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5 PREVENZIONE E CONTRASTO DEL MALTRATTAMENTO ALL’INFANZIA

5.1 LA PREVENZIONE COME NECESSITÀ

La prevenzione del maltrattamento all’infanzia, come riferito dall’OMS, è possibile e riveste una funzione centrale nel permettere ad ogni bambino di vedersi tutelati e assicurati i suoi diritti fondamentali quali il diritto alla vita, il diritto ad essere educato e curato nell’ambito della propria famiglia, il diritto ad essere difeso, il diritto a sviluppare una visione personale del mondo e del rapporto con gli altri.

Il maltrattamento infantile, fenomeno riconosciuto nel corso del tempo come un problema sociale data la sua elevata diffusione e il suo carattere ripetuto e continuato, richiede l’attuazione di una serie di provvedimenti volti a prevenirlo, contenerlo o contrastarlo. La prevenzione in queste situazioni assume una notevole rilevanza ed è strettamente necessaria per fronteggiare un fenomeno, il quale, come scritto nel documento Proposte di intervento per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del

maltrattamento (Commissione nazionale per il coordinamento degli interventi in

materia di maltrattamenti, abusi e sfruttamento sessuale di minori, 1998) provoca seri danni allo sviluppo della personalità del minore, con conseguenze a breve, medio e lungo termine sul suo processo di crescita, danni che richiedono un’accurata attenzione. La prevenzione è un’attività che ha «come finalità quella di modificare il comportamento dei bambini e dei genitori e il funzionamento familiare, in modo da salvaguardare o favorire la reintegrazione verso traiettorie di sviluppo più equilibrate»228.

Tra i programmi disposti a sostegno e a prevenzione delle famiglie svantaggiate che «si propongono… di agire sui punti di forza della famiglia, di potenziare le capacità di accesso alle risorse della rete sociale, di favorire la qualità dei rapporti coniugali, di offrire un supporto informativo allo sviluppo infantile e complessivamente di sostenere i genitori nei diversi compiti che la genitorialità comporta»229, per i vantaggi di cui

228

M. Ammaniti,G. Nicolais, A.M. Speranza,” La prevenzione del maltrattamento: il sostegno ai genitori,in Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, La prevenzione del disagio nell’infanzia e

nell’adolescenza, a cura di D. Bianchi, Istituto degli Innocenti,Firenze, 2002,pp.81-115, p. 87, disponibile

sul sito: http://www.minori.it/files/prevenzione_disagio.pdf

229

100 dispone vorrei ricordare, in particolare, la pratica dell’home visiting, già da anni adottata in diversi paesi. La caratteristica principale di questi programmi che prevedono l’home

visiting è che vengono attuati al domicilio dell’utenza, anziché nei luoghi solitamente

deputati all’intervento di tipo assistenziale o psicologico, domicilio che rappresenta lo spazio più adeguato in cui poter osservare direttamente il processo di sviluppo del bambino e le interazioni esistenti tra il bambino e le sue principali figure di riferimento. Il vantaggio dell’home visiting consiste nella possibilità di raggiungere famiglie che difficilmente di propria iniziativa si rivolgerebbero ai servizi sociali territoriali, sia per mancanza di fiducia o rifiuto del loro operato, sia per la scarsa consapevolezza del bisogno. Molto spesso, con il ricorso a questi programmi accade «che, a contatto con personale non professionale e non giudicante, questi genitori generalmente accrescono la loro capacità di inquadrare i problemi presenti non sentendosene più spaventati, fino al punto da potersi rivolgere ai servizi»230.

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS-WHO) ha presentato a Bruxelles il 3 ottobre 2002 il Primo rapporto mondiale su violenza e salute, che ha dato inizio alla campagna globale per la prevenzione della violenza. In particolare, in questo Rapporto quattro capitoli231 su sette testimoniano la centralità del problema della violenza sui minori232. Il principio innovativo e importante su cui si basa questa iniziativa è la violenza intesa come un primario problema di salute pubblica a livello mondiale e la conseguente necessità di «fare congrui investimenti in ogni nazione per prevenirlo e curarne le conseguenze»233. Considerare la violenza all’infanzia come un problema di salute pubblica «significa riconoscere che il contagio si diffonde, che la patologia è trasversale a condizioni sociali e culturali, che espone a rischio la comunità, perché le conseguenze hanno portata ampia e di gravità imprevedibile, non solo in termini temporali – il bambino maltrattato ha molte probabilità di diventare un adulto violento – ma, per dir così, spaziali, ambientali, in quanto il singolo “contagiato” diffonde il

230

M. Ammaniti, G. Nicolais, A.M. Speranza,op. cit., pp.81-115, p. 88.

231

I quattro capitoli di cui si compone il Rapporto sono: “Abuso e trascuratezza nell’infanzia da parte di genitori e datori di cure”, “Violenza sessuale”, “Violenza giovanile”, “Violenza da parte di partner intimi”.

232

M. Malacrea, “Caratteristiche, dinamiche ed effetti della violenza su bambini e bambine, in Ministero della Solidarietà Sociale, Vite in bilico. Indagine retrospettiva su maltrattamenti e abusi in età infantile, a cura di D. Bianchi, E. Moretti,Istituto degli Innocenti, Firenze,2006,pp.3-71, p.3, disponibile sul sito: http://www.minori.it/files/Quaderni_Centro_Nazionale_40.pdf

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101 “contagio” in ambiti diversi che coinvolgono anche la qualità pubblica della vita»234

. Il Rapporto, inoltre, comprende messaggi ugualmente importanti, quali:

 «in aggiunta alla morte e alla disabilità, la violenza contribuisce a una varietà di altre conseguenze sulla salute (alcol, droga, fumo, disturbi alimentari e del sonno, HIV e malattie sessualmente trasmesse);

 la violenza è prevenibile, non è un problema sociale intrattabile o una parte inevitabile della condizione umana;

 la violenza è il risultato dell’interazione di fattori individuali, familiari, comunitari e strutturali;

 un approccio scientifico di salute pubblica basato sulla prevenzione può contribuire a ridurre la violenza»235.

Nel documento del 2006 Prevenire il maltrattamento sui minori: indicazioni operative e

strumenti di analisi, l’OMS illustra e propone una tecnica preventiva che prevede di

cogliere il problema non appena nasce:

 «anzitutto un sistema di monitoraggio epidemiologico della popolazione a rischio, quella appunto con trascorsi di comportamenti trasgressivi, piuttosto che disturbi psichiatrici o di dipendenze, risolte o ancora in atto;

 e anche di monitoraggio della popolazione portatrice di quelli che Paola Di Blasio definisce opportunamente fattori distali di rischio»236.

Questo monitoraggio consente di intervenire con largo anticipo con appropriati accompagnamenti in favore di queste persone per ridurre i fattori di rischio di cui sono portatrici. Si tratta in realtà di attuare un intervento integrato socio-sanitario finalizzato a comprendere quali siano effettivamente i problemi delle coppie, composte da soggetti

234M. T. Pedrocco Biancardi, “La prevenzione dell’abuso all’infanzia:strategie,strumenti ed approcci”, in

STATI GENERALI CISMAI, La prevenzione del maltrattamento all’infanzia, Atti a cura di E. Buccoliero, Regione Emilia Romagna, 2009, pp. 33-43,pp.36-37, disponibile sul sito:http://www.assemblea.emr.it/garanti/attivita-e-servizi/difensorecivico/doc/Q10_1.pdf

235

M.Malacrea, op. cit.,pp.3-71, p.3.

236

M. T. Pedrocco Biancardi, “Bambini maltrattati in famiglia: attenzione all’infanzia dei genitori”, in

Minorigiustizia, n.3, 2014, pp. 57- 58. In merito al secondo punto l’autrice ha fatto riferimento a P. Di

Blasio, E. Camisasca, “Protocollo sui fattori di rischio e fattori protettivi nella valutazione delle competenze parentali”, in P. Di Blasio (a cura di), Tra rischio e protezione, la valutazione delle

competenze parentali, Unicopli, Milano 2005, pp. 234-277 ( in particolare lo schema riassuntivo sintetico

102 con vissuti infantili/adolescenziali spiacevoli che hanno potuto incidere negativamente sul loro equilibrio psichico, così da poter intervenire con sostegni sociali mirati, con diagnosi cliniche esatte e con valutazioni delle competenze e capacità genitoriali, in modo che essi instaurino valide relazioni di cura e affettive. Tale approccio è raccomandato ampiamente da tutta la letteratura internazionale e da quasi un decennio in particolare da quei documenti risultato di convegni europei, ma è ancora ben lontano dal rappresentare una consuetudine condivisa e consolidata in Italia237.