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Saint-Loup, l’immaginario razzista del Narratore!

4.2 L’immaginario razzista nel discorso del Narratore!

4.2.1 Razze marginali!

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Il nodo centrale del problema del Narratore rispetto ai soggetti appartenenti a razze diverse da quella egemone è che lui, nel suo discorso, le costruisce in modo autoritario e unilaterale attraverso l’operazione di misurarle rispetto all’uomo bianco, e finisce inevitabilmente per relegarle al di fuori della realtà, in un universo che varia di volta in volta a seconda della razza oggetto della sua costruzione, ma che è sempre immaginario, inesistente e anacronistico. !

Così, gli ebrei sono relegati nell’immaginario tipicamente orientalista della

Bibbia e delle Mille e una notte, i neri sono relegati in un immaginario di

brutalità tropicale, i latinoamericani in un immaginario di esotica passionalità.!

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Gli aspetti di queste costruzioni sono molteplici e difficili da esporre analiticamente. !

Un primo aspetto è costituito dall’atto coloniale di appropriazione, da parte del bianco, della legittimazione a costruire l’identità altrui, con un’operazione che apparentemente è apolitica e riguarda soltanto l’immaginario, ma finisce per privare l’altro della propria capacità di auto- rappresentarsi e di portare avanti delle rivendicazioni proprie intorno alla propria identità e ai propri diritti. Così, le differenze tra i popoli sono annullate in ragione di una costruzione puramente occidentale, e i soggetti così costruiti discorsivamente diventano l’oggetto della contemplazione e del piacere del soggetto coloniale.!

Questa operazione si vede per esempio molto bene nel discorso che riguarda gli orientali in passo di Du côté de Guermantes citato da Said in

oggetto di piacere contemplativo, veicolata dall’idea di un “gusto per l’orientalismo” che un ebreo “soddisfa” in un Occidentale. Il Narratore commenta infatti così la presenza degli ebrei in un salotto francese:!

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Les Roumains, les Égyptiens et les Turcs peuvent détester les Juifs. Mais dans un salon français les différences entre ces peuples ne sont pas si perceptibles, et un Israélite faisant son entrée comme s'il sortait du fond du désert, le corps penché comme une hyène, la nuque obliquement inclinée et se répandant en grands « salams », contente parfaitement un goût d'orientalisme.117!

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La stessa operazione si vede bene per i neri, in un passo in cui il Narratore, Swann e Odette parlano con il Narratore di un gruppo di cingalesi che si trova al Jardin d’Acclimatation. Se l’idea che tutti i popoli neri siano accomunati dalla loro negritudine e che la distinzione tra le varie “specie” sia una mera questione da etnografi (e quindi di scarso interesse generale) è espressa questa volta da Swann, l’idea di contemplare l’altro per il proprio piacere è ancora una volta veicolata dal Narratore. Leggiamo il passo:!

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Racontez-le-lui, c'est vraiment « un beau mot ». – C'est idiot. Vous savez que Mme Blatin aime à interpeller tout le monde d'un air qu'elle croit aimable et qui est surtout protecteur. – Ce que nos bons voisins de la Tamise appellent patronising, interrompit Odette. – Elle est allée dernièrement au Jardin d'Acclimatation où il y a des noirs, des Cynghalais, je crois, a dit

ma femme, qui est beaucoup plus forte en ethnographie que moi. – Allons, Charles, ne vous moquez pas. – Mais je ne me

moque nullement. Enfin, elle s'adresse à un de ces noirs : « Bonjour, négro ! » – C'est un rien ! – En tous cas ce qualificatif ne plut pas au noir. « Moi négro, dit-il avec colère à Mme Blatin, mais toi, chameau ! » – Je trouve cela très drôle ! J'adore cette histoire. N'est-ce pas que c'est « beau » ? On voit bien la mère Blatin : « Moi négro, mais toi chameau ! » Je manifestai un

Cfr. M. PROUST, À la recherche du temps perdu, cit., II, 487-488.

extrême désir d'aller voir ces Cynghalais dont l'un avait appelé Mme Blatin: chameau.118!

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Torneremo in seguito sull’idea di bestialità implicita alla rappresentazione dei neri e sulla costante meraviglia, tra i personaggi del romanzo, per quella che in loro è percepita come una particolare “arguzia”, comica perché inaspettata; passiamo ora all’analisi di un nuovo aspetto che è la conseguenza logica dell’oggettificazione dell’altro: la sua feticizzazione e sessualizzazione in ragione della razza. Ancora una volta, la feticizzazione apertamente razzista non è assunta dal Narratore che, in quanto intellettuale, non può abbracciare un discorso che non sia razzista in maniera (almeno leggermente) velata e strisciante: la feticizzazione esplicita, dunque, è affidata, per esempio al personaggio di Charlus. Si legga il passo in questi parla di Bloch, a titolo di esempio:!

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Peut-être pourriez-vous demander à votre ami de me faire assister à quelque belle fête au temple, à une circoncision, à des chants juifs. Il pourrait peut-être louer une salle et me donner quelque divertissement biblique, comme les filles de Saint-Cyr jouèrent des scènes tirées des Psaumes par Racine pour distraire Louis XIV. Vous pourriez peut-être arranger même des parties pour faire rire. Par exemple une lutte entre votre ami et son père où il le blesserait comme David Goliath. Cela composerait une farce assez plaisante. Il pourrait même, pendant qu'il y est, frapper à coups redoublés sur sa charogne, ou, comme dirait ma vieille bonne, sur sa carogne de mère. Voilà qui serait fort bien fait et ne serait pas pour nous déplaire, hein ! petit ami, puisque nous aimons les spectacles exotiques et que frapper cette créature extra-européenne, ce serait donner une correction méritée à un vieux chameau.119!

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Per quanto il Narratore prenda le distanze da questo tipo di discorso, i modi secondo i quali sessualizza le donne ebree sono altrettanto razzisti. Si pensi a Gilberte che è desiderata dal Narratore per il gesto osceno che

Ivi, I, pp. 525-526.

118

Ivi, II, p. 585.

gli rivolge nel corso del loro primo incontro, si pensi a Rachel, prostituta, si pensi alle cugine di Bloch che strofinano i seni ballando al Casinò, si pensi alla lascivia dell’attrice Léa — e si legga, tenendo a mente tutto questo, un passo preso dal saggio di bell hooks Fighe bollenti in vendita:

rappresentazioni della sessualità femminile nera e mercato culturale120, dove l’autrice teorizza la sessualizzazione delle donne nere da parte dell’uomo bianco, sostituendo mentalmente alla parola nere usata da bell hooks la parola ebree: !

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Indesiderabile nel senso convenzionale del termine, che definisce la bellezza e la sessualità come desiderabili solo nella misura in cui sono idealizzate e irraggiungibili, il corpo femminile nero attira l’attenzione solo quando è sinonimo di accessibilità e disponibilità, quando è sessualmente deviante.121 !

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Il Narratore sessualizza sistematicamente i soggetti in ragione della loro devianza dalla norma, ma, proprio per questo, tale sessualizzazione non può che essere feticistica: i soggetti normali vivono, nel romanzo, una sessualità normale, tutti i soggetti che in qualche misura sono devianti rispetto alla norma hanno, allo stesso modo e necessariamente, una sessualità deviante. Questo discorso, nella rappresentazione del Narratore, non vale dunque soltanto per le donne ebree, ma per qualsiasi soggetto marginale, e non soltanto lungo l’asse della razza: così va interpretata la libido atavica di Nissim Bernard, così la libido dei latinoamericani, così, nel bordello di Jupien, il catalogo delle varie etnie

Cfr. BELL HOOKS, Fighe bollenti in vendita: rappresentazioni della sessualità femminile

120

nera e mercato culturale, in EAD., Elogio del margine, cit., pp. 74-95. Ivi, p. 76.

come altrettanti tipi di perversione122; ma, allo stesso modo, va interpretata così anche la sessualizzazione delle donne che non appartengono alla borghesia rispettabile (prima fra tutte Albertine), siano esse operaie, contadine, o dame aristocratiche. !

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L’ultimo, e forse più importante aspetto che analizzerò nella decostruzione del discorso del Narratore sulle razze marginali è il fatto che queste sono sistematicamente costruite attraverso un’operazione di misura con l’uomo bianco, dove quest’ultimo rappresenta l’universale non marcato: di conseguenza, quest’ultimo si configura come il giusto mezzo, perfetto metro di paragone per tutte le altre razze che, in una maniera o nell’altra, si caratterizzano al suo confronto per l’eccesso.!

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Così, l’immaginario biblico e delle Mille e una Notte che abbiamo già avuto modo di osservare costituisce gli ebrei secondo lo stereotipo orientalista del “troppo di mollezza”, dell’eccesso di scienza nel piacere, della furbizia, della doppiezza, di un sentimentalismo tanto esasperato quanto falso, per lo meno agli occhi del Narratore: si pensi a Bloch che viene dipinto come ridicolo e quasi isterico quando corre a scusarsi singhiozzando dall’eroe dopo averlo accusato di snobismo, quando in realtà l’accusa mossa da Bloch era perfettamente legittima, così come è legittimo (ed encomiabile) il dispiacersi per aver usato parole troppo dure nei confronti di qualcuno

Cfr. M. PROUST, À la recherche du temps perdu, cit., IV, p. 402: “On entendait des

122

clients qui demandaient au patron s'il ne pouvait pas leur faire connaître un valet de pied, un enfant de choeur, un chauffeur nègre. Toutes les professions intéressaient ces vieux fous; dans la troupe, toutes les armes et les alliés de toutes nations. Quelques-uns réclamaient surtout des Canadiens, subissant peut-être à leur insu le charme d'un accent si léger qu'on ne sait pas si c'est celui de la vieille France ou de l'Angleterre. À cause de leur jupon et parce que certains rêves lacustres s'associent souvent à de tels désirs, les Écossais faisaient prime. Et comme toute folie reçoit des circonstances des traits particuliers, sinon même une aggravation, un vieillard dont toutes les curiosités avaient été assouvies demandait avec insistance si on ne pourrait pas lui faire faire la connaissance d'un mutilé”.

che, in fondo, non fa che condividere la visione dominante, e dunque comune alla maggioranza delle persone.!

Se il peccato degli ebrei, rispetto all’uomo bianco, è essenzialmente quello dell’eccesso di techne, gli africani sono per contro rappresentati secondo

cliché altrettanto pervicaci, ma declinati in maniera specularmente

opposta: il loro peccato è quello di una supposta bestialità, una maggiore vicinanza agli animali che li rende meno raffinati da un punto di vista intellettuale.!

È dunque anzitutto estremamente stereotipata la rappresentazione del nero come di colui che non sa parlare, che usa soltanto i verbi all’infinito e non capisce il concetto veicolato dal verbo essere, che non usa, perché — nella mente coloniale — il linguaggio occidentale è troppo sofisticato per le sue categorie di pensiero; conseguenza diretta di questo cliché sugli africani è il secondo stereotipo che si ritrova nella rappresentazione degli episodi che si riguardano, e cioè la costante meraviglia dell’occidentale di fronte alla loro “arguzia”, perché essa proviene da dove l’occidentale meno se la sarebbe aspettata.!

Abbiamo già visto entrambi questi elementi nell’episodio di Swann, Odette, il Narratore e i cingalesi del Jardin d’Acclimatation, la stessa rappresentazione si vede, per esempio, in un episodio in cui Monsieur de Breauté, a pranzo presso Oriane de Guermantes, spiega come avviene il meccanismo che permette alla vaniglia di fruttificare:!

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En effet, dit M. de Bréauté, vous auriez dû le faire abattre de quelques centimètres seulement, cela aurait suffi. Ce sont des opérations qu'il faut savoir pratiquer. Le parfum de vanille qu'il y avait dans l'excellente glace que vous nous avez servie tout à l'heure, duchesse, vient d'une plante qui s'appelle le vanillier. Celle-là produit bien des fleurs à la fois masculines et féminines, mais une sorte de paroi dure, placée entre elles, empêche toute communication. Aussi ne pouvait-on jamais

avoir de fruits jusqu'au jour où un jeune nègre natif de la Réunion et nommé Albins, ce qui, entre parenthèses, est assez comique pour un noir puisque cela veut dire blanc, eut l'idée, à

l'aide d'une petite pointe, de mettre en rapport les organes séparés.123!

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La terza categoria che mi propongo di esplorare in questa prospettiva è quella dei latino americani che, se sono una razza molto poco rappresentata nel romanzo, sono però probabilmente la meglio studiata. Mi sia permessa una breve digressione per esporre il contenuto di un saggio che ci interessa non soltanto per la sua tesi sui latinoamericani (e cioè che siano rappresentati secondo un “troppo di passione”, e stereotipi di magia e stregoneria), ma più in generale per il suo approccio alla questione degli stranieri in Proust e al romanzo di Proust in generale.! Il latinoamericani sono l’unica categoria di stranieri nel romanzo proustiano alla quale ad oggi sia dedicata un’intera opera monografica: l’appassionante e ricchissimo saggio Proust’s Latin Americans124, pubblicato nel 2013 da Ruben Gallo, docente a Princeton. Lo studioso si era inizialmente proposto di esplorare da un punto di vista sostanzialmente biografico i rapporti tra Proust e la vivace comunità latinoamericana della Parigi della belle époque, con la quale lo scrittore aveva documentati contatti attraverso la sua relazione con Reynaldo Hahn. Leggiamo l’incipit del saggio:!

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A few years ago I was reading a biography of Marcel Proust and came across a detail that caught my eye. When he was in his twenties, the novelist became the boyfriend of Reynaldo Hahn, a Venezuelan musician and composer who was three years his junior. The biographer mentioned Hahn’s nationality in passing, without giving much thought to its larger cultural meaning. I, however, was fascinated by the idea of Proust having a Venezuelan boyfriend and by imagining the conversations they must have had about South America, about Latin American culture, and about the experience of being a foreigner in belle- époque Paris. Most readers imagine Proust living in the world of

Ivi, III, p. 83.

123

Cfr. R. GALLO, Proust’s Latin Americans, Baltimore, John Hopkins University Press,

124

aristocratic salons and elegant soirées described in his novel, but this little-known detail led me to an altogether different Marcel: one who fell in love with a Latin American, who spent time in a household that was bilingual and multicultural, and who must have heard endless accounts of the political turmoil that led the Hahns to emigrate from South America.125!

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A partire da una ricerca su Reynaldo Hahn, che doveva intitolarsi Proust’s

Latin Lover, lo studioso si è reso conto di quanto fossero numerosi i

latinoamericani tra le frequentazioni di Proust (Gabriel de Yturri, un argentino amante di Montesquiou e buon amico di Proust; José-Maria de Heredia, un poeta parnassiano che fu il primo latinoamericano a essere ammesso all’Académie Française, Ramon Fernandez, un critico che fu costantemente accanto a Proust durante i suoi ultimi giorni) e il double

bind in cui queste persone erano intrappolate, essendo allo stesso tempo

costrette a cercare di integrarsi il più possibile nella società e nella cultura francese per esservi ammessi, senza che di fatto fosse per loro possibile smettere di essere percepiti come stranieri ed esotici. !

Dallo studio dell’esperienza biografica di Proust, Gallo sposta però ancora una volta molto rapidamente la propria attenzione allo studio dei latinoamericani nell’opera, e la gran parte del saggio è costituita da una puntuale e acuta analisi degli stereotipi secondo i quali lo sguardo del Narratore e degli altri personaggi dell’opera costruisce i latinoamericani nell’universo di À la recherche du temps perdu. In questi termini, per esempio, Gallo decostruisce l’episodio del medico brasiliano che, con le sue pratiche che ricordano più quelle della magia che quelle della medicina occidentale, arriva tenta di curare le crisi d’asma dell’eroe venendo definito senza mezzi termini come cialtrone (mostrando come il discorso del Narratore sia evidentemente permeato, come vedremo tra poco nelle Conclusioni, dalla cieca fede illuminista nel sapere Occidentale, che scredita e riduce sul piano della magia e della superstizione tutto ciò

Ivi, p. 1.

che non è stato formulato secondo le medesime categorie), o ancora l’episodio in cui Madame Verdurin tenta di screditare il barone di Charlus diffondendo il pettegolezzo che questi avrebbe ascendenze latino- americane.!

Lo studio di Rubén Gallo è particolarmente interessante nella nostra prospettiva perché, collocandosi a metà tra lo studio strettamente biografico e il lavoro di analisi del testo letterario, si interroga sulla tensione che ho esplorato nell’Introduzione tra quello che doveva essere lo sguardo di Proust e quello che è lo sguardo del Narratore del romanzo, e sembra confermare la seducente ipotesi di un Proust consapevole della propria marginalità, e che abbia intenzionalmente rappresentato la visione dell’egemonia sul margine. Si legga, in particolare, questo passo:!

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But even if Proust was never a foreigner in the strict sense of the term, he knew well what it felt like to be an outsider. His entire life oscillated between the experiences of belonging and not belonging — a state of being that emerges as one of the central themes of the novel. It is easy to think of Proust as a child of privilege who lived in the mainstream — he was wealthy, came from a respected family, counted many aristocrats among his friends, and moved in powerful circles —

but Marcel understood from and early age that he never fully belonged in any of these worlds and that his identity — half- Jewish, homosexual, and bourgeois — rendered him marginal three times over.126!

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La tesi centrale del saggio di Gallo, come ho anticipato, è che le caratteristiche più ricorrenti nella rappresentazione dei latinoamericani siano grossomodo le stesse che abbiamo identificato nella rappresentazione degli ebrei: il cattivo gusto, la maleducazione e la forte libido, anche se declinate secondo il parametro leggermente diverso della “passione” rispetto a quello della “mollezza”. Per quanto riguarda la maleducazione, Gallo nota tra l’altro, a conferma della tensione Narratore/

Ivi, p. 5. Il corsivo è mio.

Proust, che, mentre i Guermantes e il Narratore qualificano i latinoamericani come rasta127 (cioè arricchiti che fanno uno sfoggio cafone

della propria ricchezza nel comportamento e nei vestiti), questa visione stride del tutto con le pratiche della figura storica di Proust: !

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The narrator is as repelled by them as he is fascinated by the Guermantes, though in real life Proust acted like a rasta, handing out large tips everywhere he went. 128!

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