LE FICTIONAL FAMILIES DI JEANETTE WINTERSON
2.1 La madre adottiva e i suoi ‘avatar’
2.1.5 Sexing the Cherry
Winterson dichiara che l’ispirazione per scrivere Sexing the Cherry l’ha avuta osservando il dipinto di un artista danese che ritraeva Charles II mentre riceveva il primo ananas in Inghilterra. È un romanzo complicato e impegnativo, in quanto contiene molta più poesia che narrativa ed è frammentato da dissertazioni e riflessioni sul tempo, la verità e la storia, mosse dall’interesse di Winterson per la fisica post-einsteiniana. Fonde insieme realismo magico, narrative interpolate e pastiche, per creare un’opera che medita sul senso del tempo e dell’amore. Al centro del racconto c’è la relazione tra la figura assai bizzarra e grottesca della Donna-Cane e il figlio adottivo Jordan, che ci porta con sé in viaggi attraverso il mondo reale ma soprattutto quello dell’immaginazione. Michiko Kukutani ha apprezzato la straordinaria creatività del romanzo, spiegando che la sua forza risiede proprio nella giustapposizione di mitico e ordinario, magnifico e terrificante. Non impazzisce invece per le digressioni sull’amore, il tempo e l’identità, che a suo avviso rovinano la narrativa col loro farsesco filosofeggiare, e non trova convincente l’inserzione dei due alter ego contemporanei alla fine del romanzo. Tuttavia, il suo giudizio è nel complesso positivo: “Like Scheherazade, Ms. Winterson possesses an ability to dazzle the reader by creating wondrous worlds in which the usual laws of plausibility are suspended. She possesses the ability to combine the biting satire of Swift with the ethereal magic of Garcia Marquez, the ability to reinvent old myths even as she creates new ones of her own.”112 Il maggior punto di interesse per i critici è
senz’altro lo stile postmodernista, con la giustapposizione di discorsi e la forte componente autoriflessiva. Come dimostra la recensione di Michael Gorra sulla prestigiosa rivista New York Times Book Review, che analizza l’uso del frutto come metafora per la sessualità nella narrativa di Winterson e i Gender bias del romanzo. Spiega inoltre che quello che rende unica Winterson in quanto scrittrice postmodernista è la sua “fascination with sexual ambiguity, cross-dressing and blurred genders on the one hand, and with foundling children on the other. And their combination gives her prose an exuberance cut with a melancholy knowledge of what it is to be hurt, and of
112 M. Kakutani, “A Journey through Time, Space and Imagination”, New York Times, 27 April 1999, p.
C33 https://www.nytimes.com/1990/04/27/books/books-of-the-times-a-journey-through-time-space- and-imagination.html
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how deep and enduring that hurt can be; a knowledge that's far more memorable, and unsettling, than any of the Dog Woman's murders.”113
Doan114 invece lo reputa postmodernista in senso politico e poetico, mentre Farwell115
sostiene una forte impronta lesbian-feminist. Qualcuno si sofferma sull’inquadramento storico, come Moore,116 che vede il romanzo come un chiaro attacco al progetto
illuminista che stava iniziando proprio nel diciassettesimo secolo, o Lozano117 che vede
quel particolare periodo storico come un’epoca di spodestamento dell’autorità, con la decapitazione di Charles I e quindi un periodo in cui imperversava la sovversione e l’anarchia. Altri critici, come Alison Lee118 e Jago Morrison119, si focalizzano sulla
rappresentazione del tempo e dello spazio e sulla simultaneità non lineare del romanzo, esaminando l’uso delle teorie post-Einstein. Morrison, in particolare, osserva come la teoria della relatività e la fisica quantistica, che vedono la materia come fluida e relativa, decostruiscano l’identità sessuale e di genere in tutto il romanzo. Ma il punto focale dello studio della maggior parte dei critici è senza dubbio la figura della Donna-Cane, che sfida ogni aspettativa di genere. Palmer vede questa figura grottesca come quasi- lesbian nonostante la sua eterosessualità, mentre Moore la ritiene chiaramente lesbica a causa della sua eccessiva forza e del suo potere sovversivo. Lozano invece la interpreta come una semplice trasgressione ai miti sulla bellezza femminile, mentre Pearce e Farwell sono d’accordo nel ritenerla un personaggio molto conservatore, nonostante l’aspetto grottesco che sosterrebbe più una sovversiva rivendicazione del potere. Mentre quasi tutti i critici analizzano la figura della donna-cane, meno della metà di loro
113 M. Gorra, “Gender Games in Restoration London”, New York Times Book Review, 19 April 1990, p. 24
https://www.nytimes.com/1990/04/29/books/gender-games-in-restoration-london.html
114 L. Doan, The Lesbian Postmodern, New York, Colombia University Press, 1994, p. 148.
115 M. Farwell, “The Postmodern Lesbian Text”, in M. Farwell (ed), Heterosexual Plots and Lesbian
Narratives, New York, NYU Press, 1996.
116 L. Moore, “Teledildonics: Virtual Lesbians in the Fiction of Jeanette Winterson”, in Elisabeth Grosz
and Elisbeth Probyn (eds) Sexy Bodies: The Strange Carnalities of Feminism, London, Routledge, 1995, pp. 104-27.
117 M. Lozano, “How You Cuddle in the Dark Governs How You See the History of the World”, A Note on
Some Obsessions in Recent British Fiction, in Susana Onega (ed) Telling Histories, Amsterdam, Rodopi, 1995, pp. 117-34.
118 A.Lee, “Bending the Arrow of Time: The Continuing Postmodern Present”, in Max Duperray (ed),
Historicité et Metafiction dans le Roman Contemporain des Iles Britanniques, Provence, Université de
Provence, 1994, pp. 217-30.
119 J. Morrison, “Jeanette Winterson: Re-membering the Body”, in Contemporary Fiction, London,
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riserva la stessa importanza a Jordan. Moore individua la sua pratica di cross-dressing come una scoperta del linguaggio segreto delle donne e sostiene che essa potrebbe essere vista come un nuovo tipo di mascolinità che non opprime e domina le donne. Delle varie storie che si trovano nel romanzo, due sono quelle che vengono solitamente scelte per una discussione più dettagliata: la storia delle Twelve Dancing Princesses e quella del mito di Artemide e Orione. La prima è analizzata da Morrison che sostiene come essa rappresenti l’unica palese ed evidente storia lesbica che rovescia la narrativa maschile, affermando: “Winterson subverts cultural expectations of what the princess should desire and makes them more women-centred, giving each of them a form of happy ending than does not rely on a husband”.120 Concorda anche la studiosa Kim
Meyer che commenta: “from a story about patriarchal control and the duplicity of women, Winterson turns the tale into a playful representation of the plural scenarios of sex and desire”121. Rosemergy e Farwell analizzano invece l’importanza della riscrittura
del mito di Orione e Artemide, che rivendica una liberazione della donna dal dominio maschile. Nel mito originale troviamo molte versioni diverse sul perché Orione muore. Sarebbe stato ucciso perché avrebbe sfidato Artemide a lanciargli un disco, oppure colpito da una freccia scagliata da Artemide dopo aver cercato di abusare di una delle sue serve, o, infine, sarebbe stato punto a morte da uno scorpione, dopo aver tentato di violentare la stessa Artemide. Creando una nuova versione della storia in cui Artemide uccide Orion per aver abusato di lei, Winterson trasforma questo mito in un modello di abilità delle donne di affrontare la vittimizzazione:
Artemis, living a masculine life on her island, finds self-discovery without journeying the world when she realises that each potential persona, child, woman, hunter, queen, necessitates the loss of the others. Orion’s entrance demands she listen dutifully to his braggart stories, but rather than be the dutiful audience, she insists on talking too, and is raped as a consequence. Her swift despatch of him changes her conception of herself and shows her that value is demonstrated through what one is willing to risk. The original myth has Artemis punished for usurping masculine ways, but Winterson allows her an effective retaliation against male domination.122
120 J. Morrison, op. cit., p. 101.
121 K. Middleton Meyer, “Jeanette Winterson’s Evolving Subject: Difficulty into Dream”, in Lane et al
(eds), Contemporary British Fiction, Malden, Blackwell Publishers Inc., 2003, p. 213.
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In generale, a parte Pearce e Martin, i critici espressero valutazioni estremamente favorevoli sul romanzo e se qualcuno metteva in dubbio l’efficacia di alcune specifiche strategie – Doan vede il cross-dressing di Jordan come solo temporaneamente utile e Meyer non apprezza l’uso del grottesco – nessuno ha messo in dubbio il romanzo nel suo insieme. La vasta mole del dibattito critico conferma che Sexing the Cherry è uno dei romanzi più riusciti dopo Oranges Are Not the Only Fruit. Come emerge anche dalla recensione del New York Times: “The marvelous and the horrific, the mythic and the mundane overlap and intermingle in this wonderfully inventive novel”.123
123 M. Kakutani, op. cit.
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