IV. ARIMANNI E CONT
4.2. Il territorio bergamasco
Prima di soffermarci sui conti di Bergamo, è opportuno richia- mare (17) brevemente la lunga serie di privilegi che alla chiesa vescovile e ad altre chiese bergamasche affidano la protezione degli arimanni, il primo, quello di Carlo III dell’anno 882, cui abbiamo accennato (18), poi gli altri che assegnano la giurisdizio- ne su gruppi determinati.
La chiesa vescovile (19) provvide intorno alla metà del secolo
diplomatico cit., VI, n. 193. Arimanni sono attestati ancora nel terzo decennio del secolo XIII a Volargne e a Chiusa, a nord di Verona, sulla via di Germania, la cui giurisdizione era stata concessa in feudo dai conti di Verona a Falsogravo: Castagnetti, La Valpolicella cit., p. 56
(14) T. Pesenti, Per la continuazione del Codice diplomatico padovano, tesi di laurea, Istituto di Paleografia e diplomatica, Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Padova, a. acc. 1973-1974, n. 37, 1200 ottobre 27.
(15) Sui conti di Vicenza si veda Castagnetti, I conti di Vicenza cit. (16) Ibidem, pp. 159-171.
(17) Per l’utilizzazione e la diffusione della qualifica di arimanni in territorio bergamasco è significativo l’impiego del termine in una formula di manomissione dell’anno 800: si veda sopra, nota 19 di cap. I.
(18) DD Karoli III, n. 52, 882 febbraio 15: cfr. sopra, t. c. nota 6 di cap. I. (19) Sulle vicende della chiesa vescovile si vedano J. Jarnut, Bergamo 568-
tionis, che, come nei casi che veniamo esaminando, sarà stato
costituito da doveri di contribuzione e di ospitalità, che, propri degli uomini liberi, venivano ormai intesi come legati ai loro beni, in altre parole doveri paragonabili a quelli che scaturivano dalla detenzione dell’arimannia, come per gli abitanti di Sacco e di altri distretti (29).
Un documento inedito dell’anno 1117 riporta la promessa di Ardizzone, figlio del defunto conte Arialdo, al fratello Alberto, conte del comitato bergamasco, di rinunciare a beni e diritti su beni in Levate, sulla somma di trenta lire e su un’altra, imprecisa- ta, costituite dai denari esatti dagli arimanni abitanti nel comitato: «de pecuniis ab erimannis in comitatu exactis» (30). Il tributo cor-
secondo il quale i cittadini erano tenuti a corrispondere i tributi al signore per le terre che possedevano nei loro distretti e sfruttavano direttamente, mentre, se erano condotte da contadini, erano questi a pagare i tributi. Un esempio di un civis sottratto alla giurisdizione signorile è in C. Manaresi [ed.], Gli atti del Comune di Milano fino al 1216, Milano, 1919, n. 204, 1198 agosto 11, sentenza di un console milanese, nella quale appare un nobilis homo o miles – la qualifica di miles non compare invero nel documento –, che non risulta soggetto al distric- tus del dominus loci; il nobilis homo, però, non è un miles del luogo, ma un civis di Milano; il documento è commentato da H. Keller, Signori e vassalli nell’Italia delle città (secoli IX-XII), I ed. 1979, tr. ital. Torino, 1995, p. 142, con rinvio a p. 166, nota 239, che lo utilizza, tuttavia, a sostegno della possibilità che un miles locale sia sottratto alla giurisdizione del dominus. Anche Menant, Campagnes lombardes cit., pp. 426-427, accennando alla “barriera fondamentale” esistente fra milites e rustici, i primi soggetti alla giurisdizione feudale, i secondi a quella bannale, cita, però, fra i pochi esempi addotti (ibidem, p. 427, nota 110), anche quelli di milites che sono invero cittadini.
(29) Per i Saccenses e gli abitanti di Vigevano cfr. sopra, par. 2.2.3.; per Remedello, sopra, t. c. note 82-84 di cap: III; ed ancora sotto, per altre esemplifi- cazioni.
(30) Biblioteca civica di Bergamo A. Mai, Pergamene del Comune di Bergamo, n. 580, 1117 settembre, regesto in M. Lupi, Codex diplomaticus civita- tis et ecclesie Bergomatis, voll. 2, Bergamo, 1799, I, coll. 899-900, che non ripor- località vicine di Balbiaco e Saxaco, con la specificazione che essi
non avrebbero più corrisposto obblighi e prestazioni alla pars
publica e alla pars comitatus, quindi al re e al conte (26).
Il riferimento ai diritti del comitatus e quindi del conte non è, nel caso bergamasco, un riferimento semplicemente di formulario. Gli studi prima dello Jarnut ed ora del Menant hanno mostrato la persistenza del collegamento tra conte e gruppi o anche singoli ari- manni.
Nell’anno 1086 il conte Raginerio promette a un Giovanni di Bergamo di non pretendere da alcuni homines arimanni, abitanti di Levate, alcun adempimento di diritti nei propri confronti, obse-
quium conditionis, diritti connessi ai loro possessi, case e terre,
beni che essi avevano venduto al bergamasco Giovanni e poi riot- tenuto, probabilmente in fitto (27). Il nuovo proprietario cittadino veniva così liberato da impegni che, assunti con l’acquisizione dei beni nel contado, ne potevano compromettere la condizione socia- le (28). Non viene specificato il contenuto dell’obsequium condi-
(26) DD Conradi II, n. 61, anno 1026: : «... et de districtione arimannorum ibidem adiacentium ... quatinus ad parte publicam nulla conditione responderent neque ad partem comitatus placitum custodiret neque teloneum neque precariam darent neque ullam facerent angariam ad partem publicam»; si veda anche le con- ferme di DD Lotharii III, n. 98, anno 1136, e di DD Friderici I, n. 232, 1158 novembre 23.
(27) App., n. 18. L’editore Antonucci legge, però, in modo erroneo, quale obsequium creditionis, l’espressione da noi citata nel testo, mentre la lezione esatta è stata da noi riscontrata sull’originale. Adotta tale lettura anche Jarnut, Bergamo cit., p. 186, che riporta ampi estratti del documento, segnalato, tuttavia, come ine- dito; ibidem, pp. 187-188, l’autore, per quanto concerne la condizione degli ari- manni, la considera inferiore a quella degli altri possessores, giudizio che non con- dividiamo, come si deduce dalle considerazioni svolte nel presente contributo.
(28) Le proprietà dei cittadini erano solitamente esenti dalla soggezione agli oneri e ai tributi verso i signori: Violante, La signoria rurale cit., pp. 378-379,
tutto, con la chiesa vescovile e con le maggiori chiese bergamasche
– della canonica di S. Alessandro tratteremo in relazione agli ari- manni di Vanzone (36) –, generino l’impressione che la tradizione arimannica sia stata particolarmente viva e sentita nel territorio bergamasco, per il quale anche per altri aspetti è possibile consta- tare la presenza accentuata di caratteri conservativi ricollegabili alla tradizione longobarda (37).