.

Origliando dalle fessure dei miei grandi occhi attoniti, scoprivo i segreti di un mondo fanta-nuvoloso, che racchiudeva il destino di ogni persona: passato, presente, futuro chiusi dentro un uovo.

Quando un uovo si rompeva, nasceva un bambino sulla Terra.

Leggera, con ali di farfalla, volavo fra una nuvola e l’altra, che mi accarezzava e mi blandiva. Potevo anche entrare dentro le nuvole:

bastava fare largo con le mani per provare benessere, così ovattata, lontano dai rumori assordanti della mia caotica città.

Un giorno Nuvoletta promise di accompagnarmi da Nuvolone, il re del Mondo nelle Nuvole; e sì, perché il loro mondo è tutto dentro e non fuori, a differenza di altri; è un mondo, mi spiegò, che

1 Premio Speciale della giuria “Città di Eleusi” Firenze - 2000

Accademia Europea di Lettere, Scienze, Arti e Mestieri Publio Fausto Andrelini: Pre-mio con medaglia di merito “Il Melozzo” Forlì

Premio Internazionale Verbumlandiart – Città di Galateo-Galatone 2016

Pubblicato su Antologia “ Racconto Fiabe!... Fiabe a Bigonce… 2001 Ed. “Il Ponte Vecchio” Cesena.

rappresenta l’universo intero, basta saperlo leggere con il cuore, con quella sufficiente irrazionalità, che fa essere di una margherita, una margherita e di un girasole, un girasole.

Nuvolone, seduto su un’enorme montagna di panna montata, a forma di trono, sotto una corona di tante piccole nubi vaganti, mi sorrise prendendomi per mano.

Quante nuvole! Mutavano soggetto gradualmente come se dan-zassero.

Fiori che si trasformavano, per incanto, in animali, oppure in figure simili alle greche che disegnavo a scuola.

Diafane libellule mi presero per la vita, sollevandomi e rotean-domi dolcemente finché, uscita dal mio corpo, mi ritrovai Nuvoli-na, perché così mi sentii chiamare in coro. Piccola piuma al vento volavo un po’ in qua, un po’ in là senza posa.

Mi addentrai in un bosco tutto coperto di neve e, mentre svo-lazzavo tra le fronde, uccellino Bianchino mi sussurrò all’orecchio indicandomi un castello con un’enorme scritta:

– Qui il dono della vita non dorme mai –

Entrai emozionata, guardandomi intorno, con il nasino all’insù.

Attraversai enormi corridoi: lunghi tunnel senza fine, quando finalmente vidi venirmi incontro una schiera di bambini, i quali cantavano sull’onda di una dolcissima armonia.

Chiesi loro chi fossero; al che uno di loro rispose così:

– Siamo bambini mai nati, perché ai nostri genitori sono state spezzate linfe di vita perciò cantiamo preghiere di speranza.

Non riuscivo a comprendere il senso di quelle parole ed allora Bianchino, posato sulla mia spalla, mi spiegò che gli abitanti della Terra, il cui spirito è privo di libertà, sono come prigionieri del tempo e dello spazio, in scatole a mo’ di fortezza.

Per diventare spiriti liberi è necessario percorrere un lungo cam-mino, abbattendo staccionate, barriere, porte, muri per raggiunge-re sferaggiunge-re celestiali, dove i gabbiani spaziano all’infinito: non serve la bussola perché ovunque ti giri, ti ritrovi.

– Voi cosa fate qui? – Domandai.

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– Siamo in attesa – rispose uno dei bimbi.

– Non siete morti? – replicai

– no – proseguì – non siamo mai nati .

Era un discorso difficile per la mia età, ma ne avevo intuito il profondo significato: la ragione deve passare attraverso il cuore, pensai e intanto mi sentii inondare di amore infinito.

Una sensazione magica avvolse la mia anima.

D’improvviso mi accorsi che i bambini come per incanto si era-no volatilizzati.

Sola avanzai per il lungo corridoio quando da una luce apparve una sagoma bianca dalle sembianze di una fata o di un angelo, di certo una creatura celeste, pensai.

Provai lo strano ed impulsivo desiderio di abbracciare quella persona così eterea ed evanescente.

Si presentò parlandomi con voce melodiosa e suadente, affer-mando di essere la mia mamma il giorno in cui avrebbe lasciato la Terra.

– Allora tu sei già nel futuro – esclamai ansiosa.

– Sì – rispose – non si muore mai, si cambia solo dimensione.

– Torna fiduciosa nella tua realtà – disse – e ama, ama sempre, perché amando crescerà in te amore inesauribile e traboccante.

Ascoltavo quelle parole, come inebetita.

– Non tutti capiranno – proseguì – perché non conoscono il Mondo nelle Nuvole.

Per una frazione di secondo ebbi la percezione del passato, pre-sente e futuro fusi dal segreto della vita.

Superai un arco luminoso trovandomi seduta sull’altalena del parco dove solitamente andavo a giocare.

Il Mondo nelle Nuvole non c’era più, ma continuai ad osserva-re le soffici nuvole del cielo sopra di me: sembrava mi salutassero sventolando i loro candidi lembi in una splendente giornata di sole.

Indifferenza

1

C’erano una volta, una volta sempre per tutte, un re che non era un re ed una regina che non era una regina: si rammaricavano molto di questo fatto, poiché non avevano un regno da governare; insom-ma erano sovrani senza regno. Così, con le loro teste coronate, si guardavano ogni giorno allo specchio recitando per bene, rispetti-vamente, la parte di re e di regina.

Le prove erano lunghe e meticolose: studiavano ogni gesto per-ché fosse regale e convincente; preparavano addirittura i discorsi ufficiali chiedendo consiglio al Gran Ciambellano. Terminati i ceri-moniali, naturalmente, aprivano il Gran Ballo di corte: un regno di tutto rispetto non poteva non avere il suo ballo, tra fasti e nobiltà.

I due sovrani, in quest’atmosfera blasonata, danzavano fino a not-te tarda. Instancabili finivano per addormentarsi, così, tra le brac-cia avvolgenti del tempo, correndo sul tappeto volante dei sogni.

Intanto il pendolo oscillava inesorabile. Quando si svegliavano non sapevano più quale fosse il sogno e quale la realtà; poi ve-dendo riflesse nello specchio, come per magia, le teste coronate e pure luccicanti, si sentivano rassicurati e pienamente soddisfatti di quella regale realtà. Ricominciavano nuovamente le prove ge-nerali per la realizzazione di un futuribile reame. Un giorno i due sovrani, ormai vecchi e stanchi, con i capelli bianchi, con i vol-ti segnavol-ti dalle rughe e con il respiro affannoso, non riuscirono ad arrivare davanti allo specchio perché, sfiniti, caddero a terra.

1 Laura Margherita Volante (testo pubblicato su Foglio Rosa, Centro Donna di Cese-na e su Odissea Milano)

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In questa miserabile situazione ebbero tempo di scambiarsi uno sguardo furtivo, mentre un lampo a ciel sereno balenò davanti ai loro piccoli e miopi occhi.

«Ma dov’erano i reali, le regali maestà?», pensarono sussurrò con un filo di voce, mentre il vecchio che le stava innanzi, stra-biliato, si domandava a sua volta chi fosse quella sconosciuta.

Era notte fonda, ormai: la luna piena viaggiava lentamente per il cielo mentre le stelle apparivano per poi sparire dietro nuvole silenziose.

Il pendolo si era fermato ad ascoltare, in questa oscurità, il la-trare dei cani, il frusciare delle fronde e lo sbatacchiare ininter-rotto di un’anta. Lacrime di calda pioggia caddero quella not-te; così pure dai quei volti spettrali: un’eco di pianto, traspor-tata dal vento, risuonò lontana… nessuno se ne accorse mai.