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Saint-Loup, l’immaginario razzista del Narratore!

4.2 L’immaginario razzista nel discorso del Narratore!

4.2.2 L’immaginario ariano: deconstructing

whiteness!

!

Se, come abbiamo visto, tutti i soggetti non occidentali sono marcatamente razzializzati, una chiara operazione di razzializzazione nel discorso del Narratore si può vedere anche nella costruzione dei bianchi che in qualche modo si collocano “al di sopra” del bianco medio: Saint- Loup, e in generale i membri della famiglia Guermantes.!

Nell’intervento di apertura del seminario proustiano dell’ITEM di Parigi per l ’ a n n o 2 0 1 4 - 2 0 1 5 , P h i l i p p e C h a r d i n h a a n a l i z z a t o m o l t o approfonditamente e perspicuamente il ruolo della descrizione fisica nel romanzo proustiano, arrivando a dimostrare che, nel testo della

Recherche, la descrizione fisica non è mai il banale tentativo di rendere un

fenomeno, ma piuttosto l’enunciazione della carica emotiva che un fenomeno produce in chi lo descrive.!

Alla luce di questa osservazione, e soprattutto dei passaggi che abbiamo esplorato finora, il brano in cui Saint-Loup fa la sua entrata in scena nel romanzo in riva al mare a Balbec rivelerà forse immediatamente al lettore bianco alcune connotazioni nell’immaginario del Narratore che,

Ivi, p. 14.

127

Ibidem.

normalmente, rischierebbero di restare trasparenti. Leggiamo insieme il brano nella sua interezza: !

!

Une après-midi de grande chaleur j'étais dans la salle à manger de l'hôtel […] quand, dans la travée centrale qui allait de la plage à la route, je vis, grand, mince, le cou dégagé, la tête haute et fièrement portée, passer un jeune homme aux yeux pénétrants et dont la peau était aussi blonde et les cheveux aussi dorés que s'ils avaient absorbé tous les rayons du soleil.Vêtu d'une étoffe souple et blanchâtre comme je n'aurais jamais cru qu'un homme eût osé en porter, et dont la minceur n'évoquait pas moins que le frais de la salle à manger la chaleur et le beau temps du dehors, il marchait vite. Ses yeux, de l'un desquels tombait à tout moment un monocle, étaient de la couleur de la mer. […] Il semblait que la qualité si particulière

de ses cheveux, de ses yeux, de sa peau, de sa tournure, qui l'eussent distingué au milieu d'une foule comme un filon précieux d'opale azurée et lumineuse, engainé dans une matière grossière, devait correspondre à une vie différente de celle des autres hommes.129!

!

La frase conclusiva, che riporto in grassetto, rende del tutto esplicito e trasparente il punto di vista del Narratore, che dichiara che i capelli biondi, gli occhi azzurri, la pelle di Saint-Loup trasmettono subito l’idea che questo personaggio sia un essere speciale rispetto agli altri uomini. La similitudine scelta per veicolare questa idea, e cioè quella di un materiale prezioso e luminoso in mezzo a della materia grossolana, afferma in maniera testuale e rende inequivocabilmente esplicito il fatto che il Narratore pensi che i tratti somatici e l’aspetto di Saint-Loup ne facciano un essere che vale più degli altri. !

La rete simbolica di cui il Narratore si avvale per questa descrizione si rifà, del resto, a un contesto culturale ben preciso. Saint-Loup si distingue per il colore chiaro dei capelli, degli occhi e della pelle, per la snellezza e la rapidità, per lo slancio verso l’alto: il collo, la testa alta e “portata con fierezza”, l’altezza della figura. Come interpretare questa descrizione, e —

Cfr. M. PROUST, À la recherche du temps perdu, cit., II, p. 88. Corsivo mio.

soprattutto — il fatto che questi tratti fisici suscitino immediatamente nell’eroe l’idea che la vita di Saint-Loup debba essere più preziosa di quella degli altri uomini?!

Nel già citato saggio White130 — che ha per oggetto principale la

rappresentazione dei bianchi nel cinema occidentale, dall’inizio della storia del cinema ad oggi — Richard Dyer utilizza, per ricostruire la rete simbolica che si trova alla base della rappresentazione dei bianchi, alcune parti del celebre libro di Martin Bernal Black Athena: The Afroasiatic Roots

of Classical Civilisation131. Se il saggio di Bernal è estremamente controverso nella tesi di fondo che si propone di dimostrare, e cioè che le radici della cultura greca fossero afroasiatiche, tuttavia la ricostruzione che lo studioso fa del discorso filologico di tardo ottocento è piuttosto accurata, e può essere considerata affidabile per i margini tutto sommato larghi che servono per questa interpretazione. Bernal mostra come nel corso dell’Ottocento allo studio filologico-linguistico dell’antichità classica si sia intrecciato un discorso politico molto preciso, che ha portato, tra i filologi di quel periodo, alla costruzione del cosiddetto “immaginario ariano”. Così — a prescindere dalla questione che nel libro di Bernal è centrale, e cioè se questa fascinazione per le comunità caucasiche abbia portato ad attribuire falsamente le origini della cultura greca a popoli non afroasiatici — è innegabile che nei lavori filologici di quel tempo si sia pian piano costruita una fascinazione per un certo tipo di comunità identificabili — per usare le parole di Bernal — in “small, virtuous and pure communities in remote and

cold places: Switzerland, North Germany and Scotland”. All’interno di

questo immaginario, gli elementi che assumono connotazioni positive sono tutti quelli che trovano un legame simbolico con l’idea di altitudine,

Cfr. R. DYER, White. Essays on Race and Culture, London and New York, Routledge,

130

1997.

Cfr. M. BERNAL, Black Athena. The Afroasiatic Roots of Classical Civilisation. Vol. I:

131

The Fabrication of Ancient Greece 1785-1985, New Brunswick, Rutgers University Press, 1987

luce, purezza, in breve: cielo. Proprio in quegli anni si teorizzava infatti che l’elemento distintivo del popolo indoeuropeo rispetto alle comunità pre- indoeuropee sarebbe consistito nel culto uranio, in opposizione al culto ctonio che caratterizzava le civiltà precedenti, come per esempio, gli etruschi: da qui il culto di Zeus (che ha la stessa radice etimologica di DIES,

giorno) come divinità suprema del Pantheon, da qui la demonizzazione del

serpente, che sarebbe stata la divinità suprema nei culti precedenti quello indoeuropeo. In questa prospettiva, e cioè attraverso l’uso della rete simbolica del cielo come chiave interpretativa, diventa evidente il significato non soltanto della sistematica correlazione istituita tra Saint- Loup e l’idea di sole e di luce, che abbiamo già notato sia nella descrizione sopra citata (si pensi ai suoi capelli “così dorati, come se avessero assorbito tutti i raggi del sole”) e nell’opposizione sole/ombra, bianco/nero che viene istituita a proposito di Saint-Loup e Morel; ma anche la rete simbolica di riferimento rispetto all’idea di slancio e altitudine che costantemente permea le descrizioni fisiche di Saint-Loup, e, soprattutto la metafora che ricorre costantemente quando si vuole descrivere la famiglia Guermantes: quella ornitologica. L’uccello, infatti, è un animale fortemente connotato dal punto di vista del culto uranio: si pensi, evidentemente, all’aquila di Zeus, alle pratiche divinatorie derivanti dal volo degli uccelli, e persino al Canto di Ivan, il più antico testo in lingua altoslava, dove la derivazione altoslava della radice *diw indica l’uccello del malaugurio (l’antico dio essendo diventato demone in seguito alla trasvalutazione dei valori di Zarathustra e all’affermazione del dio Bagha, bog in russo). I Guermantes sono descritti secondo la metafora ornitologica perché l’uccello è l’unico animale che possa attingere il cielo.132!

Nel prossimo paragrafo vedremo, combinando la nozione di “misura” che abbiamo visto caratterizzare l’uomo europeo rispetto alle altre razze e la

Le informazioni di glottologia che utilizzo per questa interpretazione mi vengono dal

132

corso di Filologia baltica tenuto all’Università di Pisa dal prof. U. Dini nell’anno accademico 2010-2011.

caratterizzazione di Saint-Loup come una forma di europeo potenziata, come questi arrivi ad essere costituito come eroe perfetto, per poi interpretare, alla luce di questo, il giudizio che il Narratore dà sul rifiuto, da parte di Saint-Loup delle posizioni scioviniste durante la guerra.!

!

4.2.3 “À la gloire immortelle de la France”: il

Narratore, i francesi, il meden agan!

!

Nel paragrafo precedente, abbiamo visto che Saint-Loup è costruito dal Narratore come un puro indoeuropeo, secondo un immaginario ariano che si richiama a una rete simbolica precisa e che ho cercato di indicare, per lo meno a grandi linee. In questo paragrafo, cercherò di analizzare in questa luce un passo in cui il Narratore, dopo la solita premessa politically correct e de-responsabilizzante in cui afferma che le qualità si troverebbero allo stesso modo in tutte le razze, afferma che però, quando queste qualità si trovano in un francese “puro”, allora sono più lodevoli e più affascinanti di quando si trovano in uno straniero. Leggiamo insieme il passo: !

!

Généralement on reconnaissait ensuite que, s'ils [gli ebrei, e in generale, gli intellettuali, i tipi “loufouque”] avaient contre eux d'avoir les cheveux trop longs, le nez et les yeux trop grands, des gestes théâtraux et saccadés, il était puéril de les juger là- dessus, ils avaient beaucoup d'esprit, de coeur et étaient, à l'user, des gens qu'on pouvait profondément aimer. Pour les Juifs en particulier, il en était peu dont les parents n'eussent une générosité de coeur, une largeur d'esprit, une sincérité, à côté desquelles la mère de Saint-Loup et le duc de Guermantes ne fissent piètre figure morale par leur sécheresse, leur religiosité superficielle qui ne flétrissait que les scandales, et leur apologie d'un christianisme aboutissant infailliblement (par les voies imprévues de l'intelligence uniquement prisée) à un colossal mariage d'argent. Mais enfin chez Saint-Loup, de quelque façon que les défauts des parents se fussent combinés en une création nouvelle de qualités, régnait la plus charmante ouverture d'esprit et de coeur. Et alors, il faut bien le dire à la

gloire immortelle de la France, quand ces qualités-là se trouvent chez un pur Français, qu'il soit de l'aristocratie ou du

peuple, elles fleurissent – s'épanouissent serait trop dire car la mesure y persiste et la restriction – avec une grâce que l'étranger, si estimable soit-il, ne nous offre pas.133!

!

In questo passo, finalmente, emerge in modo chiaro il confronto tra la misura e l’eccesso, che abbiamo visto come metodo costante di costruzione dello straniero rispetto all’europeo (e in realtà, nel discorso del Narratore, al francese in particolare). !

Apparentemente, nel discorso del Narratore la “molta intelligenza” e il “gran cuore” degli ebrei dovrebbero fare da contrappunto ai loro capelli troppo lunghi e al naso troppo pronunciato, e permettere di amarli. Secondo la norma borghese secondo la quale il Narratore pensa, però, abbiamo visto che non è assolutamente così: si ripensi a quello che abbiamo detto su Bloch e su come il Narratore lo rappresenta come troppo sentimentale e, per l’appunto, isterico — quelli che qui vengono definiti come grande cuore e grande intelligenza, altro non sono che la stessa faccia del naso pronunciato e dei gesti teatrali, e si inscrivono coerentemente nel quadro che abbiamo già delineato, anche se il Narratore cerca qui di mascherare il suo punto di vista senza connotare altrettanto negativamente, in questo luogo, questi aspetti. !

La chiave del fascino di Saint-Loup, invece, sta nel discorso del Narratore nell’ideale della misura: la grazia di Saint-Loup è una grazia misurata e rattenuta, e rappresenta l’altro lato della medaglia della sécheresse dei membri della sua famiglia, secondo l’ideale classicistico del meden agan.! E questo elogio, da parte del Narratore, dell’ideale del “nulla di troppo”, contribuisce a sancire e marcare la sua distanza dall’autore, se si considera che questo ideale è quanto di più lontano dall’estetica, dalla poetica, e dallo stile dell’opera all’interno della quale viene professato.!

!

Cfr. M. PROUST, À la recherche du temps perdu, cit., II, pp. 702-703.

4.3 Il giudizio del Narratore sull’atteggiamento