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In dialogo con Oranges e La Morte D’Arthur

LE FICTIONAL FAMILIES DI JEANETTE WINTERSON

3.3 L’intertestualità in Oranges Are Not the Only Fruit

3.3.2. In dialogo con Oranges e La Morte D’Arthur

Le appropriazioni e i collegamenti di Winterson con la Morte D’Arthur di Malory sono tanto selettive e ambigue quanto i riferimenti alla Bibbia. La differenza principale è che alla storia di Perceval non vengono fatti solamente riferimenti o allusioni, ma essa appare in quattro sezioni separate, intervallate dalla storia di Jeanette, nei capitoli finali “Judges” e “Ruth”. A volte la storia di Perceval sembra riflettere perfettamente gli eventi della vicenda principale, altre volte sembra proporre una versione opposta, come le cose sarebbero potute andare, altre volte ancora sembra proporre una vicenda alternativa di quello che viene nascosto e non può essere detto. Così, in “Judges”, in cui troviamo l’ultimo tentativo da parte della comunità religiosa e di Mrs Winterson nell’esorcismo di Jeanette, i segmenti della storia di Perceval si soffermano sul dolore di Artù e Perceval per essersi divisi e sull’insicurezza di Perceval riguardo al Santo Graal che è costretto a ricercare. Ma oltre ad evidenziare le agonie e i dolori presenti, la storia di Perceval sembra quasi anticipare la futura partenza di Jeanette. Alcuni passi, suggeriscono la solitudine a cui dovrà andare incontro la protagonista dopo la sua scelta, ma anche la sua inevitabilità:

Tonight, bitten and bruised, he dreams of Arthur’s court, where he was the darling, the favourite. He dreams of his hounds and his falcon, his stable and his faithful friends. His friends are dead now. Dead or dying. He dreams of Arthur sitting on a wide stone step, holding his head in his hands. Sir Perceval falls to his knees to clap his lord, but his lord is a tree covered in ivy. He wakes, his face bright with tears.195

Gli altri due segmenti della storia di Perceval arrivano invece nel capitolo seguente, “Ruth”, in cui Jeanette, dopo l’esilio, fa di nuovo visita a sua madre. Perceval ha nostalgia della corte di Artù e si ferma temporaneamente in un castello, in cui si sogna che il filo che lo attacca ad Artù è spezzato. L’immagine del filo è centrale anche nella storia di Jeanette, a simboleggiare il legame irremovibile tra la piccola protagonista e la madre. In questo caso la vicenda di Perceval potrebbe suggerire un possibile esito della storia: il filo potrebbe essere rotto oppure la madre potrebbe essere vista come un possibile ‘ospite’ in uno strano castello, non come Artù. In ogni caso, il mondo arturiano offre una sorta di sollievo dalle pressioni, le persecuzioni e le ipocrisie del mondo religioso

195 Ibidem, pp. 132-133.

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fondamentalista, una trasposizione in un regno più semplice di desideri e ricerche. Questo è ironico, in quanto nella storia di Malory è la leggenda del Santo Graal che insinua un senso di peccato e di colpa nel mondo cavalleresco e il codice religioso si sovrappone a quello secolare. Ma Winterson inverte questo schema: la quest qui è, implicitamente, verso un lesbian romance e la Tavola Rotonda è qui rappresentata dalla madre e dai fondamentalismi religiosi. Secondo alcuni critici Malory non era più di tanto interessato alla leggenda del Santo Graal, ma in questa riscrittura Winterson va al di là di Malory, attingendo ad altre storie di ‘Parsifal’, probabilmente da Wagner, il quale è presente anche in un altro passo del libro, quando Jeanette e Elsie giocano con le uova. Quello che sicuramente Winterson aggiunge rispetto al testo di Malory, traendo ispirazione da altre fonti, è la caratterizzazione di Perceval come young fool. In tutte le versioni note della vicenda, egli è l’innocente immacolato che alla fine rivelerà il Santo Graal. Winterson invece enfatizza la sua giovinezza e lo rende quasi uno Shakespearean fool, che fa divertire Artù con trucchetti da bambino. Ponendo il focus sulla giovinezza del più caro dei ragazzi della corte di Artù, Winterson crea una relazione padre-figlio. Il tema dominante nella sua versione della storia di Perceval diventa la nostalgia di Artù e della sua corte, a al tempo stesso la mancanza che Artù prova nei confronti di Perceval:

Sir Perceval curses himself for leaving the Round Table, leaving the king, and the king’s sorrowing face. On his last night at Camelot, he found Arthur walking in the garden, and Arthur had cried like a child, and said there was nothing. The king had given him a string of bells for his horse. 196

Tutto questo per creare un perfetto parallelo con la storia di Jeanette che abbandona la madre e la sua comunità religiosa, che fino a quel momento avevano rappresentato l’unico suo punto di riferimento.

Degno di nota è inoltre un passo nel racconto della storia di Perceval in cui il protagonista si sofferma a osservare le sue mani:

Under the burning torch he puzzled over his hands. One hand was curious, sure and firm. His gentle, thoughtful hand. The hand for feeding a dog or strangling a demon.

196 Ibidem, p. 161.

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The other hand looked underfed. A stark, questioning, blank, uncomfortable hand. A scared hand but the hand for balancing. 197

L’attenzione sulle mani di Perceval in questo passo sta ad indicare il fatto che il potere per la creazione di se stessi risiede proprio nelle nostre stesse mani. Alla stessa maniera, per Jeanette, le mani e l’ immaginazione sono state fondamentali per trovare se stessa. Attraverso l’atto della riscrittura della sua stessa storia è finalmente capace di liberarsi. Si sente come un profeta che sta ancora continuando la quest che ha intrapreso da bambina. Al contrario di un missionario o di un sacerdote, non si limiterà a ripetere semplicemente la storia così come è stata scritta, ma la riscriverà secondo la sua versione:

I could have been a priest instead of a prophet. The priest has a book with the words set out. Old words, known words, words of power. Words that are always on the surface. Words for every occasion. The words work. They do what thay are supposed to do; comfort and discipline. The prophet has no book. The prophet is a voice that cries in the wilderness, full of sounds that do not always set into meaning. The prophets cry out because they are troubled by demons.198

Questo continuo dialogo tra storie diverse ma analoghe si collega a quanto Winterson dichiara nell’introduzione dell’edizione Vintage del 1991, in cui rivendica l’universalità della sua storia:

Superficially, it seems specific: an evangelic household and a young girl whose world is overturned because she falls in love with another girl. In fact, Oranges deals absolutely with emotions and confrontations that none of us can avoid. First love, loss, grief, rage and above all courage, these are the engines that drive the narration through the peculiar confines of the story.199

L’intertestualità non è quindi solo prassi citazionistica, ma consente di far emergere pensieri ed emozioni, facendo interagire i libri con i libri, ma solo affinché i libri possano interagire con la protagonista. Proiettando il lettore verso universi altri, l’autrice si orienta e si ricolloca nel mondo.

197 Ibidem, p. 169.

198 Ibidem, p. 156. 199 Ibidem, p. xiv.

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