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in San Giovanni dei Fiorentini

Nel documento Palazzo Capponi (pagine 173-178)

La cappella Capponi

in San Giovanni dei Fiorentini

nel documento quale arbitro di eventuali controversie insorte – come poi puntualmente avvenne – tra i committenti e il mastro scalpellino Tullio Solari10, al quale il  marzo  furono affida-ti i lavori11, che però ebbero inizio solo nel novembre del  e furono probabilmente completati dopo un anno, sebbene gli ultimi pagamenti risalgano al giugno del , successivamente alla morte di monsignor Orazio12.

Nel capitolato erano minuziosamente elencate le opere che il Solari avrebbe eseguito e il tipo, il colore e la provenienza dei marmi impiegati; l’artigiano si impegnava a mutare i colori delle pietre secondo la volontà dei “Sign. Padroni e Architetto”, e ad attenersi scrupolosamente “al Disegno del quale dovrà darne copia in mano al notaro o muratore come parrà a Mons. di Carpentras o all’Architetto”13. Vi erano inoltre descritti, con attenzione posta al minimo dettaglio, gli interventi relativi alla realizzazione dell’altare, con il suo dossale architettonico rico-perto di intarsi marmorei policromi: di marmo bianco nuovo

“delle cave di Carrara del Polvacio senza difetto alcuno eccet-tuato li scalini che si possono fare di marmoro saligno” per il disegno delle principali membrature architettoniche – basamen-to, cornice della predella, capitelli, architrave, timpano spezzato e cimasa – con intarsi di alabastro, di “cotognino”, di “brocatel-lo”, “di marmoro giallo” e di marmo“verde; di marmo “bianco e nero bello orientale” per il fregio che correva fra l’architrave e il timpano. Le colonne dovevano esser fatte con marmo prove-niente dalle cave di Verona, “delle medesime cave dove sono state cavate le colonne del Rev.mo Cardinal Barbarino che sonno nella sua cappella a S. Andrea della Valle”; marmo giallo e nero

“ben lustro”, invece, sarebbe stato impiegato per i contropila-stri; la cornice in cui racchiudere la pala d’altare doveva realiz-zarsi in “portasanta bella e ben macchiata lostrata a tutto para-gone tutto massiccio e senza fodera con suoi orecchie”; l’altare, anch’esso tutto rivestito di marmi, avrebbe avuto sul davanti una croce di marmo giallo con raggi intarsiati di rosso; una balaustra in “portasanta” con “pilastrelli (...) commessi di Alabastri belli orientali con suoi listelli de marmoro nero”, avrebbe delimitato lo spazio della cappella rispetto al transetto. Ai lati della porta della balaustra, così come ai lati dell’altare, furono apposti gli stemmi della famiglia Capponi in marmo bianco e nero, su fondo giallo e listello nero attorno. Il Solari si impegnava, infine, ad eseguire “detti lavori con ogni diligenza e ben alutorati senza tasselli o mistura e attaccati con stucco a foco e dove bisogna con panni e spranghe di ferro con piombo e mettere in opera ogni cosa a sue spese e assistere quando si mette in opera”, e a concludere il lavoro entro due anni14.

L’altare venne progettato per essere inscritto all’interno di un arcone decorato con rivestimenti marmorei fino alla trabeazio-ne, mentre la parte superiore, l’arco e l’intradosso, dovevano essere modellati in stucco, con decorazioni di foglie e volute a rilievo, “per non idebolire la fabbrica”15. Sull’estradosso dell’ar-co si allungavano due grandi e musdell’ar-colosi angeli, dell’ar-con ciocche

mosse e volti allungati, in una posa di torsione di matrice michelangiolesca e tipica di molta produzione manierista; al centro una protome di cherubino chiudeva la chiave dell’arco.

Tutte le modanature architettoniche in stucco, compresa una serie di “ fiori doppi con sua borchia nel mezzo”, diversi fogliami, “doi teste di medusa” e la suddetta protome di cheru-bino posta all’apice dell’arco furono eseguite dal Solari, così come le rifiniture in oro degli stucchi medesimi16; gli angeli, invece, furono opera dello scultore Domenico de Rossi, origina-rio di Fiorenzano in Toscana, per i quali fu saldato nel giugno del 17.

Dello stesso arco di anni, dal  al ’, sono alcune ricevute per l’argentiere Giovanni Castiglioni, che realizzò una lampada e due candelieri da altare in argento18.

La committenza di maggior rilievo, tuttavia, pare esser quella di monsignor Orazio ad Astolfo Petrazzi, pittore senese al quale

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. Roma, Chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini, Cappella Capponi, -

i documenti consentono di attribuire la pala d’altare raffiguran-te la Maddalena portata in gloria dagli angeli, databile agli anni immediatamente seguenti al contratto d’opera. Il  gennaio del

 il Petrazzi si accordava con il prelato per un dipinto su tavola “con una S. Maria Maddalena sospinta in aria con Angeli e gloria conforme al disegno del sottoscritto che ha da servire per la Cappella di detto Monsignore Capponi (...), la qual pittu-ra io prometto di fare quanto prima potrò senza pigliare a fare altr’opera finché sia finita questa, ed impiegarci tutta la mia industria, diligentia, e sapere e farci tutti li studi necessari che possino giovare e che sieno necessari conforme all’arte e vedere quanto sarà necessario dal Naturale per dar maggior sotisfatione a detto Monsignore non ostante detto disegno voglio anco andar mutando quelle parti o membra che si giudicheranno poter migliorare detta opera, la quale voglio sia tutta di mia mano e tutta per prezzo di scudi dugentoventicinque”19(fig. ).

La personalità artistica di Astolfo Petrazzi si formò nell’am-biente tardo manierista senese che aveva in Ventura Salimbeni e Francesco Vanni i suoi principali esponenti, dei quali il Baldi-nucci lo definisce allievo: “dalla scuola del cav. Francesco Vanni ... uscì Astolfo Petrazzi cittadino senese, il quale avendo di poi studiato molto appresso il cav. Ventura Salimbeni e Pietro Sorri, moltissime opere fece nella sua patria”20. La sua attività si svolse pressoché interamente nell’ambito d’origine, ad eccezione di un soggiorno romano avvenuto all’incirca fra il  e il 21. In quegli anni Roma rappresentava, com’è noto, una meta obbliga-ta per un artisobbliga-ta che volesse essere aggiornato sulle novità della pittura, in ragione della presenza nella Città dei maestri bolo-gnesi e di opere del Caravaggio o di suoi seguaci. Gli artisti che vi giungevano da fuori frequentavano le botteghe, i cantieri arti-stici, studiavano le opere, facevano apprendistato presso qual-che affermato artista per poi ritornare, dopo qualqual-che tempo, nella loro città di origine con le acquisite competenze ed i nuovi orientamenti, al fine di proporli alla committenza locale più ricercata ed esigente; talché può dirsi che il viaggio a Roma del Petrazzi fosse conforme ad una consuetudine affermatasi già dalla fine del Cinquecento con i pittori senesi della precedente generazione – fra i quali Vanni, Salimbeni, Casolani, Sorri –, e che si rinnovava nel primo ventennio del nuovo secolo, oltre che con il Petrazzi, con Raffaello Vanni, apprendista fra il  e il  di Guido Reni e successivamente di Antonio Carracci, e Francesco Rustici, presente a Roma fra il  e il . Questi artisti, sovente incoraggiati a recarsi a Roma dalla presenza di un pontefice di origine toscana, una volta giunti nella Città tendevano a fare riferimento ai concittadini della loro Nazione, così come le famiglie patrizie di origine toscana, d’altra parte, preferivano commissionare lavori ai loro conterranei. Dell’ope-ra del PetDell’ope-razzi, purtroppo, non ci è noto quasi nulla di questo periodo romano, se non proprio il dipinto della Cappella Capponi, ricordato per la prima volta dall’Ugurgieri e poi da tutte le fonti successive: “in Roma hà lavorato a fresco nella vigna del Cardinal Mellini, ed in altri luoghi, e nella Chiesa di S.

Giovanni de’ Fiorentini v’ha una tavola nella Cappella de’

Capponi, nella quale è una S. Maria Maddalena sostenuta da gli angeli”22.

La pala della Maddalena è ancora vicina, per il soggetto raffi-gurato, alle tematiche della controriforma tridentina: essa offre la visione della Santa mentre, già staccata dal piano terreno, ascende al cielo accolta da una schiera di angeli musicanti. La composizione della scena è suddivisa in due parti: un semicer-chio di angeli nella zona superiore della pala, cui corrisponde nella parte inferiore un secondo gruppo di angeli disposti attor-no alla figura centrale; la torsione, ancora tutta manierista del corpo della Santa, sembra imprimere un sorta di moto rotatorio al gruppo allo scopo di accentuare, con esito invero non del tutto efficace, l’effetto ascensionale.

Le figure degli angeli e della Maddalena sono caratterizzati



. Astolfo Petrazzi, S. Maria Maddalena con angeli, .

Roma, Chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini, Cappella Capponi.

da una fisionomia dolce dei volti e da corpi saldamente plasma-ti, raffigurati con un morbido impasto cromatico derivato dalla pittura riformata fiorentina, che faceva capo al Cigoli e al Commodi, e aggiornati sui modelli del classicismo bolognese, dai Carracci al Domenichino. Dominano i toni azzurro-violacei, sostenuti dal nitore quasi marmoreo dei corpi, e interrotti da poche macchie di colore rosso-brunastre. Sullo sfondo le figure degli angeli sono quasi evanescenti, eseguite con una pennellata più aperta, quasi una cifra ricorrente nelle opere del Petrazzi, come il S. Sebastiano della Collezione Chigi Saracini o l’Adora-zione dei Magi di S. Sebastiano in Vallepiatta, Oratorio della Contrada senese della Selva23. L’atteggiamento languido e melo-drammatico della Maddalena, espressione di quella volontà controriformata protesa a suggestionare i fedeli, e il tono classi-cheggiante di stampo bolognese avvicinano questo dipinto a quello, già menzionato, del Martirio di S. Sebastiano, datato fra la fine degli anni trenta e l’inizio degli anni quaranta24; al brano

di natura morta25costituito dall’armatura del santo, alla base della pala del S. Sebastiano, fa riscontro la caratterizzazione, quasi di genere, degli strumenti musicali suonati dagli angeli che accolgono la Maddalena.

Allorché i lavori per la cappella Capponi vennero completati, una controversia sorse fra le parti a proposito del compenso dello scalpellino. Esistono infatti fra le carte dell’archivio Capponi due perizie eseguite rispettivamente da Francesco Peparelli per conto della famiglia e da Orazio Torriani per parte dello scalpellino26. Poiché i due periti, pur concordi sulle misu-re e sui lavori eseguiti, non convenivano sul compenso, furono chiamati – com’era previsto in contratto – a risolvere il conten-zioso l’architetto Carlo Maderno e il “Sig.r Dottore Bastiano Guidi”. I due espressero un primo parere nel marzo del  ed un secondo il  di febbraio del 27; la loro perizia fu affianca-ta dall’ulteriore valuaffianca-tazione daaffianca-ta dei lavori dall’architetto Giuseppe Ponzio, il quale, affiancato dallo scalpellino indicato



. Stima di Carlo Maderno sui lavori eseguiti per la Cappella Capponi in S. Giovanni dei Fiorentini, .

Roma, Archivio Capitolino

. Incisione raffigurante il monumento funerario di Alessandro Gregorio Capponi in S. Giovanni dei Fiorentini a Roma (Litta P., -)

come Santi “de Gesuiti e della Cappella di S. Paolo” e da Fran-cesco detto “delli Aldobrandini”, riconobbe che l’opera “è stata messa più a prezzi bassi che alti et in coscienza di detta stima non se ne può levare niente, dove che la cappella di S. Paolo fatta et alcuna cappelle fatte in S. Pietro di simili fatture di pietre sonno apprezzate più alte che detta stima”28. La contro-versia alfine fu composta il  settembre del , quando Gino Angelo Capponi e Giovanni Donato Solari, erede del padre Tullio, si accordarono, di fronte al notaio Michelangelo Cesi, per la somma intermedia di scudi ., indicata nella seconda perizia di Carlo Maderno29(fig. ).

NOTE

1Sul tema si vedano, in generale, BAROCCHIP., 1979; POMIANK., 1989;

DEBENEDICTISC., 1991; HASKELLF., 1985. Per un raffronto con altre ben più cospicue collezioni, romane e fiorentine, si vedano, tra gli altri, CIVAI

A., 1990; SPEZZAFERROL., 1993, n. 3, pp. 13-36; SPARTID., 1992; CAPPEL

-LETTIF. - TESTAL., 1994.

2La Cappella Capponi, già Barbadori, era stata architettata dal Brunelle-schi e dedicata alla SS. Annunziata. Si vedano VASARIG., (1550), 1986, pp.

647 e 593, nota 11; BERTIL., 1973.

3La facciata della chiesa fu realizzata nel 1734, durante il pontificato di Clemente XII Corsini, ad opera di Alessandro Galilei e decorata con statue allegoriche da Filippo Della Valle. Sulle complesse vicende costruttive e decorative della Chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini v. FERRARAD., 1997, pp. 27-41.

4Testamento di Monsignor Orazio Capponi Vescovo di Carpentras, figlio di Gino, fratello di Amerigo e del Cav.re Luigi, e Tutore testamentario e zio di Gino Angelo Capponi, del 18 marzo 1622 presso il notaio Lorenzo Bonincontri, in AC, Archivio Cardelli, Div. I, T.6o, f.106.

5AC, Archivio Cardelli, Div. I, T.60, f.106.

6Sappiamo infatti dai documenti d’archivio che Amerigo Capponi, morto a Roma nell’ottobre del 1619 fu sepolto nella Cappella in S. Felicita a Firenze: “15 ottobre 1619. Apoca di convenzione con li padri della Traspontina per depositare nella loro Chiesa il cadavere di Amerigo Capponi fino al di lui trasporto a Firenze”. AC, Archivio Cardelli, Div. I, T. 58, f.45.

7I documenti relativi ai lavori svolti nella Cappella Capponi in San Giovanni dei Fiorentini si trovano in AC, Archivio Cardelli, Div. I, T.60, f.118.

8Cfr. FERRARAD., passim.

9Capitoli e patti con Tullio Solari scarpellino, in AC, Archivio Cardelli, Div. I, Tomo 60, f.118 C.

10Capitoli e patti con Tullio Solari scarpellino, in AC, Archivio Cardelli, Div. I, Tomo 60, f.118 C. In quegli stessi anni il Solari è documentato in alcune delle principali fabbriche dei Borghese, fra cui quella del palazzo di Monte Cavallo e la Cappella Paolina in S. Maria Maggiore, per lavori di scalpellino e fornitura di marmi pregiati. Cfr. CORBOA.M. - POMPONIM.

(a cura di), 1995, pp. 46, 94, 121, 152, 178.

117 marzo 1619. Incarico a Tullio Solaro per l’acquisto di di due colonne alte palmi 14 e mezzo di marmo nuovo di “Polvaccio, tutto tondo e senza tasselli e di tutta perfettione e bianchezza”, in Convenzioni,Conti, Ric.te à Conto, e quietanza finale di Tullio Solarij, e di Gio.Donato Suo Figlio a Monsignor Orazio Capponi, ed a Gin’ang.o suo nipote, ed er.e per li lavori di Scarpellino della Capp.a della Maddal.a in S.Gio. de Fiorentini di Roma ordi-nata dal Sudetto Prelato, in AC, Archivio Cardelli, Div. I, Tomo 60, f.118 C.

Il tipo di marmo delle due colonne sarà poi cambiato prima dell’inizio dei

lavori, come risulta in Capitoli e patti con Tullio Solari scarpellino, in AC, Archivio Cardelli, Div. I, Tomo 60, f.118 C.

12AC, Archivio Cardelli, Div. I, T.60, f.118 C.

13Capitoli e patti con Tullio Solari scarpellino, in AC, Archivio Cardelli, Div. I, Tomo 60, f.118 C.

14Capitoli e patti con Tullio Solari scarpellino, in AC, Archivio Cardelli, Div. I, Tomo 60, f.118 C.

15Capitoli e patti con Tullio Solari scarpellino, in AC, Archivio Cardelli, Div. I, Tomo 60, f.118 C.

16Misura e stima di lavori di marmo et mischi et altro per opere di scarpel-lo, con altri lavori de muro e stucchi et oro fatti a tutta robba di Mastro Tullio Solaro per servitio della Cappella fatta ad istantia della b.m. dell’Ill.mo Mons. Horatio Capponi fatta fornire di tutto punto dall’Ill.mo Sig.Angelo Eginio Capponi, suo nepote, misuarato et stimato per noi cioè Francesco Peperelli per parte de SS. Ill.ma et Horatio Turriani per parte del detto Tullio Solaro et in presente fatta in S. Giovanni de’ Fiorentini, in AC, Archivio Cardelli, Div. I, T.60, 118C.

17Ricevute di Domenico de Rossi scultore o sia stucatore da Gino Angelo per lavori fatti alla cappella di S.Giovanni de fiorentini, in AC, Archivio Cardelli, Div. I, T.62, f.93.

18I pagamenti per l’argentiere proseguono fino al 1622 e sono conservati in AC, Archivio Cardelli, Div. I, T.60, f.118A.

19Il documento fu sottoscritto da Stefano Lucchi, allievo del Petrazzi, ed in presenza di due testimoni, Alessandro Frigoni Bazicaluna e Pellegrino Bargellini, “per non sapere scrivere (...) e da me sarà segnata con una croce obbligandomi come di sopra a far detta opera”. Convencione e ricevuta a conto di Astolfo Petrazzi senese pittore per il quadro della Maddalena in aria che gli fu accordato da Monsignor Orazio Capponi per scudi 225 pr la sua cappella, in AC, Archivio Cardelli, Div. I, T.60, f.118B. Da un secondo documento, contenuto in un elenco di spese sostenute da Gino Angelo Capponi, risulta che la pala sarebbe stata consegnata il 2 ottobre 1622, giorno del suo trasporto dalla Casa del pittore alla Chiesa di S. Giovanni dei Fiorentini. Dal 1619 24 settembre a tutto Dicembre 1623.Uscita, ed entrata di Gino Angelo Capponi tenuta da Perolo Peroli da Fabriano(...) Maestro di Casa, AC, Archivio Cardelli, Div. I, T.61, f. 61HH, c.69v.

20BALDINUCCIF., (1681-1728), 1974-1975, p. 330.

21Sulla biografia e le opere di Astolfo Petrazzi si veda AVANZATIE., 1987, pp. 59-82; BAGNOLIA., 1989, pp. 338-350.

22Ugurgieri Azzolini I., 1649, p. 386.

23AVANZATIE., 1987, pp. 59-82 passim.

24AVANZATIE., 1987, pp. 78-80.

25AVANZATIE., 1989, vol. II, pp. 541-543.

26Misura e stima di lavori di marmo et mischi et altro per opere di scarpel-lo, con altri lavori de muro e stucchi et oro fatti a tutta robba di Mastro Tullio Solaro per servitio della Cappella fatta ad istantia della b.m. dell’Ill.mo Mons. Horatio Capponi fatta fornire di tutto punto dall’Ill.mo Sig.Angelo Eginio Capponi, suo nepote, misurato et stimato per noi cioè Francesco Pepe-relli per parte de SS. Ill.ma et Horatio Turriani per parte del detto Tullio Sola-ro et in presente fatta in S. Giovanni de’ Fiorentini, in AC, Archivio Cardelli, Div. I, T.60, 118C.

27Misura e stima de Lavori di marmi mischi per opera di scarpello con altri lavori di muro stucchi e oro fatti in una Capella nel Altare della Croce in S.Giovanni de’ Fiorentini (...) da me Carlo Maderno et il Si.r Dottore Bastia-no Guidi, Roma marzo 1625 e Roma 3 febbraio 1626, in AC, Archivio Cardelli, Div. I, T.60, 118C.

28Parere di Giuseppe Ponzio architetto sopra la Cappella di S.Giovanni de’

Fiorentini, in AC, Archivio Cardelli, Div. I, T.60, f.118 C.

29Quietanza finale fatta Gio: Donato Solarij figlio ed erede del quondam Tullio Scarpellino à favore di Gino Angelo Capponi per tutte le Pietre, e lavo-ri della Cap.a di S.M.a Maddalena nella Chiesa di S.Giovanni de fiorentini ordinata dalla B.Memoria di mons. Orazio Suo Zio, in AC, Archivio Cardelli, Div. I, T.60, f.118C.



Si è già prima anticipato come, fra i requisiti richiesti dagli statuti cittadini a chi, non romano di origine, volesse acquisire la cittadinanza, fosse prevista la proprietà di due fondi, precisa-mente di un palazzo e d’una vigna in Roma (figg. , ).

In effetti l’acquisizione della vigna da parte del Capponi, conseguita fra il  e il , precedette quella del palazzo. La villa, consistente in circa “pezze quaranta” di terreno, fu frutto dell’acquisto di alcune proprietà fra loro confinanti: “negli anni

, , , e  – come è riportato nello Stato ereditario di Ame-rigo Capponi redatto nel  – Amerigo Capponi per unire in-sieme questa vigna fece acquisto di  vigne tra loro contigue, e compresa l’affrancazione de Canoni, la fabrica, e l’abbellimento di n.  case, li mobili fatte per le medesime”1.

Dai documenti d’archivio relativi alla vigna risulta che il pri-mo acquisto, del  febbraio , riguardò l’appezzamento di terreno comprendente il Casino e confinante con la proprietà del marchese Colonna; nel dicembre del  fu acquisita la parte della vigna che affacciava su via Flaminia e nel  quella confi-nante con la chiesa di S. Andrea. La parte più cospicua, consi-stente in circa “venti pezze”, fu acquistata da Amerigo dai cre-ditori di Giacomo Magoni, il quale a sua volta l’aveva avuta in vendita da Clelia Nari, nobildonna romana vedova di Alessandro Pellegrini, nel gennaio del ; sicché l’acquisto della villa costò complessivamente al Capponi la somma di circa  scudi2.

Man mano che procedevano le operazioni d’acquisto delle varie proprietà, Amerigo aveva già avviato i primi lavori di ristrutturazione della villa, con particolare riguardo alle due principali costruzioni che in essa sorgevano: una palazzina all’ingresso di via Flaminia, detta anche Casa grande, e l’edificio collocato al centro della vigna, denominato Casino di sopra.

Iniziati nell’ottobre del 3, i lavori interessarono dapprima la palazzina sulla via Flaminia con consistenti opere di riparazio-ne all’interno dell’edificio e di decoro della facciata. In questa fase l’ingresso centrale, probabilmente preesistente, fu trasfor-mato in un grande portone ad arco rivestito con pilastri di tufo scolpiti a bugnato; il medesimo materiale fu utilizzato nelle

“cantonate della casa...et fatte rustichi con quattro smussi et la faccia a diamanti”; al culmine della facciata furono posti una serie di “merli” in peperino intervallati da due “orologi” a meri-diana. Il  agosto del , riportano i documenti, furono collo-cate “infra i merli della loggia” due statue di travertino eseguite da Francesco Caporale, lo stesso scultore che l’anno seguente avrebbe poi realizzato le sculture del palazzo di via di Ripetta4.

Al di sopra del portale principale era posta, in ripresa di un

Al di sopra del portale principale era posta, in ripresa di un

Nel documento Palazzo Capponi (pagine 173-178)