X. ARIMANNI TRA LA GIURISDIZIONE DELLA CHIESA ROMANA E LA SIGNORIA VESCOVILE
10.5. La scomparsa degli arimanni ferrares
Nel territorio ferrarese, la qualifica di arimanni, indicante dalla seconda metà del secolo X singole persone o gruppi di liberi abitanti su terre altrui e impiegata nel 956 dagli arimanni di Fossalta, per difendere gli elementi essenziali ancora goduti della libertà personale, nel 970 dal conte per esigere le prestazioni pub- bliche dagli uomini liberi abitanti sulle terre della chiesa ravenna- te, nel 1017 in Sariano per designare gli uomini liberi possessori di terre comuni, scompare per lungo tempo, così come scompare nella Romania; ricompare dopo un secolo nelle zone controllate più direttamente dai Canossa e maggiormente soggette all’influen- Permane, dunque, in Trecenta, per l’ultima volta, a quanto ci
consta, la consuetudine di designare con la qualifica di arimanni gli uomini liberi ed economicamente indipendenti, ormai tuttavia assoggettati pienamente alla giurisdizione signorile del vescovo, sostituitasi a quella della Chiesa romana, ma non immemori della loro condizione di interlocutori ‘privilegiati’ del potere pubblico e dei suoi ufficiali, soggetti agli obblighi pubblici di placito e di ospitalità.
Ora, nella concentrazione di tutto il potere politico locale in un solo ente, è aperta la strada per un effettivo livellamento sociale di fronte ad esso di categorie diverse di persone, fra quelle che erano fornite di terre proprie, anche se in possesso di altre terre in concessione enfiteutica, e quelle godenti ed abitanti in tutto o in prevalenza su terre altrui, particolarmente della chiesa vescovile, economicamente dipendenti, anche se giuridicamente libere, ché tali sono i coloni nella Romania. La qualifica di arimanno, non denotando più un rapporto ed obblighi diretti verso un potere pub- blico superiore, non ha più ragione di sussistere.
10.4.2. Sariano (1245)
Un altro documento concernente Sariano ci mostra un momento successivo del processo ora delineato.
Nel 1245 un nunzio del vescovo di Ferrara, stando in Trecenta, chiede che alcuni giurati di Sariano dichiarino i diritti della chiesa vescovile in Sariano stessa (57). Secondo la deposi- zione del primo giurato, confermata da tutti gli altri, il vescovo detiene tutti i diritti pertinenti alla piena giurisdizione civile e cri- minale. Dopo avere segnalato anche un diritto che potremmo defi-
(57) Franceschini, Curie episcopali cit., app., n. 7, 1245 maggio 4, riedito in Franceschini, Documenti cit., n. 79.
di assoggettare anche il contado, sottoponendo alla sua giurisdizio- ne soprattutto le zone ove più forte e radicata era la presenza della Chiesa romana e, insieme, era radicata la presenza e la tradizione degli arimanni. Anche per il comune non c’era più necessità di ‘difendere’ gli arimanni, intervenendo, ad esempio, in Arquà nella controversia degli arimanni con i cittadini, sostituendosi e sovrap- ponendosi alla giurisdizione della Chiesa romana, difendendone i diritti nel momento stesso in cui difendeva quelli degli uomini liberi ad essa da sempre soggetti.
Di fronte alla formazione di un’ampia e organica signoria vescovile, una signoria che nella Traspadania si affermò tardiva- mente e, per così dire, in controtendenza rispetto a quello che si verificava in molte zone della Langobardia, ove la signoria era in via di dissoluzione (59), e ancor più di fronte all’azione del comu- ne cittadino, che tende a ridurre e, se possibile, ad eliminare le dif- ferenziazioni, anche giuridiche, interne alle comunità rurali, per assoggettare tutti gli abitanti, ai suoi tribunali, ai tributi e alle pre- stazioni personali di carattere pubblico, l’antica qualifica di ari- manno, che, per tutta la prima età comunale, fino all’inizio del secolo XIII, era stata ancora utilizzata in situazioni locali e contin- genti per connotare, in positivo, una parte della popolazione rurale, si avvia a scomparire in modo irreversibile.
Risulta evidente la sostanziale diversità del processo storico che coinvolge gli arimanni del Ferrarese e del Mantovano. Punto di partenza e punto di arrivo sono diversi sostanzialmente: nel primo caso gli arimanni, presenti sempre e solo nel contado, conti- nuano a mantenere tale qualifica, anche quando essi giungono ad essere assoggettati, prima nelle intenzioni, poi nei fatti, al comune
romana e il conseguimento e riconoscimento della propria autonomia poltica, si veda Castagnetti, Società e politica cit., pp. 57-89.
(59) Cfr. sopra, t. c. nota 21. za della Langobardia per qualificare e distinguere i gruppi di libe-
ri, possessori di terra propria o in enfiteusi, soggetti agli obblighi pubblici verso la Chiesa romana e i suoi ufficiali, dagli abitanti risiedenti e coltivatori delle terre dei grandi proprietari, quelli che in Arquà sono definiti servientes.
La situazione ferrarese si presenta diversa da quelle riscontra- te in molte zone della Langobardia, ove gli arimanni sussistono proprio in relazione alla signoria territoriale. Ma nella Traspadania ferrarese la qualifica di arimanno era rimasta legata alle caratteri- stiche della sua prima comparsa, qui e nella Romania in genere, connotata da un rapporto con il potere pubblico centrale e con i suoi ufficiali, i conti, connotazione ravvivata dal dominio dei Canossa e da quello della Chiesa romana. In Arquà, come in Trecenta, gli arimanni difendono appunto tali rapporti antichi come segno della loro condizione di indipendenza economica e di prestigio sociale, nel momento stesso in cui la Chiesa romana rivendica, per l’ultima volta – il processo dell’anno 1182 è anterio- re di soli cinque anni al privilegio pontificio del 1187, con cui ven- gono ceduti le giurisdizioni – la sua sovranità su terre ed uomini della Traspadania. Né era interesse della signoria vescovile mante- nere in vita, con la qualifica di arimanno, una tradizione di rapporti con la Chiesa romana e i suoi ufficiali che avrebbe inficiato o limi- tato, per la forza stessa della tradizione, i propri diritti signorili.
La fine del dominio della Chiesa romana sulla Traspadania, che sanciva l’affermazione definitiva della signoria vescovile, faceva venire meno anche l’interesse del comune cittadino nel rivendicare la giurisdizione sugli arimanni. Il comune, che nel primo periodo della sua costituzione aveva trovato un freno alla sua affermazione proprio nella sovranità della Chiesa romana, su tutto il comitato, invero, città compresa, aveva ravvisato l’opportu- nità, mentre si ‘liberava’ della tutela pontificia, ottenendo progres- sivamente il riconoscimento della propria autonomia politica (58), (58) Per la costituzione del comune in Ferrara, i suoi rapporti con la Chiesa