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L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE, CON PARTICOLARE ATTENZIONE AL RUOLO

5 PREVENZIONE E CONTRASTO DEL MALTRATTAMENTO ALL’INFANZIA

5.7 L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE, CON PARTICOLARE ATTENZIONE AL RUOLO

PARTICOLARE

ATTENZIONE

AL

RUOLO

CENTRALE DELLA SCUOLA

La prevenzione è un’attività che per poter essere efficace richiede (come si è più volte ribadito nel corso di questo capitolo) l’impegno condiviso e responsabile di più soggetti interistituzionali.

Quando si parla di prevenzione nei casi di maltrattamento infantile e/o adolescenziale, uno dei servizi che più di tutti ricopre un ruolo centrale è il contesto scolastico. La scuola infatti è un’istituzione che, successivamente al nucleo familiare, ricopre un ruolo molto importante nella vita del bambino e rappresenta allo stesso tempo l’ambiente in cui il bambino trascorre la maggior parte del suo tempo. Questa istituzione oltre ad avere una funzione educativa e a rappresentare un’ottima agenzia di socializzazione, è da sempre considerata un osservatorio privilegiato per la rilevazione dei bambini a rischio. Gli operatori scolastici in virtù del loro costante e diretto contatto con i bambini hanno infatti maggiori possibilità di rilevare, attraverso ad esempio la messa in atto da parte del minore di certi atteggiamenti e comportamenti o mediante i racconti che è il bambino stesso a riferire, «la presenza in famiglia di abitudini e stili educativi rischiosi per il suo sviluppo». Non bisogna dimenticare che l’insegnante è il principale interlocutore della famiglia e allo stesso tempo del minore e pertanto è indispensabile

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119 che disponga di adeguate capacità empatiche. È inoltre importante, in virtù delle loro forti potenzialità preventive, valorizzare la scuole dell’infanzia. Ciò vuol dire migliorare l’attenzione degli educatori nei confronti dei bambini, evitando atteggiamenti squalificanti nei confronti dei genitori e dei figli, e favorire l’instaurarsi di relazioni tra famiglia e scuola, basate il più possibile su rapporti reciproci di fiducia e collaborazione. Questo in ragione del fatto che gli educatori degli asili nido e delle scuole materne hanno un rapporto privilegiato con le famiglie, in quanto nei primi anni di vita del bambino i genitori risultano spesso insicuri nella gestione delle loro funzioni genitoriali e incerti su quale modalità educativa attuare nei confronti del minore; gli educatori possono svolgere dunque un’importante azione preventiva.

È indispensabile quindi sostenere la scuola in quest’importante opera di prevenzione, affinché essa, instaurando un buon rapporto con la famiglia, faccia in modo che i danni a cui il minore è esposto vengano limitati o, in caso ciò non avvenga, segnali la situazione all’autorità giudiziaria.

Un ulteriore passo da compiere affinché la prevenzione divenga l’obiettivo comune dell’intera collettività è «la diffusione capillare di un’informazione più rigorosa e meno aneddotica e cronachistica sul tema del maltrattamento infantile a livello dell’opinione pubblica»264. In altri termini, è essenziale promuovere la costruzione di un’opinione pubblica che non si limiti ad allarmarsi per gli scandali e i delitti familiari raccontati dai mass-media, in cui i bambini emergono come le principali vittime, ma piuttosto aiuti gli adulti e i professionisti che operano costantemente con queste situazioni, comprendendo che dietro situazioni che in apparenza potrebbero apparire normali si possono nascondere condizioni problematiche quali la presenza di una malattia mentale, una dipendenza da sostanze con possibili ripercussioni sugli altri membri del nucleo. È inoltre importante che l’opinione pubblica acquisisca «una consapevolezza sociale e politica delle conseguenze pesanti che la perdita di lavoro, la precarietà abitativa, l’inserimento della famiglia in una cultura estranea, possono avere per i figli»265

. L’attenzione rivolta a questi due fattori può provocare una condivisa corresponsabilità di tutti gli adulti nei confronti dei bambini, così che si possano promuovere iniziative di

264

M. Cesa-Bianchi, E. Scabini, op. cit., p. 179.

265“La prevenzione della violenza all’infanzia. Criticità e nuove prospettive”, in Crescere senza violenza.

Prevenzione e cura, pp. 21-45, p.44, disponibile sul sito: http://www.ulss.belluno.it/wp-

120 solidarietà e sussidiarietà tra famiglie, anziché indifferenza o pettegolezzi come spesso accade.

Alla luce delle considerazioni esposte, possiamo concludere affermando che occorra investire una maggiore quantità di risorse principalmente per le attività di prevenzione dal momento che esse sono «in grado di generare potenzialmente un risparmio futuro»266 e hanno il vantaggio di intervenire preventivamente sui casi definiti a rischio, anziché come accade sempre più spesso, quando il danno è già accertato e non resta che procedere con l’allontanamento del minore per evitare che quest’ultimo subisca ulteriori danni. È inoltre importante una presa di coscienza da parte degli adulti della propria responsabilità nei confronti dei più piccoli, perché altrimenti le attività preventive «specificamente programmate rischiano di vedere compromessa la loro efficacia o di non trovare un tessuto di pensieri condivisi sul quale innestarsi»267.

266“Tagliare sui bambini è davvero un risparmio?”, in Prospettiva persona n.87, 50-70, Rubbettino, 2014,

p. 50.

267“La prevenzione della violenza all’infanzia. Criticità e nuove prospettive”, in Crescere senza violenza.

Prevenzione e cura, pp. 21-45, p.44, disponibile sul sito: http://www.ulss.belluno.it/wp-

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CONCLUSIONI

In questa tesi di laurea ho cercato di illustrare la complessa e delicata missione operativa che i diversi professionisti d’aiuto intraprendono quando si trovano (nella maggior parte dei casi su incarico dell’autorità giudiziaria) a lavorare con nuclei familiari maltrattanti. Come è emerso nel corso di questo lavoro sono molto spesso i bambini le vittime principali del gioco relazionale disfunzionale in cui il nucleo si trova ad essere intrappolato. Considerando la diffusione sempre più estesa del fenomeno e le serie difficoltà dell’operatore nel fronteggiare in piena solitudine queste situazioni, si è rivelato indispensabile il ruolo svolto dall’équipe multidisciplinare, composta da molteplici figure professionali (quali l’educatore, lo psicologo, l’assistente sociale) che svolgono il proprio operato in diversi servizi e che condividono le proprie conoscenze, competenze e informazioni acquisite nel loro settore, al fine di affrontare nel modo più efficace possibile questi casi. Come ho dimostrato nel capitolo dedicato all’équipe, i vantaggi di cui questa dispone sono molteplici; in particolare vorrei sottolineare l’importante possibilità che ogni figura professionale ha di poter contare sull’aiuto di altri colleghi in ogni momento, poter confrontarsi, esporre le proprie idee e chiarire eventuali dubbi o incertezze. Affinché l’équipe funzioni efficacemente risulta significativa la presenza di un supervisore, figura scelta dagli operatori stessi, che svolga una funzione di coordinamento, di indirizzo, di monitoraggio della situazione e fornisca alcune direttive sugli strumenti e le strade da percorrere a seconda del caso in questione e dei suoi relativi sviluppi. Un ulteriore aspetto che non bisogna sottovalutare è il fatto che nella presa in carico degli utenti l’operatore ha un ruolo decisivo, in quanto dalla sua capacità professionale dipende sia la possibilità di instaurare un rapporto con i genitori (molto spesso diffidenti e ostili), sia la successiva possibilità di avviare il processo di intervento.

A proposito del ruolo degli operatori, desidero riprendere il pensiero espresso da S. Cirillo nel suo libro “Cattivi genitori”. Cirillo sostiene che sia compito dell’operatore evitare di sfruttare la propria posizione di potere per dominare sugli utenti, per calpestarli, per soddisfare bisogni personali di onnipotenza; al contrario, l’operatore è tenuto a rivestire il suo ruolo con molta attenzione e con scrupolosità nell’interesse dell’utente. Inoltre è importante che gli operatori impegnati nel campo del maltrattamento vedano i genitori maltrattanti come persone che hanno vissuto

122 esperienze infantili/adolescenziali sfavorevoli, che li hanno spinti a considerare la violenza l’unica forma per potersi imporre e far valere la loro ragione.

Occorre dunque l’intervento condiviso di più operatori affinché il minore possa essere realmente tutelato da una situazione familiare dannosa. Essi non dovrebbero considerare fin da subito come risoluzione del problema l’allontanamento del minore dal proprio nucleo; piuttosto, laddove possibile, il loro principale compito è quello di cercare di aiutare in ogni modo e con tutti gli strumenti possibili i genitori ad acquisire comportamenti adatti che consentano loro di continuare a svolgere il proprio ruolo genitoriale. Gli operatori devono quindi essere consapevoli che il vero intervento terapeutico consiste essenzialmente nel modificare la situazione problematica che si è venuta a creare nella famiglia maltrattante così da garantire al minore la continuità delle cure da parte dei propri genitori. Lo sforzo da parte di tutti gli organi coinvolti deve essere quindi proiettato a cercare di salvaguardare il diritto del minore a vivere nella propria famiglia attraverso la realizzazione e l’attuazione di concrete opere di sostegno e sviluppo della responsabilità genitoriale.

È stato inoltre possibile osservare come diversi e molteplici sono i rischi a cui l’operatore può andare incontro nel lavorare con queste famiglie. In particolare, egli può essere esposto a un forte coinvolgimento emotivo o al contrario, per paura di lasciarsi coinvolgere, può distanziarsi emotivamente. Per ovviare a queste eventualità può essere necessario l’impegno personale di ogni operatore a lavorare su se stesso e a non perdere mai di vista l’obiettivo principale del suo lavoro: la tutela del minore.

Alla luce delle considerazioni esposte nel corso di questo lavoro, vorrei sottolineare che il maltrattamento infantile non è una realtà recente ma è esistita sin dall’antichità. Tuttavia, solo da relativamente poco tempo, con la crescente attenzione rivolta al minore quale soggetto titolare di diritti e meritevole di protezione, si è presa in considerazione la necessità di intervenire su queste situazioni con un adeguato processo di aiuto, senza trascurarle. Il compito principale degli operatori incaricati a lavorare con genitori maltrattanti è quello di vedere se al di là della “corazza” che spesso mostrano vi sono genitori che possono essere aiutati a recuperare le loro funzioni genitoriali; pertanto, è necessario che l’operatore possegga, o acquisisca in fretta, buone capacità empatiche. Con questo intendo dire che l’operatore deve mettere in atto un ascolto “attivo” con gli utenti, non deve avviare l’intervento a partire da pregiudizi frettolosi,

123 non deve etichettare queste famiglie con giudizi analoghi a quelli spesso espressi dall’opinione pubblica (genitori colpevoli, bambini innocenti); al contrario, egli deve instaurare con gli utenti una relazione che vada al di là del semplice intervento standard, deve agire motivato dalla volontà di veder uscire questi nuclei dal tunnel nel quale inconsapevolmente sono finiti. Si tratta di un lavoro che richiede un dispendio enorme di energie e che non può essere a carico di un solo professionista, ma se più operatori uniscono le loro competenze professionali e si impegnano nella realizzazione di questo obiettivo la probabilità di risoluzione dei casi è molto alta.

Oltre al già impegnativo lavoro degli operatori è indispensabile che siano investite più risorse sia nella realizzazione di attività di prevenzione del fenomeno, in modo che la situazione problematica sia individuata e interrotta sul nascere, sia in attività di formazione e aggiornamento, in modo che gli operatori possano acquisire conoscenze sempre più specifiche per poter interagire adeguatamente con gli utenti e affrontare al meglio i casi di maltrattamento. Intervenire precocemente e tempestivamente al fine di prevenire il cronicizzarsi di queste esperienze traumatiche è un obiettivo importante e concreto per tutti coloro che si occupano della tutela dei minori.

Infine, nonostante rispetto al passato sono stati compiuti grandi passi avanti nel campo del maltrattamento infantile, non bisogna dimenticare che la strada da percorrere è ancora molto lunga. Si potrà dire che si è raggiunta la meta desiderata soltanto quando i minori non correranno più alcun pericolo all’interno del loro contesto familiare e affettivo.

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